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La
signora Eva aveva
sempre fatto la sarta. Aveva imparato il mestiere da sua madre più
rubandolo con gli occhi che seguendo un insegnamento preciso ed ogni suo
successo la rendeva lieta e contenta.
La
madre, giudiziosamente non le risparmiava le lodi, spronandola al lavoro e
la bambina aveva acquistata sempre più padronanza nel trattare stoffe,
filati e modelli che persino le clienti restavano soddisfatte per le
rifiniture degl'indumenti che la piccola eseguiva.
Frequentava
le elementari quando aveva cominciato a darsi da fare aiutando a passare
le imbastiture, togliere quelle sui tracciati del gessetto, radunare con
la calamita tutti gli spilli caduti e persino scucire abiti e cappotti
che, a quel tempo, molti clienti si facevano rivoltare e questo era di
gran lunga il lavoro più opprimente perché i vari pezzi da rielaborare,
avevano necessità di essere riportati a nuovo prima d'iniziare la nuova
confezione.
Al
termine della scuola dell'obbligo, la giovanetta capì che le sarebbe
piaciuto continuare a cucire e allorché andò sposa ad un giovane
impiegato delle poste, trovò giusto contribuire alle entrate familiari
dedicandovi una parte della giornata.
Dal
matrimonio non nacquero figli e le sue mansioni di casalinga le permisero
di dedicare sempre più ore al lavoro che amava.
Sapeva
come accontentare la clientela col suo estro originale, tanto che col suo
gusto particolare, di ogni modello ne faceva un piccolo capolavoro.
Malauguratamente,
suo marito per una polmonite mal curata, la lasciò presto vedova e anche
in questo frangente il lavoro di sartoria seppe riempire le troppe ore di
silenziosa solitudine e la sua esistenza si protese sempre più
nell'adempimento di tale lavoro che, oltretutto, le permise una certa
disponibilità pecuniaria per qualche piacevole parentesi di svago.
Qualche
villeggiatura e brevi viaggi ristorarono la sua operosa vita di casalinga
fino a che non sopraggiunsero le cataratte a darle problemi di vista e
dovette diradare la clientela.
Certamente
il suo reddito ne risentì parecchio, anche perché dovette affrontare le
due operazioni agli occhi che rappresentarono un lungo periodo di
astensione dai lavori di cucito, rappresentando per lei un periodo di
difficoltà triste e solitario.
Difatti
le sue giornate le trascorreva in solitudine e, tolta la frequentazione
delle clienti durante la confezioni, non aveva amicizie che potessero
dedicarle del tempo.
Anche
nel palazzo, pur avendovi sempre abitato, non aveva avuto tempo di
coltivarvi amicizie e, tolti i rapidi convenevoli durante gli sporadici
incontri per le scale con qualcuno dei coinquilini, non aveva approfondita
nessuna conoscenza.
Mentre
lavorava teneva accesa la radio o la tivù, per sentire un sottofondo
musicale o qualche conversazione con l'illusione di essere in compagnia di
qualcuno, ma spesso
si
ritrovava a seguire il filo dei propri pensieri che quello che veniva
trasmesso.
Sempre
presa dai lavori da eseguire, da provare e consegnare, la sua vita si era
incanalata in modo da bastare a sé stessa senza l'aiuto di nessuno ed
anche se le capitava di sentire rumori e risate o pianti e grida di
bambini, attraverso le pareti o perché giungevano dal cortile
sottostante, non avrebbe saputo specificarne l'appartenenza.
La
società le viveva intorno e questo bastava a non farla sentire
completamente isolata, ma dacché aveva dovuto diradare il lavoro, sentiva
di aver perduto qualcosa, forse la parola affettuosa di qualche persona
amica.
Pure
il telefono non squillava più tanto spesso...
Fu
proprio in questo periodo che le fu chiesto dalla famiglia che abitava
nello stesso stabile, se fosse disposta ad affittare per un breve periodo,
una stanza della sua vasta casa ad una coppia di amici toscani che
avrebbero voluto trascorrere le imminenti feste natalizie in loro
compagnia...
Alla
richiesta insolita, Eva, rimase perplessa perché non aveva mai pensato di
fare l'affittacamere... Si prese due giorni per riflettere, valutando la
cosa da diversi aspetti
e,
seppure non amasse avere estranei in casa, credette opportuno
accondiscendere.
Trattandosi
di una coppia di coniugi non tanto giovani che avrebbero soltanto dormito
nella stanza degli ospiti, capì che il disagio sarebbe stato limitato e
inoltre, incassare una sommetta in quel momento, l'avrebbe sollevata da
qualche difficoltà.
