Satellite L.O.S. 24  ovvero
Satellestri e Mesontrini

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Prima parte
Laboratorio Orbitale Scientifico 24

 

La coppia che scese, impaziente, dalla Nave spaziale non sentiva affatto quei timori che altri al loro posto avrebbero avvertiti.

Alexsia e Lando infatti, sul Satellite artificiale LOS 24,vi erano nati venticinque anni prima ed erano quindi i primi Satellestri della storia, figli dei due scienziati che avevano ideato e realizzato il favoloso pianeta artificiale su cui stavano per istallarsi.

Vi erano nati perché i due scienziati, qualche tempo dopo il lancio, vi si erano trasferiti con le loro mogli per eseguire una serie di esperimenti conseguenti alla messa in orbita di detta base chiamata appunto Laboratorio Orbitale Scientifico.

Le due famiglie, vi avevano soggiornato per sei anni, secondo il loro contratto di lavoro presso il Centro Internazionale Studi Spaziali terrestre, dopo avervi avviato i 24 Laboratori di cui era dotato il Satellite.

I due ragazzi conobbero l’atmosfera della terra quando avevano circa cinque anni essendo quasi coetanei, ma entrambi erano stati concepiti lassù dando origine alla prima generazione di Satellestri.

Legati da profonda amicizia, concordarono fra loro anche gli studi,divenendo, pertanto, Ingegnere Spaziale, l’uno e Biofisiochimica Atomica l’altra.

Sensibilizzati dalle attività paterne, bruciarono le tappe e sentendosi portati alle ricerche del Cosmo inoltrarono la domanda per poter far parte degli equipaggi che, a rotazione, venivano spediti al Laboratorio Spaziale.

Intanto la loro amicizia si era tramutata in qualcosa di più profondo per affinità di nascita, di indirizzo scientifico e di aspirazioni future che li condusse alle nozze.

E proprio l’avvenuto matrimonio, sollecitò il CISS a convalidare celermente il loro invio sul Satellite per far si che il loro primo figlio avvenisse lassù dando origine alla seconda generazione.

Sei mesi durò il viaggio e, giungendo a destinazione la dottoressa Alexsia era in attesa di un bimbo.

La curiosità di rivedere il loro luogo di nascita li rendeva euforici e lasciata la cosmonave, dopo il periodo di quarantena a cui i viaggiatori erano obbligati a sottoporsi sia all’andata che al ritorno, tenendosi per mano se ne andarono in perlustrazione.

Camminavano lungo il viale dell’ astroporto, ammirando le piante succulente e il tripudio di fiori dai colori sgargianti in cultura idroponica che rallegravano i margini dei rettilinei magnetici delle piste di volo ad uso locale. raggiunta l’uscita, si trovarono in una vasta aerea di parcheggio pubblico gratuito di minuscole due posti a guida automatica che silenziosamente conducevano i viaggiatori verso i loro indirizzi, richiesti a mezzo computer.

Per i due giovani, fu un tuffo nel passato quasi dimenticato, perché la vita sulla terra aveva adombrato le loro reminiscenze infantili e ritrovarle, quasi d’incanto, era come trovarsi in Paradiso.

Rammentarono all’istante che tutto il pianeta era disseminato di piante e fiori rigogliosi che alimentate da temperatura condizionata e da luminosità artificiale costante si era dimostrata ideale per la loro fotosintesi e la percentuale altissima di ossigeno che facilitava qualsiasi coltura, disinfettando anche la respirazione degli esseri viventi.

Per questo motivo si doveva preservare tutto il Satellite dalle contaminazioni, osservando un preciso periodo di quarantena in un apposito confortevole tunnel a più stadi affinché chi vi transitava divenisse completamente purificato.

Le analisi degli sposi, sottoposte al Computer, avevano accertato che essi possedevano degli anticorpi speciali, che teoricamente li rendeva immuni da qualunque morbo, ma la cui capacità di resistenza, andava verificata capillarmente perciò molti programmi di ricerca erano stati improntati a tale scopo.

Iniziando la loro vita coniugale e di lavoro lassù, già pensavano quanto sarebbe stato difficile allontanarsene di nuovo allo scadere del contratto.

L’ambizioso progetto del futuristico lancio del LOS 24 fu molto criticato e ostacolato da varie potenze, perché fu considerato uno spreco inutile di capitali.

Con molto coraggio i due scienziati, fecero fronte allo scetticismo e alle denigrazioni della loro opera, illustrandone i molti vantaggi economici che ne sarebbero derivati ai finanziatori dell’impresa.

Sarebbe stato possibile approntarvi dei sofisticati laboratori per l’elaborazione e la scissione degli sconosciuti minerali di Luna e Marte, il cui trasporto, si sarebbe potuto effettuare, con minore spesa, sfruttando la ridotta distanza col Pianeta artificiale.

Senza contare le condizioni di lavoro migliori da offrire agli escavatori che avrebbero lavorato in assenza di gravità e con più frequenti turni di riposo.

Le argomentazioni dettagliate degli esperti fecero presa sugl’indecisi e il progetto si concretizzò, recando, a distanza di anni, i benefici promessi.

Fu possibile elaborare le rosse terre marziane e i gelidi minerali lunari ricavandone nuove preziosissime leghe indistruttibili per la costruzione e la rivestitura di apparecchiature spaziali e sottomarine.

L’ingegneria, in tutte le sue applicazioni, ne fu fortemente avvantaggiata da non capire come se ne fosse potuto fare a meno fino ad allora; persino la scomposizione e le analisi delle imponenti quantità dei nuovi materiali furono possibili perché i residui materiali di scarto, restando nel cosmo, non inquinavano più la terra.

Per gli abitanti del pianeta artificiale la vita era salvaguardata da molteplici automatismi escogitati per rendere minime fatica fisica e intellettuale.

Le 24 costruzioni, erano per metà Laboratori di forma cilindrica, collegati da archi aerei magnetici, applicabili come ponti levatoi molto distanziati dalle abitazioni, di forma quadrata a tre piani, con recinto fiorito ad ogni piano.

Scale mobili, terrazze di atterraggio per i razzociclo individuali e plurifamiliari che funzionavano a marce predisposte computerizzate, veicolati su piste magnetiche sicure e rapide.

Costruiti in plastilnucleo trasparente, gli edifici, all’interno erano dotati di pannelli scorrevoli intercambiabili opachi, sul modello delle case cinesi, capaci di modificare a piacere le planimetrie degli ambienti e ripararli dalla curiosità esterna.

Un grande edificio di forma rotonda, era adibito a scuola ed era fatto con gli stessi criteri di modifiche a seconda delle esigenze di specifiche lezioni collettive, ferme restanti le singole classi di studio al piano superiore, dotate di video e macchine telericeventi lezioni di ogni genere poiché era sui terminali video che si susseguivano gli insegnamenti a circuito chiuso; una volta al mese, alternando le materie e le classi c’era l’esame scritto e l’interrogazione.

Nell’atrio della scuola grandi schermi magnetici tenevano aggiornati continuamente i punteggi conseguiti dagli allievi in qualsiasi disciplina scelta con possibilità di cambiare indirizzo di studio oppure alternarvi o integrarvi qualche materia per cui si sentivano più inclinati.

Libertà di apprendimento e di movimento, con i dovuti elastici controlli, rendevano piacevole l’esistenza e ognuno compiva piacevolmente il proprio dovere.

Altrettanto i due sposini che avevano preso possesso dell’appartamento loro assegnato, non molto grande, ma confortevole, visto che molto del loro tempo lo trascorrevano nei rispettivi laboratori di ricerca e studio.

