Trastevere
anticamente conosciuto come Castra Lecticarum “portatori di lettiga” per
il fatto che la zona era dedicata al culto dei Siri che vi abitavano ed
erano soliti portare avanti e indietro dal Tevere carichi di mercanzie
che commerciavano via fluviale con l’Oriente ed era anche frequentata da
marinai e pescatori, per lo più immigrati che vi eressero i Santuari per
le loro religioni, al pari gli ebrei che vi costruirono le loro
Sinagoghe allorché si riversarono in questa regione "cistiberina Trans
Tiberim" cioè al di là del Tevere.
Nel periodo regio Trastevere fu la XIV regione e suddivisa in 78 vici.
All’epoca di Aureliano (270- 275 ) fu incluso nel Pomerio ed estese i
suoi confini dal Tevere al Tempio della fortuna dei Giardini di Domizia
in Prati (prata) dov’erano le campagne di Muzio Scevola e Lucio Quinzio
Cincinnato, il Condottiero poeta contadino.
I Romani vi s’insediarono più tardi solamente per meglio sorvegliare il
Tevere perché dal 754 –509 a.C. la zona era considerata terra di
Etruschi.
Allorché Anco Marzio volle il ponte Sublicio (dal nome latino delle
tavole di legno con cui fu costruito) fu più facile accedervi e,
nell’età imperiale, vi sorsero grandi ville come quella di Clodia amica
di Catullo e gli Horti Cesaris e, in viale Trastevere, la sede della VII
Coorte dei Mille vigili del fuoco: l’exsubitorium o militi sebaciarii
per le torce di sego che usavano nei loro turni di guardia notturni.
Trastevere assunse molta importanza sotto Bonifacio VIII che volle
fondarvi lo Studium urbi e, col crescere della popolazione vi
s’instaurarono commerci di varia natura.
Alcune strade, in maggioranza sterrate, furono prima imbrecciate e, nel
tardo 400, fu deciso di pavimentarle coi selci detti sanpietrini come se
ne vedono ancora in alcuni percorsi.
Fino alla fine del 700 il rione fu privo della illuminazione e solo le
lanterne spandevano una fioca luce davanti alle bettole frequentate dai
popolani che erano facchini impegnati nel carico e scarico delle barche
nell’attivissimo Porto di Ripa Grande e dai lavoratori delle manifatture
adiacenti come quella dei Tabacchi di piazza Mastai, del Lanificio Ajani e
dell’Arsenale di Porta
Portese. Molto attive anche le botteghe che
producevano cere, chiodi, botti e tutto ciò aveva attinenza col
commercio fluviale. Nell’ Istituto San Michele che ospitava vecchi e
orfani vi furono organizzate scuole apposite attrezzate adeguatamente da
dove uscirono cappellai, calzolai, tintori, ebanisti, arazzieri,
tipografi e anche scultori, pittori musicisti che nella vita
s’insediarono poi coi loro mestieri redditizi e utili alla società.
alcuni di questi si affermarono come insigni Artisti.
Le donne trasteverine esprimevano il classico tipo romano, di bella
presenza , con folte chiome e modi franchi e sbrigativi che fecero
innamorare poeti e scultori; la Casa della Fornarina (Margherita Luzi)
sta ancora a ricordare che fu amata da Raffaello Sanzio, tuttavia la
vita di questa donna ebbe termine nel Monastero di Sant’Apollonia. Nei
maschi romani
prevaleva l’orgoglioso carattere litighino che unito ai
robusti muscoli qualificarono i trasteverini come veri discendenti dei
guerrieri progenitori che con la loro impetuosità furono
sempre pronti a
mettere a repentaglio la vita in molte cause sociali, senza disdegnare
le appassionate serenate sotto le finestre delle donne amate da far dire
a Massimo Grillandi:"Trastevere è terra bagnata dal sangue generoso di
eroi e di santi dove resiste il dialetto del Belli, di Trilussa e di
Pascarella che non deve chiamarsi – romanesco- ma lingua romana” questo
il motivo che ha sempre fomentata la rivalità coi monticiani che gli
contestavano la priorità romana.
