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Prima parte
La
casa in mattoni bianchi, con la sua squadratura perfetta, si distingueva
fra tutte le altre di Addis Abeba per la balconata del piano superiore,
interamente ricoperta di geranei
"Pelargonium Leopoldo" di colore rosso vivo con steli carnosi a
fioritura perenne.
Tutti
ammiravano quella spalliera di fuoco che era il vanto della
proprietaria.
La particolare dimensione dei fiori era dovuta all'appassionata cura
della padrona di casa che vi si dedicava con assidua cura. Il
portone d'ingresso si apriva fra gli archi moreschi che reggevano
la struttura e immetteva nel patio la cui vasca centrale
era ugualmente contornata dai medesimi fiori alternati con
vasi di palme, una vera oasi nella calura della città. Per
la maestosità dell'insieme, il fabbricato, incuteva rispetto e
soggezione come se appartenesse ad un Ras, ma quella dovizia
di fiori ne ingentiliva l'aspetto.
Vi
risiedevano il facoltoso commerciante di pellami Alessio Damiani
e la sua bellissima moglie e la vita vi scorreva dignitosa
e abitudinaria.
Alessio,
aveva deciso di risiedere per qualche anno ad Addis Abeba
a causa del suo commercio iniziato fin da giovane ed anche
la fidanzata Nora, italiana come lui, lo aveva seguito subito
dopo le nozze, sperando di ritornare poi in Italia. Giunta
ad Addis Abeba in luna di miele, la giovanissima sposa,
si avvide ben presto quanto poco si confacesse al suo fisico
il clima africano.
S'iniziò in lei un dimagrimento progressivo che la portò ad un'
anemia così acuta da renderla priva di anticorpi, tanto da farla
abortire al quarto mese di gravidanza con un atto chirurgico
che la rese per sempre sterile.
L'irreparabile esito di questa gravidanza dovuto all'imperizia dei
medici fu un duro colpo per la coppia che si amava profondamente e che
sperava di avere figli. Specialmente
in lei che aveva pregustato la gioia di essere
madre, s'instaurò un forte senso d'inferiorità che nascondeva
un piccolo risentimento verso suo marito che l'aveva portata in Africa con
la promessa bugiarda di
rientrare presto in Patria. Il
cruccio della donna era che se fosse rimasta nel suolo natio,
la sua gestazione si sarebbe svolta in modo perfetto. Non
esprimeva a parole questi dubbi, ma il suo carattere aveva
risentito del trauma subìto addossandosi anche la colpa di non poter
esaudire il desiderio di paternità del suo
consorte.
Ebbe dei giorni colmi di tristezza e nei momenti di solitudine
piangeva sulla sua sorte e la depressione stava impossessandosi
di lei.
Seconda
parte
Fortunatamente strinse amicizia con Alice proveniente dall'Inghilterra che
col marito Valter era titolare della farmaceutica convenzionata situata in
centro.
Alice e Valter erano di mezz'età e avevano lasciato ai due loro figli, già
coniugati, un'attività simile a Londra e, pieni di spirito altruistico,
si erano trasferiti ad Addis Abeba per fronteggiare la triste realtà
dell'ecatombe di creature rese orfane dalla guerra che la poverissima
Missione Cattolica non riusciva a curare. Anche Nora s'inserì in questo
Progetto che, a distanza di tempo, riuscì a colmare, in parte, il suo
sconforto, appagando il suo senso materno.
Le pie signore si recavano una volta al mese a trovare i loro protetti,
portando regali di tutti i generi: dai medicinali, ai generi alimentari,
dagli indumenti ai giocattoli e per riempire le loro ceste di doni,
avevano stabilito di lavorare personalmente per la confezione di maglierie
e giocattoli con l'aiuto di altri volontari. Avevano formato così un bel
gruppo che si riuniva, in orari stabiliti, nel grande stanzone del
retro/farmacia e periodicamente Nora e Alice s'incaricavano di portare a
destinazione ogni cosa. Nelle feste comandate, preparavano anche i dolci
tradizionali che facevano la felicità degli orfani a cui erano destinati.
La vita dei Damiani sembrava scorrere nel modo migliore nella monotonia
delle loro occupazioni anche se Alessio stava spesso assente per la
ricerca delle pelli e i giorni di lontananza qualche volta si
moltiplicavano.
Proprio come compagnia e per il suo senso materno, Nora aveva presso di sè
Elide un'orfana meticcia, raccomandata dai missionari perché era una
sparuta e indifesa piccina che, a cinque anni, ne dimostrava la metà
risentendo ancora del trauma causatole dal terremoto che l'aveva travolta
e che l'aveva privata dei genitori.
I grandi occhi scuri e il corpicino gracile di quella bimba ebbero presa
sul cuore di Nora che la vide come un cucciolo bisognoso di affetto e di
cure. Dispensata dalle fatiche casalinghe a cui attendevano i servi
mulatti, Elide sembrava sentirsi in famiglia e, col dovuto rispetto per i
padroni di casa, la sua vita scorreva tranquilla.
A distanza di anni Alessio cominciò a rinfacciare a sua moglie
l'incapacità di avere figli, dapprima con sarcasmo e poi con tono
offensivo chiamandola "la mia bella mula" anche in presenza di
ospiti. In questi casi il disagio di Nora era indescrivibile e non sapeva
capacitarsi di quella indelicatezza. Avvertiva dietro le sue espressioni
che potevano sembrare facezie la volontà di ferirla eppure aveva
assistito alle sue sofferenze e sapeva quanto l'avessero incisa
fisicamente e moralmente.
L'accordo amoroso si andava stemperando in un rapporto abitudinario e
senza slanci: lui, sempre preso dalle sue compravendite che lo tenevano
continuamente in viaggio, lei, spesso sola, riempiva le ore cooperando al
Progetto Aiuto e poi aveva la musica e infine la cura dei suoi fiori, quei
meravigliosi geranei che ogni mattina sembravano darle il buongiorno con
la fragranza del loro profumo.
