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Film sulla mafia di impianto
tradizionale, non per nulla il regista Andrea Porporati è un
collaudato sceneggiatore (fu tra gli sceneggiatori della “
Piovra “ televisiva).. Nella prima parte, sicuramente la più
incisiva, il film offre scene brevi ma efficaci, per tutte il
coinvolgente incontro tra l’adolescente Saro ed il padre
detenuto ribelle. La seconda parte è più scontata con il
prevedibile pentimento del giovane malavitoso e con alcune scene
un po’ troppo lunghe che ricalcano i ritmi ed i contenuti delle
fiction televisive. La storia è più credibile nella parte
finale, allorché il protagonista ride amaramente per la sua vita
sbagliata, forse senza sbocchi. La fotografia di Alessandro
Pesci ci mostra una Sicilia assolata e splendida in contrasto
con la cupa tristezza di quegli uomini avidi e senza scrupoli.
Attenta la direzione degli attori. Protagonista è il palermitano
Luigi Lo Cascio. Quest’attore, che forse non avrebbe il fisico
giusto per la parte di Saro, ci mette tanto impegno per
disegnare le false sicurezze e poi la sconsolata consapevolezza
per gli errori commessi del suo personaggio, da meritare la
lode. Intensa Donatella Finocchiaro nel tratteggiare il
personaggio un poco monocorde di Ada Da segnalare la spontanea
recitazione del giovane Gaetano Bruno che dà vita al personaggio
di Mimmo, il pavido ed ambiguo figlio di Gaetano Butera. Renato
Carpentieri dà forte rilievo al potente mafioso in carcere che
mostra tutta la sua doppiezza nell’incastrare il protagonista.
Un cammeo di classe si riserva Fabrizio Gifuni , uno fra i
migliori attori del nostro cinema, che offre in poche scene con
spontanea sicurezza il profilo di un giudice in prima linea,
pienamente consapevole dei rischi connessi al suo difficile
lavoro.
Accolto con qualche riserva al
recente Festival del Cinema di Venezia, il film, che rientra nel
filone del cinema civile, ha delle inadeguatezze ma in complesso
rivela una sua dignità che va riconosciuta |
Saro, un
ragazzo adolescente, è di fronte al padre, mafioso di spicco che è a capo di
una rivolta di detenuti all’interno di un carcere. Il giovane, dietro
pressioni del direttore del carcere, tenta ingenuamente di convincere il
padre ad arrendersi ma questi neppure l’ascolta, cerca piuttosto di far
comprendere al figlio il legame forte che lo lega alla sua famiglia e, nel
lasciarlo, pronuncia un frase che per lui è una regola di vita "Nella vita
c’è il dolce e l’amaro , e bisogna prenderli entrambi". Il film di Andrea
Porporati inizia così, con quella frase con cui il padre, nell’ avviare il
figlio ad una futura carriera di "uomo d’onore", non gli nasconde che
accanto ai vantaggi, alla bella vita provenienti dall’attività malavitosa vi
saranno pure le pene inevitabili, quali il carcere, le fughe, infine una
vita precaria.
Quel ragazzo, orfano del padre ucciso nel corso della rivolta, cresce
convinto che il suo percorso di vita mafiosa è tracciato, in ciò
sapientemente "aiutato" dal padrino Gaetano Butera, già amico del genitore.
Inizia nella natia Palermo la sua scuola di piccolo malavitoso, il denaro
non gli manca ma ecco che l’amaro gli si pone davanti. Ada, la donna a cui è
legato da una intensa passione amorosa, rifiuta di sposarlo proprio per la
triste vita che conduce. La sua reazione è violenta verso Ada e verso i suoi
corteggiatori proprio perché lui ritiene che la via che sta percorrendo sia
la migliore e trovi il suo apice nella sua”promozione” da parte dei capi di
cosa nostra a uomo d’onore. Saro inizia con le rapine alle banche, poi il
salto di qualità l’assassinio di un uomo ed ecco finalmente riconosciuta da
personaggi che contano le sue qualità di “ picciotto leale e fedele “.
Butera gli trova pure moglie e lui obbedisce, mette al mondo due figli ma è
sempre infelice per Ada, ormai fuggita nel nord Italia. Quest’uomo, forse
non è del tutto perduto, comincia a sentire il peso di tutte le brutture di
cui è testimone. I capi non perdonano chi sgarra, si giunge al punto di
trucidare due adolescenti colpevoli di aver scippato la madre di uno di
loro. Ad un tratto, uno dei potenti di cosa nostra, detenuto da molti anni ,
confida a Saro che Butera avrebbe tradito anni prima e avrebbe in un certo
senso permesso l’uccisione del padre. Saro, ormai frastornato, prepara la
trappola e dirige, servendosi di due sicari, un’operazione criminale che
porta all’ammazzamento di Bufera. E’una trappola, in realtà cosa nostra ha
“usato” Saro per uccidere un Butera innocente ma che certamente ha sgarrato
verso i suoi compari. A quel punto Saro, ormai condannato anch’egli a morte,
si rende conto in quale abisso è caduto, fugge nel nord e trova rifugio da
Ada. Ormai è braccato, afflitto, nonostante la vicinanza amorosa della sua
donna, da profondi sensi di colpa. Su invito di un coetaneo del suo
quartiere divenuto giudice antimafia sceglie il difficile ruolo di testimone
a carico della mafia. La sua vità è cambiata, ora vive nel nord in un
piccolo paese con la sua Ada, coperto da un programma di protezione.
Pare che la vita di Saro sia ad una svolta positiva, ma giunge la notizia
che il suo amico giudice è stato trucidato dalla mafia. E’ giunta l’ora di
Saro? Il film non lo dice ma l’ombra della mafia incombe minacciosa, l’amaro
per Saro non è terminato.
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