Aveva deciso: sarebbe partita da sola!
Dorisa si era stancata di pregare sua madre Gisella di accompagnarla in
quel breve viaggio che da qualche tempo si era messa in testa di
effettuare per andare a ricercarvi le radici della loro famiglia.
La madre, non voleva cedere alle sue continue insistenze perché non
condivideva quella che riteneva essere una fissazione senza nessun
costrutto.
I dinieghi, li basava sull'inutilità di perdere tempo e denaro quando
avrebbe potuto impiegarli, con più soddisfazione indirizzandosi verso
altre località più importanti.
Non vi era nessuna attrattiva in quella località campestre, lei stessa,
che vi era nata se ne era allontanata non appena raggiunse la maggiore età.
La signora Gisella, infatti, non aveva mai amato quel posto dove,
prematuramente orfana dei genitori, era vissuta per la carità della zia
Nicoletta, sorella nubile di sua madre che, pure, le aveva dato affetto.
Non era ricca sua zia e, appena fu in grado di poterlo fare, la volitiva
Gisella, preferì lasciare quel luogo che non le
riserbava nessun futuro e venire in città per vivere alla pari in una famiglia di
commercianti oriundi del loro paese che le concessero anche di frequentare
una scuola di ricamo nelle ore pomeridiane. Così poté imparare un lavoro che le
piaceva e che le permise anche di dare un contributo al bilancio familiare
dopo il matrimonio. Ricamava corredi giacché la paga di suo
marito, perito tecnico, non era bastante a coprire le spese di una famiglia di
quattro persone. Disgraziatamente il marito, dopo solo
dieci anni di matrimonio, rimase vittima di un
gravissimo incidente sul lavoro lasciandola sola con due piccole bimbe da
crescere. Fu un trauma tremendo che scosse
l'equilibrio di una esistenza semplice e decorosa inducendo la giovane
donna ad affrontare molti problemi, nuovi e imprevisti, per provvedere ai
bisogni familiari in maniera più consistente.
Fu proprio la grande Azienda Elettrica presso la quale suo marito aveva
lavorato e trovata la morte per l'inefficiente impianto di sicurezza, a
venirle incontro. Le fu
offerto un lavoro in Ditta a parziale risarcimento mentre andava a vanti
la causa con l'assicurazione che, dopo un lungo periodo
di attesa le definì una pensione reversibile. Superato lo sgomento per un
lavoro del tutto sconosciuto, la giovane vedova, vi si tuffò con
passione, apprendendo quelle cognizioni impiegatizie che prevedevano l'uso
delle recenti apparecchiature meccanografiche.
Vi si applicò coscienziosamente e, con intelligenza, facendo un salto di
qualità e, per la serietà che dimostrava, fu presa in molta
considerazione dai dirigenti che le affidarono, sempre più spesso,
incarichi di fiducia aumentando così il suo reddito. Ciò permise alle
figliole, Dorisa e Sonia, di crescere senza troppi problemi e con
l'esempio, materno si abituarono ben presto ad una vita parsimoniosa.
Accontentandosi anche di trascorrere le vacanze da pendolari con colazione
al sacco insieme alla madre da mattina a sera, magari variando le mete.
Studio e lavoro aveva determinato sempre la vita delle tre donne e,
d'amore e d'accordo, veniva organizzato anche il lavoro casalingo
quotidiano. Solo alla minore Sonia, era stato concesso anche lo studio del
pianoforte per esaudire l'innato suo amore per la musica e dopo sette anni
stava dimostrando già il suo talento. La sorella più grande, affettuosa
e protettiva, l'accompagnava alle lezioni mentre la madre era in ufficio.
Presa dai suoi doveri, mamma Gisella non tornò mai più al suo paese
rimanendo però in contatto con la zia, che l'aveva allevata. Fino a che
visse, fu l' anziana zia a venire in città trascorrendo dei periodi con
loro. Sparito, da qualche anno questo legame, la vedova aveva preferito
cancellare ogni ricordo delle sue origini e questa cosa indispettiva
Dorisa, la figlia maggiore. che era invece curiosa di andarvi. La ragazza
ne serbava dei vaghi ricordi per avervi trascorso da piccina, dei
brevissimi periodi perché un po' linfatica e inappetente, aveva avuto
necessità dell'aria ossigenata dell'alta collina.
