A volte l’amore
per gli animali ha dei risvolti inaspettati. Lo sapeva bene mia madre che
tutte le sere dovette prendere i calzoni di mio fratello con una certa
cautela, visto che il piccolo Hans amava riempire le sue tasche con api,
vermi, lucertole e quant’altro gli aveva attraversato la strada durante
il giorno. Voleva salvare tutti. Qualche anno più tardi anch’io
sviluppavo le mie passioncelle; solo che col senno del poi devo ammettere
che più che amica delle creature sembravo Crudelia. Collezionavo
coccinelle che ficcavo senza complimenti in una scatola di fiammiferi,
annaffiavo con una costanza infinita i formicai lungo il muro del nostro
giardino ed ero già da piccola un killer provetto delle povere mosche,
abilità che tra l’altro conservo ancora oggi. In altre parole, mentre
Hans era un discepolo di San Francesco, il mio amore per gli animali era
più selettivo. E’ pur vero che da bambina giocavo con le bisce,
numerose nel piccolo parco cittadino vicino a casa, ma in genere tutto
ciò che ronzava, strisciava o tesseva ragnatele non era compreso nel mio
amore.
Mio fratello ed io abbiamo
avuto la fortuna di crescere in un quartiere molto verde. Non c’era casa
senza giardino, e quindi la fauna era vasta e varia. Tutte le sere
mettevamo un piattino pieno di latte in giardino perché una famigliola di
ricci potesse abbeverarsi. Gli scoiattoli ci hanno fatto crescere molte
piante con le loro scorte di noccioline e semi vari. Ogni inverno Mamma
comprava dei semi di girasole per nutrire gli uccelli che non avevano
preso la strada del sud. La neve nel giardino era costellata di impronte
dei piedini dei tanti volatili. Poteva succedere che sul davanzale della
finestra della cucina si radunasse una nutrita schiera di uccelli che
bussavano col becco sul vetro.
Un giorno trovammo una rondine
con l’ala spezzata. Hans, da buon samaritano la curava amorevolmente, ma
purtroppo l’uccellino morì. Facemmo un grande funerale insieme ai
nostri amici, e chissà se la piccola lapide è ancora sotto il pero. L’altro
ritrovamento ebbe un esito del
tutto diverso. Hans ci portò un piccolo merlo ancora quasi implume.
Mamma non gli diede molta speranza, ma con tenacia Hans nutrì l’uccelletto
prima con un contagocce e poi con pezzetti di verme. Il merlo cresceva e
diventava un animale straordinario. Per la verità non riuscivo a mangiare
spaghetti per anni, visto che dovevamo cercare vermi ogni santo giorno per
nutrire il nostro vorace merlo. Non ha mai avuto una gabbia e volava
libero per casa e nel vicinato. Tutti lo conoscevano, non tutti lo
amavano, dato che lasciava facilmente tracce del suo passaggio, ma tutti
erano affascinati da questo animaletto tanto intelligente. Un giorno Mamma
dovette chiamare il medico per mio fratello. Il merlo osservava il
dottore, e al momento che il pover’uomo posò lo stetoscopio sul petto
di Hans, l’uccello intervenne come una furia beccando la mano del
dottore. Un’altra volta Mamma stava preparando il pranzo e ad un certo
punto cacciò il merlo dalla finestra e la chiuse. Poco dopo si trovò con
una beccata alla gamba: l’uccello era rientrato dalla finestra del
bagno. Per un paio d’anni il merlo era la nostra gioia, poi un giorno
sparì. Non abbiamo mai saputo che cosa era successo, ma probabilmente era
stato vittima di un gatto.
Un altro compagno, il criceto,
non è stato a lungo membro della nostra famiglia. Per il suo odore Mamma
era categorica: l’animale doveva vivere fuori. Hans lo ha ceduto ad un
altro amico degli animali, magari con una madre con il naso meno delicato.
Il disastro arrivò con una
coppia di topini bianchi. Come si può ben immaginare la gioia di questo
acquisto era molto unilaterale. Infatti la gabbia doveva finire in
cantina. Ora, questi roditori sono terribilmente prolifici e presto la
gabbia era affollatissima di topi. Mamma impose a mio fratello di uccidere
, magari per affogamento, i topini appena nati, ma dopo un vano tentativo
- Hans faceva praticamente la respirazione bocca a bocca al malcapitato -
arrivò l’ordine perentorio di portare tutta la ormai cresciutissima
famiglia nel laboratorio farmaceutico. Se Hans non avesse tentennato, si
sarebbe risolto tutto, ma il suo cuore colmo d’affetto non riusciva a
fare quel crudele passo. Così una mattina trovammo la gabbia vuota,
bucata dai tanti dentini aguzzi e i topolini correvano per tutta la
cantina. Niente di grave, si potrebbe pensare, se non fosse stato per il
magazzino alimentare. Mamma in quei tempi aveva un negozio alimentare
"ereditato" dalla nonna paterna. Iniziò la caccia grossa, alla
quale dovettero partecipare tutti; non è semplice catturare una
cinquantina di topi. Quindi il duro cammino con la gabbia rattoppata verso
il laboratorio. |
La storia dei miei molluschi portati con tanto di sabbia ed acqua del lago
a casa finì in breve e tragicamente, visto che presto uscirono degli
strani vermi dalle valve, probabilmente per il mancato ricambio d’acqua.
