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FIRENZE... FIRENZE |
di Annemarie Lenz |
Nel settembre 1966 andai a Firenze per
perfezionare l’italiano. Alloggiai in un piccolo albergo vicino
all’Arno e la scuola era poco distante. A metà corso ci diedero una
settimana di vacanze che io passai a Roma, città che non avevo mai
vista. La girai tutta a piedi e me ne innamorai.![]() ![]() Passai la notte alla meno peggio e scesi presto la mattina. Trovai i proprietari nella hall, sconsolati, sporchi di fango e affamati. La cucina e la dispensa sotto terra erano andate distrutte. Decisi di muovermi e mi recai da una mia amica che abitava da una signora verso le colline. La signora mi preparò gentilmente del caffè che portai in albergo. Avrei voluto rimanere lì per aiutare, ma alla scuola, anch’essa distrutta, ci comunicarono che noi ragazzi stranieri non eravamo desiderati. Con molte difficoltà arrivai in centro. Dovevo cercare di riprendere i miei soldini in banca. Alla Banca Toscana trovai un’incredibile situazione di sfacelo, ma il personale era gentilissimo. Mi fecero andare al primo piano, che negli antichi palazzi fiorentini voleva dire almeno 10-12 metri più in alto, e lì un impiegato cercò il mio conto tra carte impregnate di fango. Come per miracolo lo trovò e mi restituì il mio gruzzolo. Il ritorno in albergo fu un calvario, la città era presidiata dall’esercito e soldati con il fucile spianato guardavano tutti con sospetto. Il terzo giorno presi parte delle mie cose e mi incamminai verso la stazione di Campo di Marte, praticamente uno scalo merci, ma molto più vicino della Stazione di Santa Maria Novella. Tra l’altro non sapevo neppure se ci fossero dei treni. Avevo deciso di non rientrare ancora in patria, ma di finire la mia licenza a Roma. Salii sul primo treno e quando mi vide il controllore, oltre al biglietto mi voleva fare pagare una multa perché non si poteva salire in quella stazione. Un passeggero lo apostrofò: "Ma ha guardato questa ragazza piena di fango? Si vergogni!” Allora il controllore si impietosì e mi risparmiò la multa. Scesa a Termini di Roma realizzai per la prima volta in che condizioni ero perché la gente mi guardava con disgusto. Non potevo biasimarli, ero coperta di fango. Mi affrettai ad arrivare all’albergo dove avevo soggiornato fino a pochi giorni prima. La segretaria, prima si mise a piangere e poi ordinò al factotum Salvatore di prepararmi un bagno nella stanza più bella che avevano. Ero sfinita, ma prima di tutto dovetti uscire per mangiare qualcosa: ero digiuna da tre giorni. |