I VOSTRI RACCONTI
II°

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MADRI
Promemoria per una figlia

di Annemarie Lenz
A volte mi domando perchè noi donne desideriamo tanto la maternità. Oh certo, madre natura ci ha destinate a questo compito, ma non sarà piuttosto autolesionismo? Quanto ci costa quell'attimo di estasi! I primi tre mesi di gravidanza accusiamo malesseri vari; la nausea si alterna a diete a base di cetriolini, magari conditi con gelato alla crema. Riacquistato un certo equilibrio alimentare e mentale, ci accorgiamo ben presto che i nostri piedi sono scomparsi dalla nostra vista, e se vogliamo comperare un vestito la nostra taglia si trova nel reparto tende. Quando ci guardano i nostri uomini, i loro occhi brillano come quelli di uno zoologo che ha appena avvistato una balena.
Arriva il nostro grande giorno, siamo contente perchè abbiamo tanta nostalgia di ritornare esseri umani e non più contenitori, di dormire di nuovo a pancia sotto - ben presto ci renderemo conto che saremo sì a pancia sotto, ma di dormire non se ne parla. Ormai sappiamo tutto del parto, però nessuno ci ha spiegato quanto soffriamo, forse perchè appena vediamo il nostro frugoletto, i dolori sono svaniti. Non ha importanza che siamo sudate, con i capelli arruffati e al contrario dei film molto poco attraenti; tanto nostro marito è troppo occupato ad ammirare il suo bambino - che ridiventerà di nuovo nostro appena si mette a piangere o si sporca.
Il trionfale ritorno a casa dura in media fino alla prima notte, quando il trionfo si trasforma nell'immane fatica di doversi alzare a tutte le ore perchè il nostro piccolo tiranno è purtroppo nato senza orologio al polso. Il tanto orgoglioso papà, prima di rigirarsi nel letto, bofonchia di aver bisogno di riposo per affrontare la sua giornata di lavoro.
Dato che l'uomo è un animale abitudinario, la nostra guerra tra pannolini e poppate, nonchè i normali lavori casalinghi diventano presto routine. Per fortuna amiamo i nostri bambini alla follia, altrimenti tutte le isole deserte del mondo sarebbero affollate di madri in fuga.
Assistiamo estasiati ai progressi del nostro principino: il primo sorriso, il primo dentino, la prima minestrina con il cucchiaio - e Mamma e Papà si sciolgono e si prostrano davanti alle meraviglie della vita. Ma... arriviamo ai primi passi: lì le cose cambiano. Il piccolo angelo si trasforma in un diavoletto; alla sua intraprendenza mancano i freni. Quella decina di chili si trasforma in una valanga distruttrice e la nostra schiena in pezzettini. Da questo momento in poi non c'è più sosta nello sviluppo del nostro erede. Le prime parole balbettate si raffinano, diventano frasi ed iniziano a esprimere la propria volontà, che non sempre coincide con la nostra.
Le ansie, compagne fedeli di ogni madre, crescono con l'età del bimbo, o avete già dimenticato il primo giorno dell'asilo? Non vediamo l'ora di riacquistare un pò di libertà, accompagniamo il bambino a scuola, torniamo a casa e che facciamo? Niente, perchè passiamo le poche ore della loro assenza a tormentarci con il pensiero che fuori dalla nostra protezione il nostro bene più prezioso possa essere colpito da mille sventure.
Comunque, superato il primo ostacolo iniziamo a fantasticare sul futuro del nostro bambino. Sarà un grande avvocato, un famoso chirurgo, un nuovo Michelangelo. Lui, magari, vorrebbe fare il pompiere o il macchinista dei treni. Il nostro sogno continua fino che la maestra non ci comunica che questo bambino proprio non si sa esprimere - la lampadina sull'immagine dell'avvocato fa clic e si spegne. Alla vista del sangue sul suo ditino tagliato incomincia a urlare - e la lampadina sul chirurgo fa clic. Rimane sempre Michelangelo, finchè non ci accorgiamo che in terza media i suoi disegni sono ancora al livello dell'asilo. Rassegnate, pensiamo che l'importante sia che cresca sano e onesto. Dentro di noi continuiamo a coltivare i nostri sogni, ma siamo abbastanza prudenti a non esternarli più.
I primi anni della loro vita noi genitori godiamo comunque di uno stato invidiabile: anche se contestati per i nostri "no", il nostro erede ci mette su un piedistallo, non c'è niente di più valido di un genitore. Ma aspetta che cresca - il piedistallo prima vacilla e poi si sgretola. Non ho ancora capito se sono davvero così peggiorata, oppure se mio figlio ha scoperto le mie debolezze. Fatto sta che le contestazioni aumentano e con esse si sgretolano le nostre sicurezze. Il mio dolce tesoro si erge su di me come un angelo vendicatore. Se siamo fortunate, le cose migliorano quando il figlio ha raggiunto l'età della ragione, altrimenti aspetteremo che sarà lui ad imboccarci e cambiarci i pannolini.
È sorprendente che dopo tutto quello che ci fa passare il nostro bambino abbiamo pure il coraggio di fare il bis - o per caso il buon Dio è stato tanto furbo di munire il nostro cervello di un cancellino? La seconda volta, in ogni caso, le cose migliorano, siamo più esperte a cambiare pannolini... per il resto riviviamo le stesse emozioni!
Visto che convoli a giuste nozze, ti ho voluto avvisare per tempo. Così non potrai accusarmi di non avertelo detto. A proposito, quando pensi di regalarmi un nipotino? Ho sentito dire che fare la nonna sia uno spasso. E sì, perchè le nonne godono di una speciale immunità, non quella diplomatica ma piuttosto quella degli stolti: si possono permettere di eliminare la parolina "no" dal loro vocabolario e permettere al nipotino tutto ciò che hanno sempre vietato al figlio.