Naturalmente in quei periodi stava in casa di zia Nicoletta. L'antico
borgo arroccato in cima all'alta collina, possedeva qull'aria salubre e
fortificante emanata dai castagneti che gli erano d'attorno ed entro quei
boschi la bambinetta ritrovava subito il colorito della salute. Contribuiva
a ciò anche il cibo sano e genuivo che la sollecitudine della zia condiva
anche con tanto amore. Di quelle giornate la giovane, ormai diciottenne ne
conservava un ricordo struggente e, da un po' di tempo, stava rimuginando
l'idea di ritornarvi. Sentiva desiderio di parentele e aveva sempre
invidiato le famiglie numerose delle sue coetanee. Sua madre non era dello
stesso avviso e contrastava puntigliosamente il desiderio filiale:- "
Ma quali radici vai ricercando?"
Oramai i pochi parenti che c'erano si saranno dispersi chissadove.
"Chi vuoi che sia rimasto su quello scoglio, giusto quei pochi
anziani che non vogliono abbandonare la casa e qualche lembo di terra per
far razzolare le galline." Io, non ho proprio nulla da rivendicare
lassù e non penso proprio di andarvi. "Faresti meglio a
dimenticartene anche tu:" Tali argomentazioni, sortivano invece
l'effetto di rinfocolare il desiderio della ragazza.
Da quando aveva assunto l'impegno di dattilografare le dispense per il
programma di storia di una scuola privata, la ragazza era convinta che
ogni famiglia avesse il dovere di ricercare le proprie tradizioni e
discendenze. Era affascinata dagli alberi genealogici. Da poco maggiorenne
sentiva la nostalgia di quel paesino e voleva andarvi. Soprattutto
ricordava le passeggiate nei boschi ove insieme alla zia coglieva more e
lamponi e ciclamini. Bramava ardentemente portare un fiore sulla tomba di
colei che l'aveva tenuta come una principessina; lo considerava un
doveroso omaggio anche a nome della madre che, nelle cupe giornate di
lutto era stata confortata soltanto da lei. Ricordava come in un sogno il
minuscolo cimitero con la muraglia ricoperta di rose rampicanti e dove,
pietosamente, la zia disponeva fiori dinanzi alle lapidi che rimandavano
immagini dei suoi amati familiari e dei quali narrava la storia che la
ragazzina ascoltava come favole.
Da diversi anni anch'essa riposava fra quei defunti e Dorisa era sicura
che altri parenti dovevano ancora vivere in paese nonostante i discorsi di
sua madre che li pensava tutti espatriati. Alla studentessa era venuta
voglia di verificare e, approfittando delle vacanze estive, voleva
dedicarvi un po' di tempo.
In settembre avrebbe dovuto partecipare ad un Concorso per un impiego
statale e, se fosse stata assunta, chissà quando avrebbe potuto
assecondare questa sua smania di partenza. Perché sua madre non
condivideva questo suo desiderio? Diceva che ai morti non serve più nulla
! Basta che il ricordo rimanga nei cuori di chi hanno lasciato. Povera,
sfortunata madre! Conoscendo
i suoi molti lutti e tuttociò che aveva dovuto affrontare prima di
giungere alla serenità attuale, non si era accorta di essersi un po' inasprita, ma un po' di curiosità per
lo "scoglio" dov'era nata non le era rimasto?
Dorisa disapprovava specialmente il disprezzo che sua madre aveva per la
gente di campagna che considerava gretta e poco sensibile. Da cosa
derivasse questa errata convinzione, sua figlia non lo capiva. Eppure sua
madre era buona, generosa e con l'animo gentile e, loro figlie, ne erano
orgogliose. L'avevano vista fare tardi per studiare e prepararsi ad ogni
concorso interno dell'Azienda ch'ella non tralasciava per acquistare punti
di merito in più. Ed ogni volta era riuscita nell'intento, salendo di
categoria con la busta paga più gonfia e, quei soldini miglioravano
l'andamento di casa e la mamma era felice di appagare i loro desideri. Non
si era mai preso uno svago se non insieme alle sue bambine e mai aveva
pensato a rifarsi un compagno. L'unica cosa che non condivideva con la
figlia più grande era l'amore per la campagna. Dorisa era una sognatrice,
adorava la natura e ne assaporava l'armonia che si sprigionava dai suoi
colori e dalla semplicità della vita. Considerando bene questa
divergenza, l'adolescente si convinse che sarebbe stato meglio agire di
nascosto. Valutò i prò e i contro e si sentì pronta a dimostrare di
essere una maggiorenne capace di avere iniziative. Avrebbe organizzato
tutto, rinunciando al permesso materno e senza chiederle neppure una lira
giacché aveva una sommetta sua accantonata per comprare, il cappottino
rosso visto in vetrina. Erano risparmi suoi, guadagnati con la copiatura
delle dispense che la tenevano per ore alla macchina da scrivere e il
compenso per questo lavoro non elevato, si moltiplicava per merito
dell'agilità delle sue dita. Merito pure della "carta carbone"
che le consentiva di digitare otto fogli alla volta. Si era trovato questo
lavoretto per mantenersi in esercizio dopo aver conseguito il diploma di
stenodattilografa in attesa di poter occupare un posto definitivo in
qualche serio ufficio. Seppure spiacente di dover agire nascostamente
continuò ad elaborare il suo progetto di viaggio e, pervasa da euforia,
si ritrovava a canticchiare mentre scriveva pregustando la sua avventura.
