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Comunicazione ed Europa, seminario a Napoli

 

Roma, 9 maggio - Promosso dal Centro Europeo  Informazione Cultura Cittadinanza di Napoli (CEICC) in collaborazione con la Rappresentanza italiana della Commissione europea e l’ AGE, si è svolto dal 6 all’8 maggio un seminario di studi che ha visto impegnati come uditori una trentina di giornalisti dell’Italia meridionale, e che ha avuto come tema: “La comunicazione nell’Europa dei diritti e dei cittadini”.

Il Rettore dell’università “Orientale” prof. Pasquale Ciriello, che ha ospitato, insieme con l’Istituto italiano per gli Studi filosofici, i lavori del convegno, ha avvertito che il fatto di sentirsi cittadini europei è più facile a declamarsi che non a realizzarsi. Di rincalzo il presidente del Movimento federalista Guido Montani ha lamentato che durante i lavori della Convenzione due articoli i quali contenevano la parola federalismo sono stati cancellati, mentre il concetto di federazione viene più contrastato che in passato. Per esempio rispetto alla CECA concepita come un primo passo verso la Federazione europea. Secondo Mantovani l’Unione non deve aspirare a diventare una superpotenza, ma deve poter intervenire laddove la sua presenza è richiesta da stati di emergenza. Per il prof. Luigi Mascilli Migliorini va controllato lo stesso lessico europeistico, non dimenticando che il termine “europensis” fu usato la prima volta da Paolo Diacono a proposito delle forze coalizzate a Poitiers nello scontro con l’esercito arabo nel 731. I valori? Come diceva Antonio Labriola, non vanno confusi con dei caciocavalli appesi a una corda. Ma non è da sottovalutare, osservava Carlo Corazza, il press agent della Commissione a Roma, che la fiducia nell’Unione Europea è calata presso i cittadini dal 50 al 48% tra il 2003 e il 2004, e che il senso di appartenenza alla medesima è in pari tempo sceso del 6%.

I cattedratici spiegano l’originalità della Costituzione europea che devia dal solco tradizionale. Un mostro di 465 articoli, troppi per una carta costituzionale, la definisce il prof. Giuseppe Cataldi. I suoi soggetti sono non più soltanto la Comunità europea, ma anche gli Stati, e persino le Regioni, le quali, come ad esempio quelle italiane, con la riforma dell’art. V della Costituzione adottata nel 2001, arrivano direttamente a Bruxelles per gli affari concernenti il settore agricolo, senza passare attraverso lo Stato. A sua volta il prof. Massimo Fragola mette il dito sulla piaga, una piaga che è anche la specificità del nuovo attore, il quale non è uno Stato, ma nemmeno un’organizzazione internazionale. Il diritto europeo-comunitario rientra infatti nell’ambito domestico del diritto interno anche se proviene da una conferenza intergovernativa. E poi: esiste il diritto di recesso per gli Stati membri?  Che succede se uno Stato membro se ne vuole andare? Dipende, dice il ministro Cosimo Risi, capo dell’Ufficio analisi e programmazione della Farnesina. Se se ne va l’Inghilterra, è ancora possibile recuperare l’unione continentale, se invece volta le spalle la Germania, non c’è scampo, è la fine. Risi non sembra per nulla impressionato dal fatto che il futuro ministro degli esteri dell’Unione disporrà di un corpo diplomatico alternativo a quello degli Stati. Ma perché meravigliarsi di questo bailamme? Almeno questa volta tutto avviene escludendo guerre e sconvolgimenti radicali.

I lavori sono stati guidati dalla giornalista Maria Luisa Franciosi, già corrispondente dell’Ansa a Bruxelles, e da Roberto Race, responsabile della Gioventù federalista di Napoli.

Marcello Palumbo ha svolto a nome dell’AGE una relazione sul ruolo dei Media nell’attuale momento europeo denso di avvenimenti: dall’allargamento al voto per il Parlamento europeo, al trattato di Costituzione.


 
 

 
 


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