Ripuliva giornalmente ogni tralcio dai petali morti che, altrimenti, si
sarebbero troppo ammucchiati soffocandone le radici giacché il caldo
soffocante appassiva rapidamente le inflorescenze e, proprio all'assiduo
controllo e alle parche innaffiature, era dovuta l'abbondante fioritura.
Anche assidersi al pianoforte dava serenità alla dolce signora che
nell'eseguire i suoi brani preferiti, sentiva blandire ogni
mestizia.
A suo tempo, avrebbe voluto adottare Elide, ma ne ebbe un netto rifiuto
narcisistico del marito: " Soltanto a una creatura nata dal mio seme
potrei dare il mio nome e non ad una trovatella di colore!" Con
queste parole chiuse l'argomento e Nora vi si attenne senza annullare
l'affetto che sentiva aumentare per la povera orfana che allevava con
amorosa sollecitudine, gioendo nel vederla crescere sana e fiorente e che
si era impegnata anche ad istruire perché voleva che diventasse una
signorina a modo. Da qualche tempo Nora accusava strani malesseri di cui
non si dava ragione, erano capogiri improvvisi, crampi allo stomaco e,
talvolta, anche tachicardia.
Intanto il tempo passava scandendo la vita dei Damiani senza scosse né
fatti salienti ed Elide, raggiunti i sedici anni, aveva acquisito delle
belle sembianze e con le sue forme pronunziate sembrava anche più grande.
A questo contribuiva anche lo sguardo di mulatta, profondo e magnetico.
Nel ricevere capi di vestiario intonati alla sua giovane età, cambiava di
umore con reazioni d'insoddisfazione perché era attratta, quasi
morbosamente, dalle vesti appariscenti e dai monili luccicanti che vedeva
addosso a qualche signora del vicinato e Nora, sempre pronta a riprenderla
e a consigliarla, interpretava la sua mania come smania di crescere.
L'aveva sorpresa, parecchie volte dinanzi alla grande specchiera, a
pavoneggiarsi con la sua biancheria e coi suoi gioielli, ma bonariamente,
la esortava a pazientare perché la sua età non le permetteva ancora di
vestirsi da adulta.
In realtà la ragazza aveva una indole subdola ed era invidiosa della sua
benefattrice che possedeva tante belle cose.
Si avvicinava il giorno della Grande Festa Nazionale e Addis Abeba era
pavesata di grandi manifesti che annunziavano la parata militare, la
cavalcata folcloristica delle tribù e tutte le sfilate chiassose di danze
tribali i cui partecipanti con l'aggiunta di famosi giocolieri e
sbandieratori stavano arrivando nella capitale.
Tutta la città era in fermento e i preparativi avevano elettrizzato il
popolo che non aveva spesso motivo per divertirsi e le costruzioni delle
impalcature per assistere alle esibizioni erano quasi terminate, con in
primo piano, il palco speciale con baldacchino ricoperto di damasco rosso
per il Negus e la sua Corte.
Anche i Dignitari esteri e nazionali e tutte le autorità avrebbero avuta
l'assegnazione di posti numerati e i biglietti d' invito erano stati
diramati per tempo. A questi ambiti inviti ufficiali nessuno avrebbe mai
rinunziato.
Le signore, specialmente, si stavano preparando a sfoggiare toilettes e
acconciature ricercate.
Mancavano due giorni alla festa e anche Nora e Alessio avevano già pronti
i loro abiti allorché un dispaccio urgente giunse al commerciante. Si
richiedeva urgentemente la sua presenza per controfirmare a partenza per
l'America di una notevole spedizione di pelli che aveva richiesto una
lunghissima trattativa da parte degl' intermediari, raggiunto l'accordo,
la firma era diventata improrogabile. Si trattava di star via due o tre
giorni e questo avrebbe compromessa la presenza della coppia alla parata
giacché egli non voleva che Nora vi si recasse da sola.
Malgrado tutto ci teneva a ben figurare in coppia con sua moglie e sapeva
bene che nelle riunioni ufficiali loro due attiravano gli sguardi di tutti.
Nora si rabbuiò, sapendo di dover rinunziare, ma come sempre, si
sarebbe adattata alla circostanza.
Fu la farmacista che, capitata per caso, rimase molto meravigliata
dell'imposizione di Alessio verso la moglie.
Non lo conosceva così ostinato, era geloso per caso? Lo disse senza
preamboli all'amico Alessio: "Ma è gelosia la tua? Tu vai sempre in
giro e tua moglie ha così poche occasioni di sfoggiare un bell'ambito,
perché glielo proibisci? Sai bene che non ha conoscenze maschili
particolari, né si farebbe accompagnare da sconosciuti. Starà fra me e
mio marito e seppure si dovessero fare le ore piccole, sta certo che la
riaccompagneremo fino a casa. O non ti fidi più di noi?" Si sentiva
offesa veramente quel donnone di Alice e lo specificò chiaro e tondo e,
il commerciante, non trovò scuse per rifiutare la gentile assistenza.
Aggiunse solamente che, ritornando stanco dal viaggio avrebbe avuto
bisogno della moglie che era usa fargli il nodo alla cravatta.
A questo punto intervenne Elide che si disse disposta a rinunziare alla
festa per restare a casa ad attendere il ritorno del "signore"
per prestargli l'aiuto necessario. Lo slancio di devozione intenerì Nora
e anche gli altri che la ringraziarono sorridenti e soddisfatti. Alessio,
tranquillizzato, partì assicurando che avrebbe cercato di tornare quanto
prima e insistette affinché sua moglie gli tenesse libero il posto perché
voleva esserci.
