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VOGLIA DI PARTIRE
di Lea Mina Ralli

prima parte

Aveva deciso: sarebbe partita da sola!
Dorisa si era stancata di pregare sua madre Gisella di accompagnarla in quel breve viaggio che da qualche tempo si era messa in testa di effettuare per andare a ricercarvi le radici della loro famiglia.
La madre, non voleva cedere alle sue continue insistenze perché non condivideva quella che riteneva essere una fissazione senza nessun costrutto.
I dinieghi, li basava sull'inutilità di perdere tempo e denaro quando avrebbe potuto impiegarli, con più soddisfazione indirizzandosi verso altre località più importanti.
Non vi era nessuna attrattiva in quella località campestre, lei stessa, che vi era nata se ne era allontanata non appena raggiunse la maggiore età. 
La signora Gisella, infatti, non aveva mai amato quel posto dove, prematuramente orfana dei genitori, era vissuta per la carità della zia Nicoletta, sorella nubile di sua madre che, pure, le aveva dato affetto.
Non era ricca sua zia e, appena fu in grado di poterlo fare, la volitiva Gisella,
preferì lasciare quel luogo che non le riserbava nessun futuro e venire in città per vivere alla pari in una famiglia di commercianti oriundi del loro paese che le concessero anche di frequentare una scuola di ricamo nelle ore pomeridiane. Così poté imparare un lavoro che le piaceva e che le permise anche di dare un contributo al bilancio familiare dopo il matrimonio. Ricamava corredi giacché la paga di suo marito, perito tecnico, non era bastante a coprire le spese di una famiglia di quattro persone. Disgraziatamente il marito, dopo solo dieci anni di matrimonio, rimase vittima di un gravissimo incidente sul lavoro lasciandola sola con due piccole bimbe da crescere. Fu un trauma tremendo che scosse l'equilibrio di una esistenza semplice e decorosa inducendo la giovane donna ad affrontare molti problemi, nuovi e imprevisti, per provvedere ai bisogni familiari in maniera più consistente.
Fu proprio la grande Azienda Elettrica presso la quale suo marito aveva lavorato e trovata la morte per l'inefficiente impianto di sicurezza, a venirle incontro.
Le fu offerto un lavoro in Ditta a parziale risarcimento mentre andava a vanti la causa con l'assicurazione che, dopo un lungo periodo di attesa le definì una pensione reversibile. Superato lo sgomento per un lavoro del tutto sconosciuto, la giovane vedova, vi si tuffò con passione, apprendendo quelle cognizioni impiegatizie che prevedevano l'uso delle recenti apparecchiature meccanografiche.
Vi si applicò coscienziosamente e, con intelligenza, facendo un salto di qualità e, per la serietà che dimostrava, fu presa in molta considerazione dai dirigenti che le affidarono, sempre più spesso, incarichi di fiducia aumentando così il suo reddito. Ciò permise alle figliole, Dorisa e Sonia, di crescere senza troppi problemi e con l'esempio, materno si abituarono ben presto ad una vita parsimoniosa.
Accontentandosi anche di trascorrere le vacanze da pendolari con colazione al sacco insieme alla madre da mattina a sera, magari variando le mete. Studio e lavoro aveva determinato sempre la vita delle tre donne e, d'amore e d'accordo, veniva organizzato anche il lavoro casalingo quotidiano. Solo alla minore Sonia, era stato concesso anche lo studio del pianoforte per esaudire l'innato suo amore per la musica e dopo sette anni stava dimostrando già il suo talento. La sorella più grande, affettuosa e protettiva, l'accompagnava alle lezioni mentre la madre era in ufficio. Presa dai suoi doveri, mamma Gisella non tornò mai più al suo paese rimanendo però in contatto con la zia, che l'aveva allevata. Fino a che visse, fu l' anziana zia a venire in città trascorrendo dei periodi con loro. Sparito, da qualche anno questo legame, la vedova aveva preferito cancellare ogni ricordo delle sue origini e questa cosa indispettiva Dorisa, la figlia maggiore. che era invece curiosa di andarvi. La ragazza ne serbava dei vaghi ricordi per avervi trascorso da piccina, dei brevissimi periodi perché un po' linfatica e inappetente, aveva avuto necessità dell'aria ossigenata dell'alta collina.