Bene inseriti in quella originale società non sentivano rimpianto per la terra se non per la lontananza dei loro parenti, e con i vari perfezionamenti apportati al LOS 24, nel corso degli anni, si era giunti a viverci senza l’oppressione degli indumenti pressurizzati, per cui ci si poteva dimenticare di trovarsi al di sopra dell’atmosfera terrestre, con l’aria condizionata ad alta percentuale di ossigeno, sembrava stare in alta montagna.

Essi vivevano anche nella dolce attesa del loro primo figlio, che già sapevano essere maschio e per il quale avevano scelto il nome di Lucio, a simboleggiare la luce perenne da cui era illuminato il Satellite.

Questa sarebbe stata l’unica pecca se non fosse stato necessario scegliere il sistema di luce artificiale anziché il buio perenne, ma si poteva anche ben fronteggiare coi pannelli opachi una volta rientrati ciascuno nella propria dimora.

Dotare di luce e di temperatura costante il LOS 24 era stato possibile, utilizzando l’ Indux blù, preziosissimo e scintillante minerale ricavato dalla gelida sottocrosta lunare che unito al detalluminio, si era rivelato resistentissimo a qualsiasi agente corrosivo, urtante ed esplosivo e, cosa più importante, capace di isolare da qualsiasi tipo di inquinamento.

Attraverso ripetute uscite spaziali di navette apposite, da tempo ormai, era stato "spennellato" con una pellicola solida e lucente che, come l’involucro di un uovo, teneva racchiuso il Satellite.

Chi giungeva lassù dalla terra, prima di oltrepassare la "lega isolante", doveva decontaminarsi nella cabina ozonizzata nel "Tunnel della quarantena" giacché la prima Legge astrale era di mantenere il territorio asettico.

Le difficoltà, per gli abitanti che vi si avvicendavano, erano costituite dall’acclimatazione, piuttosto lunga e il doversi abituare ad una vita, quasi da automa, perché programmata fin nei minimi particolari dai computer che comprendeva anche alimentazioni personalizzate che, talvolta, non gratificavano il palato e la vista.

In soggetti molto sensibili, davano luogo a disturbi nervosi nel loro primo soggiorno, ma che scomparivano in seguito anche per le cure di adattamento messe a punto nel Tunnel Ospedale, attrezzato con macchine elettroniche di avanguardia in grado di dare, istantaneamente, diagnosi e relative cure.

Un reparto speciale di detto Tunnel era riservato esclusivamente alla sperimentazione di cure innovatrici per la cura dei mali irreversibili e, gli audaci trattamenti, davano continuamente risposte lusinghiere sui volontari terrestri, in fase terminale, disposti a fare da cavie; la guarigione di alcuni di loro, tornati sulla terra, aveva fatto gridare al miracolo.

Il ritrovamento, l’escavazione, la scissione e l’utilizzo dei minerali cosmici, erano state le grandiose scoperte degli scienziati del LOS 24.

Al minerale trovato nelle gelide miniere di Marte era stato dato il nome di Ramex per il suo colore rosso rame, simile a quello che il pianeta aveva assunto, a causa della ossidazione determinatasi dopo la scomparsa dell’ossigeno di cui una volta era pervaso; quello un po’ meno gelido della sottocrosta Lunare, era stato invece chiamato "Indux Blu" per i suoi riflessi indaco/argentei.

Lo studio approfondito del Ramex, aveva consentito nuove applicazioni terapeutiche, visto che la sua combustione unita a neutroni promuoveva una nuova gamma di raggi che furono detti Cosmici o Raggi Vitali e la sperimentazione dei quali aveva dato risultati imprevedibili, aldilà delle aspettative.

Gli eccezionali risultati, avevano galvanizzato la classe medica, esortandola a potenziare l’apposito Ciclotrone già in uso, per applicare su vasta scala la formidabile terapia che consisteva nel bombardare il tumore fino all’estremo limite per poi riossigenarlo con i Raggi Cosmici, associati a neutroni, che avevano il potere di ricostituire e rigenerare le cellule devitalizzate.

L’ingegnere Lando, entusiasmato dagli ultimi dati, si era applicato con passione all’utilizzo del Ciclotrone, apportandovi ulteriori applicazioni con l’intento di avere riscontri fotografici dell’avvenuta scomparsa del male.

La conferma del successo del suo progetto l’avrebbe avuta allorché, lavando il sangue dei paziente guariti, coi Raggi Vitali, avrebbe potuto riscontrare fotograficamente il rigetto delle cellule malate e il rigenerarsi delle parti morte.

Sua moglie Alexsia, a capo del Laboratorio di Biofisica Atomica, era giunta in prossimità del lieto evento, per questo poteva concedersi qualche ora di ozio che, di solito, trascorreva nella "Rotonda Ricreatoria" occupandosi di hobby artistici.

La Rotonda era aperta a tutti e ognuno vi si trovava a proprio agio, trovandovi motivo di divertimento e anche di apprendimento, dando libero sfogo alla creatività, secondo le inclinazioni e secondo il talento, divisa a scomparti, come una arancia su tre piani, ogni "spicchio" era corredato dagli arnesi e dai materiali adatti, per ogni tipo di bricolage.

La semplice modifica degli ambienti, con lo scorrimento dei pannelli, dava la soddisfazione di crearsi uno spazio a propria misura perché era possibile formare uno stadio, un circo, un teatro, una discoteca o palestra o tante altre cose

La professoressa Alexsia era stata attratta da un nuovo materiale plastico, tipo plastillina, col quale era possibile modellare qualsiasi oggetto che pure derivante dall’Indux blu, una volta indurito prendeva riflessi aurei, talmente attraenti che sulla terra mandava in visibilio gli estimatori che ne avevano realizzato un fiorente mercato, più ricco e ricercato di quello dei diamanti.

La giovane biologa, dava sfogo alla sua creatività, ricavandone molta gioia e soddisfazione, mentre pensava costantemente al piccolo Lucio che stava per nascere, come tutte le mamme, cercava d’indovinare il suo sembiante ed era impaziente di stringerlo fra le braccia.

E Lucio nacque per la felicità dei suoi genitori e, con lui, ebbe inizio la seconda generazione di Satellestri.

Da quando i Laboratori avevano iniziato la loro attività scientifica, per eliminare le scorte radioattive, si servivano di un collettore aereo che dalla fornace risucchiava le ceneri, depositandole nel polverizzatore e, da qui, le incanalava fuori del pianeta.

Negli ultimi anni, per inspiegabili motivi, le polveri fuoruscite si era no addensate in un unico blocco che andava ingrossandosi sempre più formando un globo fluttuante da sembrare un’appendice dello stesso satellite.

Le molecole magnetiche infinitesimali delle polveri radioattive con cui si era formato, cominciavano a costituire un allarme per i veicoli spaziali che erano costretti a fare dei giri viziosi per non esserne calamitati e contaminati.

Pure essendo timori non ben precisati, s’imponeva agli scienziati del LOS 24, di trovare una soluzione per evitare pericoli, intanto s’impose di rendere inattiva la fornace per un determinato periodo.

Ma non appena il grosso tubo di espulsione fu disattivato una massa di esserini rotolanti invasero il bruciatore, li vide dal vetro, l’incaricato della pulizia del forno stesso, al quale apparvero come ganci ferruginosi che ogni tanto si accendevano.

Dato l’allarme, si approntarono dei tubi aspiranti per poterli catturare senza disperderli per poi depositarli in un recinto di speciale materiale fotosensibile ai raggi infrarossi da dove, sarebbe stato agevole ispezionarli, senza arrischiare spiacevoli sorprese.