Terza parte
La grandiosa festa si svolse in un fantasmagorico tripudio di colori e nel
frastuono generale. Il Carosello storico offrì la visione d'indomiti puro
sangue addestrati da prodigiosi cavalieri nelle divise di diverse epoche,
tutte le variopinte rappresentanze delle tribù etiopiche presentavano
volti segnati da incredibili geroglifici e, fra danze di guerra e di pace,
le esibizioni furono spettacolari elettrizzando il pubblico fra suoni di
corni, fanfare e colpi a salve di fucili. Cori di guerra e nenie
folcloristiche risuonavano nell'aria torrida che toglieva il respiro per
la polvere che in continuazione veniva alzata dagli zoccoli dei cavalli
infastidendo gli occhi e i polmoni dei presenti.
Per questa insofferenza, molti dei convenuti, furono costretti a lasciare
i palchi prima della fine come fecero anche Nora e i suoi amici che
rinunziarono volentieri allo spettacolo pirotecnico che avrebbe posto fine
ai festeggiamenti.
Salutati i suoi accompagnatori, dinanzi al portone, Nora rientrò in casa
anzitempo e fu sorpresa di non trovarvi Elide.
Immaginò che, annoiata dall'inutile attesa, la ragazza fosse uscita a
curiosare e, senza pensarci più di tanto, sfinita dal caldo e dalla
polvere, si spogliò e si tuffò nell'acqua della vasca per un bagno
ristoratore; si stese poi sul letto con tutto l'accappatoio e nella
penombra della stanza si appisolò.
A risvegliarla fu un parlottio concitato nel corridoio. Stava per
chiamare Alessio, avendone riconosciuta la voce...ma con chi stava usando
quel tono di supplica? Non poteva essere vero ciò che stava udendo!
Allibita, udì suo marito chiedere scusa a Elide per il ritardo
fatto e lei si rivolgeva al "signore "con il "tu " e
non con la deferenza abituale, ma con arroganza e familiarità e le parole
che stava pronunziando erano mostruose e incredibili:
" Ti sei convinto che quanto ti dicevo era vero? Di te, a tua moglie
non importa nulla altrimenti sarebbe restata a casa ad aspettarti e sono
io che mi sono sacrificata. "Avresti dovuto vedere con quanta fretta
si è preparata per seguire i suoi amici.
"Ma a te queste prove non bastano per farmi stare al suo posto!
" Quando arriverà quel momento?
" Spero sia prima della nascita di nostro figlio, ma sono sicura che
se lei non muore, tu non ti deciderai mai!"
L'involontaria ascoltatrice non riusciva a credere a quanto stava udendo
pensando da quando durava quella storia.
La ragazza rimproverava l'uomo di averle rovinata la giornata di festa e
rimpiangeva di aver dovuto sostituire la moglie che aveva preferito andare
a divertirsi con gli amici sentendosi ancora più sciocca nell'avere
creduto alla promessa di poter passare un pò di tempo da soli prima di
recarsi alla festa. Alla sfortunata moglie girava la testa : Non poteva
essere vero, stava sicuramente sognando! I due litiganti che la credevano
fuori, come lo era la servitù, disputavano senza alcun ritegno,
lanciandosi accuse e frasi che ella non avrebbe mai pensato di udire. La
poveretta non trovava la forza per levarsi dal letto e aprire la porta.
Col volto rigato dalle lacrime, ansimava e soffriva, vergognandosi per
loro, per quanto dicevano e per l'odio che sentiva nella voce di quella
trovatella ingrata, protetta e amata come una figlia... E suo marito, che
l'aveva disprezzata come eventuale figlia adottiva, ne aveva fatta
addirittura la sua amante ! Adesso, il figlio lo avrebbe avuto da quella
sciagurata, invece!
Il cuore della povera donna stava per scoppiare nel venire a conoscenza di
questa storia obbrobriosa e di quanto si stava tramando alle sue spalle e,
come un lampo, comprese che da anni, forse, quella ragazza mirava a
prendere il suo posto.
La serpe che le era cresciuta accanto chissà da quanto stava escogitando
di soppiantarla e, forse anche mettendo in atto qualcosa ancora più
mostruoso. La sua morte. Si spiegava adesso i suoi strani malessere e,
ricollegando alcuni fatti, mise in relazione i suoi improvvisi squilibri
con le tisane diverse che Elide le somministrava. Per questo era lei
sempre pronta a prepararle. E gli strani odori che emanavano le acque dei
suoi bagni ? Che intrugli le somministrava quella strega?
Lo sbattere violento del portone le fece capire che i due traditori
avevano lasciata la casa frettolosamente.
Per andare dove? Di certo avevano un luogo in cui incontrarsi di nascosto,
per questo non si era mai accorta di niente.
Con la morte nell'anima, si ricompose, imponendo a sé stessa di non far
trasparire quanto aveva appreso riproponendosi di acquisire delle prove
certe per potersi vendicare e, specialmente castigare, la carognetta alla
quale aveva fatto da madre.
Le vennero in mente i piccoli registratori da portare in dono ai
Missionari, ne tolse alcuni dai pacchi già pronti e si affrettò a
posizionarli in alcuni punti strategici : nella stanza di Elide, in quella
di Alessio e nella grande cucina dove essi desinavano insieme quando lei
era assente.
L'indomani era proprio giorno di beneficenza e i due miserabili sarebbero
rimasti soli, ma ella era decisa a non partire e, avendo da anni camere
separate per gli orari strani di partenze e ritorni del capofamiglia, fu
agevolata nel mettere in atto la sua trappola.