Naturalmente in quei periodi stava in casa di zia Nicoletta. L'antico borgo arroccato in cima all'alta collina, possedeva qull'aria salubre e fortificante emanata dai castagneti che gli erano d'attorno ed entro quei boschi la bambinetta ritrovava subito il colorito della salute. Contribuiva a ciò anche il cibo sano e genuivo che la sollecitudine della zia condiva anche con tanto amore. Di quelle giornate la giovane, ormai diciottenne ne conservava un ricordo struggente e, da un po' di tempo, stava rimuginando l'idea di ritornarvi. Sentiva desiderio di parentele e aveva sempre invidiato le famiglie numerose delle sue coetanee. Sua madre non era dello stesso avviso e contrastava puntigliosamente il desiderio filiale:- " Ma quali radici vai ricercando?"
Oramai i pochi parenti che c'erano si saranno dispersi chissadove.
"Chi vuoi che sia rimasto su quello scoglio, giusto quei pochi anziani che non vogliono abbandonare la casa e qualche lembo di terra per far razzolare le galline." Io, non ho proprio nulla da rivendicare lassù e non penso proprio di andarvi. "Faresti meglio a dimenticartene anche tu:" Tali argomentazioni, sortivano invece l'effetto di rinfocolare il desiderio della ragazza.
Da quando aveva assunto l'impegno di dattilografare le dispense per il programma di storia di una scuola privata, la ragazza era convinta che ogni famiglia avesse il dovere di ricercare le proprie tradizioni e discendenze. Era affascinata dagli alberi genealogici. Da poco maggiorenne sentiva la nostalgia di quel paesino e voleva andarvi. Soprattutto ricordava le passeggiate nei boschi ove insieme alla zia coglieva more e lamponi e ciclamini. Bramava ardentemente portare un fiore sulla tomba di colei che l'aveva tenuta come una principessina; lo considerava un doveroso omaggio anche a nome della madre che, nelle cupe giornate di lutto era stata confortata soltanto da lei. Ricordava come in un sogno il minuscolo cimitero con la muraglia ricoperta di rose rampicanti e dove, pietosamente, la zia disponeva fiori dinanzi alle lapidi che rimandavano immagini dei suoi amati familiari e dei quali narrava la storia che la ragazzina ascoltava come favole. 
Da diversi anni anch'essa riposava fra quei defunti e Dorisa era sicura che altri parenti dovevano ancora vivere in paese nonostante i discorsi di sua madre che li pensava tutti espatriati. Alla studentessa era venuta voglia di verificare e, approfittando delle vacanze estive, voleva dedicarvi un po' di tempo.
In settembre avrebbe dovuto partecipare ad un Concorso per un impiego statale e, se fosse stata assunta, chissà quando avrebbe potuto assecondare questa sua smania di partenza. Perché sua madre non condivideva questo suo desiderio? Diceva che ai morti non serve più nulla ! Basta che il ricordo rimanga nei cuori di chi hanno lasciato. Povera, sfortunata madre!
Conoscendo i suoi molti lutti e tuttociò che aveva dovuto affrontare prima di giungere alla serenità attuale, non si era accorta di essersi un po' inasprita, ma un po' di curiosità per lo "scoglio" dov'era nata non le era rimasto?
