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LA
VASCA
di Mimma Anello
Erano passati molti anni e desiderai tornare ancora una volta alla casa
natia, ricordata sempre con grande nostalgia.
Appena arrivata volli subito andare a vedere il mio amato giardino, dove
avevo trascorso parte della mia fanciullezza scorazzando per i viali.
Alcuni alberi erano stati tolti, quelli rimasti si erano ingranditi e
rinfoltiti.
Mentre percorrevo i vialetti del giardino sfioravo leggermente con la mano
la siepe di mirto, le sue foglie piccole e brillanti, al tocco della mia
mano, emanavano un odore delizioso.
Allungai il passo, presa dall’ansia di rivedere la grande vasca e
specchiarmi ancora una volta nelle sue acque.
La vasca era stata la meta della mia infanzia, e giovinezza, perché mi
piaceva guardare il mio viso che si rifletteva nell’acqua, a quella
immagine confidavo i miei desideri, le mie speranze, le mie amarezze.
Purtroppo una grande delusione mi aspettava, i miei nipoti l’avevano
tolta e al suo posto c’era ora un grande gazebo con panche e tavolini. |
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Con molta tristezza ritornai sui miei passi e mi sedetti nella poltrona
della veranda. Chiusi gli occhi pervasa da grande stanchezza e sconforto
mi addormentai, sognai: mi rividi bambina a sei anni con il solito nastro
a fiocco in testa che mi specchiavo nell’acqua della vasca, poi mi
allontanavo e aprendo le braccia come le ali di una farfalla, percorrendo
i vialetti del giardino cantavo: “volo.. volo… volo..”.
“Andrò lontano …. lontano… Chissà dove… chissà dove….chissà…
dove…!”
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In questo racconto l'autrice sorprende
perchè l'inizio mai lascerebbe intuire lo svolgimento del racconto e si
dimostra perciò di una modernità unica. Ci sorprende quando, a lettura
già avanzata, abbina personaggi, anch'essi di favola, ad un racconto già
incamminato sul rigo del suo pentagramma. Li abbina, li rimescola e noi,
conoscendola, stiamo al gioco fino al finale stratosferico e immaginifico,
assolutamente inatteso e che ci ridona il sorriso quasi dell'infanzia. Un
sentimento che avevamo dimenticato. Mimma sei unica! Sorprendici ancora e
facci volare con i tuoi personaggi!
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Ancora...
ancora... Pinocchio
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Pinocchio
uscì dalla casa di Geppetto con l’intenzione seria di andare a scuola e
mettersi d’impegno a studiare; voleva ricompensare suo padre dei sacrifici
fatti.
Per strada
incontrò dei compagni che cominciarono a circuirlo invitandolo persino a
vendere l’abbecedario ed andare al giardino pubblico del paese vicino,
dove c’era un circo con vari e molti giochi. A scuola ci sarebbe andato in
un giorno di pioggia quando non si può stare per strada. Proprio quel
giorno il cielo era splendente l’aria era tiepida gli uccelli volavano
felici e liberi per il cielo, non era proprio il caso di andarsi a
rinchiudere in un aula con un maestro uggioso, pesante pronto a mettere
cattivi voti e dare castighi.
Pinocchio si
convinse, vendette il libro ed andò con i compagni a divertirsi, ma ben
presto i soldi finirono e l’allegra brigata ora con una scusa e poi con
un’altra lo lasciarono. Pinocchio si trovò solo lontano da casa, perdette
l’orientamento e camminando a vanvera si trovò in un bosco. Ad un tratto
da lontano notò una figurina con qualcosa di rosso in testa che si muoveva
in mezzo agli arbusti, subito la riconobbe: era Cappuccetto Rosso. Cominciò
a chiamarla e rincorrerla, infine si abbracciarono lieti del bellissimo
incontro. Cappuccetto Rosso raccontò
che stava andando dalla nonna, ma aveva paura di incontrare il lupo.
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Pinocchio
la convince a non andare “è meglio in certi casi evitare il peggio…”
e recarsi altrove.
La poverina plagiata da Pinocchio lo segue, dopo un po’ di strada
incontrarono Biancaneve, fuggita perché stanca di stare sempre con quei
brontoloni dei sette nani, molto precisi, puntuali e pignoli.
Pinocchio la invitò a unirsi a loro e così schiamazzando e giocando a
rimpiattino tra gli alberi alla fine arrivarono ad un grande spiazzo dove
c’era una nave spaziale pronta per un giro turistico per i vari sistemi
planetari; profittando della bellissima opportunità, decisero
d’imbarcarsi.
Fu un viaggio bellissimo, dallo spazio vedevano la Terra che si allontanava,
pianeti e satelliti che giravano intorno al sole, ogni tanto si fermavano
per i rifornimenti di carburante ed in alcuni presero l’occasione per fare
delle escursioni.
Trovarono
alcuni pianeti freddi pieni di ghiaccio, altri troppo caldi, alcuni deserti
tal altri con alti monti invalicabili con crateri in eruzione o meno e poi
mari tempestosi o tranquilli. Un giorno arrivati su una cometa con una
chioma lunghissima, fatta d’oro e brillanti cominciano a divertirsi per
molto tempo, a salire e scendere da quella coda come da uno scivolo del luna
park.