Madri - promemoria...

Ischia... mon doleur

Viaggio a Venezia

Lettera di Mariella

La suocera














































































ISCHIA, MON... DOLEUR                 
di Annemarie Lenz
Che le persone che mi hanno tanto decantato Ischia non fossero giovani mi è tornato in mente solo molto più tardi. Avevamo pochi giorni di vacanze a disposizione, e insieme a mio marito ho deciso di scoprire questa isola. Lungo l'autostrada per Napoli uno scroscio di pioggia ci stava ricordando che ormai era ottobre e non potevamo illuderci troppo di fare una vacanza estiva. Ma già al molo di Pozzuoli il sole faceva la parte del leone e il porto di Ischia ci accolse in tutto il suo splendore.
Il nostro albergo sovrastava il porto di Casamicciola e la nostra stanza, pardon il nostro appartamento, accanto alla piscina, era immerso in un pergolato lussureggiante, dominato da un albero di limoni carico di frutti. Come inizio non era male. Visto che per la cena mancava ancora un bel pò di tempo, era d'obbligo una prima passeggiata nel paese. L'albergatore ci consegnò una chiavetta e ci indicò la via più diretta per arrivare in paese - sette rampe di scale dove trovammo una porta e quindi una ripida discesa di un centinaio di metri. era veramente comodo... all'andata. Dopo una prima passata davanti ai negozi almeno mio marito era contento: non c'era nulla che avrebbe potuto mettere in pericolo il suo portafogli. Il ritorno in albergo era abbastanza impegnativo, ma eravamo in ottima compagnia: un folto gruppo di ospiti dello stesso albergo sbuffava almeno quanto noi. E lì che mi accorsi che non eravamo capitati in un posto per giovani. L'età media degli ospiti era sui settant'anni. Logicamente con i miei non ancora sessanta mi sentivo quasi adolescente e quindi non persi tempo a mi tuffai in piscina. Era così invitante con il suo bel colore azzurro, con gli idromassaggi e tutte le splendide piante intorno - ma purtroppo non faceva parte delle piscine ad acqua calda per le quali Ischia è tanto famosa. Per non perdere la faccia davanti ai "vecchietti" curiosi mi dimostrai estasiata davanti ai getti d'acqua e resistetti fino che gli spettatori se ne erano andati. Già quasi congelata guadagnai la scaletta, afferrai con mano incerta il mio accappatoio e con passo marziale, dovuto all'insensibilità delle mie gambe mi diressi verso il nostro bagno, dove una lunga, calda doccia mi riportò in vita. chi sa perchè mio marito aveva quel sorriso ironico? Lui, furbo, aveva mandato la sua moglie credulona in avanscoperta e intanto si leggeva il suo giornale al calduccio del sole. La mia esperienza aveva come conseguenza un discreto mal di schiena per il resto delle vacanze e un netto rifiuto da parte del mio sposo di andare in una delle terme. Mi vendicai facendolo camminare tanto. La nostra macchina restava parcheggiata davanti all'albergo e noi prendevamo l'autobus per visitare l'isola. Scendevamo ogni volta che qualcosa ci attirava e finivamo per farci buona parte dell'isola a piedi. Il concerto serale di ahi e ohi per dolori ai piedi, gambe e schiena si stava perfezionando man mano che passavano i giorni, ma senza accorgerci eravamo diventati scalatori provetti di ripide salite e sette rampe di scale.


