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Interessante film di A. Molaioli
"LA RAGAZZA DEL LAGO
"
UN DELITTO, SOFFERENZE NASCOSTE

di Giuseppe Trabace


 

(scheda)

Una bella ragazza muore. Chi l’ha uccisa? Un mistero molto difficile da svelare all’interno di quella piccola comunità di un paesino di montagna. Il film "La ragazza del lago" disvela i meccanismi di questa brutta storia. La macchina da presa si insinua – in un certo qual senso si introduce - nelle vite di persone che hanno un po’ tutte sofferenze nascoste perché è in queste ultime, nelle pieghe del loro animo, che si trova la soluzione dell’enigma.

Il testardo commissario di polizia che dirige l’inchiesta intuisce quasi subito la situazione e significativamente afferma che dietro questo delitto si nascondono dei sentimenti.

Siamo in un incantevole paesino montano della Carnia in provincia di Udine, una ragazza di poco più di vent’anni viene trovata uccisa sulle sponde di un lago. E’stata soffocata nell’acqua ma pare che non abbia opposto resistenza all’assassino. Incaricato delle indagini è l’ispettore Sanzio, un napoletano trapiantato da qualche anno nel nord. Un funzionario scrupoloso, a volte duro con i suoi collaboratori, forse perchè la sua vita privata è segnata dal dolore. Ha una figlia poco più che adolescente che non sempre lo comprende, ha una moglie afflitta da una malattia mentale irreversibile che da anni è ricoverata in una casa di cura. Quest’uomo porta il suo fardello con dignità, anche se talvolta non può sottrarsi a cupe, sia pur temperate da un’ironia tutta partenopea, riflessioni. sulla vita. Il commissario, nello sviluppo delle indagini, entra per così dire nel vissuto di persone che soffrono situazioni non facili e che tentano per paura o per pudore di nascondere. Sanzio conosce nel profondo le sofferenze dell’esistenza ma non può sottrarsi, per dovere professionale ma anche per un bisogno etico, dall’andare a fondo per conoscere quelle situazioni. La verità pian piano verrà a galla. La determinazione dell’ispettore di polizia, la sua capacità di far venir fuori le contraddizioni di quelle persone porterà all’individuazione di un colpevole che, nel confessare l’omicidio, sentirà un senso di liberazione da un peso ormai insopportabile.
Trattandosi di un film giallo, sia pure con riflessi particolari , non diremo il nome dell’assassino.
Tratto da un romanzo di Karin Fossum, il film trova una sua dimensione man mano che i suoi personaggi rivelano quello che si portano dentro, che si mostrano nudi agli occhi di uno spettatore indotto a considerarli con un’umana pietà che non può mancare. Il regista Andrea Molaioli è al suo esordio. Aiuto di Nanni Moretti non ne segue le orme, piuttosto punta ad un’indagine non superficiale sull’animo umano con riferimento a persone semplici, non ancora toccate dal degrado urbano. Il film è sorretto da una sceneggiatura molto ben fatta dallo stesso Molaioli e dagli ottimi Sandro Petraglia e Ludovica Rampolli. Uno script che ha una sua complessità, forse infarcito di troppe storie, ma che offre un credibile ordito drammatico, anche se non mancano sprazzi di più leggera lettura. Il cast è composto di attori di collaudata bravura, quasi tutti con ottime esperienze di teatro. Fra tutti spicca l’interpretazione di Toni Servillo nel ruolo del commissario. Da notare il suo passo dinoccolato e spedito, come di un uomo che vuole reagire alle ferite della vita, il serrato, talvolta implacabile, modo di interrogare i sospettati dell’omicidio, poi il suo trasformarsi pian piano in un confessore partecipe del dolore dell’interlocutore, infine le sue battute tra l’amaro e l’ironico che sottolineano la sua natura di uomo del sud. E’ una recitazione scabra, naturale, di sottrazione che ricorda il modo di porgersi del grande Eduardo De Filippo. Una piccola riserva, forse quest’attore dovrebbe aprirsi al sorriso un poco di più. Da segnalare la toccante bravura di Omero Antonutti che impersona un vecchio ossessionato da un rapporto di amore-odio verso il figlio convivente colpito da handicap mentale. Un discorso a parte va fatto per Valeria Golino, nella fase attuale l’attrice più intensa del nostro cinema. Ha una piccola parte, quella di una madre ferita nell’animo dalla morte del suo unico figlio di 3 anni. Pure i suoi sguardi ora trepidi ora di sfida verso quel commissario così insinuante, la sua voce roca ma specchio di una sofferenza interiore, riescono a trasmetterci emozioni forti.
Un film presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia che ha riscosso un confortante riconoscimento dalla critica e dal pubblico. Si consiglia di vederlo perché è una storia che fa pensare.

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