L'AGE informa

 

indietro

 
 

L'Europa e le minacce di Teheran

di Elzbieta Cywiak
 

Le minacce pronunciate contro Israele dal presidente iraniano Mahmoud Ahmanidejad, e la sua strisciante politica per la corsa al nucleare, inquietano parecchio l’Europa che per la prima volta ha trovato unanime coesione di fronte alla crisi mediorientale. Tanto la situazione è allarmante. Dal giugno scorso, quando è stato eletto alla più alta carica dell’Iran grazie al suo messaggio populista, l’ex pasdaran Ahmanidejad (che è stato sindaco di Teheran) potendo disporre dell’appoggio dell’intera struttura islamica dei reazionari, sta diventando la principale minaccia non solo per la regione medio-orientale, ma anche per l’ “Occidente infedele” sposando di fatto in pieno l’ideologia di Al-Kaida.
La corsa verso la bomba islamica nucleare viene accompagnata  dall’incitamento da parte di Ahmanidejad a “cancellare Israele dalla mappa geografica”, superando tutto il male possibile finora detto sullo stato ebraico dai più spinti estremisti islamici. 
In effetti con le sue minacce contro Israele Ahmenidejad non ha fatto altro che amplificare lo stesso insegnamento fondamentalista lanciato nel 1979 dall’Ayatollah Khomeini. E nella sua concezione la lotta a Israele non è giustificata soltanto dall’occupazione dei territori palestinesi, ma fa parte di una “guerra del destino” tra l’Islam e l’Occidente giudaico–cristiano. 
Giova precisare, invece, che in realtà il popolo iraniano non ha tradizioni antisemite nella sua lunga storia. Basti ricordare che era ebrea la regina persiana Ester che diede nome ad un libro della Bibbia, e che fu un re persiano, Ciro il Grande, a liberare gli ebrei nel 539 a. C. dalla schiavitù babilonese e a finanziare poi la ricostruzione del tempio di Gerusalemme. E non è da dimenticare che oggi gli esuli iraniani che lottano fuori dall’Iran contro il regime oppressivo di Ahmadinejad, considerano Israele, a differenza delle autorità di Teheran, “come un amico e un alleato strategico contro un nemico comune”.
Intanto è incoraggiante notare una più decisa reazione del mondo politico, e in primo luogo dell’Europa, alle parole di Ahmenidejad che non possono essere considerate semplice “retorica del nulla”, visto che dietro si nascondono le ambizioni atomiche dell’Iran. Per il premier britannico Tony Blair, che riveste anche la presidenza di turno dell’Unione europea, la comunità internazionale non potrà tollerare una sistematica infrazione degli standard di comportamento da parte di uno stato membro dell’ONU.  Da parte sua il ministro degli esteri italiano, Gianfranco Fini - tra le prese di posizione dei capi delle diplomazie europee contro le minacce del presidente iraniano - afferma che “non riconoscere il diritto di Israele a esistere è un incentivo al terrorismo”.
Significativa anche la reazione dell’opinione pubblica europea che si sta finalmente accorgendo come stanno cambiando le dinamiche in Medio Oriente e - dopo il ritiro da Gaza - dei segni concreti offerti da Israele di voler perseguire sulla strada della pace con i palestinesi.
L’Italia si è trovata all’avanguardia della protesta internazionale contro le minacce apocalittiche di Teheran, con la grande manifestazione svoltasi di recente a Roma. “Siamo tutti israeliani e sionisti”, “Viva la libertà, viva Israele”, erano gli slogan che si potevano leggere durante la fiaccolata che ha riunito  nei pressi dell’ambasciata iraniana migliaia di italiani, “molti, diversi, opposti, uniti”, cittadini semplici, giornalisti e politici contro le minacce di Ahmadinejad di cancellare lo stato ebraico. Questa manifestazione si è rivelata inedita sia per l’ampiezza della partecipazione, sia per il senso di spontaneità e di emotività che l’ha caratterizzata, tanto per i discorsi (significativo l’intervento del vicedirettore del Corriere della Sera, Magdi Allam, musulmano, cittadino italiano) quanto per i canti e i balli che hanno con gioia contrapposto “la vita propria e altrui” ai tetri disegni del fanatismo e dell’integralismo  del regime dei mullah. In ogni modo ha costituito il passo d’inizio di una nuova politica italiana verso Teheran nonostante “il lago di petrolio” che unisce i due paesi. In Israele fa un grande effetto vedere che sia proprio la gente in piazza a capire il pericolo rappresentato dall’odierno Iran, non solo per il suo potenziale atomico, ma per la  sistematica distruzione del processo di pace tra israeliani e palestinesi in quanto la Jihad islamica e Hamas sono alimentati in vari modi dall’Iran, contro lo stesso Abu Mazen, per non parlare  degli hezbollah con i loro attacchi con le katiushe al confine col Libano.
Evidente il fatto che proprio l’opinione pubblica italiana, in modo più tangibile che negli altri paesi dell’Unione europea, sia stata convergente con l’avvio di un ruolo più credibile della politica europea in Medio Oriente. Quello cioè che si è dimostrato a partire dell’incidenza di quest’ultima sulle mosse dell’Onu verso la minaccia nucleare dell’Iran, del tentativo di individuare le responsabilità siriane della morte dell’uomo politico libanese Rafik Hariri per finire con l’occasione storica colta dall’Ue per rendersi utile nel monitorare e osservare il confine tra Gaza e l’Egitto.
Così, dopo l’ultima lettera in cui l’Iran ha chiesto di riprendere i negoziati sul nucleare, permane nell’Ue la coesione nel chiedere il massimo di trasparenza da parte di Teheran sull’uso esclusivamente civile dell’energia atomica e in primo luogo il rispetto di quanto l’Agenzia internazionale sull’energia atomica (Aiea) ha chiesto, cioè, la sospensione delle attività dell’arricchimento dell’uranio. Continuano tuttavia anche, secondo l’annuncio del ministro britannico degli esteri, Jack Straw , presidente di turno del Consiglio dei ministri europei, contatti informali con gli iraniani. Ma secondo il capo della diplomazia italiana, Fini, la mossa dell’Iran verso la riapertura dei negoziati con l’Europa da sola non basta, anche se è da considerare un fatto positivo. E i contatti informali serviranno a capire se da parte iraniana ci sia davvero la volontà di tornare al tavolo dei negoziati in vista del prossimo vertice dell’Aiea di Vienna che dovrà decidere se sollecitare il Consiglio di Sicurezza a adottare sanzioni economiche contro Teheran. 

11 novembre 2005

top