VIAGGIO A VENEZIA
di Annemarie Lenz 
                
Mancano due giorni alla grande avventura … alcuni giorni con due amiche d’infanzia nella città dei miei sogni. Ci sono voluti otto anni per realizzare questo viaggio, progettato quando eravamo cinquantenni; beh…. Venezia vedrà tre ragazze un po’ attempate ma sicuramente piene di voglia di divertirsi e scoprire ogni angolo di questo luogo meraviglioso.
Le ferrovie ci hanno già fatto il primo regalo rinunciando allo sciopero; con un po’ di fortuna anche il meteorologo ci darà buone notizie.
E’ già notte quando il treno scarica i passeggeri alla stazione di Santa Lucia a Venezia. Riconoscerò le mie due amiche che non vedo da tanti anni? Avanzo in mezzo a tanta gente quando vedo le due "ragazze", magari un po’ appesantite, magari con qualche ruga in più e anche qualche filo d’argento nei capelli, ma sono loro e mi sento proiettata indietro di tanti anni quando giocavamo nelle vie del nostro quartiere a Berna. Ci abbracciamo con un grande slancio di entusiasmo e ancora prima di uscire dalla stazione hanno inizio le chiacchiere che non cesseranno più fino alla nostra partenza.
Il primo passo è l’acquisto del biglietto per i vaporetti e poi via a bordo del vaporetto numero 1 che ci porta attraverso il Canal Grande a Piazza San Marco. La notte è limpida e le tante luci si rispecchiano nell’acqua. Ormai il flusso turistico che imperversa tutto il giorno si è diradato e l’immensa piazza ci si presenta davanti in tutto il suo splendore. Notiamo qualche piccola pozzanghera in mezzo alla piazza, ma non le diamo peso. Ci preme di più entrare nel famoso Caffè Florian e prenderci un caffè di benvenuto. Ammiriamo quel ambiente così fuori tempo e ci sentiamo anche un po’ intimidite; cosa che ci passa al momento del conto che quasi ci fa pensare che in fondo volevamo solo bere qualcosa non comprare tutto il Caffè. Uscendo ci troviamo davanti ad una piazza semiallagata con degli zampilli da ogni tombino: assistiamo al fenomeno dell’acqua alta e ben presto ci tocca camminare sulle passerelle di legno. Ormai è ora di andare in albergo e prendiamo il vaporetto che ci porta alla Giudecca. Anche lì servono le passerelle, ma il nostro albergo si trova all’interno e le passerelle non ci sono più. Con tutti i nostri bagagli sguazziamo nell’acqua.
Con tutta la stanchezza le nostre chiacchiere non finiscono mai: troppi anni da raccontare e troppi ricordi da rievocare. Verso le due la prima non risponde più e finalmente è giunta l’ora del riposo, che durerà ben poco, visto che alle sette di mattina incominciano i lavori in un cantiere vicino. Poco male, mi vesto e faccio la mia prima passeggiata nei dintorni, scopro degli angoli incantevoli e un custode assonnato mi fa entrare nella chiesa di S. Trovaso. Al ritorno trovo le due signore in procinto di uscire dalla camera e ci avviamo alla colazione. Finalmente siamo pronte a affrontare la lunga e stancante giornate per i campi e rii, i canali e le isole di Venezia. Ogni volta che le nostre gambe accennano ad entrare in sciopero prendiamo un vaporetto e ci riposiamo fino al prossimo approdo. La giornata è bellissima, e noi ce la mettiamo tutta per non tralasciare nulla. Nel pomeriggio ci facciamo traghettare all’isola di Burano dove ammiriamo i famosi merletti e, avendo tutt’e tre figlie in età da marito ci facciamo qualche pensierino sull’acquisto di un corredo; ma come quasi tutte le cose a Venezia anche