“Vi ho cercato, siete venuti da me, e per questo
vi ringrazio”. Queste parole rimarranno indelebili a sigillare il
rapporto personale di un uomo e di un Papa con l’ intera umanità, con i
giovani, con ciascuno di noi. Un rapporto diretto e quasi “privato” che
Giovanni Paolo II ha saputo costruire, in ventisette anni di
pontificato, con parole e gesti che hanno avuto l’intento di creare un
ponte tra l’uomo e Dio. E lo ha fatto con quelle eccezionali sensibilità
e capacità, segno anche di notevole spessore umano e culturale, che
permettono di saper distinguere il peccato dall’errante.
La grandezza di questo pontefice, come di ogni Papa che abbia onorato la
propria missione, è l’aver saputo testimoniare la verità sull’uomo
rapportandola, puntualmente, ai parametri espressi dalla fase storica
che stiamo vivendo: siamo tutti figli di Dio, dell’ unico creatore da
cui proviene la natura umana. E nei rapporti con noi stessi, con il
prossimo e con lo stesso Creatore, questa natura abbiamo il dovere e il
diritto di rispettarla e di vederla rispettata in ogni momento della
nostra vita. Un messaggio pressante, moltiplicato dai moderni mezzi di
comunicazione e ampliato da oltre cento viaggi in ogni parte del mondo,
che Giovanni Paolo II ha voluto proporre fino agli ultimi momenti della
sua vita. Lo ha fatto con una volontà che possiamo definire sovrumana,
con la quale ha inteso anche sottolineare, dandone personalissima
testimonianza, il senso salvifico del dolore e le sue ricadute sociali.
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25 Ottobre 1980, XVII
congresso internazionale dell’Associazione dei
Giornalisti Europei. Durante l'udienza in Vaticano
Giovanni Paolo II si intrattiene con i delegati, nella
foto con Carmelo Occhino, accanto Gustavo Selva
presidente dell’AGE e Maria Sansalvadore della
Commissione europea
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Il mondo ha seguito con commossa
trepidazione gli ultimi passaggi del suo cammino terreno. E a coloro,
sopratutto giovani, che vegliavano sotto la sua finestra quasi a voler
rappresentare tutta l’umanità, questo grande Papa si è preoccupato di
dedicare uno dei suoi ultimi pensieri: grazie per essere qui in questo
particolare momento! Lo aveva già fatto mirabilmente anche in uno degli
ultimi faccia a faccia, quando dalla sua finestra si era rivolto in
silenzio alla piazza e al mondo come per dire: vorrei parlarvi ma non
posso, vedete le mie condizioni. E’ stata anche questa silenziosa
complicità a far scattare lo straordinario estremo saluto che la gente
di ogni continente ha voluto rivolgergli. E ci siamo ritrovati tutti,
chi da vicino e chi da lontano, accomunati in un indimenticabile
abbraccio, in una interminabile fiumana umana che le televisioni di
tutto il mondo hanno fatto entrare nelle nostre case e nei nostri cuori.
Semplici e dirette le parole del suo testamento articolato negli anni,
dove Giovanni Paolo II si presenta in tutta la sua umiltà e spiritualità
non mancando di ricordare quanti hanno fatto parte della sua esperienza
umana e sacerdotale. “Quante persone dovrei qui elencare! (...) E quanti
rappresentanti del mondo della cultura, delle scienze, della politica,
dei mezzi di comunicazione sociale!”. Un mondo col quale ha
continuamente colloquiato, anche cercando l’incontro personale, per
capire e farsi capire.
A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio. A ciascuno il
suo. Giovanni Paolo II ha bussato talvolta invano al cuore di tutti noi,
potenti e non potenti, ma non si è fatto disarmare. Sarà dalla sua morte
che forse verranno i frutti che non ha potuto cogliere in terra.
Insegnamenti evangelici, etica, dignità della persona, diritto al
lavoro, pace, annullamento del debito del paesi poveri, rispetto della
vita, aiuto ai più deboli, libertà dei popoli, eliminazione della fame
nel mondo, paternità e maternità responsabili, clemenza per i
condannati. E si potrebbe continuare. Tutti temi, permeati dagli
insegnamenti della Chiesa, ai quali egli ha dedicato incessantemente il
suo pensiero e la sua parola di Papa inascoltato.
Ed ora, come a concretizzare l’ insegnamento evangelico - il seme deve
prima morire per poter dare i suoi frutti - l’agonia e la morte di
questo Papa amico, fratello e padre hanno dato forse l’avvio a quella
che dovrebbe essere la vera rivoluzione dell’umanità. Un’umanità che ha
bisogno di recuperare i punti di riferimento e l’orientamento necessari
per un sano e ordinato progresso spirituale e sociale.
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