Molte vie sono intitolate agli Eroi garibaldini e anche il Ponte che
unisce Trastevere con l’Arenula
porta il nome di Garibaldi e fu
costruito dall’architetto Angelo Vescovali nel biennio 1887/1888,
immettendosi nella piazza G. Belli (ex Italia) realizzata nel 1890 e che
prese il nome del poeta quando nel 1913 vi fu posto il monumento
costruito da Michele Tripisciano.
Altri poeti sono ricordati nello stradario: piazza Trilussa, via Giulio
Cesare Santini, via Giggi Zanazzo e via Augusto Jandolo e sempre
numerosi poeti contemporanei portano avanti il gusto del sonetto e dei
stornelli a braccio che nel passato si estrinsecavano solo nelle
“Macchiette” degli avanspettacoli dei Teatri della zona, sempre
affollatissimi e dove si sono esibiti anche celebri attori perché
l’amore per l’arte e per l’esibizionismo hanno sempre avuta la meglio
sulla brutalità. Non per nulla sullo storico palazzo Anguillara, vi è
una lapide che attesta come l’immobile sia diventato la "Casa di Dante”
per dono del Comune di
SAN
GIOVANNI DE’ GENOVESI
Era d'usanza e com'è ancora a Roma
donà ospitalità ch'è sacra e bòna
e a Trastevere ce sta 'na chiesa apposta
indove er pellegrino po' fa' sosta.
Ner tempo antico quanno un genovese
seguiva la passione lungo er mare
sapeva che arivato a Ripa Granne
trovava un letto magara de du' spanne.
L'ospizzio San Giovanni l'aspettava
e lo stanco navigante lì approdava
e sia d'inverno che de primavera
pé lui era pronto er pasto e la preghiera.
Quanno ar momento giusto ripartiva
ner core tanta pace se sentiva
poi a cor contento a casa riccontava
l'accojenza cordiale che trovava.
|
Roma nel sesto centenario della morte del Poeta
allo scopo di divulgarne le opere e la vita.
Una curiosità sul toponimo della piazza S. Cosimato: sembra attribuirsi
alla fusione dei nomi dei due Santi fratelli medici Cosina e Daziano
detti anargiri perché curavano gratuitamente i malati poveri per cui
sono stati amati dal popolo e, santificati dopo la morte e divenuti i
Patroni dei dottori.
Nei terreni compresi fra il complesso di S.Cosimato e S.Francesco a Ripa
si estendeva al tempo di Augusto un bacino d’acqua per gli spettacoli di
naumachia che si svolgevano fra gladiatori in barca che assumevano i
nomi dei popoli divenuti sudditi di Roma.
Nel lussuoso Palazzo Corsini di via della Lungara visse lungamente la
coltissima e bizzarra Cristina di Svezia che dopo aver abdicato al trono
e aver percorsa tutta l’Europa, scelse Roma come residenza definiva e,
conoscendo otto lingue e amando arti e scienze, fece del suo salotto la
meta ambita di tutti gli artisti dell’epoca.
Morì il 19 aprile 1689 e fu sepolta in S.Pietro.
Pure alla Lungara fu popolare una donna proveniente dalla Sicilia al
termine della peste del 1656, detta la Stroliga de la Lungara.
Ciarliera, imbonitrice e indovina, sapeva conquistarsi la fiducia delle
donne e quante le confidavano infelicità coniugali, venivano liberate
dei mariti, ma fu scoperta e condannata a morte, dopo avere appurato che
con le sue pozioni avvelenate aveva fatto fuori ben 600 uomini. Una vera
strage di mariti, la cui fine era stata attribuita alla peste.
Molte sono le tradizioni e le feste derivanti da riti pagani, ma quelle
che permangono attualmente sono riservate ai Santi e alle Madonne
titolari delle molte chiese famose del rione, la più popolare è la Festa
de noantri in onore della Madonna del Carmelo che si celebra l’ultima
domenica di maggio e, fra addobbi multicolori e manifestazioni canore
coi finali di salmodianti processioni e fuochi d’artificio tiene il
popolo in allegria per una settimana. La Festa de li bocaletti, il giorno del Corpus Domini ora non si celebra
più e consisteva in una processione sul Tevere di barche addobbate
stipate di gente che cantava accompagnata dal suono di chitarre,
mandolini e tamburelle mentre scolava numerosi bocaletti di vino.