Quella sera, si fece trovare a letto e, allorché suo marito fece l'atto
di entrare per salutarla, lo congedò immediatamente accusando dei forti
dolori di stomaco e tanta stanchezza; la stessa cosa aveva detto a Elide
che le sembrò felice di saperla sofferente. La mattina presto Alice venne
a prelevarla con il suo fuoristrada colmo di ceste, ma poco dopo, l'amica
le chiese di scusarla se, per la prima volta, non l'avrebbe
accompagnata, adducendo l'urgenza di una visita medica della quale non
aveva parlato neppure a casa. L'inglese che si era accorta del pallore
insolito dell'amica attribuendolo allo stress del giorno precedente,
invece di prendere la strada della Missione, trovò più giusto rinviare
la beneficenza di una settimana perché era più urgente prendersi cura
della sofferente che condusse a casa sua. Commossa
da tanta premura, Nora, non trattenne le lacrime e, frammezzo
ai singhiozzi trovò la forza di aprire il
suo cuore straziato. All'imprevisto racconto, anche Alice si sentì ribollire di
rabbia
impotente mentre i suoi muscoli da ex atleta le si gonfiavano
nell'intenzione di prendere a pugni quella sfacciata
che era stata capace di ripagare in tal modo tutto il
bene ricevuto.
Avrebbe voluto accompagnare l'amica a farne denunzia, ma
ne fu dissuasa da più giuste argomentazioni. Pure offesa e addolorata,
Nora, voleva prima avere delle prove
concrete da portare a suffragio di quanto avrebbe esposto alle autorità; per questo bisognava pazientare ancora
per scacciare Elide e intraprendere la separazione da
quel marito indegno. Le due amiche
rimasero insieme tutta la giornata per far sì che Nora rientrasse a notte
come talvolta capitava nel visitare
qualche villaggio più lontano; avrebbe così evitato di vedere e parlare
a quei due che gli erano diventati
odiosi.
L'indomani, recuperate le registrazioni,
dovette tornare dall'amica per poterle
ascoltare dettagliatamente e con rinnovato
dolore e stupore apprese altri particolari dove la trama contro la sua
vita risultò evidente. Le mani tremanti
della tradita non riuscirono a trascrivere quelle agghiaccianti
conversazioni. Se ne incaricò Alice che ne riempì quattro grossi fogli
protocollo. Sarebbero stati sufficienti
in un prossimo processo per far condannare
la coppia di amanti veramente diabolici.
Depositato tutto nelle mani del più
grande avvocato della città, la donna offesa, mise in atto l'ultima parte
del castigo escogitato. Mise le copie
delle registrazioni che si era premurata di fare, nei nascondigli
precedenti, facendole scattare quasi contemporaneamente ad alto volume
mentre gli altri dormivano ancora. Raggiunse
il balcone col suo leggerissimo frustino di bambù
con cui scrollava con delicatezza le foglie morte dei
geranei ogni mattina e, subito, nel silenzio della casa, si sprigionarono
alte e improvvise le voci dei litiganti, che fra parole d'amore e rinfacci
misero allo scoperto la tresca oscena e
l'ordito di un tentativo di omicidio nei suoi riguardi. I
diabolici protagonisti, svegliati all'improvviso, non riuscirono a
raccapezzarsi nell'udire i loro vergognosi segreti ampliati e moltiplicati
che giungevano da ogni parte della casa. Per
contrasto al self control che si era imposto fino ad allora, la
collera di Nora esplose violenta e quello che doveva essere come
sempre un lieve scrollo divenne una raffica di colpi violenti
che gl'innocenti geranei non meritavano.
Frustava, frustava, con rabbia fra
singulti disperati come se quei colpi
fossero inferti su coloro che l'avevano ferita e umiliata
fino a spezzarle il cuore. Proprio quelli
che più aveva amato. Rientrò in sé vedendo lo scempio che aveva
provocato la sua ira, i rami spezzati, le foglie gialle e verdi giacevano
a terra come lembi di anime morte
frammisti ai petali distrutti che sembravano
gocce di sangue sgorganti dalla ferita della sua anima.
Si lasciò cadere sulla poltrona di
vimini senza più forze mentre le lacrime
le inondavano ancora il volto dolente, incurante del
trambusto che sentiva provenire dall'interno. Si
sentiva sfinita, dolente e amareggiata e, in quel momento, le parve
finita persino la sua vita; vedeva solo distruzione e non riusciva
a prevedere che nuovi tralci sarebbero sorti dalle
radici e, forse anche la sua esistenza, poteva riservarle altre gioie.
Quarta parte
Nora a trentotto anni si era ritrovata a Roma,
città in cui era nata e che aveva lasciata allorché si era
sposata con Alessio che l'aveva portata a vivere ad Addis Abeba dove aveva
una fiorente attività di esport/import di pelli pregiate.
Per una serie di circostanze sfortunate, i rapporti della coppia si erano
andati disgregando fino al
momento in cui Nora scoprì che Elide, la giovane mulatta che lei aveva
protetta fin dall'infanzia, stava per dare un figlio a suo marito.
Lo scandalo che ne seguì, mise in luce che la ragazza aveva usate arti
diaboliche per irretire il facoltoso commerciante con un preciso piano
diabolico che mirava ad avvelenare la moglie ignara per prendere il suo posto.
Dopo il naufragio del matrimonio, Nora aveva deciso di ritornare presso
sua madre vedova e sola che l'aveva accolta con gioia.
Non sapeva, però,come
rallegrare la tristezza di quella dolce anima che del volontariato aveva
fatto la sua vita.
