Amore e dovere

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Da circa un anno i due giovani sposi vivevano felici nella loro bella casa, non molto grande, ma arredata con gusto e semplicità col concorso di amici e parenti che avevano fatto i regali di nozze seguendo le indicazioni della lista fatta dalla coppia stessa.
Ogni cosa, moderna e funzionale, rispecchiava il carattere aperto e dinamico dei giovani sposi che, conosciutisi sui banchi scuola, avevano deciso di coronare il loro sogno d'amore non appena lui, Paride, conseguita la laurea di avvocato, aveva avuta la possibilità d'inserirsi come praticante nello studio di un amico molto ben avviato.
Per sua moglie Tecla, invece, gli studi si erano dovuti interrompere dopo il liceo per la limitata disponibilità economica della sua numerosa famiglia che non poteva permettersi di mantenerla ai lunghi studi universitari.
La ragazza però frequentando successivi Corsi di formazione aveva conseguito l'attestato di ceramista e vetrinista e su quest'ultimo aveva puntato per entrare a far parte di una catena di negozi dei quali rinnovava le mostre ad intervalli regolari che gli avevano permesso di contribuire al reddito familiare e mettere a parte anche qualche risparmio.
Anche il suo fidanzato aveva cominciato a guadagnare abbastanza bene perché entrambi volevano sposarsi appena possibile.
Ciò avvenne, infatti, per la loro felicità e fra le benedizioni del parentado che gioiva insieme ai due ragazzi innamorati.
L'impiego che Tecla mantenne anche dopo le nozze le consentì di riempire il tempo in cui suo marito era in ufficio, lo svolgeva con passione creativa, ne riceveva molta soddisfazione e le dava modo di arrotondare il reddito familiare.

La vita in quella casa iniziò così tranquilla e soddisfatta e, dopo alcuni mesi, anche la gioiosa novella di una prossima maternità aveva allietata l'unione felice e tutto lasciava prevedere un altrettanto sereno futuro.
La nuova vita che si era annunziata contribuiva a farli fantasticare e ad assumere con impegno il nuovo ruolo di genitori.
Come ogni futura madre, la giovane Tecla, sopportò i primi disagi che la gravidanza comporta e nausea, astenia e insonnia furono superate ottimamente e non vi fu neppure la necessità di sottoporsi ai numerosi esami che, in quegli anni, cominciavano ad essere abitudinari per tutte le mamme in attesa. Non essendo, però ancora obbligatori, Tecla, aveva ritenuto farne a meno e aveva seguito i consigli della madre che per le sue quattro gravidanze aveva tenuto sotto controllo soltanto le urine per evitare l'eventuale albuminuria, sottoponendosi a due sole visite della sua levatrice per rilevare la posizione del feto.
Era giunta così al quarto mese di gestazione e tutto procedeva bene, ma un giorno che stava allestendo una vetrina natalizia molto elaborata, cadde in malo modo da una scaletta provvisoria che, tranne qualche livido, sembrò non aver lasciato postumi.
Dopo circa una settimana, però, Tecla fu colta da violenti dolori addominali che le causarono anche alcune perdite di sangue che potevano essere avvisaglia di aborto.
Fu necessario, quindi, farle assumere delle massicce dosi di medicinali specifici per scongiurare l'aborto mantenendo un assoluto riposo fino al termine della gravidanza.
Il marito nelle pause di lavoro s'ingegnava a tenerla di buonumore: "Sai! la nostra bimba ha tentato di anticipare la sua venuta al mondo soltanto per conoscermi prima....sai che le bambine sono tutte per il papà" ed io non vedo l'ora di tenermela fra le braccia."
"Ma che dici Paride? Tu insisti nel credere che sia una femmina. E se fosse una maschio? Non conosci l'antico detto che afferma essere la pancia a punta che porta il maschio, ed io, non sono tonda tonda!"