Dorisa disapprovava specialmente il disprezzo che sua madre aveva per la gente di campagna che considerava gretta e poco sensibile. Da cosa derivasse questa errata convinzione, sua figlia non lo capiva. Eppure sua madre era buona, generosa e con l'animo gentile e, loro figlie, ne erano orgogliose. L'avevano vista fare tardi per studiare e prepararsi ad ogni concorso interno dell'Azienda ch'ella non tralasciava per acquistare punti di merito in più. Ed ogni volta era riuscita nell'intento, salendo di categoria con la busta paga più gonfia e, quei soldini miglioravano l'andamento di casa e la mamma era felice di appagare i loro desideri. Non si era mai preso uno svago se non insieme alle sue bambine e mai aveva pensato a rifarsi un compagno. L'unica cosa che non condivideva con la figlia più grande era l'amore per la campagna. Dorisa era una sognatrice, adorava la natura e ne assaporava l'armonia che si sprigionava dai suoi colori e dalla semplicità della vita. Considerando bene questa divergenza, l'adolescente si convinse che sarebbe stato meglio agire di nascosto. Valutò i prò e i contro e si sentì pronta a dimostrare di essere una maggiorenne capace di avere iniziative. Avrebbe organizzato tutto, rinunciando al permesso materno e senza chiederle neppure una lira giacché aveva una sommetta sua accantonata per comprare, il cappottino rosso visto in vetrina. Erano risparmi suoi, guadagnati con la copiatura delle dispense che la tenevano per ore alla macchina da scrivere e il compenso per questo lavoro non elevato, si moltiplicava per merito dell'agilità delle sue dita. Merito pure della "carta carbone" che le consentiva di digitare otto fogli alla volta. Si era trovato questo lavoretto per mantenersi in esercizio dopo aver conseguito il diploma di stenodattilografa in attesa di poter occupare un posto definitivo in qualche serio ufficio. Seppure spiacente di dover agire nascostamente continuò ad elaborare il suo progetto di viaggio e, pervasa da euforia, si ritrovava a canticchiare mentre scriveva pregustando la sua avventura. Del resto, fra le sue compagne di scuola ve ne erano molte che vivevano già da sole con la famiglia lontana. Lei, sarebbe stata via giusto lo spazio di un weekend... Poteva pure permettersi   una rapida trasferta per "ricerche paesane!" Infine mica andava all'estero!
Scelse mentalmente l'abbigliamento più idoneo per non essere costretta a portare bagagli e non dare alla sua partenza la parvenza di una fuga. Il borsone sportivo, sarebbe stato sufficiente a contenere qualche indumento con pochissimi cambi e, partendo con jeans, camicetta bianca e pullover blu, sarebbe stata benissimo. Con le scarpe da ginnastica avrebbe potuto camminare senza stancarsi troppo e, data la bella stagione, sarebbe stato un piacevole divago. Si era, infatti ai primi di giugno e, l'ora legale concedeva luce e tempo in più per visitare cose e persone.  
S'informo degli orari di partenza e di arrivo della corriera che in poco più di due ore l'avrebbe condotta a destinazione. A ben pensarci la mamma non l'aveva mai accompagnata al paese nelle poche volte che vi era andata. La prima volta partì con la zia e la seconda addirittura da sola affidata all'autista della corriera che era fin da giovane, un suo vicino di casa. Si sentì molto orgogliosa Dorisa per la fiducia accordatale da sua madre, le sembrò davvero di essere più "grande" dei suoi sette anni specialmente quando, all'arrivo, zia Nicoletta l'accolse dicendole: " Ben arrivata signorina!"
