COME VIVERE UN PRESENTE CHE NON DIVENTA MAI PASSATO
O UN PASSATO CHE NON MUORE MAI…

VIAGGIO ALLE ESTREMITÀ DELLA MEMORIA

di Antonella Gasperoni

 

Cosa sarebbe di noi se fossimo in grado solo di sapere come ci chiamiamo e a quale famiglia apparteniamo ma non avessimo la facoltà di ricordare altro, facendo diventare ogni istante vissuto evanescente e irrintracciabile nella nostra memoria?
E se invece, al contrario, riuscissimo a ricordare ogni attimo della nostra vita passata, felice o triste che sia stata, come se tutto fosse accaduto pochi secondi prima?
Di sicuro, in entrambi i casi, non sarebbe una vita facile.
 

L’UOMO CHE NON POTEVA RICORDARE...
 

Recentemente il New York Times ha portato alla conoscenza dell’opinione pubblica un caso, considerato dai neurologi di tutto il mondo, rarissimo.
Henry Gustav Molaison, morto da poco tempo nel Connecticut a 82 anni, era considerato l’”uomo che non poteva ricordare”.
Era a conoscenza del crack del ’29 e della Seconda Guerra Mondiale, sapeva come si chiamava e che la sua famiglia veniva da Los Angeles ma, per ben 55 anni, Henry ha vissuto ogni giorno come se fosse nuovo; il suo cervello non è stato più capace di immagazzinare ricordi, memorie anche recenti e quindi ha vissuto una vita priva dell’opportunità di raccogliere esperienze e di rivivere emozioni passate.
Tutto è accaduto nel 1953, a 27 anni. Henry, dopo un trauma cranico causato da una caduta dalla bicicletta, comincia a soffrire di attacchi epilettici gravi e molto frequenti.
Naturalmente in quegli anni non si poteva disporre di Tac, risonanze magnetiche e quant’altro in grado di osservare l’universo cerebrale e non si conoscevano ancora i compiti che ogni area del cervello avesse rispetto ad un’altra. Si pensava che la memoria fosse una capacità allargata a tutto il cervello, per cui, quando i medici decisero di asportare la porzione di tessuto nervoso ritenuto il vero responsabile degli attacchi epilettici, iniziò un vero e proprio calvario per Henry. La sua mente cancellò tutti i ricordi personali e gli eventi degli anni trascorsi; divenne un caso clinico per i neurologi di tutto il mondo, lo chiamavano H.M.. Non lo lasciarono “vivere” neanche un solo giorno senza sottoporlo a continui test che però non portavano da nessuna parte proprio perché, ogni giorno, si doveva ricominciare dall’inizio.
Nel ‘62 gli studi su Henry stabilirono che una parte della sua memoria fosse completamente intatta; di conseguenza si venne a conoscenza che, in ogni individuo, esistono due tipi di memoria fondamentali: uno riferito a nomi, volti, avvenimenti e nuove esperienze archiviate e recuperate coscientemente; l’altro riferito a tutto ciò che viene archiviato e utilizzato in modo inconscio, come guidare o risalire in bici dopo tanto tempo e sapere immediatamente cosa fare.
Un cervello fuori dal comune, quello di H.M., studiato per lunghi anni e conservato con molta cura, dopo la morte, perché considerato di importanza rilevante per la ricerca neurologica alla stregua di quello di Einstein.

 

LA DONNA CHE NON PUÒ DIMENTICARE...
 

