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SPORT DI RIFLESSO

Il nostro giornale

CALCIATORE MUORE: SALTA LA SEMIFINALE DI COPPA ITALIA
UN SEGNALE DI SOLIDARIETA’
di Giuseppe Trabace
Forse se lo aspettavano in pochi il gesto di solidarietà dei giocatori della squadre di calcio del Brescia e del Parma. Era il 23 gennaio e si doveva giocare la semifinale di Coppa italia tra le due squadre sul campo di Brescia. Per entrambe , afflitte da un campionato finora deludente, una vittoria in questo torneo avrebbe potuto significare il riscatto. Sono le 17,30,i giocatori entrano in campo con la voglia di vincere ad ogni costo. Improvvisamente il coro dei tifosi locali li accoglie al grido di: “vergognatevi!” Stupefatti si guardano negli occhi. Pur abituati alle intemperanze dei loro sostenitori non comprendono dove quelle urla vogliano andare a parare. Poi…un nuovo assordante coro che scandisce il nome di Vittorio Mero. La triste verità si fa strada. E’ il nome di un giocatore  del Brescia che per squalifica non è stato convocato per la partita.  Affannosamente i giocatori del Brescia chiedono notizie agli accompagnatori della squadra e in pochi attimi sanno tutto. Mero ,a soli 27 anni, ha perso la vita quel pomeriggio per un pauroso incidente stradale. Il primo a sapere di quella funesta notizia è il capitano del Brescia Roberto  Baggio. L’occhio della telecamera inquadra il grande campione, pallone d’oro nel 1993, che resta quasi di sasso. Dopo pochi secondi scaglia sul prato del campo di gioco i guanti e si avvia, col viso solcato dalle lacrime, verso le scalette che portano allo spogliatoio.   Gli altri giocatori del Brescia lo seguono affranti ed ,infine, mestamente anche i calciatori della squadra del Parma abbandonano il campo di gioco. I dirigenti delle due compagini  sapevano tutto prima che  le due compagini entrassero sul campo di gioco. Si erano sentiti in dovere di non avvertire i protagonisti della partita perché, come si suol dire, lo spettacolo deve continuare.
I dettagli di questa cronaca  sono utili per riflettere su come i messaggi che ci giungono dai mass media sono spesso a senso unico. Nel caso specifico  il mondo del calcio è descritto da alcuni mezzi di informazione  in modo nettamente  negativo. Le società di calcio puntano tutto sugli incassi , sui proventi della pubblicità e e delle televisioni pubbliche e private. I calciatori, gli allenatori e tutti gli altri addetti ai lavori sfruttano la situazione ed ottengono contratti miliardari. I tifosi più accesi sono pronti a compiere le azioni più nefande purchè la squadra del cuore prevalga a qualsiasi costo. Quanto è avvenuto a Brescia è andato controcorrente. Quei giocatori, anche quelli più celebri, quasi per istinto, sono fuggiti dalla prigione di quel mondo  dorato in cui vivono ed hanno riscoperto il dolore per la vita spezzata di un amico e collega.  I tifosi della squadra in cui militava Mero hanno reagito senza esitazioni, hanno dimenticato la partita e sono stati parte attiva a che quella partita non si giocasse. L’arbitro, sfidando le astratte norme del regolamento, non ha battuto ciglio e la partita è stata rinviata. La società del Brescia non ha avuto la stessa nettezza di comportamenti e, forse, ha fatto prevalere la logica del profitto.
Un episodio, infine, non secondario che ha dato testimonianza che anche nelle attività in cui il Dio denaro la fa da padrone a volte può accendersi una scintilla che riscatta l’uomo dal suo vivere la quotidianità nelle maglie dell’individualismo e dell’egoismo.

Scompare Peppino Prisco
Vice Presidente dell'Inter
 

MORTE DI UN TIFOSO ALLEGRO
di Giuseppe Trabace
Improvvisamente in questo gelido dicembre è scomparso a Milano  Peppino Prisco,80 anni, avvocato di grido, vice presidente nonchè tifoso sfegatato del club calcistico dell’Inter.
Un uomo del tutto originale nel modo di vivere la sua “malattia” di tifoso fedele alla sua squadra da 70 anni. L’imparzialità non era il suo forte e se ne vantava con animus di guascone. Suoi nemici giurati, vittime dei suoi strali, le squadre del concittadino Milan e della “prepotente” Juventus. La diversità di questo personaggio consisteva nel suo sfuggire da tutti quegli atteggiamenti scalmanati, torvi, presuntuosi, e non vogliamo dire violenti, di tanti tifosi del nostro calcio. Il suo istinto di indomito “partigiano” della sua squadra lo portava ad utilizzare contro le altre odiate compagini calcistiche le armi del suo consumato mestiere di brillante avvocato :la battuta fulminante, l’ironia, ora sottile ora pesante, la beffa ridanciana. La sua intelligenza di dirigente calcistico di vecchia data lo portava, certo a malincuore, a riconoscere pubblicamente, con trasparente autoironia, gli errori e le pecche della sua stessa squadra. Un modo poco italiano di muoversi nel mondo del pallone che gli aveva procurato, anche per la sue fortunate partecipazioni in qualità di ospite alle più importanti trasmissioni televisive sul calcio, popolarità e consensi dai tifosi delle squadre avversarie.
Un uomo di sport è venuto a mancare, un uomo di parte ma leale, allegro, non livoroso e soprattutto non inquinato dai veleni di un mondo del pallone sempre più competitivo nel senso peggiore del termine. Ricordiamolo con rispetto.


Un segnale di solidarietà

  Morte di Peppino Prisco