Del resto, fra le sue compagne di scuola ve ne erano molte che vivevano già
da sole con la famiglia lontana. Lei, sarebbe stata via giusto lo spazio
di un weekend... Poteva pure permettersi una
rapida trasferta per "ricerche paesane!" Infine mica andava
all'estero!
Scelse mentalmente l'abbigliamento più idoneo per non essere costretta a
portare bagagli e non dare alla sua partenza la parvenza di una fuga. Il
borsone sportivo, sarebbe stato sufficiente a contenere qualche indumento
con pochissimi cambi e, partendo con jeans, camicetta bianca e pullover
blu, sarebbe stata benissimo. Con le scarpe da ginnastica avrebbe potuto
camminare senza stancarsi troppo e, data la bella stagione, sarebbe stato
un piacevole divago. Si era, infatti ai primi di giugno e, l'ora legale
concedeva luce e tempo in più per visitare cose e persone.
S'informo degli orari di partenza e di arrivo della corriera che in
poco più di due ore l'avrebbe condotta a destinazione. A ben pensarci la
mamma non l'aveva mai accompagnata al paese nelle poche volte che vi era
andata. La prima volta partì con la zia e la seconda addirittura da sola
affidata all'autista della corriera che era fin da giovane, un suo vicino
di casa. Si sentì molto orgogliosa Dorisa per la fiducia accordatale da
sua madre, le sembrò davvero di essere più "grande" dei suoi
sette anni specialmente quando, all'arrivo, zia Nicoletta l'accolse
dicendole: " Ben arrivata signorina!"
Dorisa aveva deciso di non partecipare neppure alla sorella questo suo
progetto per non turbarla anzitempo con un segreto da custodire. Avrebbe
lasciato un biglietto spiegando che sarebbe stata di ritorno la domenica
sera e, sicuramente sarebbe stata perdonata. Il giorno della partenza si
chiuse la porta alle spalle con molta circospezione per non svegliare le
dormienti rispettando la loro abitudine del sabato di dormire un po' più
a lungo non avendo impegni né di studio né di ufficio. Fu tra i primi
viaggiatori a raggiungere l'automezzo così da scegliersi un posto comodo
accanto al finestrino. Voleva godersi tutto il panorama! In breve il pullmann
fu pieno di persone vocianti che la incuriosirono e la distrassero. Il suo
pensiero faceva voli pindarici, per soffocare il piccolo rimorso che
sentiva in cuore per quel sotterfugio. Serrati gli sportelli, il pullmann
si avviò ed ebbe la certezza che non sarebbe più potuta tornare
indietro. Cominciando ad assaporare quella sua parvenza di libertà, il
suo animo godeva delle vedute campestri che apparivano, dopo le ultime
case cittadine. Ville, casali e stalle si susseguivano fra estensioni più
o meno grandi di terre lavorate a orti e vigneti che rimandavano tutti i
toni dal verde delle piante al marrone delle terre arate, spezzati dal
giallo dei girasoli e dei campi di grano. Coltivazioni di carciofi e
verdure, immensi vigneti e maestosi cespugli di ginestre e con gli animali
al pascolo nei prati sconfinati. Di quei sereni spazi, baciati dal sole
mattutino lei si beava. Lo sguardo della ragazza era affascinato dai
quadri naturali che le si svolgevano dinanzi nel rapido susseguirsi.
Quanti pittori macchiaioli avevano dipinti così bene quella natura
rigogliosa! Fantasticava sul percorso sinuoso di quella strada argentea
che s'inerpicava attorno alle alture ricoperte di boschi centenari,
collegando paesi e contrade. Ad ogni fermata molta gente scendeva ed altra
saliva e tutti avevano fretta di raggiungere le proprie mete. Dorisa si
sentiva soddisfatta e felice perché era in adorazione di quanto i suoi
occhi assorbivano mentre l'aria più leggera e pura, sembrava infonderle
nuova vita. Erano passate due ore dalla partenza ed ella aguzzò lo
sguardo per intravedere qualcosa che conosceva.Con un tuffo al cuore,
riconobbe in lontananza, l'affusolato campanile della chiesa. Sembrava
venirgli incontro come per darle un cordiale benvenuto. Si alzò in piedi
per essere pronta scendere e il subcosciente la indusse a cercare il volto
di zia Nicoletta come tanti anni addietro.
