Finalmente, un
filosofo che si fa capire.
Concreto e alla
ricerca della verità non per il gusto della pura
conoscenza ma per risolvere i problemi contingenti che
affliggono la società contemporanea,
l’austriaco Carl Popper appare il prototipo del pensatore
moderno.
Di lui,
liberale autentico, colpiscono
non tanto le convinzioni
politiche sugli Stati
a regime dittatoriale o sulle
“ società aperte”, quanto quelle
sul ruolo
della filosofia.
Il cui compito, fa
sapere Popper, non deve essere mirato al possesso della verità, ma ad avvicinarsi il più possibile
ad essa. Il percepire l’origine delle cose
è stato sempre l’obiettivo
e il miraggio di tutti i grandi pensatori
del passato e del
presente, da Talete
ad Eraclito, da
Platone ad Aristotele e via via
tutti gli altri, fino ad arrivare a Kant e ai romantici.
Popper, ecco la sua modernità, socraticamente si rende conto
che si tratta di una pura illusione. La verità, afferma, è irraggiungibile in quanto in continua
trasformazione. Quando
ci sembra di averla raggiunta, è il momento che sta cambiando. Ciò
non significa che non esista un’essenza delle cose, una verità
metafisica. C’è, ci sarà,
ma la mente umana non
possiede le capacità di farla
sua. A suo parere il compito del filosofo dovrebbe essere
quello di impegnarsi,
evitando voli pindarici e fantasie fuorvianti, in una ricerca
continua e razionale della conoscenza che lo possa
condurre in un angolo visuale più prossimo ad essa. Un
po’ come il Dante
dell’ultimo canto del Paradiso che riesce a malapena
a gettare gli occhi nella
verità assoluta prima di rimanere
abbagliato dalla luce
divina. E come
il Vate non può percepire Dio,
così nessun essere
umano, per quanto dotato, può afferrare
la verità. Chi afferma di averla individuata, per il
pensatore austriaco dice una grossa castroneria.
Con simili
premesse Popper
mette in discussione l’intera filosofia . E dei tanto
osannati monumenti fa di tutta
l’erba un fascio: altro che miti, sono dei ciarlatani o
peggio ancora,sostiene. Certo, non tutti.
Qualcuno disinteressato e con i piedi per terra c’è. E fa i nomi di Socrate e di Kant. Ma chi non sopporta
proprio sono gli
idealisti, gli utopisti, nonché
i pensatori che parlano solo con se stessi. Così come
punta l’indice accusatore contro gli storicismi e contro quelli che filosofeggiano per giustificare o legittimare
determinate situazioni politiche . Insomma
a lui non vanno bene nè
Platone ed Aristotele da una parte, né tanto meno
Fiche ed Hegel dall’altra.
E noi, memori delle angosce
patite sui banchi di scuola per capire cosa volessero
significare le teorie di questi signori
e cosa
c’entrassero con noi "il
mondo delle idee", "l’atto puro" o "la
dialettica", glie
ne siamo grati.
Soprattutto ci
piace il fatto che non si occupa delle teorie
astruse ed
assurde che tanto ci
hanno appesantito la vita a quei tempi
, ma rivolge
la sua attenzione alla soluzione dei problemi concreti di questo
mondo. Perché ce lo
sentiamo vicino? Perché con un colpo di spugna
cancella verità
assolute, dogmi, metodi deduttivi e metodi induttivi per assumere
come solo strumento di conoscenza
l’errore. Si, proprio l’errore
che tutti, proprio tutti commettono e che costituisce la
caratteristica universale
dell’uomo. E’ l’errore che ci dice che la strada intrapresa
è sbagliata . Che induce a prendere un’altra
strada e poi un’altra ancora
innescando un processo di avvicinamento alla conoscenza che
non ha fine. Processo che diventa organizzato e razionale con la
scienza. La quale è
comunque "fallibile, dinamica e mai compiuta", sostiene
Popper e si serve dell’errore per migliorarsi continuamente e
per determinare il progresso.
Evviva
l’errore, quindi, ma
soprattutto evviva Popper. Dopo
tanti tromboni si
sentiva la necessità di uno che pensasse chiaro, e ragionasse mettendosi davvero dalla parte della gente comune...
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