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LA DOMENICA DI UNA VECCHIA SIGNORA



La vecchia signora trascorreva le sue giornate in perfetta solitudine e se non fosse stato per il canto di quei passerotti che, avendo nidificato sul tetto, le davano la sveglia ad ogni aurora, avrebbe potuto considerarsi fuori del mondo. Infatti non vedeva mai anima viva ed aveva figli e nipoti in discreto numero, ma ognuno talmente occupato dei propri affari che non sentiva mai il dovere di passare a farle visita. L'unica figlia femmina, carica di famiglia e con l'abitazione molto lontana, si era assunta il compito di farle le spesa da quando aveva compiuto gli 83 anni ed ogni dieci giorni la riforniva del necessario e prima di andar via le sbrigava qualche faccenda.
Del resto la mamma non era esigente e e cercava di non chiedere nulla a nessuno.
La solitudine non le pesava, anzi godeva dell'attuale dolce far niente, dopo aver lavorato per la famiglia per una vita intera e poi, aveva i suoi hobby che distraendola la tenevano occupata.
Dopo la paurosa caduta di qualche mese addietro, era stata costretta ad usare il bastone per evitare altri scivoloni e questo, recandole impaccio, era il principale motivo per cui non usciva più tanto spesso e, nel doversi allontanare, preferiva prendere la metro anziché l'autobus.
Quella domenica si era recata a pranzo da sua sorella, anche lei anziana e sola, trascorrendo insieme a lei una piacevole giornata.
Non volendo rientrare a casa sua col buio, nel primo pomeriggio prese congedo avviandosi alla stazione metro A distante un centinaio di metri.
Scesa ai binari con l'ascensore dei disabili non dovette attendere molto il convoglio che in una ventina di minuti l'avrebbe portata alla coincidenza B della stazione Termini che con quattro ulteriori fermate giungeva fin quasi alla sua casa.
Tutto questo in meno di un'ora e la signora, contenta di avere trovato posto in un vagone semivuoto, prese a sventolarsi col suo ventaglio perché il caldo era rimasto stazionario per tutto il giorno e lì dentro quasi non si respirava.
Il treno filava liscio e veloce mentre anche gli altri passeggeri davano segno di sentir caldo.
Avevano già passate due stazioni quando una voce autoritaria e decisa annunciò dall'altoparlante che i viaggiatori dovevano lasciare le vetture alla prossima fermata e proseguire coi mezzi di superficie messi a disposizione dall'Azienda perché per motivi tecnici si interrompeva l'uso della metro A per 24 ore.
Al primo sbigottimento, subentrò anche del panico, ma pronti a seguire gli ordini, appena fermi i vagoni, tutti si defilarono piuttosto rapidamente.
Per ultima, la vecchia signora che non poteva certo correre a causa del bastone.
Dopo aver faticosamente salite le due rampe di scale, ella si ritrovò all'aperto dove per raggiungere gli autobus predisposti bisognava attraversare una vasta piazza con vari incroci ed occorreva quindi anche essere guardinghi per non venire investiti da qualche mezzo privato.
La povera donna cominciava a risentire gli effetti del trambusto e prese a respirare a fatica perché cardiopatica da vari anni e fu con un grande affanno e qualche mano tesa, che riuscì a issarsi su l'ultimo autobus traboccante di persone.
Fortunatamente un giovanotto si avvide delle condizioni di disagio della vecchietta sentendosi in dovere di cederle il posto, malgrado questo provvidenziale atto di umanità l'anziana donna continuava a respirare a bocca aperta con il cuore che palpitava all'impazzata e non riuscendo neppure a riaprire la borsetta per riprendervi il ventaglio.
Il tragitto fino alla stazione Termini fu lunghissimo tanto da sembrare un giro turistico organizzato per vedere tutti i monumenti e le chiese e le fontane di Roma mentre la calca e il malumore all'interno del mezzo aumentavano.
Il giovane che l'aveva fatta accomodare, gravava su di lei col suo braccio teso per sorreggersi, chiaramente in una posizione scomoda, facendola sentire a disagio e portandola a indovinare ciò che avrebbe voluto dirgli:..."ma questa, col bastone e l'asma, dove se ne va in giro invece di starsene a casa!? "   
Finalmente, giunti al capolinea, la signora scese per ultima per non intralciare nessuno col suo bastone, ma qui trovò l'ostacolo di uno scalino altissimo: eccole... le barriere architettoniche di cui si parla tanto!!!
Che fare? Qualcuno la guardava, ma nessuno si avvicinava per aiutarla.
Ella stessa, vinto l'imbarazzo, gridò se ci fosse qualcuno disposto a farla scendere.
L'unica ad avvicinarsi fu una esile giovanetta che allungò timidamente una mano, ma dovette, invece, usare la forza delle due mani affinché la signora non le cadesse addosso e fu un vero miracolo se ciò non accadde altrimenti sarebbero ruzzolate entrambe in malo modo.
Dopo averla aiutata, la ragazza corse verso i suoi amici e si allontanò con loro, lasciando la signora perplessa sulla strada da prendere giacché, il capolinea non era al centro della piazza, ma in una via laterale.
A questo punto bisognava raggiungere l'ingresso della metropolitana che distava parecchio ed era diverso da quello che conosceva.
Con molta buona volontà, sudata e sfinita totterellò fino ad una grande M che vedeva in lontananza e che doveva essere un passaggio secondario perché non portava ai binari, ma dopo un lungo saliscendi di scalini marmorei e non mobili, la povera donna si ritrovò di nuovo all'aperto, ma, questa volta, sulla piazza centrale.
Avrebbe voluto piangere per la stanchezza e il disappunto !
Eppure lei non era né analfabeta né sprovveduta, ma erano anni che non frequentava la città e non conosceva il nuovo assestamento della stazione, non seppe districarsi quindi in quel nuovo sottosuolo non riuscendo ad orizzontarsi per mancanza di indicazioni e riferimenti.
Sicuramente aveva fatto i percorsi predisposti per i carrelli delle merci ed essendo giornata festiva erano pure deserti, senza nessuno a cui chiedere. Una vera sfortuna!
Rifletté pure come sia facile smarrirsi in una grande città per quanti vi giungono da piccoli centri e risolse di seguire la strada più semplice, seppure più lunga dal punto dov'era: entrare dall'ingresso principale e lasciarsi guidare dai cartelli pieni di frecce indicatrici.
Per compiere la strada giusta, trovarsi al binario B e attendere il convoglio ci mise un bel pò di tempo, tanto che all'arrivo, uscendo finalmente dalla stazione in prossimità della sua abitazione, annottava e, ci mancò poco che, stanca, sudata e affranta, non si sedesse sul marciapiede come una povera barbona.

Nonna Lea

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