Malinconicamente tornò al presente perché i passeggeri la spingevano e
si affrettò a calcare quella piazza che riconobbe immediatamente. Fu
sorpresa di vederla molto affollata, di gente giovane soprattutto.
Ultimamente, stava quasi per credere a quanto diceva mamma Gisella:-
"I giovani, appena possono, espatriano e nei paesi rimangono solo i
vecchi!"
Invece davanti alla fermata della corriera c'era un mucchio di persone
perché era sabato ed era giorno di mercato e vi era anche la curiosità
di vedere chi arrivava e chi partiva.
Aggiustandosi la tracolla della borsa sulla spalla, si avvide che molti
occhi si erano accesi nel guardarla cercando di capire chi fosse. Dandosi
un contegno cercò la giusta direzione e si avviò verso la strada
alberata alla sua destra. Guardando
il grande orologio sulla facciata del Palazzo Comunale vide che erano le
dieci e mezzo, ora in cui a casa sua si stavano svegliando e sua sorella,
probabilmente, stava già mostrando alla mamma il biglietto che aveva
lasciato bene in vista sullo scrittoio della loro stanza.
Avrebbe
voluto entrare nella cabina telefonica per comunicare subito con loro, ma
una fila di gente in attesa la dissuase rimandando la difficoltosa
conversazione a più tardi. Qualcuno la seguì con lo sguardo poiché
non era passato inosservato l'arrivo della bella ragazza che, di fronte ai
tanti sguardi curiosi, assunse un'aria sicura e altezzosa che ben
mimetizzava quella di una turista decisa e frettolosa di andare verso
qualcuno che l'aspettava. Percorse, quasi in trance la breve via e, d'
incanto, si vide di fronte la villetta fiorita precisa a come la
ricordava. Aveva pensato di trovarla chiusa e diroccata...
Invece, fu una gioiosa sorpresa ritrovarla qual'era. Vi si fermò estatica
dinanzi mentre la borsa le scivolava a terra. Cercò di scrutare fra i
vasi di viole del muretto di recinzione e le parve che gli anni non
fossero passati. Le aiuole fiorite ai due lati del cancello, lo zampillo
della fontanina che dal di dentro faceva udire il suo fluire, sopra di
essa la pergola di glicini azzurri... ma non riusciva a vedere il grande
tavolo di pietra piantato nel terreno al centro della pergola. C'era
ancora? E gli alberi di frutta dietro la casa? E il dondolo sul terrazzo?
Quanti ricordi! Per vedere tutto sarebbe dovuta entrare!
Ma chissà se gli attuali abitanti sarebbero stati così cortesi da
permetterglielo? Immediatamente pensò che sarebbe stata una delusione non
poterlo fare e non riuscire a concretizzare il suo progetto di ricerca.
Eppure, da lì doveva cominciare! Era forse l'emozione a suggestionarla,
ma quel brusio di voci provenienti dall'interno le sembrò così familiare
da immobilizzarla e non riuscì più a muovere un passo.
In quell'istante il portoncino si aprì e, velocemente, ne uscì una
ragazzetta bruna e ridente che con l'immediatezza delle persone semplici
le rivolse la parola: "Cerca qualcuno?" La domanda improvvisa e
diretta la sconcertò e senza pensarci si trovò a rispondere : "Si,
zia Nicoletta!" Mentre parlava divenne rossa, accorgendosi quanto
fosse inopportuna la sua risposta giacché quella fanciulla probabilmente
neppure sapeva chi fosse la persona che stava cercando. Ma, sveglia e
pronta, l'altra disse: "Anch'io mi chiamo Nicoletta, ma, zia, non lo
sono ancora!" La risata di entrambe squillò, molto comunicativa e
incitò la più giovane a dar di voce a sua madre che si fece sull'uscio.
"Mamma...la signora cerca zia Nicoletta." La donna si appressò,
molto interessata prese la parola: "Io sono Pierangela..chi è
lei?"
Immediatamente Dorisa rifletté che il viso della giovane donna non le era
del tutto sconosciuto........ " Io sono...anzi... ero la nipote della
signora Nicoletta che abitava qui tanti anni fa. Mi chiamo Dorisa."
