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Gli "euroinossidabili" al Caffè Greco

di Marcello Palumbo

Qui si fa l’Europa e basta! Vanno avanti, diritto, senza perplessità e senza titubanze gli euroinossidabili. Senza nemmeno mettere in bilancio la cupa alternativa che dava alle imprese del generale Garibaldi un aspetto romantico ma anche un poco iettatorio,  come: Roma o  morte, qui si fa l’Italia o si muore. Vivaddio, oltre agli euroscettici, agli eurodisincantati, agli europragmatici, che non vogliono rinunciare del tutto al sogno europeo, ma non vogliono nemmeno trovarsi di fronte a un brusco risveglio, ci sono anche loro, gli euroinossidabili, vecchie conoscenze della cospirazione federalista, il cui nucleo romano si è dato convegno il 15 febbraio al Caffè Greco. Bella idea di Valerio Zanone che ha inserito, con gli amici della Fondazione Luigi Einaudi, nella trisecolare storia di questo salotto romano, exclusive e open nello stesso tempo, un nuovo ciclo di incontri destinato ad essere tramandato, come tanti altri che lo hanno preceduto. La sala del raduno, l’ultima in fondo a tutto, alla quale si accede attraversando gli stretti varchi formati dai tavolini ottocenteschi, occupati fitto fitto da avventori provenienti dalle più diverse coordinate geografiche, trasuda Europa da tutte le pareti e dalle sculture ivi disseminate, tra cui quella lignea del bellissimo Satiro che troneggia in mezzo. 

Non ci si può sottrarre alla suggestione delle impronte qui lasciate dai frequentatori del Sette e Ottocento, quali Goldoni, Chateaubriand, Leopardi, Shopenhauer, Gogol, Stendhal, Shelley, Byron, D’Annunzio, Baudelaire, Ingres, Corot, D’Azeglio, Rossini, Berlioz, Toscanini, e cento e cento altri di pari spessore, tra cui  - dicono – Gioacchino Pecci, poi Leone XIII. Non si parlerebbe oggi di Europa come unità politica senza questi precedenti genetici. E allora ha ragione Valerio quando, introducendo il dibattito, ha presentato l’idea di questa Europa che si va costruendo da oltre cinquant’anni come una scommessa di vita, la più grande prova storica del ‘900, l’utopia autocostruttiva, l’occasione che non si può perdere. Nulla più dell’Unione europea nasce come scelta di pace tra nazioni che si erano ripetutamente guerreggiate tra di loro, e questa vocazione fa dell’Unione una interlocutrice insostituibile nel rapporto Occidente – Islam che costituisce una delle tele di sfondo ineludibili del presente come del domani nel mondo. Diversamente da Zanone  il quale attribuisce, tra l’altro, alla tendenza giscardiana il prevalere del metodo intergovernativo, Pier Virgilio Dastoli, rappresentante della Commissione europea a Roma, rassicura che l’obiettivo federalista non si è appannato con l’esperienza Convenzione-Costituzione, nella quale ultima sarebbero travasati i gameti federalistici contenuti nel progetto costituzionale di Spinelli del 1984 nella misura di almeno il 70 per cento. Dastoli, che è stato per anni il braccio destro di Altiero Spinelli, elenca gli aspetti positivi racchiusi nell’attuale fase costituzionale: essa consolida il patrimonio delle realizzazioni comunitarie, consente all’ Europa di fare passi avanti nella politica estera e nel governo dell’economia, mentre indica la via alle innovazioni indispensabili per perseguire il traguardo finale.

Gian Piero Orsello, un altro veterano del Movimento europeo che è passato armi e bagagli alle aule universitarie della Sapienza, si dichiara ottimista circa le ratifiche del Trattato di Costituzione e, al pari degli gli altri interlocutori, si esprime a favore dell’ ingresso della Turchia nell’Unione, previsto non prima del 2019, e della creazione di una forza militare europea al fine di rimuovere l’accettazione supina della posizione egemonica degli USA nel mondo. Per Maria Grazia Melchionni, che dalla cattedra universitaria di storia dell’Unione europea, scruta l’evolversi del processo dalla fase gradualistica monnettiana a quella democratica costituente, che ha pur dato risultati spettacolari, riconosce la singolarità dell’apparato politico-giuridico prodotto. Il quale sfugge agli schemi classici e rappresenta invece l’apoteosi del compromesso. Un’ibridazione tra federazione e confederazione, dove non parla più di strutture sopranazionali ma di sovranità  condivisa, con ritorno di congrui spazi attribuiti agli Stati, e nella prospettiva, nuovissima, quasi una news, di una possibile ricerca dell’equilibrio interistituzionale dell’Unione nell’unificazione della Commissione col Consiglio. Francesco Tufarelli, mente giuridica del ministero delle Politiche Comunitarie, osserva che la rottura sulla politica internazionale è avvenuta proprio all’interno dei Sei Paesi fondatori, e che siamo ancora lontani dall’avere una vera costituzione europea, essendo l’atto firmato a Roma il 29 ottobre scorso nulla più di un  trattato.  Si chiude con tartine e spumante.  
 
 
 

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