L’incarico fu affidato ad Alexsia che avrebbe accertato, in primo luogo la natura di quegli strani essere a forma di X rotolanti e col le punte fosforescenti, che facevano pensare a delle grosse lucciole dagli arti rigidi.

Sulle prime parvero oggetti, ma dal loro comportamento, parvero esseri intelligenti la qual cosa sconcertò alquanto la giovane ricercatrice, alla quale, l’ipotesi di trovarsi di fronte ad esseri pensanti, dava un senso d’impotenza perché non era possibile prevederne le reazioni.

Si mise quindi all’opera iniziando subito la ricerca termografica col metodo televisivo all’ infrarossi che ne avrebbe appurata la temperatura, usò poi l’oscillatore e il rilevatore a radiofrequenza per ricercarne la risonanza magnetica nucleare, col Raggio Laser, ne studiò l’ologramma acustico.

La sua perplessità circa la loro forma la condusse a raffrontarla a quella di un gigantesco cromosoma femminile del quale parve, dopo tutti gli accertamenti, una copia esatta.

Con raccapriccio, giunse alla conclusione che, i rifiuti atomici, avevano trovato misteriosamente le condizioni adatte alla ricombinazione dielettronica di ioni e mesonik, generando vite chimiche abnormi, dalle reazioni imprevedibili poiché, alcune informazioni genetiche, venivano loro trasmesse dai residui di plasmide, il composto proteico filtrato dalla pelle dei microbi.

Dopo vari consulti dell’intera équipe scientifica fu deciso di denominare gli strani esseri Mesontrini evidenziando così alcuni componenti delle loro cellule che erano mesoni k e neutrini.

Le quattro antenne retrattili che s’incrociavano nel fulcro, agivano a trasmissione interneuronica per propagazione elettrica, radioattive e fluorescenti con funzioni di organi tattili, visivi, orientativi e di codice informativo come un cervello umano e di comunicazione come la voce.

L’insieme fisiochimico, costituiva creature simili a robot con facoltà autonoma, attiva chimicamente, pur non essendo vera intelligenza, ma su questo punto, specialmente, si aprirono molti dibattiti ed incertezze dato che la molecola a carica elettrica, circondata da ossido di carbonio, contenuta nel fulcro delle antenne, teoricamente, sarebbe stata in grado di generare un potenziale pensiero.

Ma quale pensiero?

Di fronte a questa incognita, fu deciso all’unanimità di distruggere l’ammasso di scorie che li aveva generati, ma di tenere in custodia la colonia d’intrusi.

Per rendere inoffensivo il globo radioattivo ancorato al loro pianeta, furono presi in esame molti metodi, ma quello che dava più garanzie di sicurezza fu quello scelto.

Anche per questa operazione si avvalsero dei materiali interplanetari che avevano a disposizione.

Composero una sorta di spessa vernice amalgamando titanio, acciaio al boro, ramex e indux blu, con la quale si sarebbe dovuto mettere "in camicia" il pericoloso pallone fluttuante e bisognava procedere rapidamente giacchè la "pece" induriva nel momento che veniva spalmata.

Ci vollero, per questo, parecchi equipaggi che, dalle navette dislocate in più punti, lavorarono simultaneamente, sorpresi e impressionati nel vedere mano a mano che la verniciatura si consolidava, infinite X stagliate sulla superficie indurita, come aborti di "Mesontrini" non nati e immobilizzati per l’eternità.

Con quella corazza non ci sarebbe stato più pericolo del ripetersi del fenomeno.

Nessuno poté spiegare la loro vera origine né se fossero dotati di facoltà superiori o di sensibilità, confermando la teoria di Einstein per cui: "La materia può essere trasformata in energia e, questa, ancora in materia e che, a tale procedimento, presiede un'Entità ancora da scoprire"; chissà che l’elemento incognito non fosse legato proprio ai Mesontrini?

Mistero e possibilità remote, ma anche non da scartare, visto che gli esperimenti di Dacher sulle piante hanno dimostrato che anche il mondo vegetale possiede una sensibilità non apparente che lo rende recettivo di molte sensazioni umane.

E se i Mesontrini, così diversi dagli umani, fossero stati esseri innocenti apportatori di pace?

Così pensava la giovane coppia di scienziati satellestri, concepiti e nati nella dimensione interstellare che furono gli unici a partecipare a malincuore alla campagna di distruzione.

L’unica cosa che riuscirono ad ottenere, fu quella di costituire un piccolo Museo, il primo del Cosmo, in cui conservare, unitamente al loro mistero, gli esemplari che avevano analizzati che sarebbero rimasti inerti, a forbici spalancate, come inutili pile scariche.

FINE DELLA PRIMA PARTE


Seconda parte

L. O. S. 24

SATELLESTRI E MESONTRINI

SECONDA GENERAZIONE :

I SATELLESTRI

 

Con la nascita di Lucio (Luxsor), sul Pianeta artificiale LOS 24, ebbe inizio la seconda generazione di satellestri.

Seppure il satellite fosse stato ideato e messo in orbita stabilmente per servire da immensa fucina per i minerali radioattivi estratti da Luna e Marte, rappresentava pur sempre un mondo completo a sé stante per i molti abitanti che vi risiedevano.

Accanto agli scienziati, vivevano tecnici e operai occupati alle varie mansioni nei Laboratori Orbitali, ma vi erano anche le loro famiglie, alle quali era stata assicurata un'esistenza normale come fossero sulla terra.

Bisogna riconoscere che lassù la vita era migliore e piena di comfort, a cominciare dall ‘atmosfera più salubre che garantiva la buona salute, vi erano anche condizioni di lavoro non stressanti che garantivano un sufficiente tempo libero per dedicarsi ad hobby e discipline sportive e artistiche.

La maggior parte delle persone svolgevano le loro attività in qualità di tecnici specializzati sui programmi computerizzati di ricerche minerarie e mediche e quelli che i primi tempi avevano avuto contratti a termine da parte della Base del Centro di Studi Spaziali, giunti alla seconda generazione di nativi, erano diventati stabili fino al loro pensionamento, sempre che lo avessero accettato.

I primi nuclei familiari che vi si erano formati furono quelli dei due scienziati creatori del Satellite LOS 24, genitori di Lando e Alexsia che scelsero di sposarsi per proseguire l’opera dei loro padri, senza mai rimpiangere la Terra ove avevano vissuto dai cinque ai venticinque anni, ma una volta tornati al loro suolo natìo, furono i primi a possedere un contratto a scadenza illimitata.

Il loro bambino Lucio, rivelò precocemente attitudine per la scienza ed in più era dotato di una memoria prodigiosa che ricordava quella di Pico della Mirandola, pertanto gli fu facile qualunque programma scolastico e, senza alcuna costrizione, a soli quattordici anni aveva superato i più difficili esami.

Computers sofistificati e macchinari più astrusi non avevano nessun segreto per lui e quando all’età di cinque anni giunse a tenergli compagnia la sorellina Amidia, bella e robusta come lui, le gare fra loro erano all’ordine del giorno, non appena anche la piccola, cominciò a dimostrare che le sue doti erano simili a quelle del fratello.

La particolarità che li distingueva erano le predisposizioni artistiche della fanciulla che fin da piccolissima cantava e danzava in modo istintivo e convincente e, nell’età scolare, cominciò ad emulare sua madre, pasticciando con l’Astrix, i cui riflessi dorati l’attiravano molto, riuscendo a creare dei piccoli manufatti fantasiosi.