La
coppia giunse qualche giorno prima di Natale ed a Eva fece subito buona
impressione la giovialità toscana e il franco sorriso aperto e,
soprattutto i frequenti motteggi fra loro che lasciava trasparire la buona
armonia di un sano legame...
Si
profusero in ringraziamenti facendo presente che essendo privi di
automobile, se non avessero trovata quella soluzione, non avrebbero potuto
accettare l'invito della famiglia amica.
Poteva
star certa che non l'avrebbero importunata troppo perchè avevano
intenzione di stare molto fuori per visitare Roma e dintorni, tranne le
giornate natalizie che avrebbero trascorso cogli amici.
Convennero
il prezzo che fu soddisfacente d'ambo le parti ed Eva assicurò che
avrebbe provveduto al rigoverno della stanza e alla prima colazione,
proprio come si usa in ogni pensione a trattamento familiare e potevano
anche usufruire dell'acqua calda per i loro usi personali.
Soddisfatti
gli ospiti e soddisfatta la signora Eva.
I
patti furono mantenuti e la vita giornaliera a cui era abituata non fu
sconvolta minimamente; Anzi lei fu contenta di potersi occupare di qualche
cosa che la faceva sentire utile ed ebbe meno tempo di commiserarsi giacché
anche la vista si stava adeguando al cambio dei "vetrini" e pian
piano si stava ristabilizzando.
Giunse
così la sera di Natale e la padrona di casa già sapeva che l'avrebbe
trascorsa in solitudine, come sempre, con la sola compagnia dei programmi
televisivi fino a che il sonno non l'avrebbe spinta a letto.
Faceva
freddo e lei, all'imbrunire aveva già chiuse le persiane, sapendo che i
suoi ospiti avrebbero passata la serata al piano di sotto e sarebbero
rientrati soltanto dopo il brindisi di mezzanotte, come avevano
preavvisato.
Avrebbe
avuto tutto il tempo di cenare e di schiacciare un sonnellino, prima del
loro rientro.
Stava
avviandosi in cucina, per preparare la sua modesta cena di magro
consistente nel tradizionale piatto romano di spaghetti con tonno e
acciughe, seguito da un piccolo pesce cotto a vapore e irrorato di olio e
limone con contorno di fresca insalatina, un mandarino e due dita di vino
dolce allungato con l'acqua.
Questo
parsimonioso menù avrebbe rappresentato il suo " cenone"
natalizio e non avrebbe aperto neppure il panettone, lasciandolo per il
pranzo dell'indomani.
Una
lunga scampanellata la colse sulla soglia della cucina, si affrettò ad
aprire la porta d'ingresso e, dopo un attimo, si vide circondata da
quattro persone gaie e gentili e da un nugolo di ragazzini che la
invitavano a passare la serata con loro.
Si
trattava dei suoi ospiti e degli inquilini del piano di sotto che avevano
quattro bambini in tenera età e tutti stavano incitandola ad accettare il
loro invito alla cena di Natale.
Eva,
commossa e sbalordita, tentò di declinare la loro offerta, ma alla
spontanea frase di uno dei piccoli non seppe rifiutare. Promise che
sarebbe scesa poco dopo.
Giusto
il tempo di cambiarsi di abito e mettersi una collana.
Meccanicamente
scelse un abito adatto e mentre si accomodava la chioma brizzolata ripensò
alla frase udita poco prima: " Non vuoi essere la nostra nonna per
Natale?"
Fu
accolta con grande entusiasmo ed accenti di amicizia da tutti i presenti e
le fu dato il posto d'onore a quella tavola preparata con amore per un
cenone che sarebbe stato l'inizio di una lunga amicizia.
Eva
sentì sciogliersi il gelo che aveva nel cuore in quella sala accogliente
che le
riportò
all'istante i ricordi dei natali della sua infanzia quando i suoi genitori
preparavano la tavola che avrebbe accolto parenti e amici compresi gli
amati nonni
e
come allora, a un angolo del salone, guarnito di festoni dorati,
troneggiava un
sontuoso
albero illuminato dalle colorate lampadine intermittenti.
Accanto
al quale la brava signora Eva depose il suo modesto panettone che
trascorsa la mezzanotte avrebbe gustato coi suoi ospiti brindando alla
Nascita del Santo Bambino che a lei aveva portato il conforto di amorevoli
persone che non volevano lasciarla sola in una serata simile e che le
stavano dando la gioia di sentirsi amata da quei cari piccini come una
vera nonna:- La nonna di Natale...appunto.
Lea
Mina Ralli
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