(scheda) |
I
temi trattati sono tanti dal precariato nel lavoro, al razzismo
strisciante, alla rivendicazione dell’identità franco-araba, al
tema della famiglia- ufficiale e non – che interviene per
salvare la sua stessa sopravvivenza. Quello che risalta nella
visione del film è quella macchina da presa puntata sui volti
dei protagonisti. L’intento del regista è di scandagliare fino
all’estremo nei pensieri, nelle rabbie, nelle gioie, nelle
tensioni amorose di quei personaggi. Ne consegue uno studio
psicologico non sempre raffinato ma tutto sommato efficace nel
mostrarci quel tipo di realtà sociale senza peraltro trascurare
l’aspetto etnico. Il film non è esemplare. Talvolta quei
dialoghi serrati tra i protagonisti dello script appaiono troppo
tirati in lungo o i concetti espressi sono eccessivamente
urlati fino a provocare insofferenza nello spettatore. Difetti
originati dalla giovane età del regista? Forse, non mancherà
all’ambizioso Kechiche l’occasione di dimostrare in futuro
progressi nel suo modo di fare cinema.
Gli attori, quasi tutti non professionisti, sono scelti con
accuratezza sempre seguendo l ‘intento fortemente realistico
sposato dal regista. Recitazione con toni alti – talvolta
eccessivi- cui quasi tutti gli attori aderiscono con sincera
partecipazione. Spicca il volto della bravissima Hefsia Herzi
nel ruolo d i Rym. Con spontaneità tratteggia un tipo di giovane
donna che sente nel suo intimo il diritto di avere, purchessia,
un padre. Nella parte finale del film gioca con incredibile
virtuosismo la carta della danza del ventre. Non sarà facile
dimenticare, nel corso della sua esibizione, le movenze sinuose
che sprizzano sensualità senza indulgere a gratuite volgarità.
Alla Mostra del Cinema di Venezia 2007 la Herzi è stata
insignita del premio "Mastroianni" quale migliore attrice
esordiente.
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Cos’è il
cous cous ? E’ quel notissimo piatto della tradizione araba composto dai
grani, dalla muggine e da svariati tipi di pesce. Questa è la risposta ovvia
ma Abdellatif Kechiche, regista del film “Cous cous “, ce ne dà una
spiegazione singolare chiarendo che questo cibo "è la rappresentazione di
un’identità, quella della famiglia francese,di origine maghrebina, non solo
un piatto ma piuttosto qualcosa che unisce e non divide". Il contesto in cui
si svolge la trama del film è la descrizione realistica, mai astratta, della
vita in territorio francese di immigrati del Maghreb che tutto sommato, pur
attraversati da tante difficoltà, ce l’hanno fatta ma non possono
dimenticare le loro origini che possono essere rappresentate dal cibo,dai
costumi, dal sesso e via continuando.
Beij,
un arabo di sessant’anni, vive da molto tempo a Sete nei pressi di Marsiglia
e, dopo tanti anni di duro lavoro nel cantiere navale del porto, viene
licenziato come un ferro vecchio. L’uomo, taciturno ma dotato della
sensibilità degli umili, non vuole desistere perché, anche se divorziato da
molti anni, non vuole allontanarsi dai figli ormai grandi. Il suo rifugio è
una misera stanza in un alberguccio la cui proprietaria è la sua fedele
amante. La persona che gli è più vicina e che lo ama come un padre è Rym la
figlia giovanissima della sua amante. I figli lo apprezzano, lo difendono
dalle critiche della ex moglie ma hanno i loro problemi esistenziali e non
gli sono abbastanza vicini. Beij si rifugia in un sogno che lui vuole
fermamente trasformare in realtà. E’ sua intenzione aprire un ristorante a
conduzione familiare sul porto utilizzando un vecchio peschereccio in
disuso. I soldi della sua liquidazione sono scarsi, comincia il suo calvario
tra banche e uffici pubblici per reperire fondi ed ottenere le tante
autorizzazioni necessarie. E’aiutato dalla dolce e determinata Rym ma non ce
la può fare. Come ultima chance, dopo avere ristrutturato con il convinto
aiuto materiale dei figli maschi, il peschereccio, Beij decide di invitare
le persone importanti di Sete per offrire loro un pranzo in cui troneggerà
il famoso piatto arabo del cous cous, di cui la moglie divorziata è maestra
nella sua preparazione. E un modo per convincere quelle persone a
finanziarlo ma è anche la prova che i suoi parenti gli sono vicini anche
nella prospettiva di una vita migliore per tutti loro. Dopo una preparazione
febbrile giunge la sera del pranzo e gli invitati arrivano in massa. Essi
sono ammirati dall’ambiente così ben rifinito e apprezzano le prime pietanze
– tutte rigorosamente arabe - che vengono loro servite. D’un tratto
l’imprevisto. Proprio il cous cous, già preparato presso la sua abitazione
dalla ex moglie, non viene più trovato per la sventatezza di uno dei figli.
Beij si vede cadere il mondo addosso anche perché gli invitati iniziano a
lamentarsi per il forte ritardo nel servire il cous cous. Il pover’uomo
corre disperato a casa della moglie divorziata nella speranza che la donna
possa preparare nuovamente la pietanza sparita. La donna è fuori casa,
l’uomo crolla.
La via di uscita da quella brutta situazione la trova Rym che, per
trattenere l’ira degli invitati, improvvisa una eccitante danza del ventre
che riesce a distrarre le persone. Nel frattempo l’amante di Beij, a fronte
del forte ritardo di quest’ultimo, corre al suo albergo e prepara il cous
cous. Forse la serata è salvata e l’ex portuale realizzerà il suo sogno.
Storia, di forte impatto realistico, sospesa tra drammatico e grottesco
scritta e diretta con vigore ed intensa partecipazione emotiva,
dall’emergente regista tunisino-francese Abdellatif Kechike.
Un film da vedere
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