Oltre i talenti, i due ragazzi, avevano degli anticorpi specialissimi che nessun altro possedeva e che li immunizzava da ogni tipo di male, come fossero depositari di salute perpetua; questo fenomeno sembrava fosse il risultato di non avere mai immesso nei loro polmoni l’atmosfera terrestre.

La scoperta di questa loro immunità, indusse il loro padre a progettare un macchinario che potesse elaborare una serie di operazioni consecutive che dopo aver prelevato il loro sangue, doveva scinderne i vari anticorpi, numerandoli col sistema usato per le vitamine e renderli atti alla conservazione in vaccini capaci di prevenire, più che curare, quei tipi di morbi, legati appunto, alla deficienza di anticorpi.

I primi esperimenti, effettuati su persone prossime a morire, avevano dato esiti eccezionali fin dalle prime terapie e le richieste dalla Terra dei vaccini satellestri erano continue ed ancor meglio avrebbero fatto le trasfusioni se si fossero potute avere scorte bastevoli di plasma.

Purtroppo la generazione dei perfetti satellestri era appena iniziata e due soli donatori non erano sufficienti a soddisfare le richieste di tutta la Terra, si puntava perciò sulle prossime nascite, per questo alle coppie di sposi, disposti a trasferirsi venivano concesse condizioni vantaggiosissime dal Centro di Studi Spaziali per invogliarli a restarvi così a lungo da permettere l’instaurarsi di varie generazioni per essere in grado di arginare i mali terrestri. Le invenzioni intuitive di macchine prodigiose aveva dato all’ingegnere Lando molta gloria ed anche sua moglie era, del pari, ritenuta la più valente biologa astrofisica da quando aveva analizzati, con somma perizia e perspicacia, gli esseri strani e misteriosi che avevano invaso il tubo di scarico della fornace dei Laboratori Orbitali.

I suoi due figli non si stancavano di farsi ripetere dai genitori, quella affascinante storia che, quando avvenne, aveva gettato l’allarme nella pacifica colonia del LOS 24.

I piccoli esseri ignoti, ammirati nel museo, avevano popolato spesso i loro sogni, portandoli a fantasticare sul mistero mai appurato completamente e, confabulando su possibili esperimenti futuri, non avevano accantonate le possibilità di saperne di più.

Gli anni intanto trascorrevano, operosi e pacifici sul Pianeta della Luce, come veniva anche chiamato il Satellite artificiale per la costante visibilità di cui era dotato perché fornita dalla calotta luminosa che lo ricopriva e, quasi come un sole fisso, spandeva chiarità e calore senza tramonto, mentre la penombra e l’oscurità necessaria al riposo, veniva garantita, secondo le necessità, all’interno delle costruzioni, al contrario della Terra.

La giovane Amidia era diventata la frequentatrice più assidua del Padiglione Ricreatorio.

Era là che trovavano sfogo le sue esigenze artistiche, tanto che venne incaricata di organizzare degli spettacoli a suo piacere.

La ragazza, molto gratificata per la fiducia accordatale, cominciò a darsi da fare, richiedendo la collaborazione dei altri coetanei che furono ben lieti di fare parte della prima Accademia Artistica Spaziale nel cui ambito ognuno scelse il suo ruolo congeniale, lasciando alla fondatrice il compito di scrivere i testi e le partiture musicali di ciò che sarebbero andati a rappresentare.

Dall’ultima visita fatta dalla giovanetta, al Museo, era sorta in lei l’idea di portare sulla scena l’avvenimento fantastico accaduto molti anni addietro e i Mesontrini ne sarebbero stati i protagonisti come allora, sempre ché avesse potuto avere il permesso di portarli fuori delle loro teche.

Ne parlò a suo fratello che condivise il suo entusiasmo e mentre lui collaborava alla costruzione delle scenografie ella cominciò a scrivere la sceneggiatura.

Anche la madre, fu colpita favorevolmente dall’ interesse dei suoi figli per quell’episodio favoloso che le dava ancora da pensare e l’interesse dei ragazzi per i Mesontrini che da anni giacevano inerti nel Museo, le rinnovava l’angoscia provata nell’essere stata costretta, a suo tempo, ad accettarne la soppressione.

Per questo approvò la preparazione dello spettacolo che avrebbe riportato alla memoria quel fatto, dando un motivo di riflessione anche a coloro che non avevano vissuto quell’esperienza traumatica.

Con viva partecipazione al progetto, la professoressa, fece uso della sua autorità per compiere i passi necessari presso chi presiedeva al Museo, per ottenere l’autorizzazione di avere in prestito per il tempo necessario, due esemplari di Mesontrini.

Non più di due - specificava il permesso.

Una tal cosa contrariò l’Autrice che avrebbe voluto esporne in numero maggiore sul palcoscenico, ma dovette accontentarsi.

L’allestimento del teatro comportò molto lavoro per tutti giacché doveva essere fatto nelle ore libere da altri impegni, ma nel frattempo, "gli attori" andavano imparando le loro battute.

Il giorno stabilito per la recita, attesa da tutta la comunità con una sorta d’ironia, visto l’argomento, i due Mesontrini furono consegnati all’Autrice che ne sarebbe stata responsabile.

L’emozione che ella provò nel prelevarli dall’espositore fu grandissima, se li rigirava fra le dita e non ne provava nessuna repulsione pure sentendoli rigidi, come fossero di ferro, di questo materiale, però, non avevano la resistenza caratteristica.

Forse era la giovanetta stessa a trasmettergli un pò del suo calore affettuoso perché era con affetto reverenziale che li stringeva per timore di rovinarli e felice di avere realizzato il desiderio covato per anni.

Se ne ritornò a casa in fretta per mostrarli ai suoi, già pensando al modo più adatto di esibirli alla platea di spettatori.

Emozionatissima come la figlia, Alexsia, si apprestò a guardare quei "cosini" studiati a suo tempo, ma non vi trovò nessuna novità, tranne il fatto di toccarli a mani nude per la prima volta, dato che anche gli addetti del Museo, avevano l’ordine di usare i guanti di gomma quando dovevano spolverarli.

Amidia si sentiva privilegiata di essere stata l’unica in tutto il pianeta a prenderli in consegna ed anche la madre percepiva quella tensione e, combattendo le apprensioni di allora, aspettava con ansia di vedere le reazioni del pubblico.

Una prova certa che non incutevano più timore, l’aveva avuta dal permesso accordato a suo figlia di poterli avere seco e maneggiarli a suo piacere.

Si giunse così al giorno della rappresentazione e tutti i partecipanti erano elettrizzati, compreso Lucio che per età era maggiore di tutti che fungeva da regista.

Naturalmente la recita verteva su una commedia rosa, adatta soprattutto al pubblico giovanile che era quasi tutto nel cast, ma gli spettatori erano le famiglie, curiose e interessate, nel dover vagliare le capacità dei loro congiunti nelle vesti di attori.

Il testo verteva sulle vicisittudini di un gruppo di amici, intenzionati a fondare una città fatta solo per il divertimento e questo comportava la presentazione di vari giuochi ginnici e gare di danza.

La sorpresa più grande per loro era costituita dall’aver scelto il territorio dove vivevano i Mesontrini, piccoli genietti pacifici e giocherelloni che s’intromettevano continuamente, ma che li avevano anche facilitati nel loro desiderio di divertirsi perché il loro mondo era pieno di giuochi nuovi e fantastici e, soprattutto, belli e pronti.

