Cosa
sarebbe di noi se fossimo in grado solo di sapere come ci chiamiamo
e a quale famiglia apparteniamo ma non avessimo la facoltà di
ricordare altro, facendo diventare ogni istante vissuto evanescente
e irrintracciabile nella nostra memoria?
E se invece, al contrario, riuscissimo a ricordare ogni attimo della
nostra vita passata, felice o triste che sia stata, come se tutto
fosse accaduto pochi secondi prima?
Di sicuro, in entrambi i casi, non sarebbe una vita facile.
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Recentemente il New York Times ha portato alla conoscenza
dell’opinione pubblica un caso, considerato dai neurologi di tutto
il mondo, rarissimo.
Henry Gustav Molaison, morto da poco tempo nel Connecticut a 82
anni, era considerato l’”uomo che non poteva ricordare”.
Era a conoscenza del crack del ’29 e della Seconda Guerra Mondiale,
sapeva come si chiamava e che la sua famiglia veniva da Los Angeles
ma, per ben 55 anni, Henry ha vissuto ogni giorno come se
fosse
nuovo; il suo cervello non è stato più capace di immagazzinare
ricordi, memorie anche recenti e quindi ha vissuto una vita priva
dell’opportunità di raccogliere esperienze e di rivivere emozioni
passate.
Tutto è accaduto nel 1953, a 27 anni. Henry, dopo un trauma cranico
causato da una caduta dalla bicicletta, comincia a soffrire di
attacchi epilettici gravi e molto frequenti.
Naturalmente in quegli anni non si poteva disporre di Tac, risonanze
magnetiche e quant’altro in grado di osservare l’universo cerebrale
e non si conoscevano ancora i compiti che ogni area del cervello
avesse rispetto ad un’altra. Si pensava che la memoria fosse una
capacità allargata a tutto il cervello, per cui, quando i medici
decisero di asportare la porzione di tessuto nervoso ritenuto il
vero responsabile degli attacchi epilettici, iniziò un vero e
proprio calvario per Henry. La sua mente cancellò tutti i ricordi
personali e gli eventi degli anni trascorsi; divenne un caso clinico
per i neurologi di tutto il mondo, lo chiamavano H.M.. Non lo
lasciarono “vivere” neanche un solo giorno senza sottoporlo a
continui test che però non portavano da nessuna parte proprio
perché, ogni giorno, si doveva ricominciare dall’inizio.
Nel ‘62 gli studi su Henry stabilirono che una parte della sua
memoria fosse completamente intatta; di conseguenza si venne a
conoscenza che, in ogni individuo, esistono due tipi di memoria
fondamentali: uno riferito a nomi, volti, avvenimenti e nuove
esperienze archiviate e recuperate coscientemente; l’altro riferito
a tutto ciò che viene archiviato e utilizzato in modo inconscio,
come guidare o risalire in bici dopo tanto tempo e sapere
immediatamente cosa fare.
Un cervello fuori dal comune, quello di H.M., studiato per lunghi
anni e conservato con molta cura, dopo la morte, perché considerato
di importanza rilevante per la ricerca neurologica alla stregua di
quello di Einstein.
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Jill
Price, invece, è la prima persona a cui è stata diagnosticata una
“supermemoria”. A far conoscere lo “strano caso” è stato un famoso
neurobiologo, James McGaugh, a cui la donna ha chiesto aiuto.
Jill, una californiana di 43 anni, sin dall’età di 8 anni, vive la
sua quotidianità parallelamente nel presente e nel passato perché,
quest’ultimo, non le ha mai permesso di sbiadire i ricordi. Una
memoria incontrollabile, fatta di dati precisi e dettagli di tutti i
giorni da lei vissuti e tutti gli eventi dal 1974, anno di inizio di
questo suo “superpotere”, a oggi.
La sua memoria è stata ampiamente analizzata e sottoposta a test
neurologici e psicologici e l’unica conclusione è stata che Jill
ricorda anche quello che non vorrebbe, i frammenti del passato le si
presentano senza alcun richiamo meccanico, non usa trucchi per farsi
venire a mente un preciso evento e lei ha definito la sua memoria
come “un film che scorre ininterrottamente nel cervello”.
Ad esempio, quando le è stato chiesto “cosa è successo il 19 ottobre
1979?”, lei ha ricordato di essere tornata da scuola e di aver
mangiato la zuppa perché era una giornata particolarmente fredda.
Quel giorno, effettivamente, era nuvoloso e c’erano 19 gradi, valore
molto inferiore rispetto alla norma in California. Alla domanda “La
data del 16 agosto 1977 le dice qualcosa?”, lei, senza pensarci, ha
risposto che si trattava del giorno in cui era morto Elvis Presley.
Le è stato poi chiesto di scrivere tutte le date del giorno di
Pasqua dal 1980 al 2003; in 10 minuti le ha trascritte aggiungendo
anche cosa avesse fatto in ogni occasione.
Naturalmente
tutte le sue risposte sono state confrontate con i giornali
dell’epoca e con l’aiuto di un suo diario (che aveva dall’età di 10
anni), risultato ne è stato che tutto quanto da lei detto
corrisponde a verità.