Simili schermaglie si susseguirono per tutto il tempo della gestazione che, comunque, non raggiunse il tempo debito e il parto avvenne prematuro, recando un'amara sorpresa.
Non per il sesso che rivelò essere un maschio, malgrado la forma della pancia e l'antico proverbio.
Bello, forte e vivace, Fulvio, coi suoi primi strilli rivelò avere dei forti polmoni, ma disgraziatamente era focomelico con due moncherini al posto delle braccia.
La necessità di assumere dei farmaci capaci di arrestare l'aborto per un tempo lunghissimo, aveva determinato la grave anomalia che gettò nella costernazione tutta la famiglia che aveva attesa questa nascita con amore e trepidazione, ignari di quanto il destino stava loro preparando.
Sul momento nessuno ebbe coraggio di farne partecipe la madre che vide la sua bella creatura strettamente fasciata com'era l'uso del tempo e solo quando dovette attaccarla al seno capì la situazione e, con un urlo di raccapriccio seguito da un pianto convulso e prolungato che rischiò di annullarne la scesa del latte, allontanò da sé il piccolo innocente che cercava la turgida mammella che la madre le rifiutava: "Non può essere mio figlio. Non voglio vederlo più. Lo rifiuto, portatelo via. Qualcuno me lo ha scambiato."
Queste le parole allucinate della povera madre e le infermiere della clinica non sapevano come consolarla.
Dal suo canto Paride se la prese col destino crudele e malvagio che aveva recata una condanna non solo a loro genitori, ma allo stesso neonato che non avrebbe avuta una vita facile.
Ne parlò con l'anziano ginecologo con accento angosciato: "Capisce dottore? E' come una maledizione per noi che ci attendevamo un bambino come gli altri. Cosa abbiamo fatto per meritarci un castigo simile ? E mia moglie che non vuole neppure vederlo dopo averlo atteso con tanto amore e tanta sofferenza. Come potremo allevarlo? La nostra è una famiglia distrutta prima ancora di formarsi."
Il medico aveva lasciato sfogare il povero padre che seduto aldilà della sua scrivania parlava con accento accorato, infine si alzò e, ponendogli una mano sulla spalla gli si rivolse con voce comprensiva: " Mio caro Paride, io potrei essere suo padre e di casi come questi ne ho visti parecchi, posso assicurare che le soluzioni ci sono.
Basta ragionare su alcuni punti essenziali. La natura umana ha ancora molti lati sconosciuti e non sempre le cure danno gli stessi risultati.
Le medicine date a sua moglie, non hanno causato sempre lo stesso abnorme risultato e questo disastroso fenomeno non ha una causa precisa. Non vi è ancora certezza che le sole cure ne siano il motivo. Purtroppo, quando ciò avviene non resta altro che rimettersi al fato avverso ed accettare con doppio amore questi poveri bimbi che, quasi sempre, dimostrano di avere un'apertura intellettiva superiore alla media come succede anche nei Dawn che nel corso della vita, riescono a superare gli ostacoli più invincibili.
Ciò accade proprio perché con l'intelligenza s'ingegnano a mettere in evidenza le loro capacità più nascoste. Siamo tutti a conoscenza che molti menomati fisici sono diventati insigni pittori, atleti, musicisti, ma questo solamente perché non sono stati respinti dalle loro famiglie.
E' fondamentale convincere sua moglie che il bambino è sano e vivace e, soltanto se chi lo ha messo al mondo lo rifiuta, potrebbe diventare un disgraziato."
Con la testa fra le mani, il povero padre, era rimasto muto ad ascoltarlo e il professore riprese il suo discorso: "Mi creda, il primo a rimanere sconcertato sono stato proprio io che l'ho visto per primo e mi rendo conto di quanto sia doloroso farne partecipi i genitori."
Il medico sostò un attimo per asciugarsi gli occhiali inumiditi dalla commozione e subito riprese:
"Il mio compito, è quello di chiarirle le idee e spronarlo a convincere sua moglie che un figlio è un dono prezioso e non va ripudiato in nessuna situazione. Anzi l'amore materno sa fare i più grandi miracoli e, lei, come padre e come avvocato, deve trovare le parole giuste per persuadere sua moglie ad abbracciare e nutrire questo bimbo che se potesse parlare, sarebbe il primo a prendersela con chi lo ha generato e, crescendo, si concilierà con la vita soltanto attraverso voi che lo amerete e lo aiuterete a trovare la sua strada. E' un compito grave quello che vi aspetta, ma dovrete affrontarlo non solo per amore, ma anche per dovere. Rifletta sulle mie parole ed affronti con coraggio e consapevolezza. l'avvenire di suo figlio sarà senza dubbio la sua più grande causa che dovrà perorare."

