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Nel dedicare un'intera pagina a Mimma Anello, vorremmo, leggendo tra le righe dei suoi racconti, tentare di "intercettarli", ove possibile.
Prima però dobbiamo confessarci: Mimma è per noi un'amica di vecchia data, non proprio dai banchi di scuola ma... quasi, vero Mimma? Dire di iniziare appena ora a conoscerla è un'inesattezza. Intercetteremo perciò i suoi racconti, fantastici in apparenza, quasi con cognizione di fatto perchè il mondo fantastico e affabulatore di Mimma è un mondo che già conosciamo.

Ancora... ancora... Pinocchio
Sempre giovani

Il racconto "La vasca" è una vera e propria allegoria dei sentimenti che a volte pervadono l'esistenza lanciata al di là dei sogni giovanili, in un futuro che fa la parte dell'asso pigliatutto. Se ne lamentava anche il grande Leopardi, ce ne lamentiamo noi, piccoli umani dell'era tecnologica che abbiamo quasi tutto ma non possediamo nulla. Ed allora dove se ne vanno i pensieri? A sognare a sognare, nel tentativo di riappropriarsi del... tempo perduto.



LA VASCA
di Mimma Anello

Erano passati molti anni e desiderai tornare ancora una volta alla casa natia, ricordata sempre con grande nostalgia.
Appena arrivata volli subito andare a vedere il mio amato giardino, dove avevo trascorso parte della mia fanciullezza scorazzando per i viali. Alcuni alberi erano stati tolti, quelli rimasti si erano ingranditi e rinfoltiti.
Mentre percorrevo i vialetti del giardino sfioravo leggermente con la mano la siepe di mirto, le sue foglie piccole e brillanti, al tocco della mia mano, emanavano un odore delizioso.
Allungai il passo, presa dall’ansia di rivedere la grande vasca e specchiarmi ancora una volta nelle sue acque.
La vasca era stata la meta della mia infanzia, e giovinezza, perché mi piaceva guardare il mio viso che si rifletteva nell’acqua, a quella immagine confidavo i miei desideri, le mie speranze, le mie amarezze.
Purtroppo una grande delusione mi aspettava, i miei nipoti l’avevano tolta e al suo posto c’era ora un grande gazebo con panche e tavolini.

Con molta tristezza ritornai sui miei passi e mi sedetti nella poltrona della veranda. Chiusi gli occhi pervasa da grande stanchezza e sconforto mi addormentai, sognai: mi rividi bambina a sei anni con il solito nastro a fiocco in testa che mi specchiavo nell’acqua della vasca, poi mi allontanavo e aprendo le braccia come le ali di una farfalla, percorrendo i vialetti del giardino cantavo: “volo.. volo… volo..”.
“Andrò lontano …. lontano… Chissà dove… chissà dove….chissà… dove…!”

 


In questo racconto l'autrice sorprende perchè l'inizio mai lascerebbe intuire lo svolgimento del racconto e si dimostra perciò di una modernità unica. Ci sorprende quando, a lettura già avanzata, abbina personaggi, anch'essi di favola, ad un racconto già incamminato sul rigo del suo pentagramma. Li abbina, li rimescola e noi, conoscendola, stiamo al gioco fino al finale stratosferico e immaginifico, assolutamente inatteso e che ci ridona il sorriso quasi dell'infanzia. Un sentimento che avevamo dimenticato. Mimma sei unica! Sorprendici ancora e facci volare con i tuoi personaggi!

Ancora... ancora... Pinocchio

Pinocchio uscì dalla casa di Geppetto con l’intenzione seria di andare a scuola e mettersi d’impegno a studiare; voleva ricompensare suo padre dei sacrifici fatti.
Per strada incontrò dei compagni che cominciarono a circuirlo invitandolo persino a vendere l’abbecedario ed andare al giardino pubblico del paese vicino, dove c’era un circo con vari e molti giochi. A scuola ci sarebbe andato in un giorno di pioggia quando non si può stare per strada. Proprio quel giorno il cielo era splendente l’aria era tiepida gli uccelli volavano felici e liberi per il cielo, non era proprio il caso di andarsi a rinchiudere in un aula con un maestro uggioso, pesante pronto a mettere cattivi voti e dare castighi.
Pinocchio si convinse, vendette il libro ed andò con i compagni a divertirsi, ma ben presto i soldi finirono e l’allegra brigata ora con una scusa e poi con un’altra lo lasciarono. Pinocchio si trovò solo lontano da casa, perdette l’orientamento e camminando a vanvera si trovò in un bosco. Ad un tratto da lontano notò una figurina con qualcosa di rosso in testa che si muoveva in mezzo agli arbusti, subito la riconobbe: era Cappuccetto Rosso. Cominciò a chiamarla e rincorrerla, infine si abbracciarono lieti del bellissimo incontro. Cappuccetto Rosso raccontò che stava andando dalla nonna, ma aveva paura di incontrare il lupo.

