La ricerca della Fondazione Murialdi sul giornalismo
italiano dalla caduta del fascismo alla Costituente
ad opera di Giancarlo Tartaglia, pubblicata da Il
Mulino e in libreria dal 14 gennaio, è stata oggetto
di una recensione su Il Fatto Quotidiano da
parte di Giovanni Valentini il 2 gennaio
scorso. Riportiamo di seguito il testo
dell’articolo.
“La libertà è come l’aria: ci si accorge di
quanto vale quando comincia a mancare” (Piero
Calamandrei)
Se
è sempre valida la libertà in generale, la citazione
del giurista Calamandrei riportata qui sopra lo è a
maggior ragione per la libertà di stampa. Tanto più
in un periodo storico come quello che stiamo
vivendo, segnato dalla crisi dell’editoria, dal
declino dell’informazione professionale, dai social
network e dalle fake news. E’ proprio quando
comincia a mancare la libertà di stampa, infatti,
che se ne apprezzano di più la funzione e la
necessità. E allora è a rischio anche la qualità
della vita democratica.
Può
essere utile a tutti, perciò, leggere il saggio di
Giancarlo Tartaglia, segretario generale della
Fondazione Paolo Murialdi, intitolato Ritorna la
libertà di stampa (il Mulino). Sulla base di
una ricca documentazione, il volume ricostruisce le
vicende del giornalismo italiano nei quattro anni
cruciali (1943-1947) tra la caduta del fascismo e la
Costituente. Una “zona crepuscolare”, per dirla con
lo storico inglese Eric Hobsbawn, di cui conserviamo
la memoria attraverso i libri e la testimonianza dei
nostri padri.
Per
la stampa nazionale, quello fu un passaggio sofferto
e tormentato che tuttavia conteneva i germi di una
rinascita decisiva per la nostra democrazia. Ma il
saggio di Tartaglia diventa di particolare attualità
nella fase che stiamo attraversando: una fase in
cui, purtroppo, ci manca l’aria e non solo
metaforicamente. Fra le tante severe lezioni
impartite dall’epidemia, c’è anche quella che
riguarda l’attendibilità e l’affidabilità delle
notizie infettate dal virus della disinformazione o
della cattiva informazione.
Nel
ventennio fascista – racconta l’autore del libro –
“la visibilità dei giornalisti era stata maggiore di
qualsiasi altra professione”. Medici, avvocati,
ingegneri, architetti avevano potuto attraversare la
dittatura senza la necessità di compromettersi né a
favore né contro il regime. E invece, come scrisse
Luigi de Secly, il direttore che avrebbe guidato la Gazzetta
del Mezzogiorno di Bari dal ’43 al ’60, unico
quotidiano a non sospendere mai le pubblicazioni
durante la transizione, “non così purtroppo è
avvenuto per i giornalisti, per i quali la politica
era un ferro del mestiere e specialmente per coloro
che come noi traevano dall’esercizio professionale
lo stretto necessario per l’indispensabile pane
quotidiano”. Altri, come Raffaele De Luca dalle fila
del Partito d’Azione, sosteneva piuttosto che quella
dei giornalisti era la “classe più screditata
d’Italia, ancor più della burocrazia corrotta”,
perché la grande maggioranza di loro per vent’anni
aveva “anteposto la carriera alla propria
coscienza”.
Oggi che il fascismo fortunatamente non c’è più, la
libertà di informazione è minacciata dalla crisi
economica dell’editoria; dalle maxi-concentrazioni;
dall’assalto dei grandi gruppi industriali che
perseguono i propri interessi e i propri affari;
dallo sfruttamento dei giornalisti, sempre più
precari e malpagati o non pagati affatto; e perfino
dall’incertezza delle loro pensioni, insidiate dalla
diminuzione dei redattori professionisti e dei
contributi previdenziali. Tant’è che ora il governo
promette d’intervenire per legge, come reclama la
Federazione nazionale della stampa: da una parte,
con il cosiddetto “equo compenso” e, dall’altra, con
l’allargamento della base ai “comunicatori” che
lavorano negli uffici stampa degli enti pubblici o
delle aziende private.
C’è
bisogno di far circolare più aria, in questo 2021
che comincia, anche all’interno delle redazioni dei
giornali e in tutto il sistema dell’informazione. A
favore dei giovani, innanzitutto. Ma più in generale
a beneficio dei cittadini, del pluralismo e della
libertà di stampa.
sito: www.fondazionemurialdi.it |