Le parole del professore, furono un balsamo per l'angosciato Paride che vi riflettè a lungo e furono da sprone per persuadere la sua compagna a prendere un più positivo atteggiamento verso quella creaturina che non aveva nessuna colpa.
Tornato accanto al letto di Tecla, ancora in lacrime, cominciò a parlarle con tono sommesso e persuasivo descrivendole anzitutto le sembianze del loro piccino nel mentre accarezzava i capelli di sua moglie madidi di sudore.
"Smetti di piangere e di accorarti, mia cara. Pensa invece a quanto è bello il nostro piccolo. Hai visto che ha gli occhi simili ai tuoi? E poi è maschio ed risaputo che, i maschi, stravedono per le loro madri... tu invece che fai? Lo ripudi? Mentre sei proprio tu che in questo momento dovrai nutrirlo e provvedere a lui. Io vi sarò accanto e farò la mia parte condividendo con te amore e sacrifici e, solo da noi, egli troverà l'appoggio che gli spianerà quel percorso che si è annunziato lungo e difficile.
Il nostro Fulvio è frutto del nostro amore e lo abbiamo aspettato con tanta trepidazione per poi rifiutarlo? Dovremo amarlo più di ogni altro bambino perché i suoi bisogni saranno maggiori e, se sapremo trasmettergli qualcuna delle nostre qualità troverà, anche lui, qualcosa che farà amargli la vita.
Comincia a guardarlo con altri occhi, scorda la sua anomalia, tienilo accanto a te e il tuo cuore di madre non resterà insensibile al suo pianto e al suo riso. Fulvio ha bisogno di te come ogni neonato che fino a che non sarà svezzato non potrà usare le sue braccine e, per quel tempo, avremo insieme trovate molte soluzioni affinché egli non rimpianga di essere nato sentendosi diverso. Anche la scienza ci verrà incontro e lo provvederemo di protesi adatte a lui. Per questo dovremo essere forti anche noi per affrontare i futuri problemi, ma adesso consoliamoci pensando che è robusto e vivace e non è affetto da mali incurabili. Pensa a quanti altri bambini infelici vi sono nel mondo e che abbandonati a sé stessi finiscono per soccombere senza avere conosciuto l'affetto di genitori che si fanno carico delle loro sofferenze. A nostro figlio non deve essere riserbato questo destino."

Le parole del marito scossero Tecla che da troppi giorni si rifiutava di alzarsi dal letto, mostrò il desiderio di sgranchirsi e Paride l'aiutò ad infilarsi la vestaglia esortandola a fare una camminatina nel corridoio mentre si scambiavano effusioni.
Dopo una ventina di passi giunsero davanti la vetrata della nursey dove i neonati erano allineati nelle loro culle e dietro il vetro sembravano tutti uguali e nessuno mostrava le braccine coperte da lenzuoli e copertine tanto che Tecla stentava a riconoscere il suo.
Una puericultrice si accorse del suo imbarazzo e ne approfittò per approssimarsi a colei che in quei giorni era al centro delle attenzioni e con molta cortesia le indicò il suo piccino:
"Vede signora il suo bimbo è il più bello di tutti ! Tecla lo guardò riluttante e, per la prima volta, il viso di suo figlio le apparve in tutto il suo splendore con la testina ricoperta dalla folta capigliatura bruna come la sua e due occhioni azzurri come quelli del suo babbo; veramente un amore di bimbo.
Un fiotto di emozione pervase la giovane madre mentre dai capezzoli sentiva sgocciolare il suo latte pronto per nutrire quel figlio che fino a quel momento non aveva voluto avere accanto.
Anche Paride che col suo braccio sorreggeva sua moglie, fu pervaso dalla commozione sentendo il brivido trasmessogli da Tecla mentre le parole, gli fluivano dalle labbra istintive e persuasive, non per nulla era avvocato...
"Vedi tesoro, quanto è bello il nostro bambino? Pensa con quanto amore lo abbiamo creato e quanto abbiamo fatto per non perderlo. Queste sono cose che dovremo raccontargli e lui sarà fiero dei suo genitori come noi lo saremo di lui. Per il momento saremo noi le sue braccia e mano a mano che crescerà provvederemo nel modo migliore a non fargli sentire le difficoltà del suo stato.
L'infermiera intanto, aveva fatta entrare Tecla nella Nursery offrendole una sedia e, intuendo che le mammelle della puerpera erano pronte per essere svuotate, sollevò Fulvio ancora fasciato e glielo pose in grembo. La boccuccia avida del neonato si attaccò immediatamente al capezzolo turgido che sua madre istintivamente le offrì mentre l' emozione nuova che la pervadeva sancì il connubio eterno che lega madre e figli che è uguale in ogni parte della terra.
Mentre il bimbo poppava, lo sguardo di sua madre indugiava su quel capino bruno e sulle gote arrossate dallo sforzo di succhiare e l'amore materno, represso fin'allora, si concretizzò in un sorriso estasiato che sbocciò istintivo. In quel momento, lei vedeva solo il lato superiore di suo figlio, il resto ricoperto dalle trine candide del coprifasce si mostrava perfettamente uguale agli altri nascituri.
I problemi li avrebbe affrontati a suo tempo e si sentiva pronta ad avere quattro braccia per lui.
Era sorto in lei quel senso materno che credeva di poter scacciare solamente con la sua volontà, ma che invece è presente in ogni donna che auspica la maternità come una realizzazione vitale ed è formato da immenso amore ed altrettanto senso del dovere.
Così è ogni madre degna di questo nome.
Tecla sarebbe divenuta davvero un'altra Madre Coraggio affrontando tormenti e sacrifici, col risultato di trasmettere a suo figlio quell'ottimismo necessario per scegliere in serenità il suo posto nella società