Mentre pronunziava il suo nome, la donna allargò le braccia in modo
espansivo mentre mormorava: "Ma si, sei la figlia di Gisella, vieni
dentro che siamo parenti, anch'io sono nipote a zia Nicoletta, forse più
stretta... perché sono la figlia del fratello Gerolamo" Non mi
riconosci? Sì dicendo faceva strada alla visitatrice per farla accomodare
in casa seguita dalla figlia che aveva raccattata la borsa. Varcata la
soglia, Dorisa ritrovò la stessa atmosfera che conservava in cuore. Un
ragazzotto, quasi della sua età, si fece avanti, molto interessato alle
parole che udiva ed un piccolino paffuto e riccioluto tratteneva il suo
cagnetto bianco che abbaiava contento verso la nuova venuta. Dieci occhi,
compresi quelli del cane, la guardavano sbalorditi e Dorisa, fu subito
rinfrancata dall'accoglienza gentile. Succintamente spiegò che era stata
spinta a venire dal desiderio di rivedere quella casa e tutti i parenti di
sua madre. Il sorriso cordiale di tutti confermò a Dorisa che era giunta
alla meta prima di cominciare ritrovando precisi i suoi ricordi a
cominciare dalla cucina, ripulita e rinfrescata, ma col grande camino.
Mancava solamente la figura della zia che vi cucinava tante buone cose:
dolcetti e marmellate di quella frutta che coglieva con la "nipotina
cittadina" e altri cuginetti campagnoli che ridendo e scherzando
assaporavano anch'essi felici le sue specialità seduti attorno al tavolo
di pietra. Un 'onda di emozione la invase mentre tutti la stavano
abbracciando perché avevano messa a fuoco la consanguineità. Passato
quel primo momento di tensione, dopo essersi rinfrescata con un bicchiere
di acqua, i discorsi fluirono più precisi da ambo le parti, chiarendo il
grado di parentela che li legava. Fu spiegato che la casa era proprietà
di Gerolamo,fratello della zia. Egli l'aveva concessa in usufrutto alla
sorella nubile finché fu in vita e, da quel momento vi abitavano
Pierangela e la sua famiglia. Anzi, il piccolo Franchino vi era nato
mentre Donato e Nicoletta erano grandicelli quando avevano traslocato. Da
qualche anno viveva con loro anche Tonino, fratello a Pietro che era
tornato dall' America dove aveva fatto il minatore per infiniti anni.
Intanto si era fatta ora di pranzo e fra poco anche gli uomini sarebbero
rientrati. Nicoletta iniziò a stendere la tovaglia sul tavolo mentre sua
madre si affaccendava attorno ai fornelli che sin dalle prime ore del
mattino aveva avviati e che spandevano nell'ambiente dei grati profumi.
Dorisa,
chiese di potersi rinfrescare e fu Nicoletta ad accompagnarla al bagno del
piano superiore con accanto le tre stanze da
letto. Mostrandole la propria le disse che, se voleva cambiarsi, vi
avrebbe trovato il suo borsone. "Fai con calma che per pranzare c'è
ancora tempo, io vado ad aiutare mamma."
Rimasta sola Dorisa notò, che tranne il grande camino della cucina tutto
era stato rimodernato. Rapidamente si rinfrescò e si ravviò i capelli,
passò poi nella stanza indicata e per stare più a suo agio, indossò la
gonna bianca ingualcibile e l' argentina azzurra. Scesa dabbasso vi trovò
gli uomini che nel frattempo erano rientrati. Sorpresi e incuriositi,
abbracciarono la giovanetta e si dissero contenti di vederla. Pierangela
che stava ai fornelli chiese a suo marito di andare a prendere in cantina
una bottiglia di vin dolce per festeggiare mentre il cognato si arrotolava
le maniche della camicia per affettare il prosciutto. Naturalmente la
nuova nipote apprezzò le il pranzo mangiando con discreto appetito e, con
un brindisi alla cuoca, conquistò maggiormente la simpatia dei commensali
che, a loro volta, erano stati conquistati dal suo parlare sciolto e
naturale e dalla gradevolezza del suo sembiante.