Venivano così presentati video giochi grandiosi, puzzle variopinti, parchi di giostre automatiche, che per gli amici Mesontrini, non rappresentavano solo divertimento, ma motivo di lavoro per l’impegno che vi mettevano.La loro vita era intessuta di costruzioni sempre nuove adatte alle gare.

Tornei, disfide e allegria era, nel loro mondo l’unica ragione di vita, visto che non avevano bisogno di alcuna nutrizione e tutto doveva svolgersi senza raggiri e cattiveria, ma con grande lealtà e cameratismo, solo a queste condizioni ogni giuoco diveniva gratificante.

Amidia, avendo a disposizione soltanto due esemplari, aveva escogitato il sistema dei burattinai poveri che era quello di variare le loro acconciature di materiale plastico morbido e variopinto, anche se il più delle volte, le loro parti erano eseguite da voci fuori campo; la ragazza manovrò abbastanza agevolemente i due Mesontrini, come fossero burattini riscuotendo una valanga di applausi che la compensò della fatica e della tensione avuta.

Non appena calato il sipario, i giovani partecipanti, dietro le quinte, furono velocissimi a rivestire i consueti abiti per precipitarsi a ricevere le congratulazioni dei parenti e amici presenti, Alexsia, raggiunse i figli che stavano riordinavano copione e spartiti musicali, proprio nel momento che Amidia toglieva ai due protagonisti le rivestiture plastificate e nel far questo ella li sovrappose uno sull’altro per un attimo, ma nel riprenderli, le uscì dalle labbra un grido di stupore nel vedere le antenne dei Mesontrini che fino allora erano rimaste ritratte, allungarsi e accendersi ad intermittenza, come se palpitassero.

L’immagine nuova di quegli esseri era nota solo alla loro madre che, al momento degli accertamenti aveva visto affievolirsi e spegnersi quelle luci per sempre... almeno così aveva creduto la scienziata.

Ma ora, cosa stava accadendo sotto i loro occhi stupiti?

Quello che vedevano era veramente un prodigio inesplicabile e del tutto inatteso che li soggiogò letteralmente: da quei palpiti, dati dalle luci intermittenti, si stava configurando un nuovo Mesontrino, perfettamente uguale agli altri due sovrapposti che rapidamente la professoressa fu pronta ad afferrare.

Quella era una vera nascita!

Non vi era alcun dubbio che in quei due esseri esisteva una vita diversa, ma simile in alcune modalità a quella degli umani.

Amidia, dopo il primo istante di sbalordimento, si affrettò a disgiungere i due esemplari amcora sovrapposti, mentre Lucio apprestò tre contenitori di plastica per poterveli riporre separatamente, fu come mettere delle lucciole sotto un bicchiere.

Alexsia raccomandò ai ragazzi di non divulgare questo fatto sorprendente, almeno fino a che non ne fosse stata informata l’équipe scientifica presso la quale aveva il dovere di fare rapporto.

Come accadde alla prima loro comparsa, i Mesontrini dovettero essere sottoposti a controlli e ricerche, senza venire a capo di fatti nuovi e soltanto una teoria fu aggiunta ai resoconti delle analisi, che risultò molto sconcertante: In circostanze adatte, una incognita componente di attrazione riesce a dar forma a un esemplare identico.

Le leggi fisiche sono sempre aride nella loro stesura, ma rielaborando tutti i test, il risultato finale rimase sempre a quello precedente: Se l’insieme fisiochimico dei soggetti si era ricostituito coi residuati radioattivi, in misteriose condizioni adatte però alla ricombinazione dielettronica di mesoni k e ioni, generando vite abnormi, simili a robot con attività propria, ciò poteva essere avvenuto soltanto per soli due esemplari poiché la scarsissima percentuale di probabilità non ammetteva il ripetersi del fenomeno a breve scadenza.

Partendo da questo concetto, si chiariva l’inspiegabile e magico evento accaduto con la testimonianza della biologa e dei suoi figli che dava per scontata una componente di amore che unisse i due soggetti per generarne un altro, né più né meno di come avviene tra gli umani. La teoria suffragò, ancora una volta la certezza che la Professoressa aveva sempre avuta, anche rapportandola ad altre forme di vita, diverse per forma, costituzione e sentimento, come potrebbero essere gli exstraterrestri, deve esservi sempre amore come base di vita.

Nel corso degli esami sui tre Mesontrini, si andava spegnendo la loro vitalità, lo denotavano le loro fluorescenze debolissime che finirono con lo spegnersi del tutto.

Furono reinseriti nel Museo, ma dopo i nuovi fatti, considerandoli "famiglia" furono posti in un reparto distanziato dagli altri ed anche se, all’apparenza, erano del tutto simili agli altri, quella era una famiglia creatasi sul LOS 24, doveva considerarsi anch’essa una famiglia di Satellestri e questa fu la dicitura che li contraddistinse.

Chi fu a conoscenza di questo avvenimento straordinario non lo avrebbe mai dimenticato!

FINE DELLA SECONDA PARTE


Terza parte

L. O. S. 24

SATELLESTRI E MESONTRINI

L’INGENERE TEMERARIO

 

 

La messa in orbita del Satellite artificiale L.O.S.24 si era dimostrata una impresa redditizia per i Paesi della Terra che vi si erano consociati poiché i costi affrontati si stavano ammortizzando con la vendita dei portentosi macchinari scientifici dei quali ogni campo medico si stava valendo e, ancora più lucrosa, la divulgazione dei manufatti artistici ricavati in Astrix, il materiale pregiato che aveva soppiantato l’oro.

L’estrarre i minerali planetari dai pianeti circostanti in assenza di gravitazione e trasportarli sul L O.S. 24 era quasi un giuoco da ragazzi per il risparmio notevole di mano d’opera e di carburante, impensabili sulla Terra.

Per questi motivi era stata incrementata la ricerca per ulteriori minerali marziani e lunari che avrebbero permesso la creazione e l’utilizzo di nuove leghe adatte alle costruzioni di aerei, sottomarini, case e arredamenti.

L’ecologia terrestre era quella che ne stava traendo i maggiori benefici.

Difatti i residui nocivi delle sue varie centrali atomiche si erano ridotti al minimo e l’atmosfera stava ritornando ossigenata e salubre da quando era stato possibile soppiantare l’amianto coi nuovi prodotti.

Anche il timore che le scorie disperse nella stratosfera avrebbero causato, nel tempo, degli effetti sconcertanti come quello dei Mesontrini, si era allontanato dal momento che i residui tossici delle lavorazioni venivano trasformati in gas e, imprigionati in speciali bombole ermetiche e numerate, si trasferivano nelle miniere di Mercurio, uno dei pianeti più distanti il cui nome deriva appunto dal mercurio che vi si trova.

Bisogna dire che questo materiale, trovato in gran quantità, era soggetto a molte sperimentazioni perché gli si attribuivano molte nuove caratteristiche.

La Terra doveva molta riconoscenza alle scoperte dei Laboratori Orbitali Spaziali che avevano elaborato i carburanti igienici basati sull’acqua distillata unita ai materiali siderali.

Specialmente la famiglia dei Pionieri, dedicatasi con passione allo studio delle nuove scoperte, era stata quella che più di altri aveva promosso ricerche ecologiche e invenzioni che, arrestando il degrado a cui sembrava destinata la Terra, vi aveva ripristinata la vivibilità.

La novella stirpe di Satellestri era dotata di anticorpi speciali che, preservandoli dai malanni li aveva dotati anche di forza fisica eccezionale e di mente prodigiosa.

