Puntare sulla qualità dell’azione amministrativa, per evitare che la prossima programmazione ripeta gli errori di quella attuale. E’ l’invito di Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea con delega all’Industria.

Il commissario, durante l’evento dedicato venerdì a Roma da Euractiv al tema dei fondi Ue, critica duramente alcuni atteggiamenti tenuti nel passato dalle istituzioni italiane su questi finanziamenti. “Oggi è fondamentale sapere utilizzare ai fini della crescita tutto ciò che l’Europa mette a disposizione. I fondi strutturali non possono essere investiti a pioggia per fare favori a qualcuno, ma vanno utilizzati per obiettivi concreti, come le infrastrutture o gli aiuti alle imprese”. O anche l’abbattimento del cuneo fiscale. “Penso all’abbassamento della pressione fiscale attraverso la decontribuzione delle assunzioni di giovani”.

Per utilizzare questi fondi Tajani dà un’indicazione concreta. “Lancio un appello alla pubblica amministrazione perché incrementi la qualità dei progetti. La percentuale dei progetti che vengono presentati dall’Italia è altissima, ma è molto bassa la quota di quelli approvati”. Questo perché mancano le competenze presso le Pa. “Il problema non è di fondi ma della capacità italiana di utilizzare questo denaro; l’accesso al credito si ha se c’è una buona formazione. E ricordo che noi abbiamo il numero più alto di funzionari distaccati presso la Commissione europea”.

Una visione condivisa dal direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini: “Bisogna essere più proattivi, non aspettare che qualcuno venga a casa e ci porti i soldi dell’Unione europea”. In questo senso l’Abi si sta muovendo con il progetto Banche 2020. “Si tratta di un programma che ha proprio l’obiettivo di sviluppare insieme alle imprese una strategia per migliorare l’utilizzo degli strumenti comunitari. Abbiamo creato una piattaforma informativa per le banche italiane, allo scopo di dargli una conoscenza delle opportunità a disposizione in Europa. Abbiamo sviluppato un’attività di supporto alle imprese con progetti finanziabili. E puntiamo a sviluppare meglio le attività di partenariato pubblico privato”.

Insomma, bisogna spendere meglio, perché il mancato utilizzo dei fondi Ue è un peccato mortale. Lo sottolinea l’europarlamentare Niccolò Rinaldi: “Tra il peculato e il non utilizzo dei fondi europei non c’è molta differenza. Si tratta in entrambi i casi di denaro destinato ai cittadini che non arriva a destinazione. Invece troppo spesso passa l’idea per cui questi fondi, se ci sono, è bene. Altrimenti non succede niente”.

La preoccupazione delle imprese si concentra soprattutto sul nuovo accordo di partenariato tra Italia e Ue sull’impiego dei fondi strutturali: “Speriamo che sia costruito sul territorio e non sia un’azione di sola facciata”, dice Alberto Marchiori di Rete imprese Italia. Il timore è che le politiche incentrate su grandi priorità nazionali mettano tra parentesi le esigenze concrete delle piccole e medie imprese. “Devo dire – prosegue – che per adesso ho un cattivo presagio su come si sta lavorando”. 

Un capitolo a parte è stato scritto dalle imprese agricole. Che, paradossalmente, hanno sempre avuto il problema di spendere troppi dei fondi a disposizione. Vincenzo Lenucci di Confragricoltura ricorda: “Per il periodo 2007-2013 abbiamo raggiunto un tasso di spesa che arriva intorno al 60%, contro il 40% degli altri settori”. E gli fa eco il presidente della commissione agricoltura del Parlamento Ue, Paolo De Castro: “Da quando esiste la Pac non abbiamo mai restituito un euro. Attenzione a non creare problemi dove non ci sono; questa è una politica che funziona”. Adesso si pone il tema del periodo 2014-2020. “Avremo – aggiunge Lenucci - circa nove miliardi a disposizione nella nuova programmazione. La sfida non è evitare di perdere soldi. La sfida è spendere bene per promuovere un settore che non riguarda più solo i campi o gli allevamenti ma una filiera molto più complessa”. 

Una strada difficile ma possibile. Passare dall’attuale 40% di spesa al 100% entro il 2015 è un obiettivo alla portata dell’Italia. Lo sottolinea l’ex ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca, nel corso dell’evento dedicato venerdì a Roma da Euractiv.it ai Fondi Ue.

“Un primo elemento va sottolineato: questa programmazione è stata gestita malissimo - spiega Barca -. Alla stessa data di sette anni fa eravamo 12-13 punti più avanti”. Eppure ci sono dei dati che vanno valutati attentamente. “L’Italia ha sempre speso molto in ritardo i suoi fondi e ha sempre saputo spendere negli ultimi due anni una cifra che assomigliava molto al 50% che ci serve ora. Ma, soprattutto, l’Italia non ha mai perso fondi comunitari e ha meno irregolarità nella gestione dei fondi Ue di altri paesi come l’Olanda o la Gran Bretagna”. Quindi, per i prossimi anni c’è ancora speranza di farcela.

Ma non c’è solo la vecchia programmazione. Durante la giornata si è parlato anche del periodo 2014-2020. Antonello Pezzini, presidente del Comitato economico e sociale europeo, fa il quadro dei soldi a disposizione. “I miliardi assegnati all’Italia saranno circa 56, ma dobbiamo migliorare alcuni fattori per spenderli tutti”. Perché, come sottolinea Fiorenzo Bellelli presidente Warrant Group, “l’Italia spende l’1,26% del Pil in ricerca e sviluppo. Siamo al penultimo posto, prima solo della Grecia”. In sostanza, non utilizziamo bene i fondi Ue: “Diamo più soldi di quelli che riusciamo a utilizzare, gli altri paesi di fatto fanno ricerca con i nostri soldi”.

Un tema cruciale sarà quello delle Regioni, sul quale si è concentrato prima il vicepresidente vicario del Parlamento europeo Gianni Pittella: “Guardiamo il riparto dei fondi 2014-2020 a livello regionale. Ci sono cifre che circolano che tolgono due tre miliardi al Sud in maniera ingiusta e inaccettabile. Lo dico chiaramente al Governo: non fate trucchetti, il riparto dei fondi 2014 2020 penalizza il Sud”. Per l’esponente del Pd, poi, servirebbe “un programma unico per il Sud, che metta insieme Fondi europei, cofinanziamento nazionale e Fas”.

Anche il governatore dell’Abruzzo Giovanni Chiodi, in rappresentanza dell’Assemblea delle Regioni, ha richiamato l’attenzione su alcuni punti: “Il modello di governance proposto per la prossima programmazione risulta troppo sbilanciato sui programmi nazionali, penalizzando in maniera inaccettabile lo sviluppo territoriale. Abbiamo aperto un confronto serrato con il governo perché si inverta questa tendenza”.

Infine, si è parlato di cultura. L’europarlamentare Silvia Costa, relatrice in Parlamento del programma sui patrimoni culturali, ha rivendicato la maggiore importanza che nei prossimi anni sarà attribuita a questo capitolo: “Abbiamo inserito nei fondi strutturali il riferimento al patrimonio culturale, alle scienze sociali e alla ricerca umanistica. Abbiamo vinto la battaglia di inserirlo tra le azioni chiave. E nell’ambito di Horizon 2020 abbiamo recuperato il tema della cultura”.