L'ondata di cordialità la sommergeva e la portò a rimpiangere di non
aver conosciuta prima quella famiglia che sarebbe stata anche per sua
madre e sua sorella un grande conforto morale. Era evidente che in quella
casa regnava l'ordine, l'armonia e amore infinito. Pietro, minore di tre
anni di suo fratello, era più esuberante e nel parlare si aiutava anche
con la mimica del volto ed ampi gesti delle braccia. S'interessò molto
alla vita cittadina che stava raccontando la ragazza, facendola ridere con
qualche battuta scherzosa. Il fratello Tonino, più quieto, seduto a
capotavola si limitava ad osservarla senza molto parlare. Era evidente
che, senza ostentazione, il vero fulcro della famiglia era lui perché
aveva un contegno paterno e protettivo. Sembrò a Dorisa che egli quando
la guardava pensasse ad altro, quasi volesse scoprire se era sincera su
quanto stava raccontando. Eppure quello sguardo non era ostile, anzi quasi
tenero. Forse stava pensando che lei fosse abituata alle scappatelle? O
peggio, fosse fuggita da una madre oppressiva? Non doveva neppure
rammaricarsene troppo perché, piombata in casa qualche ora prima, si
poteva pure non prestar fede a ciò che andava dicendo. Proprio per
dissipare eventuali dubbi ella fu esauriente e dettagliata. Vero era che
Pierangela l'aveva subito riconosciuta, ma Tonino non l' aveva mai vista e
e non gli era neppure parente. Però la guardava con simpatia e incitava
continuamente la cognata a servirla in abbondanza mentre diceva: " La
signorina fa i complimenti, falla mangiare ch'è giovane e deve nutrirsi
bene". Dopo aver pranzato e sparecchiata la tavola, i due fratelli
uscirono sotto la pergola dove avrebbero preso il caffè e fumato un
sigaro su quel tavolo di marmo che mai nessuno aveva spostato. Donato che
doveva andare col fratellino a cogliere fichi nel frutteto chiese alla
nuova cugina se voleva unirsi a loro. Contentissima, Dorisa li seguì,
dietro la casa dove con gli altri alberi riconobbe il maestoso fico sotto
il quale si era sdraiata tante volte da bambina facendo scorpacciate dei
suoi dolcissimi frutti. Aiutò i ragazzi a coglierne un paniere e
rientrata in casa trovò che le donne avevano già riordinata la cucina e
si rammaricò di non averle aiutate. "Se proprio vuoi far qualcosa
vai con Nicoletta a ritirare il bucato intanto che io preparo qualcosa per
cena, così, più tardi potremo andare a fare una visita ai nostri cari."
Questo disse Pierangela, intendendo esaudire il desiderio espresso
dall'ospite di recarsi al cimitero. Ritirando e piegando i panni asciugati
al sole, nella sovrastante terrazza, le ragazze continuarono a parlare con
molta confidenza, tra l'altro, Dorisa chiese se lo zio fosse sposato. A
questa domanda l'espressione della quattordicenne cugina prese una
espressione sognante e misteriosa. "Sapessi che storia mia
cara!...Non solo lo zio non si è mai sposato, ma, si dice, che sia andato
in America perché la ragazza che voleva sposare lo ha rifiutato. Dorisa
ascoltava sbalordita :- "E lui gli è rimasto fedele per tutta la
vita?- mormorò. "Proprio così - riprese Nicoletta - te lo
immaginavi così sentimentale? "E' così buono e serio che avrebbe
fatto felice qualunque ragazza, aggiunse Nicoletta." Dorisa fu
colpita da questo racconto e pensò alla stupidità della giovane che non
lo aveva voluto come marito. All'ora stabilita Pierangela e Dorisa
uscirono col fascio di fiori assortiti che Donato si era premurato di
cogliere. La strada da percorrere era piuttosto lunga e le due donne
presero a conversare e vennero fuori altri particolari della famiglia,
compresi quelli riguardanti il cognato che tornato dopo vent'anni al paese
era stato sempre con loro. Aveva fatto il lavoro duro di miniera perché
ben pagato e questo gli aveva permesso di risparmiare un consistente
gruzzolo e non avrebbe avuto difficoltà a trovarsi una moglie, ma non se
ne era dato pensiero, preferendo restare scapolo e in famiglia. E non
aveva esitato a mettere a loro disposizione, una parte dei suoi risparmi
per far restaurare la casa e farvi aggiungere, nel retro, due ambienti
come sua abitazione.
Affascinata da tale racconto, la giovane ascoltatrice, non poté fare a
meno di dire:" Se era così attaccato alla famiglia perché è andato
a fare il minatore così lontano?" La risposta di Pierangela completò
le informazioni già avute. "Che vuoi mia cara, non tutte le ragazze
si adattano a vivere in campagna e lui ha avuto un rifiuto che non si
aspettava e ne rimase tanto deluso e addolorato che ha preferito andarsene
e sparire. "Credo che quella ragazza non l'abbia mai dimenticata, ma
nessuno ha avuto mai coraggio di tornare sull'argomento."
Veramente una storia da romanzo, che restò a lungo nella mente della
ragazza. Abituata a sentire storie moderne di amori che vengono e vanno
con molta rapidità senza strascichi, quasi non poteva credere a quanto
stava apprendendo.
Le venne da pensare a sua madre, che era convinta che i campagnoli non
avessero sentimento? Non vedeva l'ora di farla ricredere. La strada che
rasentava il bosco dal lato destro, era disseminata da bocche di leone e
ciclamini che la rendevano quasi lieta, mentre le punte dei cipressi
sovrastanti, indicavano che erano quasi giunte al luogo di pace. A
sinistra,la strada era costeggiata da un muretto di protezione, interrotto
da una edicola religiosa con una Madonnina miracolosa: La Madonna del
Belvedere - era detta ed era meta di pellegrinaggi e devozione. Quel
muretto che si affacciava su uno strapiombo vertiginoso era anche il
belvedere del luogo. La vallata
sottostante mostrava una visione stupenda col suo tappeto di anemoni
multicolori e le ampie distese di granaglie pronte per la mietitura.