Proprio le loro qualità fisiche e morali gli permettevano azioni speciali atti a collaudare in prima persona le novità che andavano elaborando, pertanto erano tenuti in alta considerazione da collaboratori e da terrestri.

Come relax, nelle pause di lavoro e di studio, Alexsia e Amidia, si dedicavano alle creazioni artistiche e le loro sculture, inviate sulla Terra, avevano avviato un mercato molto redditizio che, quasi da solo, riusciva a coprire le spese di gestione del pianeta artificiale.

La prodigiosa e intelligente memoria dell’ingegnere Lucio, era stata in grado di costituire il primo sofisticato Archivio Cosmico computerizzato e collegato con ogni punto della Terra; per la capacità di soddisfare qualunque richiesta, da quella più profonda alla più astrusa, veniva consultato dai curiosi e dagli scienziati.

Ogni dottrina sia classica che scientifica vi era classificata e spiegata.

Una ulteriore caratteristica dei più giovani satellestri era l’esuberanza del carattere; essi non sentivano mai la necessità del riposo, il lavoro stesso era in grado di ricaricare le loro energie e proprio l’essere nati lassù dove non esisteva la notte, sembrava essere la spiegazione della loro speciale natura.

Le loro inesauribili energie venivano convogliate continuamente nelle sempre nuove attività che il loro cervello indicava con intuizioni immediate.

Molte di queste intuizioni, dovevano essere necessariamente accantonate, per poi, riprenderle e dedicarvi il tempo necessario, ma per tutto essi trovavano la giusta soluzione.

Una delle cose che Lucio aveva accantonata era la nascita del Mesontrino alla quale era stato testimone.

Spesso gli tornava alla mente e bramava ardentemente scoprire quel mistero, non ne aveva parlato mai con nessuno, neppure con sua sorella, ma si era riproposto di dedicarvi una parte dei suoi studi.

Per il momento era troppo occupato, ma stava elaborando un suo progetto segreto che, era sicuro, non avrebbe trovata l’approvazione né dei genitori né dei Direttori della Base scientifica.

Ad ogni sortita con la sua navetta personale, aveva la possibilità di fare un giro di ricognizione attorno al grosso pallone inglobato nella sua camicia di pece impastata con titanio, acciaio al boro e altri minerali cosmici.

Con l’ultima spalmatura di Gelè Zeta gli era stata conferita una lucentezza argentea che, simile a un faro guidava i naviganti spaziali fino al suo pianeta natìo.

Purtuttavia le sagome dei Mesontrini spiaccicate sulla sua superficie erano ancora visibili, quasi a ricordo e per il giovanotto era un vero assillo, anzi ci pensava con una sorte di tenerezza perché istintivamente sentiva che "quelli" potevano essere come fratelli cosmici per lui, nato fra le stelle.

Il misterioso progetto che andava covando era sorto proprio da questo suo tenero pensiero.

Prima o poi si sarebbe deciso a scandagliare a fondo l’ammasso inerte che continuava a fluttuare accanto alla sua "casa" stuzzicando la sua fantasia.

Non sapeva di preciso cosa aspettarsi, ma la sua mente vulcanica era aperta a ad ogni assurda teoria, anche la più azzardata e questa era una irresistibile spinta alla verifica diretta che quanto prima avrebbe messa in atto.

Portò diligentemente a termine l’ultimo programma assegnatogli e, come consuetudine, aveva diritto ad una vacanza, prima di altri incarichi.

Di solito, approfittava di questi periodi, per leggere e accumulare altre cognizioni scientifiche o per esplorazioni planetarie nei dintorni; se avesse voluto avrebbe potuto anche compiere un viaggio sulla Terra, ma ancora non ne aveva sentito il desiderio e quindi per questa esperienza non si era organizzato.

Qualche volta, con la sorella Amidia ne avevano parlato, piuttosto vagamente come i Terrestri parlano per un eventuale viaggio sulla Luna, senza troppa convinzione e quindi era sempre stato rimandato; di sicuro lo avrebbero fatto insieme quando sarebbe venuto il momento.

Al presente, Lucio, aveva ben altri programmi!

Inoltrò, alla Direzione generale, la richiesta di poter avere a disposizione una piccola aeromobile da ricognizione esterna, corredata di ogni arnese indispensabile alla ricerca, come aveva fatto altre volte e che gli fu subito accordata.

Senza perdere tempo si equipaggiò ulteriormente con altri attrezzi personali che già sapeva avrebbe dovuto usare e, salutata la famiglia, partì per la sua meritata vacanza.

Se qualcuno avesse curiosato fra le cose che aveva portato seco, forse avrebbe avuto di che pensare, ma siccome solo il viaggiatore conosceva l’itinerario preparato, nessuno gli fece domande precise.

Ne aveva fatte tante di escursioni nella stratosfera!...

Non ce n’era un altro pratico del Cosmo quanto Lucio.

Quello che frullava precisamente nel capo del giovane, neppure lui avrebbe saputo dirlo e si affidava quindi alla sorte e ai suoi strumenti di precisione sui quali contava molto.

Euforico ed entusiasta come gli antichi circumnavigatori della Terra che andavano alla ricerca di nuovi territori senza sapere mai da quale parte dirigersi e, il più delle volte, ciò che scoprivano, era dovuto sicuramente al caso e alla loro fortuna.

Anche il solitario viaggiatore celeste, confidava nella fortuna, intanto cominciò coll’esplorare, più minutamente di quanto avesse fatto fino ad allora, l’enorme oggetto che lo aveva spinto al viaggio, quel globo fluorescente e ondeggiante che, tacito e misterioso, troneggiava accanto al L.O.S.24.

Più lo scrutava e analizzava e più si rendeva conto di quanto fosse difficile penetrarlo, perché era proprio quello che si era messo in mente di fare: penetrarci dentro, a suo tempo ne aveva ripreso alcune immagini con la telecamera per vedere, ingrandite quelle sagome inerti che non gli davano pace.

Per la compattezza e la durezza della sua crosta non vedeva in quale modo potesse scalfirla e proprio per questo si era munito di una perforatrice automatica molto possente e lui stesso aveva indossata una tuta pressurizzata e si era munito anche di una maschera respiratoria per essere pronto ad affrontare qualsiasi atmosfera avesse trovato all’interno.

Doveva inoltre agire rapidamente per evitare spiacevoli incontri di colleghi curiosi che erano in perlustrazione nei pressi per questo dovette usare la perforatrice come un piccolo missile per dare il primo assalto come abitualmente si procedeva per aprire le miniere planetarie.

L’impatto fu però molto violento perché la carica era stata programmata per una resistenza maggiore di quanto in realtà fosse, perciò Lucio, non potendo ormai correggerla si trovò spinto a seguire la via aperta con tanta violenza, in una precisa traiettoria che in linea retta, lo fece ritrovare con tutto il suo veicolo, fuori del globo, ma dal lato opposto:

La telecamera messa in funzione nel preciso istante che iniziava la perforazione, ebbe modo di fotografare il fulmineo percorso, non rilevando al momento, nulla di sorprendente, sarebbe stato necessario, in seguito, ingrandire e mettere a fuoco ogni frazione della pellicola per fare dei rilievi più specifici.

Lucio, mise l’aeromobile in posizione stabile per procedere alla ricostruzione dei buchi di entrata e di uscita di quella crosta, agendo rapidamente per impedire la fuoruscita dell’eventuale materiale gassoso imprigionatovi molti anni addietro.