Dorisa aveva deciso di non partecipare neppure alla sorella questo suo progetto per non turbarla anzitempo con un segreto da custodire. Avrebbe lasciato un biglietto spiegando che sarebbe stata di ritorno la domenica sera e, sicuramente sarebbe stata perdonata. Il giorno della partenza si chiuse la porta alle spalle con molta circospezione per non svegliare le dormienti rispettando la loro abitudine del sabato di dormire un po' più a lungo non avendo impegni né di studio né di ufficio. Fu tra i primi viaggiatori a raggiungere l'automezzo così da scegliersi un posto comodo accanto al finestrino. Voleva godersi tutto il panorama! In breve il pullmann fu pieno di persone vocianti che la incuriosirono e la distrassero. Il suo pensiero faceva voli pindarici, per soffocare il piccolo rimorso che sentiva in cuore per quel sotterfugio. Serrati gli sportelli, il pullmann si avviò ed ebbe la certezza che non sarebbe più potuta tornare indietro. Cominciando ad assaporare quella sua parvenza di libertà, il suo animo godeva delle vedute campestri che apparivano, dopo le ultime case cittadine. Ville, casali e stalle si susseguivano fra estensioni più o meno grandi di terre lavorate a orti e vigneti che rimandavano tutti i toni dal verde delle piante al marrone delle terre arate, spezzati dal giallo dei girasoli e dei campi di grano. Coltivazioni di carciofi e verdure, immensi vigneti e maestosi cespugli di ginestre e con gli animali al pascolo nei prati sconfinati. Di quei sereni spazi, baciati dal sole mattutino lei si beava. Lo sguardo della ragazza era affascinato dai quadri naturali che le si svolgevano dinanzi nel rapido susseguirsi. Quanti pittori macchiaioli avevano dipinti così bene quella natura rigogliosa! Fantasticava sul percorso sinuoso di quella strada argentea che s'inerpicava attorno alle alture ricoperte di boschi centenari, collegando paesi e contrade. Ad ogni fermata molta gente scendeva ed altra saliva e tutti avevano fretta di raggiungere le proprie mete. Dorisa si sentiva soddisfatta e felice perché era in adorazione di quanto i suoi occhi assorbivano mentre l'aria più leggera e pura, sembrava infonderle nuova vita. Erano passate due ore dalla partenza ed ella aguzzò lo sguardo per intravedere qualcosa che conosceva.Con un tuffo al cuore, riconobbe in lontananza, l'affusolato campanile della chiesa. Sembrava venirgli incontro come per darle un cordiale benvenuto. Si alzò in piedi per essere pronta scendere e il subcosciente la indusse a cercare il volto di zia Nicoletta come tanti anni addietro.
Malinconicamente tornò al presente perché i passeggeri la spingevano e si affrettò a calcare quella piazza che riconobbe immediatamente. Fu sorpresa di vederla molto affollata, di gente giovane soprattutto. Ultimamente, stava quasi per credere a quanto diceva mamma Gisella:- "I giovani, appena possono, espatriano e nei paesi rimangono solo i vecchi!"
Invece davanti alla fermata della corriera c'era un mucchio di persone perché era sabato ed era giorno di mercato e vi era anche la curiosità di vedere chi arrivava e chi partiva.
Aggiustandosi la tracolla della borsa sulla spalla, si avvide che molti occhi si erano accesi nel guardarla cercando di capire chi fosse. Dandosi un contegno cercò la giusta direzione e si avviò verso la strada alberata alla sua destra. Guardando il grande orologio sulla facciata del Palazzo Comunale vide che erano le dieci e mezzo, ora in cui a casa sua si stavano svegliando e sua sorella, probabilmente, stava già mostrando alla mamma il biglietto che aveva lasciato bene in vista sullo scrittoio della loro stanza.
Avrebbe voluto entrare nella cabina telefonica per comunicare subito con loro, ma una fila di gente in attesa la dissuase rimandando la difficoltosa conversazione a più tardi. Qualcuno la seguì con lo sguardo poiché non era passato inosservato l'arrivo della bella ragazza che, di fronte ai tanti sguardi curiosi, assunse un'aria sicura e altezzosa che ben mimetizzava quella di una turista decisa e frettolosa di andare verso qualcuno che l'aspettava. Percorse, quasi in trance la breve via e, d' incanto, si vide di fronte la villetta fiorita precisa a come la ricordava. Aveva pensato di trovarla chiusa e diroccata...
