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Incontro a Bruxelles su lingue e affari



Bruxelles, 22 settembre 2007 - L’inglese da solo non è un catalizzatore sufficiente per gli affari. È questa una delle principali conclusioni della conferenza intitolata "Le lingue portano affari", alla quale prendono parte più di 250 rappresentanti di piccole e medie imprese, camere di commercio, organizzazioni professionali, responsabili politici e professionisti del settore linguistico. Nel discorso di benvenuto il Commissario europeo responsabile del Multilinguismo, Leonard Orban, ha sottolineato l’importanza della conferenza che tutte le parti interessate aspettavano da tempo per discutere sulle opportunità che dovrebbero aprire un cambiamento di atteggiamenti. Il dibattito ha riguardato i benefici portati alle imprese dalle competenze linguistiche e dalle abilità interculturali. Anche se l’inglese manterrà il suo ruolo di "lingua franca" nel mondo degli affari, sono le competenze linguistiche aggiuntive, in combinazione con le necessarie abilità interculturali, che possono dare vantaggi concorrenziali. La conferenza si è anche occupata dell’uso operativo del multilinguismo al fine di massimizzare il rendimento delle imprese.

La conferenza è stata indetta in base ai risultati di una recente ricerca la quale dimostra che le imprese che hanno un approccio strategico alla comunicazione multilingue possono far crescere le proprie vendite all’esportazione di più del 40 per cento in confronto ai loro concorrenti privi di strategie linguistiche formalizzate. Lo stesso ricerca rileva che, per quanto l’inglese sia al primo posto come "lingua franca" nel mondo internazionale degli affari, si registra anche una crescente richiesta di altre lingue: un quarto circa delle imprese interpellate ritiene di dover migliorare ancora il proprio inglese, ma una proporzione analoga ritiene di dover aumentare le proprie competenze di tedesco o francese. Anche le lingue spagnola e russa hanno un posto importante nell’elenco delle priorità. Molte imprese, soprattutto le grandi, hanno riconosciuto la necessità di competenze di lingue non europee, come il cinese, l’arabo e l’urdu, dal momento che stanno cercando di espandersi sui mercati extraeuropei.

Secondo un recente studio effettuato nel Regno Unito, il numero delle persone che nel mondo studiano l’inglese arriverà al culmine di circa 2 miliardi nei prossimi 10-15 anni. Contrariamente al luogo comune, questa notizia non è poi così buona per gli anglofoni monolingui: infatti, i risultati di una precedente ricerca circa l’impatto delle conoscenze linguistiche sull’economia inglese provano che le imprese di quel paese hanno lo stesso volume di esportazioni verso la Danimarca, che ha 5 milioni di abitanti, e verso l’America centrale e meridionale, con una popolazione di 390 milioni di persone.
Per dare seguito alla conferenza si preannuncia un altro Forum sul multilinguismo, presieduto dal visconte Davignon, riservato ad un piccolo gruppo di dirigenti aziendali europei che cercheranno di stabilire come le imprese possano fare un uso operativo della gestione linguistica nel quadro degli sforzi volti a massimizzare i propri risultati economici.

 

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