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di Mimma Anello La
Nonna Nonna
Marianna era una donna alta longilinea con un viso ovale bellissimo con
poche rughe, incorniciato da una massa enorme di capelli
bianchi sempre coperti da una civettuola cuffietta di merletto
nero. Indossava
vestiti lunghi molto accollati di colore scuro o viola, ornati al petto
con voilà, pizzi e trine. Portava al collo una collana lunga d’oro
con un occhialetto dal manico di tartaruga e camminava appoggiandosi ad
un bastone di ebano dall’impugnatura argentata. Purtroppo era affetta
da un tremolio continuo che le faceva abbassare la testa in un perenne
cenno di assenso come se dicesse sempre si a tutte le cose, essendo
lucida e presente. Quando
il tempo era buono si sedeva sovente in una poltroncina nella veranda
della sua villa circondata da un grande rampicante di gelsomino che
profumava tutta l’aria. Davanti
la veranda si stendeva un grande giardino con vialetti che si
incrociavano, tutti convergenti al centro dove si trovava una vasca con
dei pesciolini rossi. In
quel giardino realizzavamo tutto un mondo di giochi che io assieme ai
cuginetti riuscivamo ad inventare. A
volte giocavamo con la palla o spingevamo un cerchio con un bastoncino
oppure ci lasciavamo cullare dal dondolio dell’altalena che finiva per
diventare una gara a chi aveva il coraggio di andare più su. Altre
volte ancora ci nascondevamo dietro i grandi vasi ornamentali o alle
siepi odorose di mirto o agli alberi di oleandro per sorprendere e
spaventarci a vicenda. Mi
viene in mente un episodio buffo: un giorno mentre eravamo attorno alla
vasca giocando con mia cugina Leda, questa per provocarci si sedette
sull’orlo della vasca facendo boccacce ma improvvisamente perdette
l’equilibrio e cadde nell’acqua noi subito accorremmo e l’aiutammo
ad uscire. Leda venne fuori gridando che il cuore gli stava scappando per
la grande paura. In verità dentro il vestito qualcosa le si muoveva,
infatti levandosi i panni gli scappò dal petto un pesciolino che si
contorceva per la mancanza d’acqua. La nonna da lontano si era alzata per vedere meglio la scena e
abbassando la testa assentendo diceva si…si..si ai nostri giochi. Chinando
il capo tremolante diceva
si ..anche ai suoi ricordi passati, che cullavano la sua memoria. Le
veniva in mente l’immagine di lei giovanissima a quindici anni vestita
di seta e di merletto bianco che andava in chiesa accompagnata dai
genitori mentre lo sposo l’attendeva davanti all’altare e poi il
pranzo di nozze e la musica che seguì accompagnando tutta la festa. Ricordava
la nascita del primo figlio e la gioia del nonno perché era nato il
primogenito,quello che avrebbe continuato la sua discendenza. Poi vennero altri figli e figlie e ogni nascita era
accompagnata da grandi festeggiamenti, il nonno felice della sua
numerosa famiglia diceva sempre: “sono grazia di Dio, siano i
benvenuti ! Il Signore vuole onorare la mia casa." E
così i figli furono dodici. La
nonna ricordava il tempo in cui i figlioli crescevano; i più grandi
andavano a scuola e i più piccoli erano accuditi dalla tata. La sera
finalmente all’ora di cena si riunivano tutti: allora era un vero
piacere guardare la tavola imbandita attorniata dalla numerosa
figliolanza così ciarliera per le esperienze quotidiane che
raccontavano tra un boccone e l’altro. Alla fine della cena i più grandi aiutavano a rassettare le
stoviglie della cucina dopodiché si passava nel soggiorno dove il nonno
iniziava la recita del Santo Rosario a questo seguivano molte Ave Maria
per grazie ricevute o da ricevere. In
particolare ai santi protettori della famiglia. Ricordava
sempre una battuta poco felice del figlio più grande che un giorno, durante
la recita del Rosario,consigliò di aggiungere un’altra Ave Maria,
perché quella mattina doveva essere interrogato in matematica. Ma
essendosi raccomandato al Signore aveva ricevuto la grazia di non essere
chiamato a rispondere. Quella
volta il nonno molto duramente rimproverò il figlio perché queste non
erano grazie da chiedere; dopodiché fu castigato e mandato a letto
senza benedizione. Finite
le preghiere serali i figli si mettevano in fila per dare la buonanotte
ai genitori: il rito consisteva nel baciare la mano e chiedere la santa
benedizione per una buona notte;seguiva l’imposizione del segno della
croce sulla fronte da parte del padre e della madre così terminava la
giornata. Purtroppo
dovette dire si anche ai ricordi dolorosi, alle sventure quando
prematuramente morì il nonno lasciandola vedova a soli trent’anni;
allora con l’animo straziato e con molta fatica prese in mano anche
l’azienda del marito e portò avanti finanziariamente la famiglia con
grande oculatezza e saggia amministrazione. Durante
un’epidemia di colera si ammalarono tre figli non ancora decenni e
sebbene circondati da cure ed affetto la malattia ebbe il sopravvento
portandosene via due. La
terza fu risparmiata forse perché si era rifiutata di prendere le
medicine, a suo dire. In seguito dovette dire si ai due figli più
grandi che vollero trasferirsi in America.
