Pochi sanno che Margherita Antonucci ha presentato
la sua tesi su "San Benedetto e il lavoro dei benedettini" alla
Scuola per assistenti sociali dove aveva conseguito la laurea breve nel
1952. Evidentemente la sua spiritualità si era alimenteta fin dall’infanzia
alla scuola di san Benedetto, come testimonia la sua ricerca del rapporto
con Dio e l’attenzione e generosità nel servizio all’altro.
Mi piace ricordare di lei questo aspetto peculiare che si è espresso
nella confidenza acquisita in anni di amicizia e di corrispondenza. Quando
abbiamo cominciato a frequentare la Scuola di servizio sociale, ci siamo
trovate di fronte alla Roma degli anni ’50: tutta da rifare. C’erano i
baraccati all’Acquedotto Felice, alla Valle dell’inferno, ai Pariolini
(quest’ultimi ora scomparsi per dare luogo allo Stadio olimpico), le
grandi borgate del Quarticciolo, di Primavalle… C’erano gli immigrati
dall’Italia povera. Abbiamo visitato gli istituti per ciechi, sordomuti,
ospedali, vecchicomi, manicomi e tornavamo a casa piangendo a dirotto.
Ricordo che un giorno al momento del pasto, tornata tardi , mi ha
comunicato tranquillamente che non c’era niente da mangiare, perché le
provviste che avevamo portate da Subiaco, le aveva date tutte a un povero.
Tanta era la generosità con cui si donava agli altri.
Calata sempre nella realtà dei suoi tempi, viveva intensamente le gioie e
le sofferenze del prossimo, a cui si accostava sempre con amore e
rispetto. Come la natura, i fiori, gli uccelli, così le persone, i
poveri, i bambini e i grossi problemi della contemporaneità, che le
stavano tanto a cuore, diventano spesso soggetto delle sue espressioni
poetiche. Era anche appassionata alle ricerche sul passato familiare che
collegava con le personalità dell’epoca: Abbiamo assorbito dalle nostre
famiglie d’origine valori e modi di vivere ora non piu’ di moda e
improponibili. Eppure abbiamo avuto tanti uomini santi che hanno previsto
e indicato quale sarebbe stata la via da seguire. Quando ho cercato i
documenti per il lavoro sulla mia famiglia sono rimasta sconvolta dall’attualità
delle idee di Rosmini, don Bosco, del mio antenato Cardinal Antonucci…
ma chissà quanti altri, da noi non studiati e non conosciuti hanno
sofferto per questa umanità egoista e arruffona...
Allieva e nipote di Benedetto Tozzi, aveva imparato da lui ad apprezzare e
leggere l’arte; esprimeva la sua creatività nei modi piu originanali:
nelle confezioni, nel ricamo, nelle stoffe dipinte, nelle ceramiche. Ha
ideato e realizzato un presepe in fine terracotta e una bella Madonna che
ha collocato alla Villetta Rossa. Ma il suo sogno era di realizzare una
Via Crucis. Cito dalle sue lettere "Ancora non inizio la Via Crucis
… ! mi dici se non sono spaventata da tanto lavoro, e veramente tu non
puoi immaginare quanto. Per fare, ho bisogno di immettermi nell’atmosfera,
di capire, di sentire quel che sentivano i personaggi. E tutto questo mi
fa soffrire molto. Vedi , leggendo il Vangelo la figura di Gesù, Dio-uomo,
comporta tanti interrogativi a cui non so rispondere. Se Gesù fosse stato
solo uomo, allora tutto sarebbe facile capire; così se fosse solo Dio; ma
questa unione Dio-uomo… Cosa avrà pensato, anche se già lo sapeva, dei
discepoli addormentati e di Pietro che lo rinnega? Una tristezza immensa e
pure una speranza….
Ho la gioia di poter dichiarare di essere stata considerata da lei come
una sorella, anche perché mi ha comunicato i travagli della sua vita
interiore, le sue delusioni, la sua grande sensibilità, la sua ricerca di
comunicazione con Dio "Vivo una mia vita fatta di preghiere, letture,
ascolto musica, scrivo, cucio, sempre in perfetta solitudine. Quando
riesco ad abbinare lavoro manuale e preghiere allora sto meglio, perché
ho un interlocutore in Gesù e nell’angelo custode.
Non ostante vivessimo in città e situazioni personali diverse il nostro
appuntamento annuale era certo Subiaco, San Benedetto, i luoghi sacri, il
camposanto dei Benedettini a monte Taleo, paesaggi e ricordi che
Margherita ha voluto fissare in questa bella poesia:
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E ce ne andremo ancora là sui monti,
e ripuliremo ancora le tombe e le Croci
dei fratelli andati, come fece quel monaco
Buddhista che suonava l’arpa giù in Birmania,
dopo la guerra, e non sentiremo fatiche,
né sudori, ricordando della nostra giovinezza
e dell’infanzia e poi le amiche, e i parenti,
tutti quelli che se ne sono andati, lì
ci parleranno ancora e noi a
loro.
Siamo amiche? No, sorelle, ci unisce
la parte buona del nostro essere profondo;
e penso che essa resterà sempre in noi,
con l’affetto, la stima, i ricordi antichi
anche se la vita o la morte ci divideranno
e ci faran vivere in altre realtà.
Tu sorella, più cara di ogni altra
al mondo, ed oltre, sempre con me.
(Margherita Antonucci)
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