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Due uomini a confronto, due
personalità del tutto diverse che si misurano su un tema
drammatico che è, dopo decenni, in larga parte risolto e segna
drammaticamente la storia del Sud Africa. E’ il problema
dell’Apartheid in cui i neri venivano privati dalla popolazione
di pelle bianca di quasi tutti i dritti civili, in concreto
pesantemente discriminati da una minoranza spesso spietata. La
reazione degli oppressi, spesso incarcerati e brutalizzati,
assumeva aspetti di una violenza per certi versi inevitabile, il
che bastava agli oppressori per definire un po’ tutta la
componente nera come terrorista. Questo il contesto all’interno
del quale il regista Bille August ha scritto e diretto il film
“Il colore della libertà“. |
Siamo in Sud Africa nel 1968. La guardia carceraria James Gregory, con la
moglie Gloria e due figli piccoli, è – non solo per il suo lavoro- un
convinto assertore della supremazia della razza bianca cui appartiene.
L’uomo conosce perfettamente il dialetto dei neri, detto Xhosi, e riesce
indispensabile per i suoi superiori per rispondere alla necessità di
controllare il capo della rivolta Nelson Mandela. Il ribelle, fiero e
incorruttibile, è stato di recente incarcerato e la guardia è indispensabile
per comprendere i suoi scritti e le sue conversazioni in carcere con la
moglie. James è stimolato dalla moglie ad impegnarsi a fondo in questo non
facile lavoro in vista della tanto desiderata promozione ad ufficiale, ma
presto si renderà conto che quell’uomo è molto diverso da quel di terrorista
sanguinario che tanti strumentalmente gli hanno descritto. Con calma ed
equilibrio il carismatico Mandela fa comprendere a James l’ingiustizia
profonda dell’Apartheid e gli obiettivi del movimento di neri da lui
presieduto. Quella gente aspira in realtà alla nascita di un nuovo Sud
Africa all’interno del quale tutti quanti, bianchi e neri, siano liberi, in
possesso di identici diritti e pronti a collaborare in una reciproca
condizione di parità. Programma ambizioso ma perseguito con limpida
coerenza. La guardia è spiazzata, invano la moglie Gloria cerca di farlo
desistere da quella che sta divenendo una vera e propria conversione.
I tempi stanno lentamente cambiando, l’utopia di Mandela si afferma anche al
di fuori del suo paese, le nazioni europee premono, ricorrendo anche alle
sanzioni, a che cessino quelle discriminazioni.. Il rapporto tra guardia e
il leader assume aspetti evidenti di un reciproco rispetto. La carriera di
James subisce nei primi anni di una battuta d’arresto, non mancano dure
provocazioni da parte dei suoi increduli e torvi colleghi, poi la situazione
cambiata suggerisce alle autorità di non ostacolare un’amicizia tra i due che potrebbe alla fine ritornare utile. Nel
1990, dopo 27 anni di prigione, Mandela è liberato. James ne è felice, anche
lui, nel suo piccolo, ha dato un contributo alla pacificazione del suo
paese. Nel 1994 Mandela diverrà il primo presidente democraticamente eletto
in un Sud Africa che ha finalmente accantonato l’Apartheid.
L’ottica della storia è quella di James Gregory. A lui si deve il libro di
memorie da cui è tratto il film. Non risultano conferme sulla vera natura
del rapporto tra il biografo e Mandela. Questa l’ambiguità. di un’ opera
che, a parte la nobiltà delle tesi sostenute, appare, almeno in parte,
costruita in modo tale da rendere i due protagonisti come due icone.
Premessa doverosa per un film girato in Sud Africa e diretto con indubbia
abilità dall’esperto Bille August. I canoni sono in linea di massima quelli
del cinema commerciale ma in alcune scene particolarmente toccanti- vedasi
per tutte quella della liberazione di Mandela – si sente la partecipazione
emotiva del regista. e lo spettatore ne rimane coinvolto. Buona la resa
complessiva degli attori. Joseph Fiennes, nella parte si James, recita con
stile contenuto e trasmette al personaggio di per sé ambiguo una umanità a
volte dolente. Nel difficile ruolo dell’eroe Mandela Dennis Haysbert riesce
in alcune scene chiave a mostrarci un uomo incrollabile nei suoi principi ma
anche aperto alla partecipazione per i problemi degli altri.
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