(scheda) |
Cos’è la giusta distanza ? Può significare tutto o niente.
Nel film di Carlo Mazzacurati con questo titolo si vuole
esplicitare la tesi che un buon giornalista, nel descrivere gli
avvenimenti, deve osservare il tutto mantenendosi ad una giusta
distanza, e cioè analizzando i fatti con equilibrio, senza
coinvolgimenti personali ma anche evitando prese di posizione
rigide e avulse da sentimenti. Obiettivo difficile da perseguire in una società come la
nostra, fondata il più
delle volte su un’immagine falsata del
nostro vivere quotidiano.
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Siamo nel
Polesine in provincia di Padova. Un piccolissimo paese attraversato dal
fiume Po e circondato da una verde campagna, spesso nebbiosa. La storia si
sofferma sulla piccola comunità che vive in quel paese e sulla perversione
del male che in un certo senso avvolge tutte le persone di quella comunità.
Questo l’intento del regista Mazzacurati. Testimone della storia nonché voce
narrante è il ventenne Giovanni, convinto che il suo futuro è quello del
giornalista. Lavora in un giornale di provincia da precario, facendo la
cronaca di ciò che succede in quella piccola comunità. La sua attenzione
punta sull’arrivo in paese della giovane e bella maestra con mansioni di
supplente ed in attesa di partire dopo pochi mesi per il Brasile per un
progetto di cooperazione. I paesani la osservano con ovvia diffidenza. C’è
anche il ricco tabaccaio che tenta di circuirla nonostante sia sposato. C’è
infine il tunisino Hassan - un meccanico di auto che dopo anni di duro
lavoro si è conquistata la fiducia ( ? ) dei paesani - che spia la maestra
nella casa isolata in cui vive. Mara lo scopre sul fatto e lo respinge con
durezza. Hassan pare sinceramente pentito e pian piano con la sua dolce
insistenza intreccia una relazione con Mara. Giovanni è anch’egli
affascinato dalla maestra e giunge ad utilizzare la sua abilità al computer
per leggere i messaggi di posta elettronica che la ragazza invia e riceve.
La relazione tra Mara e Hassan è tormentata in quanto la donna, desiderosa
di nuove esperienze di lavoro, si ribella dinanzi alla prospettiva di un
legame serio e duraturo. Hassan si incupisce e soffre nel profondo, i
contrasti tra i due si inaspriscono sotto gli occhi degli abitanti del
paesino. Ad un tratto una notte la giovane sparisce, poco dopo il suo corpo
viene trovato sulle rive del fiume. E’ un omicidio, i paesani individuano in
Hassan il colpevole senza esitazioni. E’caccia al diverso, all’immigrato
senza più considerare il suo comportamento positivo per tanti anni. Lo
stesso Giovanni, forse perché colpito dalla morte di Mara, si fa coinvolgere
dalla situazione e nelle sue cronache non spende una parola per difendere il
tunisino che pure conosce abbastanza. Hassan viene condannato a molti anni
di reclusione, sconvolto si suicida. Giovanni riflette, si rende conto di
avere scritto su quel fattaccio senza “ la giusta distanza “, di avere
anch’egli condannato quell’uomo per quel male di strisciante razzismo che ha
colpito la piccola comunità. Si riscatta, indaga servendosi dell’amato
computer, nonostante l’ostilità che lo circonda. Scoprirà il vero assassino
che naturalmente è un insospettabile abitante di quel paese. La storia si
conclude con Giovanni che si trasferisce a Milano per un posto di
giornalista in una testata nazionale. Non ha rimpianti di andare via, ormai
nel suo paese di nascita non è più ben visto. Ha rotto la catena del
pregiudizio-
Storia complessa, non semplice come potrebbe apparire da una lettura
superficiale. Carlo Mazzacurati, con all’attivo film riusciti quali “ Notte
italiana “ e “Vesna va veloce “, ritorna nel suo ambiente – la natia Padova
– dove si muove come un pesce nell’acqua. Il pregio maggiore del film è
nell’ambientazione, nella descrizione realistica, mai convenzionale, dei
tanti piccoli personaggi del paesino, della loro umanità ma anche di quel
veleno del pregiudizio verso i diversi che affonda quelle stesse persone. L’
eccellente fotografia di Luca Bigazzi dà un tocco magico a quei bei paesaggi
del nord est verosimilmente molto amati da Mazzacurati. La sceneggiatura
dello stesso regista, di Pettenello, di Leondeff e di Piersanti ,ottima
nella prima parte del film, mostra qualche scriccolio nella seconda
allorquando la storia prende la strada del giallo.Probabilmente chi ha
scritto la storia non ne conosce appieno i meccanismi. Alcune scene finali
sono scarse di tensione, anche se il regista non perde mai il polso dello
script.
Attenta la scelta degli attori. I giovani protagonisti sono alle prime armi
ma mostrano, da Valentina Lodovini al giovane giornalista Giovanni Capovilla
al tunisino Ahmed Hafiene, una convincente spontaneità.
L’esperto Giuseppe Battiston ci dà un ritratto a tutto tondo del nuovo ricco
targato Padova, senza mai scadere nel macchiettismo. Fabrizio Bentivoglio
disegna da par suo il piccolo ruolo del direttore del giornale di provincia,
un po’ cinico ma anche attento lettore della realtà quotidiana.
Il film, presentato in questi giorni alla Festa del Cinema di Roma, ha
riscosso consensi di pubblico e di critica.
Il suggerimento è di vederlo.
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