Dal momento del rientro nella
casa paterna, Nora, si era attivata per garantire il benessere alle Case
-Famiglia, ma tradita dalla sua esperienza africana, non era
più disponibile all'adozione e del suo periodo felice, una cosa aveva
conservata: l'amore per i suoi fiori stupendi... Per questo aveva avuto
cura di spedire per tempo a sua madre parecchie talee cosicché, quando
giunse a Roma le trovò
fiorite sul terrazzo della casa paterna. Ma non erano rigogliosi altrettanto e non avevano
lo stesso splendore. Avevano ben
attecchito, ma avevano perduto la
rigogliosità e la tonalità era meno accesa probabilmente
dovevano ancora acclimatarsi alla temperatura mite di Roma. Una
volta terminate le pratiche processuali per giungere alla separazione da
un marito che le si era rivelato nemico, Norma si era disinteressata di lui, decidendo di non
cercare mai più sue notizie. E neppure ricordare i giorni più belli con colui che aveva amato
profondamente e che aveva seguito
in Africa con tutto l'entusiasmo del suo giovane cuore condividendo la
speranza di formare con lui una vera famiglia. Il destino era stato
crudele con lei ed anche il
suo carattere ne aveva risentito e, adesso, si sentiva incapace di affezionarsi
ad un altro uomo malgrado le esortazioni di sua madre che la vedeva
sfiorire presso di sé. Sua figlia ritrovava la vivacità soltanto per applicandosi al suo lavoro che diventava sempre
più impegnativo , senza riservarsi mai un po' di relax.
Erano tre anni ormai che le viveva accanto in una vita abitudinaria e
senza scosse, ma gl'intimi
pensieri della figlia le rimanevano sconosciuti. L'anziana signora non era
capace d'indagare nei
sentimenti della figlia e vedendola sempre occupata , non voleva
risvegliarle, con domande indiscrete, certe emozioni che l'avevano fatta soffrire. Per la verità, la ferita infertale
dalle due persone in cui aveva riposta maggiore fiducia , non si era
ancora risanata e la giovane donna, riportando i suoi pensieri a quel
brutto periodo, si sentiva persino in colpa per essere stata, forse,
troppo impulsiva nel denunziare i colpevoli. Dopotutto quella ragazza
avrebbe dato al suo sposo quel figlio che lei, ormai, sarebbe stata impossibilitata a dargli, dopo la menomazione fisica subita. I
dubbi l'attanagliavano spesso recandole insonnia e inappetenza e, per
allontanare la tristezza, si caricava di maggiori impegni che ,
fortunatamente, realizzava nel migliore dei modi e che, ogni giorno di più,
le stavano arrecando molte soddisfazioni. Nora, infatti, fu proposta per
un Premio speciale e di questo parlarono anche i giornali dando molto
risalto alla personalità di questa volontaria d'eccezione. L'articolo
riguardante il Premio Internazionale fu riportato dai giornali di tutto il
mondo completo della relazione sul positivo
apporto del volontariato Infermieristico del quale Nora , da molti anni ne
aveva assunta la direzione. Ve ne fu anche un affettuoso riscontro ad
Addis Abeba dove ella aveva lasciato un ricordo indelebile nelle Missioni
che aveva beneficate partecipando al Progetto Aiuto creato dai farmacisti
Walter e Alice. Questi ultimi, avevano mantenuta la loro affettuosa
amicizia con Nora, pur limitata alle telefonate interurbane che, tralasciando la sfera
privata, trattavano prevalentemente il comune lavoro di aiuto
umanitario o di scambi di auguri. Le due amiche, unitissime e solidali nel
momento dello scandalo, dopo anni di lontananza, evitavano di proposito
argomenti intimi per non risollevare quel velo che aveva coperto l'accaduto. Nora, non amava parlare dei suoi
sentimenti con nessuno e aveva abbandonata definitivamente la speranza di altri approcci sentimentali. Vi si
sentiva ormai negata, anzi,
si erano spenti in lei il senso di
curiosità e di attrazione
verso l'altro sesso perciò era sempre pronta a disdegnare inviti
preferendo leggere un bel libro e riposarsi in compagnia di sua madre.
Avevano tanti argomenti su cui conversare ed erano state lontane così a
lungo che non finivano mai di raccontarsi. Abituata
ad essere attiva per gli altri, Nora
a sé stessa non pensava mai.
Lo svago non le era necessario, le bastava approfondire gli argomenti dei
trattati di antropologia che divorava poiché ne traeva
quelle conoscenze che la portavano a più profonde riflessioni che la
stavano sempre più maturando. Era giunta a capire quanto l'amore per i
figli, sia una delle pietre miliari che eguaglia e cementa il genere
umano. Ogni stirpe ha bisogno di eredi a cui lasciare quelle testimonianze che attraverso i secoli fanno la storia raccontando i
molteplici cambiamenti e le evoluzioni razziali. Ma l'aspetto più evidente di ogni nascita si rivela nell'amore di madri e padri
per le proprie creature e quanto grande è nei genitori la capacità
di affrontare per loro rinunzie ed ostacoli insormontabili. Non si
contano gli esempi che s'incontrano nella storia e nella cronaca
giornaliera e, proprio indotta da
tali esempi, Nora giunse a pensare che quanto era stato evidenziato dagli
avvocati del suo processo di separazione forse aveva un fondamento di
verità che lei, nel momento
del suo dolore rabbioso non aveva voluto prendere in esame. Del tradimento
subito aveva accusato solo l'oltraggio che il marito aveva fatto a lei,
moglie devota, e l'ingratitudine della sua protetta. Non aveva creduto
neppure alla sentenza dei giudici che
aveva scagionato Alessio per non aver avuto alcuna consapevolezza dell'intrigo ordito dalla sua perversa amante
al fine di prendere il posto della moglie. Come giungere a pensare che
quella giovane subalterna
potesse escogitare di uccidere colei che avrebbe dovuto venerare per averla tolta da un futuro incerto e
meschino?