Però il funerale celebrato in compagnia di tutti i nostri amici era
grandioso.
Naturalmente non poteva mancare il gatto. Un giorno una nostra vicina ci
portò questo gomitolino bianco e nero. Miagolava da fare pena e fu subito
amore. Chicco gradì il piattino pieno di latte tutto per lui, dato che
prima dovette spartire tutto con i suoi tanti fratellini. Il risultato di
questa abbuffata fu molto visibile la mattina dopo. Preparammo allora un
bagnetto privato a Chicco e per due giorni marcammo stretto il micino fino
che non aveva capito a che cosa servisse. Quando inizio ad uscire da casa,
ogni qual volta che aveva un bisogno fisiologico corse nella sua toilette
in bagno e guaio se trovava la finestra chiusa; la sua voce diventava
potente.
I primi tempo Chicco sostituiva egregiamente il televisore, (che a quei
tempi non possedevamo) regalandoci delle serate gioiose con i suoi giochi,
e un giorno non c’era più. Per tre lunghi giorni lo cercammo in tutto
il vicinato e solo all’imbrunire del terzo giorno Papà sentì un debole
lamento dall’alto di un albero. Il
gattino non sapeva più scendere da solo. Con una lunga scala lo tirammo
giù; era in condizioni pietose e affamato come un lupo. Crescendo divenne
un bel gatto, ma rimase sempre un po’ selvaggio. I risultati delle suo
lotte erano ben visibili: perse un occhio, le sue orecchie erano a frange
e l’ultima ferita ad una zampa era tanto grave da doverla medicare con
una fasciatura. Mamma perse molto tempo a fare un bel lavoro, ma finito la
medicazione, Chicco con una sola mossa si levò la fasciatura e sparì.
Aveva perso molto sangue ed è possibile che sia morto; non lo abbiamo mai
più visto.
In casa nostra era passato anche un canarino di nome Beppe fino che non
aveva posato un uovo nel suo nido: dopo si chiama Giuseppina.
L’ultimo compagno è stata la nostra cagnetta. Papà era assolutamente
contrario fino che non ci hanno portato il risultato di una scappatella di
una cockerina. Il padre era un barbone gigante ed il batuffolo in
questione aveva un pelo metà riccio e metà ondulato con una lunga coda
che sembrava una felce. La cagnolina ancora incerta sulle sue zampette si
diresse verso Papà e lo conquistò al volo. Netti era entrata nella
nostra famiglia.
Rincominciò l’addestramento del bagno, questa volta ad ogni accucciata
una corsa in giardino. Per il resto abbiamo completamente fallito nell’educazione
di Netti. Di notte si mangiava gli angoli del tavolo della cucina, di
giorno scarpe, pantofole e angoli di tappeti. Aveva una sua dieta, ma
accompagnava i nostri pasti con il suo abbaiare. Le passeggiate erano una
vera tortura, perché Netti non camminava mai al guinzaglio, correva e
tirava. In macchina era tranquilla finché non vedeva un bosco: allora
impazziva mettendo in pericolo l’autista. Almeno si fosse divertita da
sola nella foresta - ci costrinse invece a lanciare pigne che non
riportava mai fino che non ci venne il gomito del tennista.
Abbiamo anche pagato qualche conto del veterinario perché Netti non
tollerava altri cani davanti casa, tranne quando era in calore. C’era un
fedelissimo ammiratore, un bassotto, che passò tutte le tre settimane
"critiche" di Netti davanti al cancello. La padrona lo portò
ogni tanto a casa per rifocillarlo, ma Bobby non si arrese mai, e questo
per ben nove anni!
Dopo la morte del mio Papà Netti era la consolazione di Mamma, ma i
problemi sono sorti quando ho sposato un italiano e Mamma per venirci a
trovare doveva affidare la cagnetta a zia. Mia zia abita in campagna e
quindi Netti era libera come il vento, se non si fosse alleata con il cane
della vicina fattoria. Insieme andarono a giocare nel pollaio, uno
prendeva la coda e l’altra la testa delle galline e facevano il
"tiro alla fune". Zia pagò più di una gallina senza per altro
riceverla, e in futuro non volle più ospitare Netti.
Da molti anni anche Netti è nel paradiso degli animali e chissà se ha
incontrato tutti gli altri i nostri compagni ed hanno parlato di questa
famiglia strana che senza animali proprio non poteva esistere. |