Invece, fu una gioiosa sorpresa ritrovarla qual'era. Vi si fermò estatica dinanzi mentre la borsa le scivolava a terra. Cercò di scrutare fra i vasi di viole del muretto di recinzione e le parve che gli anni non fossero passati. Le aiuole fiorite ai due lati del cancello, lo zampillo della fontanina che dal di dentro faceva udire il suo fluire, sopra di essa la pergola di glicini azzurri... ma non riusciva a vedere il grande tavolo di pietra piantato nel terreno al centro della pergola. C'era ancora? E gli alberi di frutta dietro la casa? E il dondolo sul terrazzo? Quanti ricordi! Per vedere tutto sarebbe dovuta entrare!
Ma chissà se gli attuali abitanti sarebbero stati così cortesi da permetterglielo? Immediatamente pensò che sarebbe stata una delusione non poterlo fare e non riuscire a concretizzare il suo progetto di ricerca. Eppure, da lì doveva cominciare! Era forse l'emozione a suggestionarla, ma quel brusio di voci provenienti dall'interno le sembrò così familiare da immobilizzarla e non riuscì più a muovere un passo.
In quell'istante il portoncino si aprì e, velocemente, ne uscì una ragazzetta bruna e ridente che con l'immediatezza delle persone semplici le rivolse la parola: "Cerca qualcuno?" La domanda improvvisa e diretta la sconcertò e senza pensarci si trovò a rispondere : "Si, zia Nicoletta!" Mentre parlava divenne rossa, accorgendosi quanto fosse inopportuna la sua risposta giacché quella fanciulla probabilmente neppure sapeva chi fosse la persona che stava cercando. Ma, sveglia e pronta, l'altra disse: "Anch'io mi chiamo Nicoletta, ma, zia, non lo sono ancora!" La risata di entrambe squillò, molto comunicativa e incitò la più giovane a dar di voce a sua madre che si fece sull'uscio. "Mamma...la signora cerca zia Nicoletta." La donna si appressò, molto interessata prese la parola: "Io sono Pierangela..chi è lei?" 
Immediatamente Dorisa rifletté che il viso della giovane donna non le era del tutto sconosciuto........ " Io sono...anzi... ero la nipote della signora Nicoletta che abitava qui tanti anni fa. Mi chiamo Dorisa."
Mentre pronunziava il suo nome, la donna allargò le braccia in modo espansivo mentre mormorava: "Ma si, sei la figlia di Gisella, vieni dentro che siamo parenti, anch'io sono nipote a zia Nicoletta, forse più stretta... perché sono la figlia del fratello Gerolamo" Non mi riconosci? Sì dicendo faceva strada alla visitatrice per farla accomodare in casa seguita dalla figlia che aveva raccattata la borsa. Varcata la soglia, Dorisa ritrovò la stessa atmosfera che conservava in cuore. Un ragazzotto, quasi della sua età, si fece avanti, molto interessato alle parole che udiva ed un piccolino paffuto e riccioluto tratteneva il suo cagnetto bianco che abbaiava contento verso la nuova venuta. Dieci occhi, compresi quelli del cane, la guardavano sbalorditi e Dorisa, fu subito rinfrancata dall'accoglienza gentile. Succintamente spiegò che era stata spinta a venire dal desiderio di rivedere quella casa e tutti i parenti di sua madre. Il sorriso cordiale di tutti confermò a Dorisa che era giunta alla meta prima di cominciare ritrovando precisi i suoi ricordi a cominciare dalla cucina, ripulita e rinfrescata, ma col grande camino.