Se, al momento del fenomeno mesontriniano, non avesse prevalso il timore di essere invasi da legioni di esseri ignoti, non si fosse usata tanta fretta, probabilmente sarebbe stato molto più facile giungere a qualche logica soluzione circa la ricombinazione vitale dei Mesontrini.

Rimaneva ancora inevasa l’incognita del contatto fortuito al quale Lucio e Amidia avevano assistito che aveva qualcosa di umano, ma Lucio non si sarebbe dato per vinto e non avrebbe desistito dalla ricerca.

Per ora le sue conclusioni erano che quel prodigio era accaduto solo per la precisa volontà di chi era a conoscenza della natura di quegli esseri e ciò sarebbe potuto ancora ripetersi, riproponendone le circostanze precise.

Solo in questo modo sarebbe possibile fare uscire, come da uno stampo, una serie di Mesontrini, tutti uguali e perfetti simili a burattini .

Dopo l’escursione che, per ore, non aveva portate le spiegazioni desiderate, il temerario ingegnere, non volle rientrare subito a casa decidendo di consumare il suo tempo libero in altre escursioni.

Intanto pensava di avere il dovere di stendere un rapporto sulle manovre compiute, senza averne avuto il permesso dai superiori, sapeva già che ne avrebbe dovuto subire le conseguenze disciplinari, ma era deciso ad assumersene la responsabilità.

Per prendere tempo e non affrontare subito l’argomento, preferì girovagare ancora per lo spazio, senza una meta precisa.

Orientò la bussola spaziale a Nord Ovest che non corrispondeva ai punti cardinali della Terra, lanciandosi alla scoperta di qualcosa di anomalo che lo aveva attirato giacché da quella parte gli perveniva un lievissimo sibilo intermittente che faceva vibrare il segnalatore che aveva a bordo; sembrava un linguaggio in codice di cui non conosceva il cifrario.

Per Lucio la verifica immediata era motivo sufficiente per farlo dirigere da quella parte e, perfino il veicolo in cui era assiso, sembrò uguagliare la stessa premura, subendo una spontanea accelerazione, come fosse addirittura calamitato:

Il giovanotto non fece in tempo a rendersene conto che si trovò aspirato come in un grosso imbuto con tutto il suo mezzo di trasporto.

Sul Satellite, intanto, si stavano vivendo ore di ansia per l’assenza di Lucio prolungatesi oltre il tempo del suo permesso.

Conoscendone l’attaccamento alla famiglia e al lavoro, con la puntualità che aveva sempre dimostrata, il mancato rientro nel termine stabilito, dava a tutti molte preoccupazioni.

Se, trovandosi molto distante, avesse avuto dei guasti tecnici, avrebbe sicuramente avuto bisogno di aiuto giacché in assenza di gravità sarebbe rimasto completamente fermo fino a che non fosse stato ritrovato fortunosamente e lo spazio è, praticamente infinito... dove dirigere le ricerche?

Le squadre di soccorso, uscite alla sua ricerca avevano rilevato i "rappezzi" della superficie del Globo e la loro perfetta diagonale dava ulteriori perplessità; le uniche persone che, pur nell’incertezza, vi videro qualche connessione col loro congiunto furono i suoi familiari che sapevano quanto egli ne fosse interessato.

Questo però non li tranquillizzò affatto, anzi li fece ancor più impensierire il fatto che a bordo oltre la ricetrasmittente speciale capace di comunicare col Laser, c’erano anche altri accorgimenti in grado di dare l’allarme in caso di pericolo.

L’unica cosa che il Consiglio superiore, riunito in assemblea urgente, decise di fare fu quella di seguire quella unica traccia, seguendo il suo stesso metodo, ma purtroppo giungendo alla medesima conclusione: il "pallone" conteneva solo del gas.

La grande preoccupazione generata in tutti dalla sua scomparsa, in un certo senso avrebbe fatto piacere al protagonista giacché lasciava prevedere l’indulgenza che il Gran Consiglio avrebbe avuto nel giudicare la sua iniziativa solitaria.

Ma colui che stava dando tante ansie al Pianeta della Luce, si trovava in una vera situazione di emergenza e si stava risvegliando dall’intontimento che il risucchio entro qualcosa d’inspiegabile gli aveva causato.

L’inefficienza delle apparecchiature di bordo messe fuori uso dal repentino cambiamento di pressione, lo facevano sentire prigioniero e, solo completamente, di fronte ad una emergenza che non sapeva come risolvere.

Non aveva modo di calcolare il tempo, non sapendo quanto era durato il suo periodo d’incoscienza e neppure con quale velocità era entrato in quel vortice e neppure gli era dato conoscere la lunghezza del percorso fatto.

Senza questi dati era impossibile orientarsi.

L’unica cosa quasi certa era che si trovava in un Buco Nero, una di quelle Stelle morte delle quali non si conoscono le dimensioni, né l’essenza, ma che danno qualche segnale di esistenza con il pulsare impercettibile e ritmico che è dato percepire anche sulla terra con apparecchi sofisticati e sensibilissimi.

L’assorbimento nel Buco Nero non doveva essere stato tanto breve, considerando il languore di stomaco che sentiva e per questo provvide immediatamente dato la scorta di vettovaglie di cui il suo veicolo era fornito, non aveva subito alcun danno.

I cibi energetici di pronto assorbimento gli fecero riprendere il dominio della coscienza e lo misero in grado di valutare quali erano le difficoltà da superare.

Fu logico pensare che non aveva subito l’impatto con una massa altrimenti non ci sarebbe stata l’accelerazione che sicuramente veniva da un vuoto di notevoli dimensioni per esserci entrato con tutto il veicolo.

Era pur sempre un fatto strano perché in quello strato cosmico non esistevano forze gravitazionali, per questo, uscendo dai veicoli, si rimaneva con il corpo e gli apparecchi sospesi nel vuoto.

Non aveva studiato a fondo I Buchi Neri, ma sapeva che essi si riconoscono dal tipo di segnali che emettono, quello che aveva captato il radar di bordo era simile ad un ultrasuono, filtrato dalla opacità cosmica.

Lucio andò col pensiero ai genitori e fu rammaricato per non poter far giungere loro un qualunque messaggio che li avrebbe tranquillizzati.

Capì solo in quel momento quanto era stato incosciente nell’avventurarsi in quella impresa senza un itinerario preciso, ma tutte le volte che aveva girovagato nello spazio non aveva mai avuto sorprese simili e per questo si era sentito sicuro.

Così riflettendo si dava da fare per ripristinare gli apparecchi che si erano quasi "incantati" e con poche sapienti manovre stava riuscendo a rimetterli in sesto.

Ripassò la pellicola che aveva girato ininterrottamente dall’inizio della perforazione del Globo fino al momento dell’accelerazione, ma non vi scorse nessun elemento degno di nota.

Quello che invece gli dava da pensare era la luminescenza che lo attorniava in quel luogo sconosciuto dov’era piombato suo malgrado.

Era un chiarore simile ad un'alba chiara e tiepida della primavera terrestre, ma che il satellestre non poteva riconoscere per non averla mai vista.

Uscì con molta circospezione dall’abitacolo della vetturetta, non sapendo se sarebbe affondato, fluttuato o precipitato, i suoi piedi invece si posarono su qualcosa di morbido e caldo che ben sosteneva il suo peso, come del resto, quello della sua monoposto .

Non potendolo analizzare sul momento, decise di avanzare in linea retta e trovò molto piacevole sgranchirsi le membra mentre i suoi passi affondavano lievemente.

Fatto un brevissimo percorso si trovò di fronte a una parete evanescente che attraversò facilmente come una cortina di nebbia, anche questa, una novità per lui.