i merletti costano troppo. Ci accontentiamo di guardarli e decidiamo di scegliere i rispettivi corredi in luoghi più modesti.Tornate nei paraggi di Piazza San Marco, ci viene voglia di assistere ad un concerto di Vivaldi e Corelli, ma al botteghino ci informano che si tratta di un quartetto: beh, per tenerci sveglie dopo la maratona della giornata, ci vuole almeno una grande orchestra, e quindi decidiamo di cercare un ristorante per la cena. La nostra scelta non è delle più felici, ma ci si accontenta, anche perché reclamare stanca troppo. Per fortuna siamo già nei paraggi del nostro albergo e l’ultimo pezzo di strada e breve. Il letto è piacevole, ma le nostre bocche non sono ancora stanche, e così i nostri racconti vanno allegramente avanti fino a notte inoltrata.
Il giorno dopo sono come al solito la più mattiniera e faccio la mia passeggiata, e così scopro che nelle vicinanze del nostro alloggio si trova l’ultimo cantiere di gondole di Venezia. Al bar bevo il mio primo caffè e acquisto i cornetti per le mie amiche. Anche oggi ci rinforziamo con una bella colazione per affrontare le bellezza di Venezia. Oggi fa fresco e la visita alla Basilica della Salute, oltre ad essere interessante, ci fa anche leggermente congelare. Il resto della mattinata lo trascorriamo andando a zonzo per la Giudecca. Annelis, la nostra artista, impazzisce per i negozi di maschere e credo che non abbiamo perso neanche uno. Tra tutti vicoli arriviamo alla Stazione dove a malincuore facciamo la prenotazione per il ritorno a casa di domani. Per riposarci un po’ prendiamo il vaporetto che ci porta a Murano. Dopo la quinta vetrina di manufatti di vetro sentiamo il bisogno di vedere cose diverse e ci imbarchiamo per fermarci a San Michele, il cimitero di Venezia. Purtroppo lo troviamo chiuso, ma c’è una simpatica panchina al sole che ci sembra quasi meglio della visita alle tombe.
Il vaporetto questa volta ci porta direttamente dalle parti nostre e oggi scegliamo meglio la trattoria. Optiamo per un bel piatto di spaghetti e decidiamo di andare a prendere il dessert a Lido. Ma il Lido è già addormentato, e con il nostro palato deluso ritorniamo a San Marco, convinte di trovare mille torte…… errore, se le torte ci sono stanno dietro porte chiuse, perché la città serenissima alle dieci e mezza di sera chiude i battenti. Con la voglia di dolce insoddisfatta riusciamo a prendere il traghetto notturno che ci porta per metà della laguna prima di scaricarci alla Giudecca. Anche quest’oggi ci perdiamo in chiacchiere prima del meritato riposo. Tre giorni sono tanto pochi per raccontare una vita.
Ultimo giorno! Perché le cose belle finiscono così in fretta? Una volta fatta la colazione e preparati i bagagli ci rimane poco tempo per gustare i scampoli di questa vacanza. Prendiamo il vaporetto che ci porta lungo il Canal Grande e salutiamo i palazzi e i ponti. Le mie amiche partono prima di me. Ci promettiamo di ripetere l’incontro al più presto, magari in un altro posto.
Sono rimasta sola con la mia valigetta e giro i dintorni della Stazione. Perché adesso la città mi sembra meno luminosa, mi assale una grande malinconia? Per un momento ho rivissuto la mia infanzia, la spensieratezza che solo un bambino può avere, e non è facile tornare al presente e riprendermi il mio fardello di esperienze e di età sulle spalle.   
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Care compagne della terza età
di Mariella V.