La chiesa di San Giovanni dé Genovesi, merita una citazione a parte
giacché fu fondata nel 400 con l’annesso ospedale di carità per marinai
genovesi che arrivavano a Roma malati; fu costruita con un lascito del
tesoriere del Fisco e della Camera Apostolica Meliaduce Cicala.
Nel cortile/giardino vi è un pozzo quattrocentesco contornato di piante
di varie speci e una palma che fu piantata nel 1588. Nell’ala
dell’ospedale con ingresso al civico 12 di via Anicia, vi è il Portale
quattrocentesco del Chiostro dei Melangoli, il più bello della Capitale
(opera di Baccio Pontelli) che prende il nome dagli alberi di questi
frutti che vi sono piantati.
Pure la chiesa di S. Maria della Luce nella via omonima ricorda una
leggenda che parla di un cieco che in quel punto riebbe la vista per
l’apparizione della Santa Vergine.
A
Trastevere è vivo il culto per Santa Francesca Romana una
luminosa figura di benefattrice (1384-1440), contemporanea
di s. Bernardino, che fu sposa, madre, vedova, fondatrice e
religiosa, secondo la volontà di Dio. Era nata nella nobile
famiglia Bussa de’ Buxis de’ Leoni nel 1384, con la
vocazione monastica , ma per volere paterno fu maritata
appena a tredici anni al nobile Lorenzo dé Ponziani. Fu una
benefattrice instancabile e fu chiamata da tutti
amorevolmente Ceccolella e si dedicò sempre a soccorrere
poveri e infelici con le provviste delle cantine del
Palazzo dei Ponziani situato in questo rione che,
miracolosamente, tornavano sempre piene di frumento e di
altri generi alimentari.
Al nome di Francesca fu per questo aggiunto quello di
Romana ed è considerata compatrona di Roma e viene
invocata come protettrice dalle pestilenze e per la
liberazione delle anime dal Purgatorio e dal 1951 anche
degli automobilisti.
Storie e leggende si confondono in Trastevere che in ogni angolo riserva
sorprese essendo il più genuino e schietto rione di Roma il cui
territorio va da Ripa Grande, riva destra del Tevere, alla Porta
Settimiana fino a piazza della Rovere, Mura urbane, piazza di Porta
Portese e Ponte Sublicio.
Approfondimenti
Trastevere
è uno dei punti più antichi di Roma che in ogni strada,
vicolo o palazzo conserva memorie, religiose, patriottiche
e culturali di grande importanza che non è possibile
elencare e raccontare completamente. In questo breve spazio
tenteremo di ricordarne alcune fra le più popolari.
La Chiesa di Santa Maria dedicata alla Madonna del Carmelo
che fu restaurata nel 1450 dall’ architetto Bernardino
Rossellini su ordine di Nicola V e che nel 1702 Clemente
XI ci fece aggiungere il Porticato su progetto di Carlo
Fontana. Fra infinite opere d’arte he la visita della Chiesa
offre, sono d’ammirare gli splendidi mosaici del Cavallini
illustranti la vita della Madonna. Villa Sciarra, una delle
più piccole di Roma e che sorge a ridosso delle Mura
Gianicolensi, frequentata da mamme e bambini, ha uno
scenario esotico di palme araucarie, alberi da frutto e
piante di magnolie fra cui troneggiano l’Albero di Giuda
e la forsizia. In soli 7.500 mq vi sono tante zone
suggestive e molti riferimenti storici. L’edificio più
rappresentativo è il Casino Barberini ove troneggiano
cinque Statue in arenaria del 700, quattro delle quali
raffigurano i Continenti mentre la quinta dovrebbe
rappresentare una delle quattro parti del giorno; l’Esedra
Arborea è un angolo molto scenografico con le sue nicchie
verdi ove sono collocate altre statue ad indicare i 12 mesi
dell’anno. Questa villa fu donata nel 1930 dalla sua ultima
proprietaria Henrietta Wurts a Benito Mussolini per
essere destinata a parco pubblico. Sulla piazza S. Egidio
che prende il nome dalla chiesa che ospita la Comunità di
Sant’Egidio si trova la sede del Museo del folclore e dei
poeti romani e tra il quartiere Trastevere e Ponte Sisto si
erge il monumento dedicato dai romani ad uno dei suoi
poeti più popolari e amati che in vernacolo moderno ha
raccontato vizi e virtù della gente di Roma, quel Carlo
Alberto Salustri detto Trilussa.
|
|