Pinocchio, novello Ulisse, era un insaziabile curioso, voleva vedere sempre
tutto, si era dimenticato completamente della terra natìa.
Cappuccetto
Rosso a lungo andare cominciò a dare in smanie e piangere perché aveva
nostalgia di casa, ai suoi gemiti si associò ben presto Biancaneve.
Pinocchio anche se di legno aveva un cuore tenero e sensibile, capì lo
struggente desiderio delle sue amichette, pur se non ne condivideva le idee.
Rimuginava che doveva ricominciare a sentire i rimbrotti, le paternali
morali del grillo parlante, con la stessa conclusione di una brutta fine se
avesse continuato ad essere disubbidiente e non volere studiare. Pensava con
rimorso alla povera fatina dai capelli turchini che era morta di crepacuore
perché l’aveva delusa, ed ancora Geppetto abbandonato e vecchio.
A
ricordare tutto ciò il tormento era cocente, avrebbe voluto piangere
volentieri per sfogarsi, ma non una lacrima uscì dai suoi occhi, perché
era un burattino e questi non possono farlo. Per la disperazione desiderava
tirasi i capelli, ma erano dipinti sulla sua testa di legno e non poteva
afferrarli, così si mise in un angolo triste demoralizzato, pronto a
ritornare al pianeta natio.
Quando
arrivarono sulla Terra erano passati parecchi millenni e questa ora era
abitata da robot i quali sbalorditi guardarono lo strano terzetto. Stimarono
Pinocchio un essere intermedio tra gli umani ed i novelli robot, mentre
Cappuccetto Rosso e Biancaneve furono considerate appartenenti ai primissimi
umanoidi e li portarono al museo preistorico per una esposizione
sull’antiquariato, riscuotendo un grandissimo successo.
Per
chi vuole andare a vedere sono ancora là in bella…… mostra!
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Quando ci prende la commozione cosa facciamo?
E quando questa commozione è partecipazione,
condivisione, comprensione verso le sofferenze
e i cambiamenti inavvertiti e dovuti all'età? Da "quassù"
vediamo tutto meglio, come abitare all'ultimo piano
di un palazzo alto-alto-alto.Se ci sporgiamo troppo
però, c'è pericolo di cadere. Torniamo indietro
scendiamo le scale e a fatica condividiamo il piano inferiore
con qualche altro inquilino che ci guarda
come se fossimo scesi da... Marte.Noi invece siamo terrestri
ma soprattutto siamo giovani solo che loro non lo sanno.
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Sempre giovani
Luigi
era uscito per tempo da casa, perché era stato invitato dalla figlia.
Camminava per le strade ed osservava che il suo piede talvolta non era
stabile, sicuramente ciò era dovuto al fondo stradale non tanto regolare.
Mentre faceva queste considerazioni guardava avanti e notava che i
cartelloni e le insegne dei negozi da un po’ di tempo a questa parte erano
diventati poco leggibili. Usavano caratteri piccoli, pensava tra se,
avrebbero potuto scrivere in maniera più evidente, ma forse stavano
introducendo nuove usanze e stili.
Continuò il suo andare, ad un tratto cominciò a sentire un dolore alla
schiena, si fermò un attimo con la scusa di guardare la vetrina di un
negozio e passò una mano sul dorso, miracolosamente il malessere dopo un
poco passò. Osservò che questo era dovuto all’umidità dell’aria
all’effetto serra e al buco nell’ozono, di conseguenza il clima era
mutato e non veniva più rispettato l’ordine delle stagioni.
Ad un tratto vide venire incontro un suo amico quasi coetaneo, che non
vedeva da tempo, tutto imbacuccato con un viso sofferente.
Lo fermò e domandò se fosse stato
male, ma l’amico pur avendolo riconosciuto e facendogli tanta festa per il
fortuito incontro non rispose alla sua domanda, come se non avesse udito ed
invece si congratulò per il suo aspetto giovanile e gli fece tanti auguri
di rimanere sempre “in gamba”.
Luigi lo salutò mettendogli
affettuosamente una mano sulla spalla e sembrò che il suo amico vacillasse
al suo tocco.
Cercò di accelerare il passo quanto poteva, perché si ricordò di essere
atteso per il pranzo e non voleva presentarsi tardi. Giunse al caseggiato
della figlia e volle fare le scale a piedi, solo perché doveva andare al
primo piano e non c’era bisogno di prendere l’ascensore, avrebbe perduto
più tempo.
Iniziò a salire, ma si rese conto che doveva alzare le gambe più del
solito, la colpa era dei moderni costruttori che da un po’ di tempo
facevano gradini più alti: com’era cambiato tutto!
Arrivò alla porta di casa della figlia in verità un po’ stanco, bussò,
gli venne ad aprire Cecilia la nipotina decenne che allargando le braccia
gli disse: “ nonno…nonno…nonno caro…auguri”.
Luigi affaticato, non sentì
chiaramente e non capì bene, si chinò l’abbracciò e rispose: “cosa
dici tesoro mio, cosa dici?...”, allora Cecilia gli gridò all’orecchio,
“auguri nonno….auguri…oggi compi ….ottantasette anni!”.
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