Un fenomeno inspiegabile questo, che non deriva da episodi
scatenanti; Jill non ha mai subito traumi, ha avuto un’infanzia
felice, proviene da una famiglia normale. A 8 anni si è resa conto
di avere questa particolare memoria ma probabilmente si tratta di
una capacità che ha sempre avuto. E pensare che a scuola non andava
neanche tanto bene perché, sembra assurdo, ma lei è un soggetto che
presenta delle difficoltà nell’imparare a memoria numeri e parole.
In base a studi neurologici, si è scoperto che a presentare delle
differenze rispetto allo schema cerebrale di altre donne della sua
stessa età, sono due sue aree del cervello, quella responsabile
delle azioni abitudinarie e quella dove vengono archiviati
avvenimenti e date. L’obiettivo dei neuroscienziati è quello di
capire la relazione tra queste due aree e i meccanismi di
memorizzazione. Da studi psicologici fatti su di lei, invece, pare
sia affetta da comportamento ossessivo-compulsivo che potrebbe
essere la chiave di volta, visto che la donna da molti anni
colleziona tutto, tra cui bambole e canzoni registrate alla radio.
In realtà, a quanto dice il neurobiologo, si tratta di un soggetto
che non vuole essere “curato” perché, lo ammette anche Jill stessa,
i ricordi possono sì imprigionare ma lei a questo “potere” non ci
rinuncerebbe mai. Vuole solo essere aiutata a capire.
Dopo Jill Price sono uscite alla ribalta anche altre tre
“supermemorie”. Si tratta di tre uomini, obbligati a convivere con
ricordi sempre vivi ma che, a differenza della donna, sono più
sereni e per nulla preoccupati della loro condizione, il che farebbe
pensare a diversità significative tra i due sessi. Inoltre, tutti e
tre gli uomini sono mancini.
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Questo
superpotere si chiama “memoria autobiografica superiore”, una
incredibile abilità ma al contempo, possiamo dirlo, una condanna
perché nelle persone normali, la memoria è selettiva e legata alle
emozioni; ricordiamo quando vogliamo ricordare, quando abbiamo
stimoli visivi, uditivi o emotivi. Nei soggetti normali la memoria è
imperfetta, dettata dalle nozioni apprese ma anche dalle emozioni
che, in fase di ricostruzione di un ricordo, intervengono e
permettono di incamerare informazioni che spesso non corrispondono
esattamente a quanto vissuto, proprio perché intrise della nostra
parte emozionale.
Una sfera, quella della memoria, fragile se messa di fronte a
fattori che possono comprometterne la funzionalità, come l’abuso di
farmaci, l’alcoolismo, le droghe, alcune patologie che portano
all’indurimento delle arterie e quindi ad un peggioramento della
funzione cerebrale, traumi, tumori, lesioni vascolari che colpiscono
parti specifiche della memoria facendo dimenticare i volti o i nomi
delle cose.
Anche il passar del tempo influisce sulla memoria che tende
inesorabilmente a diminuire e dato che si tratta di un bene
prezioso, è necessario ravvivarla e rinforzarla con tecniche
individuali che possono andare dalla lettura ad alta voce e alla
ripetizione di quanto letto allo scrivere, o al fare le parole
crociate, dal dare spazio alla curiosità al cercare sempre nuovi
interessi.
Una
persona curiosa ha sicuramente più memoria. Persino i soggetti
affetti da Alzheimer (in forma lieve), con l’aiuto di esperti del
settore, riescono a far regredire la propria malattia attraverso la
musicoterapia, la danza terapia e il movimento aerobico quotidiano.
Di studi nel settore neurologico ne vengono fatti in continuazione.
Recentemente si è arrivati alla conclusione che la capacità di
apprendimento può essere migliorata stimolando la memoria: sono già
in atto esperimenti con una macchina della memoria in grado di
diffondere onde elettriche al cervello e sembra che i risultati
siano incoraggianti anche se il metodo risulta essere ancora
sperimentale.
Ma la scienza, come solitamente accade, va oltre... in un centro si
stanno facendo esperimenti per capire se la stimolazione data da
queste onde elettriche al cervello è in grado di influenzare anche
le scelte morali.
La scienza ha dimostrato più volte di essere l’antitesi della Fede
ma pensare che il cervello possa agire, da solo, sulle scelte morali
è allarmante. Si tratta di un processo alquanto discutibile che
escluderebbe la presenza dell’anima o ne diminuirebbe l’importanza;
considerazione insostenibile per noi cattolici che sappiamo quanto
il dare ascolto all’anima orienti la propria vita nel bene mentre
escluderla dalle nostre azioni porti alla estrema ragionevolezza,
alla staticità delle emozioni, all’agire soltanto in maniera
opportuna tralasciando di considerare cosa è bene e cosa è male.
Un processo che porterebbe a comportarsi solo pensando cosa
conviene e cosa no.
Immaginabile quindi che nella branca delle scienze neurologiche si
aprano degli scenari paragonabili a film fantastici, auguriamoci
però che non si rischi di abbattere, solo per il gusto di andare
oltre, quella che è la sfera etico-morale.
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