“ANCHE LIBERO VA BENE“ DI KIM ROSSI STUARTBAMBINI IN SOFFERENZA di Giuseppe Trabace |
L’infanzia, la prima
adolescenza, secondo una concezione tradizionale ed alquanto superata,
sarebbero periodi di giochi spensierati, di abbandono alla fantasia ad
ai sogni. Non è così purtroppo. Certo vi sono positività e momenti
lieti, ma, come tanta letteratura, a partire da Dickens, ci insegna
quei primi passi della vita sono anche segnati da paure e sofferenze,
soprattutto morali Questo lo spunto da cui il regista esordiente Kim
Rossi Stuart- - per altri versi già affermato e popolare attore- parte
per descrivere nel film “Anche libero va bene“ una complessa situazione
familiare dei nostri giorni.in una Roma un tantino cupa. La vicenda si dipana nei suoi drammatici sviluppi ma tutto ciò
che avviene è espresso attraverso le sensbilità, le pulsioni, lo
sguardo critico di un bambino di circa dieci anni chiamato Tommi. Lo
spunto è interessante ma non originale in quanto lo stesso tipo di
marchingegno era stato escogitato nel 1941 dal grande regista Vittorio
De Sica con il commovente film “I bambini ci guardano“. Ciò non toglie a
Rossi Stuart il merito di averci dato un film sincero e che, rifuggendo
da effetti di facile presa, riesce nell’impresa non facile di entrare
nei problemi di quel giovane essere umano. Kim Rossi Stuart ha diretto la sua opera prima con intensa partecipazione, descrivendoci una famiglia come tante che cerca in qualche modo di tirare avanti all’interno di una società in cui i valori impallidiscono e si fanno precari.. Il mondo di Tommi è raccontato con tocchi di sensibilità che raramente, in questo periodo, si incontrano nel cinema del nostro paese. La sceneggiatura della stesso regista e di Ferri, Starnone e Giammusso è complessivamente di buon livello anche se si nota qualche caduta di gusto e qualche ovvia convenzionalità quale la descrizione del mondo della scuola. La recitazione degli attori è di primo piano. Alessandro Morace impersona Tommi e ce ne da un ritratto convincente. Il suo volto, il suo modo di muoversi ricorda, con realismo lodevole, le incertezze e i tremori di un’età difficile in cui ci si scontra, forse per la prima volta, con le asprezze della vita. Il regista si riserva la parte del padre e, con indubbia sapienza recitativa, offre una sua lettura di un padre di oggi, dibattuto tra l’amore sincero per i suoi figli e il confronto conflittuale con un mondo esterno non amico. Barbora Bobulova, nel ruolo della madre, sceglie di recitare in modo elementare, un po’ scolastico, e pur tuttavia appare efficace nelle scene madri dei suoi tardivi pentimenti. Corretti gli altri interpreti. Un film, forse triste, ma da andare a vedere per le sue capacità di toccare le corde intime del nostro vivere. ……………………………………..
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