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Ue, norme sulla libera circolazione dei cittadini 



Bruxelles, 9 novembre 2007 – La Commissione europea ha reso nota la scheda sulla libera circolazione dei cittadini dell’Ue che precisa benefici e limitazioni. Gli articoli 14, 18 e 61 del Trattato che istituisce la Comunità europea (cosiddetto Trattato CE) e l’Accordo di Schengen (concluso nella cittadina lussemburghese di Schengen nel 1985 e applicato in Italia dal 1° aprile 1998) disciplinano l’abolizione dei controlli alle frontiere interne dell’Ue e il diritto per ogni cittadino di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

Oltre all’Accordo di Schengen, che non è ancora applicato da tutti gli Stati membri, vi sono direttive valide per tutta l’Unione riguardanti il diritto di soggiorno per i pensionati, gli studenti e tutte le persone che non beneficiano già del diritto di soggiorno in virtù della legislazione comunitaria in materia di lavoro e prestazione di servizi. La normativa riguardante il diritto di stabilimento è stata ripresa in un’unica direttiva (la 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini Ue e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri) che conferisce il diritto di soggiorno per più di tre mesi a tutte le persone che dispongano di risorse finanziarie sufficienti e che siano coperte da un’assicurazione malattia. Per soggiorni di durata più breve, basta possedere una carta d’identità o un passaporto valido e dimostrare di non pesare sul sistema di assistenza sociale del paese ospitante.

Per quanto riguarda i familiari del cittadino di uno Stato membro che lavora in un altro Stato membro, la normativa prevede che sia il coniuge sia i discendenti di età non superiore ai 21 anni possano stabilirsi con lui nel paese ospitante. La libertà di circolazione può essere limitata solo per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Queste eccezioni, che possono condurre all’espulsione, devono però essere interpretate sempre in senso garantista, rispettando cioè i principi generali del diritto comunitario quali la non discriminazione e gli altri diritti fondamentali.

 

 

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