Unitamente alle bellezze naturali, vi si ammirava il diuturno lavoro umano
che da tempi immemori fa curvare le schiene degli agricoltori sulla terra
madre, prodiga di prodotti. Tali curiosità fecero sostare più volte le
due donne e l'incanto di queste visioni suggestionarono la fanciulla
cittadina che non se ne sapeva staccare. Con lo spirito pieno di poesia
agreste, entrarono nell'area cimiteriale come un museo, con lapidi,
capitelli, e statue dava l'immortalità ai defunti. La pietosa visita
accentrò l'attenzione delle cugine e commovente fu l'esaltazione della più
giovane che dinanzi all'effige della cara zia che pareva sorriderle dal
ritratto, non seppe frenare le lacrime. Accanto a lei Pierangela si
affaccendava rinnovando nei vasi l'acqua e i fiori salmodiando i de
profundis per le anime care, rispettando il mesto ricordo della cugina.
Con molto fervore, infatti, ella pianse e pregò nell'irrealtà di un
'altra dimensione. Il ritorno in discesa fu più rapido e ben presto si
trovarono alla cabina telefonica. Dorisa si era preparata mentalmente il
discorsetto da fare a sua madre. Ma, nel momento di digitare il numero di
casa sua, si sentì tremare pensando alla pena che le aveva arrecata.
Certamente si sarebbe rasserenata parlando anche con la sua parente. Lo
scatto immediato dell'interurbana la convinse che l'angustia nei suoi
riguardi era più che viva e chissà da quanto tempo sua madre stava
accanto all'apparecchio, aspettando la sua telefonata. Difatti, al
"Pronto" di quella sventata di sua figlia, non si trattenne dal
rimproverarla, ingiungendole di tornare immediatamente, non volendo
accettare spiegazioni. Questo colpo di testa non glielo avrebbe perdonato.
Possibile che tutto il suo giudizio si fosse annullato all'improvviso? Si
calmò soltanto nell'udire la seconda voce che disse subito essere la
cugina Pierangela. Si, mamma Gisella si ricordava di lei e si profuse in
mille scuse per il disturbo che sua figlia le stava arrecando. Non si era
mai azzardata a fare una cosa del genere. Doveva rimandarla a casa
l'indomani stesso. La cugina la rabbonì dicendole che anche lei era madre
di tre figli e capiva le impuntature dei giovani. Doveva stare tranquilla
che sarebbe rientrata sana e salva.
Commentando la telefonata giunsero a casa che era quasi ora di cena,
Nicoletta aveva già apparecchiato e aveva tenuto in caldo la parmigiana
di melanzane cucinata dalla madre prima di uscire.
Non restava che condire l'insalatina dell'orto e affettare un po' di
formaggio. Dopo poco tutta la famiglia si trovò nuovamente riunita e la
conversazione si concentrò, quasi esclusivamente sugli scontri fra
generazioni causati dalle nuove vedute della gioventù. Questa volta fu
Tonino a rivolgere qualche domanda all'ospite. S' interessò,
specialmente, al modificarsi della loro vita in quel doloroso momento che
costrinse la madre a intraprendere una nuova attività. L' ex emigrante
ascoltava in silenzio con molta attenzione captando quanto rispettoso
orgoglio nutrisse quella ragazza per la propria, infaticabile, madre che
si era adattata a fare anche da padre e che non aveva mai fatto mancare
loro il necessario e non aveva mai voluto risposarsi. Pierangela aggiunse
alla rampogna fatta anche le scuse fatte a lei stessa on la drastica
ingiunzione di obbligare l'intrusa all'immediato rientro a casa.
Tutti risero di quella severità e proprio la padrona di casa precisò il
suo pensiero: "Alla tua età io ero già sposata e madre!"