Pinocchio la convince a non andare “è meglio in certi casi evitare il peggio…” e recarsi altrove.
La poverina plagiata da Pinocchio lo segue, dopo un po’ di strada incontrarono Biancaneve, fuggita perché stanca di stare sempre con quei brontoloni dei sette nani, molto precisi, puntuali e pignoli.
Pinocchio la invitò a unirsi a loro e così schiamazzando e giocando a rimpiattino tra gli alberi alla fine arrivarono ad un grande spiazzo dove c’era una nave spaziale pronta per un giro turistico per i vari sistemi planetari; profittando della bellissima opportunità, decisero d’imbarcarsi.
Fu un viaggio bellissimo, dallo spazio vedevano la Terra che si allontanava, pianeti e satelliti che giravano intorno al sole, ogni tanto si fermavano per i rifornimenti di carburante ed in alcuni presero l’occasione per fare delle escursioni.
Trovarono alcuni pianeti freddi pieni di ghiaccio, altri troppo caldi, alcuni deserti tal altri con alti monti invalicabili con crateri in eruzione o meno e poi mari tempestosi o tranquilli. Un giorno arrivati su una cometa con una chioma lunghissima, fatta d’oro e brillanti cominciano a divertirsi per molto tempo, a salire e scendere da quella coda come da uno scivolo del luna park.
Pinocchio, novello Ulisse, era un insaziabile curioso, voleva vedere sempre tutto, si era dimenticato completamente della terra natìa.
Cappuccetto Rosso a lungo andare cominciò a dare in smanie e piangere perché aveva nostalgia di casa, ai suoi gemiti si associò ben presto Biancaneve. Pinocchio anche se di legno aveva un cuore tenero e sensibile, capì lo struggente desiderio delle sue amichette, pur se non ne condivideva le idee. Rimuginava che doveva ricominciare a sentire i rimbrotti, le paternali morali del grillo parlante, con la stessa conclusione di una brutta fine se avesse continuato ad essere disubbidiente e non volere studiare. Pensava con rimorso alla povera fatina dai capelli turchini che era morta di crepacuore perché l’aveva delusa, ed ancora Geppetto abbandonato e vecchio.
A ricordare tutto ciò il tormento era cocente, avrebbe voluto piangere volentieri per sfogarsi, ma non una lacrima uscì dai suoi occhi, perché era un burattino e questi non possono farlo. Per la disperazione desiderava tirasi i capelli, ma erano dipinti sulla sua testa di legno e non poteva afferrarli, così si mise in un angolo triste demoralizzato, pronto a ritornare al pianeta natio.
Quando arrivarono sulla Terra erano passati parecchi millenni e questa ora era abitata da robot i quali sbalorditi guardarono lo strano terzetto. Stimarono Pinocchio un essere intermedio tra gli umani ed i novelli robot, mentre Cappuccetto Rosso e Biancaneve furono considerate appartenenti ai primissimi umanoidi e li portarono al museo preistorico per una esposizione sull’antiquariato, riscuotendo un grandissimo successo.
Per chi vuole andare a vedere sono ancora là in bella…… mostra!



Quando ci prende la commozione cosa facciamo?
E quando questa commozione è partecipazione,
condivisione, comprensione verso le sofferenze
e i cambiamenti inavvertiti e dovuti all'età? Da "quassù"
vediamo tutto meglio, come abitare all'ultimo piano
di un palazzo alto-alto-alto.Se ci sporgiamo troppo
però, c'è pericolo di cadere. Torniamo indietro
scendiamo le scale e a fatica condividiamo il piano inferiore
con qualche altro inquilino che ci guarda
come se fossimo scesi da... Marte.Noi invece siamo terrestri
ma soprattutto siamo giovani solo che loro non lo sanno.


Sempre giovani

 

Luigi era uscito per tempo da casa, perché era stato invitato dalla figlia.
Camminava per le strade ed osservava che il suo piede talvolta non era stabile, sicuramente ciò era dovuto al fondo stradale non tanto regolare.
Mentre faceva queste considerazioni guardava avanti e notava che i cartelloni e le insegne dei negozi da un po’ di tempo a questa parte erano diventati poco leggibili. Usavano caratteri piccoli, pensava tra se, avrebbero potuto scrivere in maniera più evidente, ma forse stavano introducendo nuove usanze e stili.
Continuò il suo andare, ad un tratto cominciò a sentire un dolore alla schiena, si fermò un attimo con la scusa di guardare la vetrina di un negozio e passò una mano sul dorso, miracolosamente il malessere dopo un poco passò. Osservò che questo era dovuto all’umidità dell’aria all’effetto serra e al buco nell’ozono, di conseguenza il clima era mutato e non veniva più rispettato l’ordine delle stagioni.
Ad un tratto vide venire incontro un suo amico quasi coetaneo, che non vedeva da tempo, tutto imbacuccato con un viso sofferente.
Lo fermò e domandò se fosse stato male, ma l’amico pur avendolo riconosciuto e facendogli tanta festa per il fortuito incontro non rispose alla sua domanda, come se non avesse udito ed invece si congratulò per il suo aspetto giovanile e gli fece tanti auguri di rimanere sempre “in gamba”.
Luigi lo salutò mettendogli affettuosamente una mano sulla spalla e sembrò che il suo amico vacillasse al suo tocco.
Cercò di accelerare il passo quanto poteva, perché si ricordò di essere atteso per il pranzo e non voleva presentarsi tardi. Giunse al caseggiato della figlia e volle fare le scale a piedi, solo perché doveva andare al primo piano e non c’era bisogno di prendere l’ascensore, avrebbe perduto più tempo.
Iniziò a salire, ma si rese conto che doveva alzare le gambe più del solito, la colpa era dei moderni costruttori che da un po’ di tempo facevano gradini più alti: com’era cambiato tutto!
Arrivò alla porta di casa della figlia in verità un po’ stanco, bussò, gli venne ad aprire Cecilia la nipotina decenne che allargando le braccia gli disse: “ nonno…nonno…nonno caro…auguri”.
Luigi affaticato, non  sentì chiaramente e non capì bene, si chinò l’abbracciò e rispose: “cosa dici tesoro mio, cosa dici?...”, allora Cecilia gli gridò all’orecchio, “auguri nonno….auguri…oggi compi ….ottantasette anni!”.