Un Natale piccolo, piccolo |
di Giuseppe Trabace |
Erano i giorni di Natale. L’atmosfera era rarefatta, pioggia e vento la facevano da padroni. La gente camminava frettolosa per le vie di quel paese antico della bassa Toscana. Luca, impiegato alle poste di 45 anni, si soffermava a guardare le poche vetrine illuminate. Le pasticcerie che offrivano dolci tipici e torroni non l’attiravano più di tanto, di vestiti e roba simile non aveva punto bisogno, quegli alberi di Natale di cartapesta gli dava fastidio vederli. La sua attenzione si concentrava invece su quei negozi dove in bella mostra erano esposti oggetti in legno. Erano opere di artigianato ma saltava agli occhi l’amore con cui erano state create. L’uomo accarezzava con lo sguardo quelle piccole anfore, quei gatti dallo sguardo furbo, quei Pinocchi stancamente sdraiati sul dorso. Non si stancava di osservarli a lungo e finì per attirare l’attenzione di un negoziante che affacciatosi sulla porta del negozio con voce un po’ stridula
Luca si schermì, disse che non aveva quattrini per poterli acquistare ma il padrone della bottega ribattè che non importava, che la sua soddisfazione era quella di mostrare gli oggetti più belli del suo esercizio. L’uomo si convinse, entrò circospetto, si addentrò in alcune salette dove accatastati vi erano centinaia di opere, si soffermò su ciò che gli sembrava più interessante. Ecco una bella testa di vecchio contadino con il viso solcato da rughe profonde che potevano significare- non sempre purtroppo……- equilibrio e saggezza. Però, poter avere quel padre che non aveva mai avuto, una persona che gli desse un fiato di conforto nelle spesso complicate vicende della vita di ogni giorno. Una paperella vezzosa dal lungo becco lo divertì. Pensava a quelle ridanciane colleghe di ufficio che si credevano tanto furbe, salvo poi cascare nelle braccia accoglienti del primo giovane impomatato incontrato per caso in una discoteca. Lo attrasse quel pastorello intorno ai dieci anni colto nell’atto di coprirsi il viso col mano sinistra, forse per un improvviso bagliore. Un velo di malinconia gli attraversò il volto. Quell’espressione ingenua del ragazzo gli ricordava suo figlio Mario, lontano da tanti anni per il suo matrimonio infelice, impossibile da ricostruire. Chissà se l’esistenza di Mario era serena come quella che l’artista aveva composta per quel fanciullo di legno. Continuò a muoversi in quel luogo che ora gli pareva magico. Quanti cavallini o buffi pagliacci ! D’un tratto nascosta da una pesante finta fisarmonica intravide una Madonnina alta non più di 30 centimetri. La prese tra le mani gelide, la fattura del mantello che la ricopriva era rozza, eseguita senza particolare impegno. Quello che lo colpì era quel volto dall’espressione dolcissima, ammaliante. La testa era leggermente piegata dandogli l’impressione che la madre di Cristo volgesse uno sguardo amorevole intenso e irripetibile verso il suo bambinello posato sulla mangiatoia. Era la sua fantasia che lavorava, quella mangiatoia non c’era e non c’era nemmeno il divino neonato. Rimase affascinato a rimirarla. Lo scosse la voce rauca del proprietario della bottega
Luca pagò in silenzio e si trovò per strada ancora preso. Tornò subito nella sua casa solitaria, si svestì velocemente e aprì con ansia quel pacchetto. La osservò attentamente con una lampada, vide una certa somiglianza del volto della statuetta con quello della sua povera madre scomparsa da oltre 10 anni. Quel volto intagliato nel legno esprimeva tutto l’amore di una madre per un figlio cui occorreva aiuto e comprensione senza limiti. Ora ricordava quei Natali della sua infanzia. Una piccola stanza disadorna in cui viveva poveramente assieme alla madre. Ci si riscaldava a fatica con un braciere, il cibo era modesto, solo un po’ di carne per la ricorrenza, il regalo era una trombetta dal suono stridulo. Eppure sua madre era lì, premurosa, pronta ad ascoltare le sue chiacchiere un po’ insulse e, prima di dormire trascorsa la mezzanotte di natività, quell’abbraccio che pareva non avesse mai fine. Sentì d’improvviso una voglia inarrestabile di parlare con suo figlio. L’ultima volta alla fine dell’estate la sua ex moglie aveva fatto delle storie per passargli al telefono Mario. Padre e figlio poi avevano parlato tra loro con evidente imbarazzo, lui non era nemmeno riuscito a dire al figlio che avrebbe gradito organizzare un vacanza assieme per una settimana. No, doveva telefonargli ! Fece il numero senza esitazioni anche se erano quasi le dieci di sera. Rispose la madre, il tono della sua voce era meno ostile del solito. Gli disse solo di non dilungarsi perché il ragazzo era in procinto di coricarsi. Si schiarì la voce
Mario era sorpreso, farfugliò
Subentrò la madre, gli spiegò che il figlio era tanto pallido, insomma a lei stava bene che lo portasse in vacanza, ma per non più di una settimana ! Luca era stanco, quella telefonata aveva avuto un esito felice, ma senza quella Madonnina che aveva posto sul comodino in camera da letto non avrebbe avuto la forza di uscire dalla sua depressione. Si coricò, quella notte sognò che correva sugli sci sulle piste innevate in compagnia del figlio che rideva senza soste. Sullo sfondo una chiesetta sommersa dalla neve, sul tetto una madonna in legno, tanto somigliante alla sua, che gli sorrideva con tanta dolcezza.
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