Perry,
l’omicida condannato a morte, si sente abbandonato da quell’intellettuale
affermato che è lo scrittore americano Truman Capote, cerca di
comprenderne la crudeltà. Truman pare quasi assente, eppure intuiamo che
profondo è il suo nevrotico imbarazzo. Questa una delle scene più
significative del film “ Truman Capote “, una storia vera in cui si
scandaglia in profondità nelll’animo di questo scrittore che persegue
l’obiettivo del successo ad ogni costo ricevendone in cambio una
desolata insicurezza.
Siamo a New York nel 1959. Truman Capote, affermato scrittore,
omosessuale disinibito, frequentatore assiduo del jet set, legge sui
giornali di un efferato omicidio avvenuto nel Kansas. Una famiglia di
pacifici coltivatori, composta di quattro persone, è stata sterminata
nella propria fattoria a colpi di fucile. Capote vede in questa brutta
storia la possibilità di scrivere un romanzo innovativo in cui,adottando
le tecniche usuali della scrittura, vengano raccontati fatti della
realtà giornaliera che si soffermano su un humus sociale tranquillo che
viene violentato dalla brutalità di assassini amorali. L’intellettuale
si reca nel Kansas, abilmente si inserisce in quella società rurale,
stringe amicizia con i funzionari della polizia, è sul posto allorché i
due assassini vengono individuati e catturati. Segue lo sbrigativo
processo che si conclude con la condanna a morte degli assassini. Dei
due lo attira Perry che ha volto ed espressioni di una persona “ normale
“.. Gli dice con “ sincera ? “ partecipazione di avere sofferto anche
lui un’infanzia difficile, entra in confidenza con lui, fornendogli
anche un avvocato di grido. All’inizio lo muove l’ambizione di scrivere
un romanzo in cui prevalga una visione oggettiva della vicenda ma non
sia assente la voglia di scoprire in Perry una umanità che i fatti
smentiscono. Con gli anni che passano per i continui rinvii
dell’esecuzione capitale quel sentimento positivo si offusca nello
scrittore. Truman intitola il romanzo “ A sangue freddo “, pensa ad
elaborare la sua storia ed a ricavarne i profitti più lauti e per tale
motivazione Perry si trasforma per lui in uno strumento da sfruttare
senza troppi scrupoli. Alternando blandizie e durezze Truman riesce a
far dire alla sua “ vittima “ tutti i particolari della mattanza.
Nascerà un’opera memorabile ma in cui è quasi assente l’umana pietà per
i colpevoli..Lo scrittore è stanco e ferito da sensi di colpa, sono
passati sei anni dal delitto e lui non aspetta altro che i due vengano
giustiziati. per porre la parola fine al suo romanzo. Ormai la triste
sorte dei due si sta concludendo, Truman è travolto dalla consapevolezza
di essersi comportato nei confronti di Perry da approfittatore. Vive
rintanato nella sua stanza sfuggendo quella società che pure ama tanto.
Non riesce a sottrarsi alla richiesta di Perry di incontrarsi per
l’ultima volta A fronte di un Perry che lo giustifica pur avendo
compreso la sua doppiezza Truman scioglie la sua maschera di cinismo e
le lacrime inondano il suo volto. Assisterà , suo malgrado,
all’impiccagione di Perry. I titoli di coda del film ci illustrano lo
straordinario successo di critica e di pubblico che avrà il romanzo.
Truman Capote, che all’epoca aveva 41 anni, non scriverà altri romanzi e
morirà nel 1984 alcolizzato.
Film intenso che si sofferma non più di tanto sulla vicenda di cronaca
nera. La sceneggiatura efficace, senza calligrafismi superflui, di Dan
Futterman punta su una indagine psicologica a tutto tondo sull’uomo
Capote. Lo scrittore che a New York, calato nel suo mondo, si imponeva
per le sue battute al fulmicotone, per l’eccentricità dei suoi modi, nel
corso degli anni, man mano che porta avanti il suo romanzo disvela un
lato oscuro che in un certo senso lo perseguita e che alla fine, almeno
in parte, trionferà negativamente su di lui.. La regia di Bennett Miller
si attiene a tale scrittura e pare seguire passo passo i problemi
psicologici del protagonista, usando spesso con abilità la tecnica del
primo piano sui volti di Truman e di Perry. Risulta evidente che una
storia di questo tipo richiede l’ausilio essenziale di un attore che
riesca a trasmettere allo spettatore la poliedricità di atteggiamenti
del protagonista Philip Seymur Hoffman si adatta in modo straordinario
al ruolo.Si guardi al suo modo di muoversi, di parlare,di atteggiarsi-
rivelando le sue tendenze gay- nella parte mondana del suo personaggio.
Si noti anche come l’attore nel progressivo svolgersi della trama riesca
a comunicare con verismo non facile quelle contraddizioni del modo di
essere di Capote che in buona parte incideranno gravemente sulla vita
futura dello scrittore. Hoffman è candidato all’Oscar per questo film.
Pur non avendo visionato gli altri attori candidati all’ambita
statuetta, possiamo affermare che l’attore fornisce un’interpretazione
del tutto meritevole del premio. Convincente è l’attrice Catherine
Keener nel ruolo della scrittrice Harper Lee, amica d’infanzia di Truman
che non nasconde le sue perplessità sugli atteggiamenti egoistici dello
scrittore nei suoi rapporti con Perry- Adeguati tutti gli altri
interpreti.
Film da vedere per chi è interessato ad approfondire i recessi, a volte
nascosti, del cervello umano.
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