Elide che Nora aveva trattata da figlia, era giunta addirittura ad odiarla ! Ricordando l'amore che l' aveva unita ad
Alessio capiva, troppo tardi, che non aveva indagato abbastanza prima di
condannare. Si rimproverava di aver ricusato al suo uomo il colloquio che
le aveva richiesto per un tentativo riconciliativo, convinta dalla certezza che lui fosse ormai legato alla mulatta per il solo
fatto che gli dava un figlio. Capiva
in ritardo che egli si era lasciato manovrare da quella sciagurata che aveva capito quel lato debole
e aveva manovrato in conseguenza. Col trascorrere del tempo, Nora
si pentiva del suo agire impetuoso, essendo
allora piena di rancore, non era disposta a perdonarlo. Anelava solo una
cosa: veder puniti i due traditori.
E la punizione era stata imposta dal tribunale alla sola donna e non per
l'adulterio, ma per il tentativo di omicidio verso la sua padrona. Il
commerciante, invece fu assolto e completamente
scagionato perché l'ascolto delle registrazioni
avevano evidenziato che le conversazioni peccaminose dei due amanti davano la prova certa e, senza ombra di dubbio che la istigatrice
ed esecutrice del piano diabolico era stata solo la ragazza che mirava a
ribaltare il suo posto da subalterna con quello della padrona. Alla diabolica
Elide furono affibbiati cinque anni di carcere e, fra quelle mura nacque
il
bimbo che portava in grembo. L'arresto immediato della colpevole pose termine alla sua relazione col padrone. Ma Nora
partì dalla città
prima della fine del processo perché non si sentì di seguire le dolenti
udienze sotto l'avida
curiosità dei giornalisti e, soltanto dopo l'arrivo a Roma di Alice,
venne a conoscenza dei successivi particolari.
Difatti Alice volle essere presente alla cerimonia di premiazione della
cara amica e Nora e sua madre furono liete di ospitarla e, durante i
cinque giorni di soggiorno romano, le due amiche ebbero tempo e modo di
scambiarsi notizie e riflessioni col ritrovato feeling amichevole di
un tempo. Nora seppe
così che il neonato, era stato messo in un Istituto dove sarebbe rimasto
per tutto il periodo di detenzione della madre e anche dopo, se la stessa,
lo avesse deciso. Il padre, invece,
dopo lo scandalo, aveva venduta la casa senza farvi più ritorno e, della
sua nuova residenza nessuno ne sapeva nulla. Nora fu scossa da queste
notizie. Ella si era fatta tutt'altra idea circa Alessio e il bambino perché era
certa che quel figlio lui, lo
avrebbe tenuto seco dopo
averlo riconosciuto. Finì per convincersi che la relazione avuta
con Elide non era stata una storia d'amore e neppure la ricerca della paternità. Il premio ricevuto da
Nora comprendeva anche un viaggio nei Paesi interni dell'Africa per estendere il Progetto delle Case-
Famiglia che i Missionari
stavano approntando per gli orfani delle guerre tribali.
Durante quel lunghissimo viaggio la pia signora ebbe più volte
l'occasione d'intrattenersi con questi bimbi di pelle scura, con
uno sguardo dolente nei grandi occhi sgranati, tutti bellissimi, taciturni e denutriti...
Il suo cuore si stringeva per
la loro sorte e per quella di
un altro bimbo abbandonato, simile a loro, che forse non godeva di nessuna
assistenza. E Alessio? Dove
se n'era andato? Possibile che avesse lasciato allo sbaraglio il suo
figlio naturale? Dacché era in Africa innumerevoli domande le sorgevano nella mente
affollandola di pensieri contradditori che generavano domande senza risposte e che la lasciavano sfinita.
Durò due mesi il viaggio di Nora e al suo ritorno trovò fra la corrispondenza un laconico dispaccio che la invitava
a contattare quanto prima l'Ambasciata Keniota. Fissò quindi un appuntamento telefonico al quale si
presentò pensando che riguardasse il suo recente viaggio.
Di ritorno dal colloquio con l'Ambasciatore, sua madre si accorse subito
del pallore inconsueto di sua figlia che, non appena entrata, si liberò
del soprabito e, lasciandosi cadere sul divano del salotto cominciò ad
aprire il grosso plico che aveva portato.
Ne uscirono fuori molte cartelle piene di timbri e annunci ufficiali che Nora scorse con attenzione
mentre il volto le si rigava di lacrime. Alla fine della lettura,
rovesciò la testa sulla spalliera del divano sospirando e, continuando a piangere, accennò a sua madre di sedersi accanto a
lei per raccontarle le brutte notizie che aveva apprese. In tal modo anche
sua madre venne a sapere della morte del suo ex genero, avvenuta nel Kenya
dove aveva trasferito i suoi affari e dove l'ameba lo aveva distrutto, non
prima di avere fatto testamento in favore della sua ex moglie.
L'Ambasciata aveva aggiunto a quelle carte il certificato di morte e si
era premurata di consegnarle. Nora mostrò a sua madre quei fogli: una
copia del testamento che la rendeva beneficiaria della sua cospicua eredità,
una lettera confessione dove Alessio chiedeva perdono per la sua maledetta
sbandata. Le altre carte erano le
copie autenticate della vendita del palazzo di Addis Abeba e del suo
ufficio commerciale. Aveva lasciato tutto in regola colui che aveva amato,
ma non una parola all'indirizzo di quel figlio naturale che stava chiuso
in un istituto senza avere nessuna colpa. Nora passò dei giorni in
profondo cordoglio , infine prese una decisione ben ponderata: sarebbe
partita per Addis Abeba perché le sembrava giusto interessarsi alla sorte del piccolo orfano. Appena giunta nella città dove
aveva tanto sofferto si recò
subito dai suoi amici ai quali aveva preannunziate le sue decisioni.
