GildaNavarri,
malinconica quindicenne, se ne stava
dietro i vetri della sua bella camera di signorina
altolocata, guardando la pioggia cadere su quella piazza di paese
che non offriva nessuno svago e pensava a quanto le era stato
difficile ottenere il permesso di partecipare alla festa di
compleanno di Mariuccia, sua compagna di banco, nell'Istituto di
suore che entrambe frequentavano.
Mariuccia pareva sempre contenta, eppure, orfana dei genitori, era
vissuta sempre con la sorella più grande, vivendo dei proventi
della merceria materna, una semplice esistenza che a lei sembrava
bastare.
Al confronto, Gilda, avrebbe dovuto sentirsi molto privilegiata. Ma
non era così a causa di una madre di nobile famiglia che sentiva
ancora il retaggio del suo rango e, malgrado i tempi fossero mutati,
l'occasione per far pesare la sua autorità dispotica
con tutti, non mancava mai. La voce autoritaria della
signora, metteva a tutti tanta apprensione.
Anche a sua figlia non risparmiava aspre rampogne e non
le concedeva svaghi, facendola sentire costantemente in stato
di soggezione. Questo era potuto accadere perché il marito,
diplomatico sempre in viaggio, le aveva lasciato il compito di
educare a suo modo la loro unica figlia. Per questo alla giovanetta
era stata costata fatica carpirle il permesso di partecipare alla
festa di compleanno dell'amica. Il fatto era che sua madre aveva
molta stima delle sue merciaie che conosceva dall'infanzia e non
voleva che poi in classe, un suo diniego , fosse stato commentato
sfavorevolmente.
Il giorno atteso, alfine , giunse e figurarsi con quale batticuore
Gilda
si presentò alla festosa riunione e a tutti fu evidente la
timidezza della ricca signorina che, per la prima volta, appariva ad
una festa di giovani.
Per la verità, una riunione molto modesta, ma dove l'allegria non
faceva difetto e dove amici avevano portati altri amici perché la
vecchia casa delle merciaie che sorgeva appena fuori l'abitato, era
molto spaziosa e c'era posto per ballare spensieratamente.
Gilda, dopo aver consegnata la collana che aveva portata in dono
alla festeggiata e salutate
le compagne che conosceva, si tenne in disparte perché non
sapeva ballare. Di questo approfittò uno dei giovani presenti che
le offrì da bere e, con un fare ardito, quasi la trascinò al
centro del salone, dicendo allegramente: " Ad
una ragazza così bella tutti sarebbero felici di insegnare i
primi passi e siccome io sono il più esperto questo compito tocca a
me."
E i balli si susseguirono uno dopo l'altro. Gilda che alle
parole rivoltele era avvampata, non ebbe la prontezza di spiccicare
un rifiuto e, sgomentata da tanta spavalderia da parte di uno
sconosciuto che nessuno le aveva presentato, si lasciò trascinare,
coinvolta dalla musica che superava ogni voce e, pian piano si
sciolse, tra le braccia del suo primo corteggiatore.
Sul finire della serata il giovanotto che l'aveva fatta
bere in continuazione, tra un ballo e l'altro, si ritrovò
accanto una ragazza divertita, spensierata e disinvolta e fu assai
contento di essersi dedicato soltanto a lei e lusingato nel
vederla euforica e, forse un po’brilla, si offrì di
riaccompagnarla a casa con la sua automobile e non fu affatto
sorpreso di vederla così accondiscendente e fiduciosa.
Fortunatamenta la signora Navarri stava leggendo a letto quando sua
figlia rientrò e ci fu tra loro un rapido saluto dall'uscio, senza
troppe domande cosicché sua
figlia, accusando la stanchezza, si defilò immediatamente
nella sua stanza. Fantasticando su quella serata insolita che le
aveva recato gioia e turbamento,
restò insonne fino all'alba e nel levarsi accusò un forte
mal di capo che le durò per alcuni giorni.
Gilda si sentiva fra le nuvole perché non riusciva a mettere
a fuoco perfettamente le sue sensazioni e, fra le novità che le
erano accadute, capì di aver fatto qualcosa che non doveva e la
cosa più grave fu che, dello sconosciuto cavaliere che era riuscito
a soggiogarla, non conosceva neppure il nome.