Durante la cena lo sguardo di Tonino indugiò spesso su quella ragazza così
istruita ed educata esprimendo il suo dispiacere di vederla ripartire così
presto. A queste parole Franchino che aveva solo sei anni, se ne uscì
dicendo: "Perché non dici a tua madre e tua sorella di venire a
riprenderti così conosceremo anche loro?" La cosa fu approvata da
tutti e la madre prese l'iniziativa di fare lei stessa questa richiesta
alla cugina perché avrebbe avuto veramente piacere di rivederla e
conoscere anche Sonia. Si stava facendo notte e Pierangela decise di far
dormire l'ospite nel letto di sua figlia e si affrettò a cambiarvi le
lenzuola mentre Nicoletta stava già approntando lì accanto la
poltrona-letto per sé stessa. Con una "buonanotte" generale, la
lunga giornata ebbe termine e tutti si coricarono. Le ragazze
chiacchierarono ancora per un bel po' di tempo e ci scappò pure un invito
in città per Nicoletta poi, augurandosi un felice sonno si apprestarono
al riposo notturno. Ma Dorisa non riuscì a prendere sonno e ascoltando il
respiro regolare della giovane cugina, considerò quanto fortunata ella
fosse di essere nata in provincia dove la vita scorre tranquilla. Ripassò
quella giornata eccezionale con tutte le emozioni provate. Non riusciva in
special modo a distogliere il pensiero dalla storia di Tonino.
Ci pensava e ripensava non riuscendo a capacitarsi del perché una ragazza
lo avesse rifiutato. Lo considerava un gigante buono per quanto aveva
fatto per la famiglia di suo fratello. E, se ancora adesso che aveva da
poco passato i quarant'anni, conservava una figura atletica e slanciata e
una bella faccia simpatica, figurarsi nella sua giovane età!? A parte la
bellezza fisica, doveva possedere pure un bel carattere. Lo aveva capito
dai modi gentili verso tutti. Con lei stessa che le era estranea, si era
mostrato educato e discreto. Sarebbe stata curiosa di conoscere la giovane
che era stata capace di dirgli di no, chissà che presuntuosa era!
Si addormentò finalmente pensando alla telefonata che si erano scambiate
le due cugine. Ancora di più a quella che avrebbe fatta Pierangela
l'indomani; non credeva proprio nella venuta di sua madre e lei doveva
essere pronta a ripartire. L'unico che non dormì affatto, quella notte,
fu proprio Tonino per dei suoi personalissimi pensieri. Le campane del
Duomo risvegliarono il paese e gli abitanti della casa che dopo aver
espletate le consuete abitudini, furono pronti per la seconda Santa Messa.
Il cuore di Dorisa batté in modo inconsueto nel trovarsi inginocchiata
nel banco di famiglia, di fronte all'Altare Maggiore ove il volto di una
dolente Maria sembrava consolare le pene del mondo. Dinanzi a quell'Altare
sua madre era stata battezzata avendo per madrina la zia Nicoletta e
quando fu comunicata e cresimata, era già orfana e ancora per madrina la
stessa cara zia. La musica dell'antico organo e il Coro del canto
gregoriano completarono la sua suggestione e fu indotta a pregare con
intensa commozione per i morti e per i vivi. In quell'ora mistica sentì
di amare tutto il mondo. L'unica tristezza era dover lasciare dopo poche
ore questo luogo che a lei riempiva l'animo di atavico amore. Uscendo sul
sagrato si vide circondata da altri parenti, tutti orgogliosi di conoscere
quella loro congiunta così bella e così educata poiché il suo arrivo
era stato notato particolarmente e, come accade nei paesi, in un baleno
tutti seppero che lei era la figlia di Gisella. Elettrizzata dalla
popolarità insospettata si avviò insieme a Pierangela verso la cabina
telefonica. Fu Sonia a ricevere l'invito telefonico perchè la madre si
stava appena alzando e prima di dare a lei il tempo di rifiutare, si
dimostrò contentissima di accettare per andarla a conoscere. Confabulò
un po' con sua madre, prima di passarle la parola, insistendo perché
acettasse. Gisella, non trovò scuse e, pure per far contenta Sonia,
assicurò la cugina che sarebbero arrivate con la prima corsa della
prossima domenica.
La gioia della "viaggiatrice" non ebbe limiti e si affrettò a
dimostrarla acquistando regali per i suoi ritrovati parenti. Una
camicetta rosa per Nicoletta e un giocattolo per Franchino, al sedicenne
Donato un berretto con visiera con tanto di scudetto della sua squadra di
calcio, per tutta la famiglia una grandissima torta gelata che fu
graditissima come fu gradita la notizia dell'assenso di sua madre.
Fu anche contenta di rendersi utile in casa, dimostrando che ci sapeva
fare. Il cuore le esultava e il lieve rimorso di aver fatta una marachella
era sfumato. Quante volte con sua sorella avevano percepito l'amarezza di
non avere chi raccontasse loro le origini dei loro genitori entrambi senza
famiglia. Era impaziente di poterle far conoscere che brave persone
fossero i parenti della loro madre e che loro radici esistevano e davano
ancora buoni frutti. Ora, avrebbe avuto dei giorni tutti suoi per poter
fare quante ricerche voleva.
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