L'affetto con cui fu accolta la commosse e Alice fu pronta a mettersi a sua disposizione per
le ricerche che avrebbero intraprese fin dal giorno dopo. Riuscirono in pochi giorni a porre le basi per le pratiche da
svolgere al fine di conoscere
la posizione del bimbo da aiutare pensando di dover affrontare le ostilità
della madre. Fu una grande sorpresa apprendere che quel bimbo era stato già
rinnegato dalla propria madre fin dai primi tempi della reclusione perché
non si era mai voluta affezionare a lui. Elide per quel figlio non sentiva
nessun senso amoroso. Lo riteneva soltanto un ingombro per il proprio
avvenire e fu con grande sollievo e rapidità che firmò le carte che lo
mettevano a disposizione per
un'adozione. Questo semplificò molto le pratiche di Nora che lo considerò
un segno favorevole del destino quasi una approvazione del cielo per
questa opera di pietà che si
accingeva a compiere. Dopo aver sbarazzato l'animo dall'antico rancore,
avrebbe dato al piccolo innocente il nome di quel padre che non lo aveva
neppure conosciuto e gli avrebbe fatto godere appieno di tutto
quello che gli spettava.
Quinta ed ultima puntata
Il mulatto Selim aveva avuta una infanzia
serena perché circondato dalle cure e dalle attenzioni della sua madre
adottiva che voleva assicurargli una esistenza senza problemi, visto che i
suoi genitori lo avevano ripudiato sul nascere.
Nora, per quel bambino, frutto del tradimento di suo marito Alessio, non
sentiva il trasporto che una vera madre può avere. Lo aveva adottato
appena rimasta vedova in nome
di quell'amore che aveva avuto per il suo consorte e per la pietà che
nutriva per tutti gli orfani in genere e per quel bimbo in particolare.
Il suo, era stato un gesto umanitario verso un piccino ripudiato e, di
dovere verso colui così debole
da rimanere invischiato in una storia di sesso senza amore da cui quel
bimbo era nato.
Districata e chiarita quella brutta vicenda solamente dopo la morte del protagonista, il rancore della moglie
tradita si era tramutato
nella compassione per il piccolo orfano.
Si era impegnata con sé stessa a seguirne la crescita e l' educazione
perché, dopotutto, aveva il DNA del suo coniuge al quale era stata legata da vero amore.
Non avendo potuto avere figli propri, avrebbe fatto da madre a quello che
lui aveva generato con una squallida ragazza di colore. Sentiva di non dover privare l'innocente Selim delle affettuosità
di una famiglia. Inconsapevole di ogni cosa, egli cresceva
ignaro del dramma che lo aveva generato e neppure sapeva di quanto grande
fosse la generosità della donna che lo aveva adottato. Non sapeva del dolore cocente da lei
provato a quel tempo e della lotta intima per superarlo tanto da prendere
infine la decisione di adottarlo. Il ragazzo crescendo evidenziava sempre
più la somiglianza fisica con il padre tranne che per il colore della pelle che era scura come quella
della madre e con la chioma nerissima e crespa. La somiglianza di lineamenti e di
struttura fisica con Alessio era gradita a Nora, specialmente in alcuni
atteggiamenti.
Ella s'era affezionata a lui più di quanto lo fosse il giovane verso di
lei sempre sollecita nei suoi riguardi. Di ciò, Nora non si doleva comprendendone
i motivi ed era pronta a indulgere su molte cose. L'unico suo duolo era la spiccata
noncuranza verso lo studio, a cui faceva fatica ad applicarsi. Per lui esisteva solamente il giuoco di
qualunque natura dove voleva primeggiare sempre e comunque. Nora che avrebbe bramato dargli una cultura ampia e completa per
assicurargli un soddisfacente futuro, si sentiva impotente di fronte alla
sua negligenza. Questo
lato negativo del carattere del giovanissimo etiopico creava sofferenza nella donna
e, per non inasprirlo ancora di più, cedette a malincuore quando disse che avrebbe gettato nel fiume libri e quaderni.
La comprensione della donna per i tristi
inizi di quella giovane vita, la induceva a molti perdoni e anche questo
andava a scalfire il senso di obbedienza de ragazzo che ne approfittava. Nel suo primo anno di vita Selim era stato
tenuto nell'Istituto di beneficenza di Addis Abeba a causa della sua
nascita in carcere rimanendovi cinque anni e solo dopo l'adozione l'aveva
conosciuta. Portato nella casa di Roma, fu evidente che al piccolo
abbisognava una istruzione capillare fatta da esperti che comprendesse la
conoscenza di una nuova lingua
e di altri doveri.
Non bastavano le cure di una madre adottiva non sempre presente a causa di
impegni lavorativi che la portavano spesso in viaggio verso i più
disparati paesi. Anche la nonna acquisita non aveva più l'età per
accollarsi un impegno del genere e lo psicologo interpellato consigliò
d'introdurlo in uno dei migliori Istituti della Capitale. Messo a convitto il bambino passava in
casa solamente i fine settimana e durante le vacanze per cui quella madre
e quella nonna adottiva egli non le considerava altro che padrone di
quella bella dimora. A Selim il Convitto piaceva solo per il
fatto di avere per compagni ragazzi facoltosi con abitudini ricercate che
invidiava allorché raccontavano
cose favolose dopo ogni vacanza. Viaggi in crociera, soggiorni in luoghi
lussuosi, feste grandiose e, per ogni loro anniversario, regali costosi e
appariscenti che mostravano con sussiego. Il mulatto in questi casi, soffriva
d'invidia e anelava il momento di poter disporre di qualche somma da usare
a suo piacimento. Certamente la vita monotona e parsimoniosa
che le consentiva la madre adottiva non lo soddisfaceva e sentiva crescere
in sé stesso un astio contro il mondo che non lo aveva agevolato prima di
tutto creandolo di pelle diversa a quanti condividevano la sua vita di
collegiale. Nell'Istituto, infatti, era il solo ad
avere i capelli crespi e la pelle ambrata. Di essere bello nei lineamenti e nel
portamento non si accorgeva, sottolineava soltanto le differenze apparenti
ed erano queste a farlo soffrire. Non apprezzava le sollecitudini che le due
donne gli apprestavano nei periodi che trascorreva in famiglia e riteneva
che tutto gli fosse dovuto.