Lo chiese a Mariuccia, ma neppure lei sapeva chi fosse perché degli
amici avevano condotto alla sua festa altri loro amici e lei non
conosceva tutti. "Stai tranquilla - le disse . m'informerò e
te lo farò sapere. Poi, nel vederla in stato di agitazione, continuò:
Dopotutto, avremo modo di rivederlo, non ti pare? Come mai ti ha
colpito così tanto?
Quello, mi era sembrato molto più grande di noi e tu hai ci
hai fatto subito coppia fissa. Non capisco cosa ci hai
trovato!"
Dalla sua amica però non ebbe alcuna spiegazione e pensò che fosse
soltanto curiosa di conoscere il suo nome. Poco alla volta , la
ragazza cominciò a rifiutare il cibo e la madre che la vedeva
stanca e svogliata la rimproverava perché credeva che volesse
intraprendere una dieta dimagrante.
"Cos'è questa
novità di non mangiare? Vuoi far concorrenza alle
indossatrici allampanate delle passerelle di moda?
Se vai avanti così ti ammalerai , sciocca che non sei
altro!"
Gilda che in silenzio piangeva, si sentiva sola e tradita, ma ancora
sperava che se fosse riuscita a rintracciare il giovanotto di quella
serata, molte cose le si sarebbero chiarite, ma
Mariuccia che se ne stava interessando, non
riusciva ancora a conoscerne l'identità. Intanto erano
passate tre settimane dalla euforica serata e, a scuola, si stava
sotto esami.
Sarebbe finito così anche il triennio trascorso nell'Istituto
religioso, le classi si sarebbero sciolte e, ogni allieva promossa,
avrebbe seguito orientamenti diversi. Dopo la promozione, Gilda
avrebbe dovuto decidere quale nuova scuola
frequentare ed era quasi scontato che i suoi l'avrebbero
messa in un Convitto lontano da casa
perché sua madre aveva in mente , per il suo futuro, qualche
facoltà universitaria.
Sua figlia avrebbe seguito i suoi consigli, non doveva esservi alcun
dubbio.
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Questo era ciò che pensava l' aristocratica donna per
l'avvenire della sua unica
figlia. L'amica
Mariuccia , invece, sapeva già di dover lasciare gli studi perché
doveva necessariamente inserirsi
nel mondo del lavoro. La sorella si era già informata presso
la filanda della vicina frazione.
Era scontato, comunque, che diversi indirizzi
avrebbero diviso le strade delle due ragazze, ponendo fine
alla loro amicizia scolastica. Era trascorso diverso tempo dalla
festa quando a Mariuccia
fu dato conoscere delle notizie approssimative sullo
sconosciuto che aveva fatto coppia con l'amica. Mariuccia era
riuscita a sapere , però, soltanto il nome. Anzi , il soprannome cl
quale era conosciuto dai compagni di allegrie.
Il Gitano
e un numero telefonico che faceva riferimento al vicino
capoluogo fu l'informazione che giunse anche a
Gilda. Più volte l'interessata digitò quel numero, senza
avere risposta e quando, finalmente, potè ascoltare la voce di
colui che ricordava come una persona disponibile e premurosa, rimase
costernata nell'udire ciò che gli andava dicendo con tono nervoso e
quasi beffardo:
Chi era che lo cercava?
Ballava con tante ragazzacce alle feste in cui si recava che
gli era impossibile ricordarsi di qualcuna. Che voleva infine? Lui
non voleva essere più seccato … Anzi , doveva
scordarsi del tutto il
suo
numero di telefono…Per il suo bene e per quello della sua
famiglia, le consigliava di non importunarlo mai più. Le ultime
parole le pronunziò con voce stridula e cattiva che ferirono fino
all'anima la povera ragazza che , da quel momento, cadde in una
prostrazione profonda della quale sua madre non capiva la
motivazione, tanto che decise di chiamare il loro medico per capire
che male avesse sua figlia che non mangiava più ed era sempre
pallida e spossata.
Il responso non fu di malattia e per la nobildonna, così severa e
rigida , fu come una scudisciata: "Mia figlia incinta? Come è
stato possibile, con l'educazione che le ho dato?"