Sono una di voi. Mi chiamo Mariella ed ho già la bella età di 60 anni che ho festeggiato con ben 10 incontri per il pranzo nella mia piccola casa.
I miei legami affettivi, ormai sono soltanto gli amici e le mie gioiose attività culturali e non.
Vi dico questo, perché ho perso le persone a me più care, ma non mi sono lasciata andare al rimpianto, anzi loro ora sono più che mai partecipi alla mia gioia di fare, dare, avere, conoscere ed incontrare.
Questa mia terza primavera, mi ha regalato la capacità di dedicare tutto il mio tempo a frequentare corsi interessanti in varie Università che dedicano a noi i loro programmi. Ho incontrato persone affascinanti, incuranti del tempo pesante o meno dietro le loro spalle.  Ho avuto l’opportunità di allargare le mie conoscenze culturali, grazie a delle persone preziose che hanno nel loro cuore la grande capacità di donare a noi la loro immensa cultura. L’umiltà affabile degli insegnanti, mi ha regalato l’emozione gioiosa di sentire che la vita scorre ancora intensa e che mi è data ancora la possibilità di dire… DOMANI FARO’.
Vorrei che questo mio scritto, sia un messaggio, per tutte coloro che non si sono accorte di avere ancora tante possibilità di arricchire la propria esistenza di esperienze e di emozionanti avvenimenti.
Un ideale caloroso abbraccio da una compagna felice di poter vivere la sua terza primavera.                                               Mariella
Intervista della redattrice

LA SUOCERA 
di Annemarie Lenz
Aiuto! Sto diventando suocera. Non capisco perché in una lingua così dolce e melodica si debba trovare una parola che già di per se non promette niente di buono: suocera.  Assomiglia ad un temporale, un grugnito, ha un suono vagamente sinistro. Aggiungiamo tutte le barzellette che si fanno intorno alla suocera, ed eccoci, autentici mostri!
Premetto che non ho fatto niente per diventare suocera; i miei figli hanno trovato i loro compagni senza il mio intervento. Ho dato loro piena libertà di movimento, non ho mai preteso di accompagnarli nelle loro uscite. Una volta fatte le loro scelte ho contribuito a sfamare e coccolare la fidanzata ed il fidanzato. Ed ecco come mi ricompensano – mi fanno diventare suocera! Mi vengono dei dubbi; e se fosse anche colpa mia se siamo a questo punto? Quel dolce al cioccolato che piace tanto a Francesco e anche a Pasqualina, non è che magari l'ho fatto troppo spesso? Per caso mi sono dimostrata troppo accogliente nei loro confronti, così si sono sentiti a loro agio? Vista la situazione, cerco di adottare questi intrusi e far loro da mamma; ma loro la mamma già ce l'hanno e non ne cercano un'altra. Un campanellino nel mio cervello suona sempre più forte: anche io ho una suocera e non la trovo per niente antipatica, solo non ho mai voluto essere sua figlia. Mi sono accontentata di prendere suo figlio. Eh sì, cara mia, è proprio questo che vogliono i fidanzati – prendere il figlio o la figlia senza doversi sobbarcare anche Mammà. Sic transit gloria mundi!
Mi conviene mettermi il cuore in pace e fare buon viso a cattivo (?) gioco, cedere il mio scettro ed i miei poteri. Non dovrò cedere anche i manicaretti, tanto torneranno a mangiarli qui – e come torneranno! Dovrei solo che gioire, perché insieme ai miei pargoli questi fidanzati si porteranno via anche i cattivi umori, le cattive abitudini e tutti i panni sporchi. Alla fine ci guadagno, ma attenti futuri genero e nuora, se maltrattate i miei pupi, conoscerete una vera disgrazia – la più perfida delle suocere!