Jill Price, invece, è la prima persona a cui è stata diagnosticata una “supermemoria”. A far conoscere lo “strano caso” è stato un famoso neurobiologo, James McGaugh, a cui la donna ha chiesto aiuto.
Jill, una californiana di 43 anni, sin dall’età di 8 anni, vive la sua quotidianità parallelamente nel presente e nel passato perché, quest’ultimo, non le ha mai permesso di sbiadire i ricordi. Una memoria incontrollabile, fatta di dati precisi e dettagli di tutti i giorni da lei vissuti e tutti gli eventi dal 1974, anno di inizio di questo suo “superpotere”, a oggi.
La sua memoria è stata ampiamente analizzata e sottoposta a test neurologici e psicologici e l’unica conclusione è stata che Jill ricorda anche quello che non vorrebbe, i frammenti del passato le si presentano senza alcun richiamo meccanico, non usa trucchi per farsi venire a mente un preciso evento e lei ha definito la sua memoria come “un film che scorre ininterrottamente nel cervello”.
Ad esempio, quando le è stato chiesto “cosa è successo il 19 ottobre 1979?”, lei ha ricordato di essere tornata da scuola e di aver mangiato la zuppa perché era una giornata particolarmente fredda. Quel giorno, effettivamente, era nuvoloso e c’erano 19 gradi, valore molto inferiore rispetto alla norma in California. Alla domanda “La data del 16 agosto 1977 le dice qualcosa?”, lei, senza pensarci, ha risposto che si trattava del giorno in cui era morto Elvis Presley.
Le è stato poi chiesto di scrivere tutte le date del giorno di Pasqua dal 1980 al 2003; in 10 minuti le ha trascritte aggiungendo anche cosa avesse fatto in ogni occasione.
Naturalmente tutte le sue risposte sono state confrontate con i giornali dell’epoca e con l’aiuto di un suo diario (che aveva dall’età di 10 anni), risultato ne è stato che tutto quanto da lei detto corrisponde a verità.
Un fenomeno inspiegabile questo, che non deriva da episodi scatenanti; Jill non ha mai subito traumi, ha avuto un’infanzia felice, proviene da una famiglia normale. A 8 anni si è resa conto di avere questa particolare memoria ma probabilmente si tratta di una capacità che ha sempre avuto. E pensare che a scuola non andava neanche tanto bene perché, sembra assurdo, ma lei è un soggetto che presenta delle difficoltà nell’imparare a memoria numeri e parole.
In base a studi neurologici, si è scoperto che a presentare delle differenze rispetto allo schema cerebrale di altre donne della sua stessa età, sono due sue aree del cervello, quella responsabile delle azioni abitudinarie e quella dove vengono archiviati avvenimenti e date. L’obiettivo dei neuroscienziati è quello di capire la relazione tra queste due aree e i meccanismi di memorizzazione. Da studi psicologici fatti su di lei, invece, pare sia affetta da comportamento ossessivo-compulsivo che potrebbe essere la chiave di volta, visto che la donna da molti anni colleziona tutto, tra cui bambole e canzoni registrate alla radio.
In realtà, a quanto dice il neurobiologo, si tratta di un soggetto che non vuole essere “curato” perché, lo ammette anche Jill stessa, i ricordi possono sì imprigionare ma lei a questo “potere” non ci rinuncerebbe mai. Vuole solo essere aiutata a capire.
Dopo Jill Price sono uscite alla ribalta anche altre tre “supermemorie”. Si tratta di tre uomini, obbligati a convivere con ricordi sempre vivi ma che, a differenza della donna, sono più sereni e per nulla preoccupati della loro condizione, il che farebbe pensare a diversità significative tra i due sessi. Inoltre, tutti e tre gli uomini sono mancini.

 

CONCLUSIONE 
 

Questo superpotere si chiama “memoria autobiografica superiore”, una incredibile abilità ma al contempo, possiamo dirlo, una condanna perché nelle persone normali, la memoria è selettiva e legata alle emozioni; ricordiamo quando vogliamo ricordare, quando abbiamo stimoli visivi, uditivi o emotivi. Nei soggetti normali la memoria è imperfetta, dettata dalle nozioni apprese ma anche dalle emozioni che, in fase di ricostruzione di un ricordo, intervengono e permettono di incamerare informazioni che spesso non corrispondono esattamente a quanto vissuto, proprio perché intrise della nostra parte emozionale.
Una sfera, quella della memoria, fragile se messa di fronte a fattori che possono comprometterne la funzionalità, come l’abuso di farmaci, l’alcoolismo, le droghe, alcune patologie che portano all’indurimento delle arterie e quindi ad un peggioramento della funzione cerebrale, traumi, tumori, lesioni vascolari che colpiscono parti specifiche della memoria facendo dimenticare i volti o i nomi delle cose. 
Anche il passar del tempo influisce sulla memoria che tende inesorabilmente a diminuire e dato che si tratta di un bene prezioso, è necessario ravvivarla e rinforzarla con tecniche individuali che possono andare dalla lettura ad alta voce e alla ripetizione di quanto letto allo scrivere, o al fare le parole crociate, dal dare spazio alla curiosità al cercare sempre nuovi interessi.
Una persona curiosa ha sicuramente più memoria. Persino i soggetti affetti da Alzheimer (in forma lieve), con l’aiuto di esperti del settore, riescono a far regredire la propria malattia attraverso la musicoterapia, la danza terapia e il movimento aerobico quotidiano.
Di studi nel settore neurologico ne vengono fatti in continuazione. Recentemente si è arrivati alla conclusione che la capacità di apprendimento può essere migliorata stimolando la memoria: sono già in atto esperimenti con una macchina della memoria in grado di diffondere onde elettriche al cervello e sembra che i risultati siano incoraggianti anche se il metodo risulta essere ancora sperimentale.
Ma la scienza, come solitamente accade, va oltre... in un centro si stanno facendo esperimenti per capire se la stimolazione data da queste onde elettriche al cervello è in grado di influenzare anche le scelte morali.
La scienza ha dimostrato più volte di essere l’antitesi della Fede ma pensare che il cervello possa agire, da solo, sulle scelte morali è allarmante. Si tratta di un processo alquanto discutibile che escluderebbe la presenza dell’anima o ne diminuirebbe l’importanza; considerazione insostenibile per noi cattolici che sappiamo quanto il dare ascolto all’anima orienti la propria vita nel bene mentre escluderla dalle nostre azioni porti alla estrema ragionevolezza, alla staticità delle emozioni, all’agire soltanto in maniera opportuna tralasciando di considerare cosa è bene e cosa è male.
 Un processo che porterebbe a comportarsi solo pensando cosa conviene e cosa no.
Immaginabile quindi che nella branca delle scienze neurologiche si aprano degli scenari paragonabili a film fantastici, auguriamoci però che non si rischi di abbattere, solo per il gusto di andare oltre, quella che è la sfera etico-morale.