Gilda a monosillabi e rossa di vergogna ammise che qualcosa era
accaduto la sera della festa, quando brilla e confusa , uno
sconosciuto aveva approfittato della sua ingenuità. La madre
furibonda, non ebbe scuse per la sua sciagurata figlia e l'unico suo
pensiero fu quello di trovare un sistema per soffocare lo scandalo
che sarebbe ricaduto sulla loro famiglia.
"Un
nipote bastardo non lo accetterò mai ! Almeno si sappia chi è il
padre".
Di fronte al mutismo ostinato di sua figlia che piangeva e non
parlava, si sentì in dovere di agire a suo modo, facendole presente
che era indegna di essere sua figlia e che l'unico modo per
lavare l'onta, era quello di abortire. A questa prospettiva la
povera Gilda si sentì ancora più peccatrice e, per la prima volta,
si ribellò all'iniziativa materna affrontandola con parole mature:
"Mamma, preferirei prima uccidermi che rinunciare a questa
creatura! E' vero che sono stata sciocca e ingenua. Me ne vergogno e
ti chiedo di perdonarmi, ma questo bimbo non ha nessuna colpa, lo
voglio e deve nascere. Aiutami in questo momento perché ne ho
bisogno…Per l'avvenire ti prometto che imparerò a diventare una
vera madre e ti sarò sempre riconoscente per l'aiuto che mi
darai".
Si sentiva piena di coraggio nel pronunziare queste parole, ma il
suo cuore doveva ricevere ancora un' altra, inaspettata, prova.
Colpita dalla veemenza di questa figlia caparbia e sprovveduta, la
madre escogitò un altro piano: la creatura della colpa sarebbe
nata, ma lontano dalla sua casa, predisponendo tutto in modo che la
cosa restasse segreta, salvando così la famiglia dallo scandalo e
l'indegna figlia, dalle chiacchiere del paese.
Sua figlia fu costretta ad accettare le decisioni materne perché
non era in condizioni di opporsi e dovette prepararsi ad una
reclusione inaspettata in un lontano convento di religiose, abituate
a certi compromessi, per restarvi il tempo necessario. Fu in quel
luogo che nacque
il piccolo Alberto, subito affidato ad una balia
che dopo averlo allattato , lo crebbe fino all'età scolare,
ricevendo, tramite banca, gli assegni per il suo mantenimento.
Da un anonimo tutore fu internato in un Convitto che ne curò
l'istruzione fino ai 18 anni . Il ragazzo dimostrò ben presto molto
interesse per il mare, quasi per contrasto all'essere vissuto
sempre rinchiuso e, senza sapere mai chi nascostamente lo aiutava,
ebbe la possibilità di fare studi nautici fino a che fu in grado di
provvedere a sé stesso ed immettersi nella società, divenendo un
provetto subacqueo la cui opera veniva richiesta sempre più spesso
per compiere imprese difficili e pericolose riportate dai giornali
con articoli ammirati
e pieni di lodi per il giovane e coraggioso Alberto. Nel
compiere un ultimo, spericolato salvataggio di alcuni naviganti su
di una imbarcazione in fiamme, fu ripreso dai telegiornali che lo
intervistò poi, ferito, in una clinica.
L'indomani del suo ricovero in clinica,
Alberto fu sorpreso di ricevere un fascio di rose rosse con
la scritta: "Da chi ti ama tanto", ma senza una firma. Un
amico presente lo schernì dicendo che le sue fans non lo perdevano
mai d'occhio e pure con la gamba ferita e in tiraggio, trovavano il
modo per inviargli omaggi. Ma né lui né Alberto potevano
immaginare che la sua più grande fans era non altri che la madre da
lui creduta morta alla sua nascita.
Proprio Gilda che, sganciatasi dall'oppressione della famiglia, si
era costruita una vita di lavoro, espiando il suo peccato in
solitudine, con l'unico scopo di provvedere in incognito alle
necessità di quel figlio, suo unico bene del quale era orgogliosa
anche se non aveva mai potuto godere dei suoi baci e delle sue
carezze e solo con quel fascio di rose volle farle giungere il
profumo del suo amore materno protettivo ed eterno.
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