Subito dopo si trovò in una spianata deserta con al centro un laghetto fosforescente, emanante la luminosità che lo aveva sorpreso poco prima e, toccandone la superficie con un dito si accorse che era un giacimento di mercurio.

Camminò ancora come su di una morbida moquette, deviando lateralmente e quale fu la sua sorpresa nel trovarsi dinanzi una navicella spaziale di modello antico e nell’ispezionarla si avvide che era del tipo usate nelle prime spedizioni lunari.

Vi trovò molti apparecchi ancora efficienti, seppure di non recente fattura e fra l’altro scoprì che i misteriosi sibili intermittenti provenivano da una ricetrasmittente che ancora si trovava a bordo.

L’essere ingegnere gli permise di mettersi subito all’opera per ripristinarne le funzioni, ma come aveva intuito, i messaggi che trasmetteva erano in un codice simile al Morse, ma probabilmente derivante da un alfabeto di una lingua sconosciuta; decise di smontare l’apparecchiatura per sostituirla alla sua ormai inservibile.

Si mise persino a fischiettare mentre rifaceva il percorso all’indietro e allorché lo inserì nella sua vetturetta ebbe la soddisfazione di poterla usare.

Finalmente avrebbe avuto la possibilità di comunicare la sua posizione, seppure inesatta e, con un po’di fortuna, avrebbe escogitato qualche modo per ritornare a casa, lanciò molti SOS, non sapendo se in quel luogo i segnali di risposta sarebbero stati percepiti.

Intanto rifletteva sulle molte incognite della navicella rinvenuta. Non aveva trovata nessuna traccia di manovratori perché essendo dotata di precisi telecomandi aveva potuto viaggiare guidata da lontano.

Elaborando i dati tecnici della navicella, Lucio si persuase che doveva essere una della navicelle sonda inviate dalla Terra allo scopo di raccogliere informazioni utili al Programma della prima discesa sulla Luna e quindi vecchi di moltissimi anni e che incappata nell’orbita del Buco Nero era sparita nel suo interno, molto tempo prima che il L.O.S.24 fosse varato.

Lucio sperò fervidamente di non finire allo stesso modo, abbandonato e dimenticato, pertanto doveva spremersi le meningi e trovare un modo per riemergere da quella prigionia che poteva divenire mortale.

Fece appello alla pazienza e cominciò a studiare minuziosamente le informazioni che la navicella aveva incamerate lungo la sua rotta, memorizzate in codice dai vari computer.

Scoprì così che la navicella era la guida tecnica di uno dei Pioneer che, avendone perduto il controllo, era stata ritenuta disintegrata dall’impatto con un meteorite.

Le scoperte che l’ingegnere andava facendo spiegavano anche c’erano traiettorie colme di Buchi Neri ed i segnali acustici memorizzati dai rilievi erano frequentissimi e quindi i veicoli spaziali che si trovavano a percorrere quelle rotte, erano destinati a scomparire senza lasciar traccia.

Poteva capitare anche con astronauti a bordo, per questo Lucio si ripromise che se fosse uscito sano e salvo da quel luogo, avrebbe fatta una mappa del Cosmo per permettere in futuro una navigazione del cielo più sicura.

Intanto si era persuaso di quanto fosse potente la forza di attrazione che restava nelle stelle morte e che era necessario crearne un’altra con caratteristiche contrarie e di doppia potenza per contrastarla.

Con le magre possibilità che si ritrovava non sarebbe riuscito a farcela, anche se aveva chiaro in mente il procedimento da attuare.

Dopo avere esaminato vari metodi scientifici, si rese conto di quanto era difficile per lui trovare la via della salvezza.

Si fece festa sul Pianeta Luce allorché fu captato uno degli SOS dell’ingegnere scomparso e subito si apprestarono gli equipaggi di soccorso, capeggiati dallo stesso padre che non vedeva l’ora di riabbracciare il ragazzo.

Sussistevano però molte difficoltà perché neanche con la collaborazione della Base Terra si riusciva a localizzarne la provenienza che sembrava partire da una fonte stratosferica indefinibile in movimento che faceva variare continuamente le coordinate.

I salvatori però partirono ugualmente, pieni speranza, sperando di ricevere notizie precise mentre erano in perlustrazione diramandosi nei vari punti da cui giungevano i messaggi, ignorando quanto tempo sarebbe trascorso prima di ritrovare il disperso caro a tutti.

In questo modo si sommarono le capacità e le esperienze di molti soccorritori a quelle messe in atto dal prigioniero stesso e toccò proprio all’equipaggio comandato da Lando ricevere in modo più chiaro e ravvicinato l’ultima richiesta di aiuto nel quale Lucio raccomandava di avanzare molto adagio ed essere pronti a deviare la rotta al minimo accenno di accelerazione.

Lando captò il messaggio in codice guidato dall’intuito paterno, giacché gli giunse debolissimo, proprio nel momento in cui avvertì l’accelerazione inusuale alla quale stava soggiacendo il motore della sua aeromobile che però essendo di grande dimensione riuscì a deviare in tempo per evitare la forte attrazione.

Tenendosi a debita distanza e guidato dall’amore paterno lo scienziato intuì quale era stata la disavventura di suo figlio e, disponendo di mezzi adeguati a fronteggiare la pericolosa situazione, comunicò a tutti i convogli il punto preciso in cui si trovava ordinando a tutti di raggiungerlo.

Nel frattempo fu comunicato al prigioniero che si stavano organizzando per aiutarlo, quindi era meglio che attendesse tranquillo senza interferire per non intralciare le loro manovre.

Lucio assecondò le richieste del padre ponendo la sua vetturetta in posizione di uscita per essere pronto ad azionarla secondo gli ordini che avrebbe ricevuto.

Coordinati tutti i Radar fu facile captare il Buco Nero che fu accerchiato da tutte le grandi aeromobili accostate strettamente per respingere in modo compatto la sua forza di attrazione che fu neutralizzata da quella messa in atto simultaneamente da tutti i motori .

All’ordine di uscire Lucio mise in moto la sua macchinetta e potè farlo come si fosse trattato di percorrere un tunnel qualsiasi.

Il viaggio di ritorno verso il Satellite fu veramente trionfale per l’ardimentoso e poco prudente viaggiatore che fu salutato da tutti come un eroe dello spazio, tantopiù che la dimostrazione delle scoperte fatte dal giovane apriva altri orizzonti di ricerca.

Inoltre, aveva fatto molto scalpore il racconto del ritrovamento del giacimento di mercurio che se non fosse stato per la disavventura di Lucio, nessuno avrebbe mai trovato, invece gli scienziati furono concordi di organizzare proprio delle spedizioni per cercare di penetrare nell’interno dei Buchi Neri e scoprire i loro misteri.

Era necessario però neutralizzare prima le loro forze cosmiche che li rendevano impenetrabili e insicuri.

Per quanto riguardò il comportamento del giovane temerario che da solo e senza permesso si era permesso di affrontare le insidie dello spazio, invece della punizione che il protagonista si attendeva, furono organizzati in suo onore grandi festeggiamenti tenendo conto che aveva agito con l’entusiasmo che i giovani mettono confidando nelle loro forze, con grande sprezzo del pericolo.

La Storia è piena di scoperte e avventure compiute da coraggiosi che non hanno esitato a mettere a repentaglio la loro vita per la sperimentazione in prima persona nel campo scientifico, per battaglie sociali o, semplicemente per ideali di gloria e libertà.

La stagione della gioventù è bella anche per questo!

 

 

F I N E