Mancava solamente la figura della zia che vi cucinava tante buone cose: dolcetti e marmellate di quella frutta che coglieva con la "nipotina cittadina" e altri cuginetti campagnoli che ridendo e scherzando assaporavano anch'essi felici le sue specialità seduti attorno al tavolo di pietra. Un 'onda di emozione la invase mentre tutti la stavano abbracciando perché avevano messa a fuoco la consanguineità. Passato quel primo momento di tensione, dopo essersi rinfrescata con un bicchiere di acqua, i discorsi fluirono più precisi da ambo le parti, chiarendo il grado di parentela che li legava. Fu spiegato che la casa era proprietà di Gerolamo,fratello della zia. Egli l'aveva concessa in usufrutto alla sorella nubile finché fu in vita e, da quel momento vi abitavano Pierangela e la sua famiglia. Anzi, il piccolo Franchino vi era nato mentre Donato e Nicoletta erano grandicelli quando avevano traslocato. Da qualche anno viveva con loro anche Tonino, fratello a Pietro che era tornato dall' America dove aveva fatto il minatore per infiniti anni. Intanto si era fatta ora di pranzo e fra poco anche gli uomini sarebbero rientrati. Nicoletta iniziò a stendere la tovaglia sul tavolo mentre sua madre si affaccendava attorno ai fornelli che sin dalle prime ore del mattino aveva avviati e che spandevano nell'ambiente dei grati profumi.
Dorisa, chiese di potersi rinfrescare e fu Nicoletta ad accompagnarla al bagno del piano superiore con accanto le tre stanze da letto. Mostrandole la propria le disse che, se voleva cambiarsi, vi avrebbe trovato il suo borsone. "Fai con calma che per pranzare c'è ancora tempo, io vado ad aiutare mamma."
Rimasta sola Dorisa notò, che tranne il grande camino della cucina tutto era stato rimodernato. Rapidamente si rinfrescò e si ravviò i capelli, passò poi nella stanza indicata e per stare più a suo agio, indossò la gonna bianca ingualcibile e l' argentina azzurra. Scesa dabbasso vi trovò gli uomini che nel frattempo erano rientrati. Sorpresi e incuriositi, abbracciarono la giovanetta e si dissero contenti di vederla. Pierangela che stava ai fornelli chiese a suo marito di andare a prendere in cantina una bottiglia di vin dolce per festeggiare mentre il cognato si arrotolava le maniche della camicia per affettare il prosciutto. Naturalmente la nuova nipote apprezzò le il pranzo mangiando con discreto appetito e, con un brindisi alla cuoca, conquistò maggiormente la simpatia dei commensali che, a loro volta, erano stati conquistati dal suo parlare sciolto e naturale e dalla gradevolezza del suo sembiante. 
L'ondata di cordialità la sommergeva e la portò a rimpiangere di non aver conosciuta prima quella famiglia che sarebbe stata anche per sua madre e sua sorella un grande conforto morale. Era evidente che in quella casa regnava l'ordine, l'armonia e amore infinito. Pietro, minore di tre anni di suo fratello, era più esuberante e nel parlare si aiutava anche con la mimica del volto ed ampi gesti delle braccia. S'interessò molto alla vita cittadina che stava raccontando la ragazza, facendola ridere con qualche battuta scherzosa. Il fratello Tonino, più quieto, seduto a capotavola si limitava ad osservarla senza molto parlare. Era evidente che, senza ostentazione, il vero fulcro della famiglia era lui perché aveva un contegno paterno e protettivo. Sembrò a Dorisa che egli quando la guardava pensasse ad altro, quasi volesse scoprire se era sincera su quanto stava raccontando. Eppure quello sguardo non era ostile, anzi quasi tenero. Forse stava pensando che lei fosse abituata alle scappatelle? O peggio, fosse fuggita da una madre oppressiva? Non doveva neppure rammaricarsene troppo perché, piombata in casa qualche ora prima, si poteva pure non prestar fede a ciò che andava dicendo. Proprio per dissipare eventuali dubbi ella fu esauriente e dettagliata. Vero era che Pierangela l'aveva subito riconosciuta, ma Tonino non l' aveva mai vista e e non gli era neppure parente. Però la guardava con simpatia e incitava continuamente la cognata a servirla in abbondanza mentre diceva: " La signorina fa i complimenti, falla mangiare ch'è giovane e deve