Ella avrebbe preferito che il secondogenito accettasse una
chiamata di Dio, infatti già lo aveva messo in seminario, ma questo non
aveva nessuna vocazione religiosa e,anzi,fuggì dal seminario e lasciò
perfino la sua terra raggiungendo il fratello maggiore.
In
compenso fu consolata dalle figlie perché due di loro si fecero suore
con suo sommo gradimento tanto che,ricordava ripetutamente abbassando il
capo,quando dopo il noviziato furono accolte nell’ordine monastico con
delle fastose cerimonie accompagnate da regali e congratulazioni. Le
vocazioni femminili,comunque,si dimostrarono più abbondanti del
previsto infatti dopo un’ pò di tempo un’altra figlia presa da fede
e grazia divina manifestò il desiderio di seguire anche lei le sorelle
monache; stavolta la nonna aveva deciso altrimenti in quanto si era
presentato un giovane, ottimo partito sotto tutti i punti di vista. Ma
la figlia non volle sentire ragioni, e andando ogni giorno a messa con
l’aiuto del padre spirituale andò via di casa ritirandosi in un
convento di clausura di un paese vicino. Convento
che dopo qualche anno chiuse per mancanza di fondi di sostentamento.
Allora ritornò a casa e manifestò di nuovo alla nonna di entrare in
collegio dove erano le altre due sorelle. La nonna dovette chinare il
capo e ancora una volta dire di…si.
Gli
altri figli in seguito si sposarono tutti, rendendola nonna parecchie
volte. E
lei, fu il fulcro della
nostra famiglia. Il
punto di riferimento per tutti noi, anche anziana,era lei ad
incoraggiare indicando le strade che bisognava seguire con i suoi saggi
consigli. Fu
una stella che guidò i passi dei figli influenzando persino la vita dei
suoi discendenti, le sue azioni ci indicarono sempre di non arrenderci
mai nelle avversità e di lottare ed andare sempre avanti nella vita a
costo di qualsiasi sacrificio. Un
giorno d’autunno mentre era seduta nella veranda e le foglie degli
alberi cominciarono a ingiallire e cadere le si presentò la morte e lei
tentennando la testa disse si…e reclinò il capo sul petto. La
trovammo col dorso delle
mani posate sulle ginocchia come a raccogliere gli ultimi odorosi
gelsomini che un dolce venticello aveva posato sul suo grembo. Fuori
il sole tramontava tingendo il cielo di un violaceo cupo rosso e , poco
a poco, le prime ombre della sera scesero dolcemente... subentrò la
notte e tutto fu buio attorno a noi.
Sovente nelle notti solitarie ed insonni ricordo i versi della
lirica struggente e nostalgica di Carducci: “O nonna o nonna dè
com’era bella ………..ditemela ancora la
novella ………………………………….. di lei che cerca il suo
perduto amor sette paia di scarpe ho
consumato di tutto ferro per te
ritrovare, sette verghe di ferro ho
logorate per appoggiarmi nel fatal
andare, ………………………………….. …………………………………... tu dormi a le mie grida
disperate il gallo canta e tu non ti
vuoi svegliare” |
Avevo diciotto anni quando, con il suo raggio
fatato, l'amore mi aprì gli occhi e, per la prima volta, sfiorò la mia
anima con le sue dita di fuoco. |
Sono a letto.. Ho l'influenza e mi sento accaldata
e insofferente. |
Era una notte terribile, un violento
temporale si stava abbattendo sulla città e si udiva lo scrosciare
della pioggia che martellava incessantemente sui tetti e il vento che
s'insinuava tra le fessure delle imposte. Era
dovuta partire così in fretta da dover lasciare la sua bambina a letto
sola e con la febbre con la speranza che la vicina di casa, alla quale
aveva lasciate le chiavi, se ne prendesse cura. |