Molto aveva influito non avere conosciuto un padre e il sentirsi adottato.
Invece di considerarla una fortuna,
riteneva di aver ricevuto un torto e, per conseguenza, non apprezzava né
attenzioni né doni e aveva sempre un'aria di sufficienza scoraggiante. Nora
con molto rincrescimento si accorgeva che stava diventando
arrogante e insubordinato, ma non aveva la forza di contrastare quel
carattere che si stava rivelando molto difficile. Consigliata
anche dalla vecchia madre cercava di accontentarlo in ogni sua richiesta,
ma i risultati erano pessimi.
Selim voleva sempre di più ed era invidioso di ogni cosa che possedevano
gli altri. In questo, purtroppo, si stava rivelando identico a sua madre.
Nora non voleva arrendersi all'evidenza e sperava che il periodo d'irrequietezza
esistenziale comune agli adolescenti si riequilibrasse quanto prima e per evitare gli scatti d'ira di
quel ragazzo ribelle lo accontentava passivamente.
Così avvenne quando volle essere dimesso dal Convitto qualche tempo prima
degli esami preferendo bighellonare piuttosto che attediarsi sui libri,
sprecando tempo e denari in una bisca dove si attardava ogni sera senza
dare spiegazioni.
Le cose andarono avanti così fino al compimento della maggiore età con grande angustia di Nora che vedeva il
ragazzo diventare spendaccione e disordinato. Fu proprio lei ad affrontare
l'argomento "avvenire" imponendogli di prendere una decisione e
proponendogli anche un aiuto finanziario nel caso volesse iniziare una qualche attività, visto che non aveva né
diploma né specializzazioni artigiane. Selim si prese del tempo per dare una
risposta e, finalmente, disse alla madre adottiva che era sua intenzione
aprire un negozio di antiquariato. Questo desiderio scombussolò non poco la
tutrice che corse col pensiero a quanto aveva promesso. Quanto lui gli stava proponendo esulava
non poco dalle sue possibilità. Cercò di farlo riflettere che un negozio
di quel genere andava riempito con vari articoli
di epoche diverse da ricercare in ogni dove.
Naturalmente le ricerche avrebbero comportato viaggi con mezzo di
trasporto autonomo e capace. Si rendeva conto della spesa iniziale che
sarebbe occorsa? E l'inesperienza per un simile commercio
non l'aveva presa in considerazione? Che ne sapeva lui di mobilia antica, di
ceramiche, quadri e vasellame? Se non aveva mai superato il due nella Storia
dell'Arte!!!
Doveva trovare qualche altro genere di negozio ..se proprio voleva stare a
contatto col pubblico oppure prendere in considerazione un buon impiego
che lei avrebbe potuto procurarle. Selim s'infuriò a queste sensate
argomentazioni che bocciavano la sua idea accusando Nora persino di scarsa
sensibilità verso un "figlio adottato". L'ira gli aveva infiammato lo sguardo e
gli occhi niniettati di sangue spiccavano sulla pelle scura rendendolo
simile a un diavolo nero.
La povera Nora cercò di calmarlo, ma non riuscì a farlo ragionare finché
lui se ne uscì sbattendo la porta.
Le donne attesero il suo ritorno per lunghe ore e lo videro arrivare
alticcio e arrogante alle prime ore del mattino.
Per tre giorni continuò ad uscire all'alba e tornare a notte fonda senza
spiccicare parola e lasciando i pasti intatti sul tavolo.
Cosa facesse di giorno e di notte nessuno sapeva. Una mattina fu un laconico biglietto, in
bella vista accanto al piatto coperto della cena non consumata ad
avvertire della sua partenza per ignoti lidi.
Di fronte a questa fuga Nora non si dette pace e si rammaricava di avere
spento l'entusiasmo per quel negozio che voleva aprire. Ma come avrebbe
potuto far fronte a quella che riteneva essere una richiesta insensata ?
Il suo impiego onorifico, pur spesandola dei viaggi per la propaganda, le
concedeva un misero salario e se non ci fosse stato il lascito ereditario
di Alessio, non avrebbe potuto prendersi cura del ragazzo e di anni ne
erano passati parecchi e l'eredità era finita da un pezzo...ora toccava
a lui lavorare per provvedere a sé stesso.
Erano due mesi che del giovane non si avevano più notizie malgrado le
ricerche che Nora aveva attivate.
Una sera, Nora e sua madre stavano ricevendo in salotto da due ufficiali
di polizia i risultati delle ultime ricerche del fuggiasco allorché
udirono aprirsi l'uscio d'ingresso e
in un attimo furono raggiunti da uno scalmanato Selim, forse in preda
all'alcool o alla droga e con in pugno un revolver. Se furono sorprese le due donne
dall'improvvisa apparizione egli lo fu molto di più trovando le donne che
credeva sole, in compagnia di poliziotti. Gli ufficiali furono pronti a disarmare
l'adottato, rendendolo inoffensivo, mentre le due donne si stringevano
l'un l'altra piangendo convulsamente. Nora , specialmente non riusciva a
convincersi che quel ragazzo fosse giunto al punto di premeditare un
omicidio covando lo stesso odio che aveva covato sua madre. Gli ufficiali
stavano notificando alle due signore una notizia appena
giunta al loro ufficio che segnalava la presenza di Selim a Roma e Nora si
stava rallegrando per la speranza di presto rivederlo. La presenza impreveduta delle forze
dell'ordine fu provvidenziale riuscendo a sventare un crimine orrendo e,
fatalmente il ragazzo nato in un carcere per colpa di una madre ignobile
finì col rientravi quasi per l'esigenza atavica di cattivi istinti.
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