nutrirsi bene". Dopo aver pranzato e sparecchiata la tavola, i due fratelli uscirono sotto la pergola dove avrebbero preso il caffè e fumato un sigaro su quel tavolo di marmo che mai nessuno aveva spostato. Donato che doveva andare col fratellino a cogliere fichi nel frutteto chiese alla nuova cugina se voleva unirsi a loro. Contentissima, Dorisa li seguì, dietro la casa dove con gli altri alberi riconobbe il maestoso fico sotto il quale si era sdraiata tante volte da bambina facendo scorpacciate dei suoi dolcissimi frutti. Aiutò i ragazzi a coglierne un paniere e rientrata in casa trovò che le donne avevano già riordinata la cucina e si rammaricò di non averle aiutate. "Se proprio vuoi far qualcosa vai con Nicoletta a ritirare il bucato intanto che io preparo qualcosa per cena, così, più tardi potremo andare a fare una visita ai nostri cari." Questo disse Pierangela, intendendo esaudire il desiderio espresso dall'ospite di recarsi al cimitero. Ritirando e piegando i panni asciugati al sole, nella sovrastante terrazza, le ragazze continuarono a parlare con molta confidenza, tra l'altro, Dorisa chiese se lo zio fosse sposato. A questa domanda l'espressione della quattordicenne cugina prese una espressione sognante e misteriosa. "Sapessi che storia mia cara!...Non solo lo zio non si è mai sposato, ma, si dice, che sia andato in America perché la ragazza che voleva sposare lo ha rifiutato. Dorisa ascoltava sbalordita :- "E lui gli è rimasto fedele per tutta la vita?- mormorò. "Proprio così - riprese Nicoletta - te lo immaginavi così sentimentale? "E' così buono e serio che avrebbe fatto felice qualunque ragazza, aggiunse Nicoletta." Dorisa fu colpita da questo racconto e pensò alla stupidità della giovane che non lo aveva voluto come marito. All'ora stabilita Pierangela e Dorisa uscirono col fascio di fiori assortiti che Donato si era premurato di cogliere. La strada da percorrere era piuttosto lunga e le due donne presero a conversare e vennero fuori altri particolari della famiglia, compresi quelli riguardanti il cognato che tornato dopo vent'anni al paese era stato sempre con loro. Aveva fatto il lavoro duro di miniera perché ben pagato e questo gli aveva permesso di risparmiare un consistente gruzzolo e non avrebbe avuto difficoltà a trovarsi una moglie, ma non se ne era dato pensiero, preferendo restare scapolo e in famiglia. E non aveva esitato a mettere a loro disposizione, una parte dei suoi risparmi per far restaurare la casa e farvi aggiungere, nel retro, due ambienti come sua abitazione.
Affascinata da tale racconto, la giovane ascoltatrice, non poté fare a meno di dire:" Se era così attaccato alla famiglia perché è andato a fare il minatore così lontano?" La risposta di Pierangela completò le informazioni già avute. "Che vuoi mia cara, non tutte le ragazze si adattano a vivere in campagna e lui ha avuto un rifiuto che non si aspettava e ne rimase tanto deluso e addolorato che ha preferito andarsene e sparire. "Credo che quella ragazza non l'abbia mai dimenticata, ma nessuno ha avuto mai coraggio di tornare sull'argomento."
Veramente una storia da romanzo, che restò a lungo nella mente della ragazza. Abituata a sentire storie moderne di amori che vengono e vanno con molta rapidità senza strascichi, quasi non poteva credere a quanto stava apprendendo.
Le venne da pensare a sua madre, che era convinta che i campagnoli non avessero sentimento? Non vedeva l'ora di farla ricredere. La strada che rasentava il bosco dal lato destro, era disseminata da bocche di leone e ciclamini che la rendevano quasi lieta, mentre le punte dei cipressi sovrastanti, indicavano che erano quasi giunte al luogo di pace. A sinistra,la strada era costeggiata da un muretto di protezione, interrotto da una edicola religiosa con una Madonnina miracolosa: La Madonna del Belvedere - era detta ed era meta di pellegrinaggi e devozione. Quel muretto che si affacciava su uno strapiombo vertiginoso era anche il belvedere del luogo. La vallata sottostante mostrava una visione stupenda col suo tappeto di anemoni multicolori e le ampie distese di granaglie pronte per la mietitura.
Unitamente alle bellezze naturali, vi si ammirava il diuturno lavoro umano che da tempi immemori fa curvare le schiene degli agricoltori sulla terra madre, prodiga di prodotti. Tali curiosità fecero sostare più volte le due donne e l'incanto di queste visioni suggestionarono la fanciulla cittadina che non se ne sapeva staccare. Con lo spirito pieno di poesia agreste, entrarono nell'area cimiteriale come un museo, con lapidi, capitelli, e statue dava l'immortalità ai defunti. La pietosa visita accentrò l'attenzione delle cugine e commovente fu l'esaltazione della più giovane che dinanzi all'effige della cara zia che pareva sorriderle dal ritratto, non seppe frenare le lacrime. Accanto a lei Pierangela si affaccendava rinnovando nei vasi l'acqua e i fiori salmodiando i de profundis per le anime care, rispettando il mesto ricordo della cugina. Con molto fervore, infatti, ella pianse e pregò nell'irrealtà di un 'altra dimensione. Il ritorno in discesa fu più rapido e ben presto si trovarono alla cabina telefonica. Dorisa si era preparata mentalmente il discorsetto da fare a sua madre. Ma, nel momento di digitare il numero di casa sua, si sentì tremare pensando alla pena che le aveva arrecata. Certamente si sarebbe rasserenata parlando anche con la sua parente. Lo scatto immediato dell'interurbana la convinse che l'angustia nei suoi riguardi era più che viva e chissà da quanto tempo sua madre stava accanto all'apparecchio, aspettando la sua telefonata. Difatti, al "Pronto" di quella sventata di sua figlia, non si trattenne dal rimproverarla, ingiungendole di tornare immediatamente, non volendo accettare spiegazioni. Questo colpo di testa non glielo avrebbe perdonato. Possibile che tutto il suo giudizio si fosse annullato all'improvviso? Si calmò soltanto nell'udire la seconda voce che disse subito essere la cugina Pierangela. Si, mamma Gisella si ricordava di lei e si profuse in mille scuse per il disturbo che sua figlia le stava arrecando. Non si era mai azzardata a fare una cosa del genere. Doveva rimandarla a casa l'indomani stesso. La cugina la rabbonì dicendole che anche lei era madre di tre figli e capiva le impuntature dei giovani. Doveva stare tranquilla che sarebbe rientrata sana e salva.
Commentando la telefonata giunsero a casa che era quasi ora di cena, Nicoletta aveva già apparecchiato e aveva tenuto in caldo la parmigiana di melanzane cucinata dalla madre prima di uscire.
Non restava che condire l'insalatina dell'orto e affettare un po' di formaggio. Dopo poco tutta la famiglia si trovò nuovamente riunita e la conversazione si concentrò, quasi esclusivamente sugli scontri fra generazioni causati dalle nuove vedute della gioventù. Questa volta fu Tonino a rivolgere qualche domanda all'ospite. S' interessò, specialmente, al modificarsi della loro vita in quel doloroso momento che costrinse la madre a intraprendere una nuova attività. L' ex emigrante ascoltava in silenzio con molta attenzione captando quanto rispettoso orgoglio nutrisse quella ragazza per la propria, infaticabile, madre che si era adattata a fare anche da padre e che non aveva mai fatto mancare loro il necessario e non aveva mai voluto risposarsi. Pierangela aggiunse alla rampogna fatta anche le scuse fatte a lei stessa on la drastica ingiunzione di obbligare l'intrusa all'immediato rientro a casa.
Tutti risero di quella severità e proprio la padrona di casa precisò il suo pensiero: "Alla tua età io ero già sposata e madre!"
Durante la cena lo sguardo di Tonino indugiò spesso su quella ragazza così istruita ed educata esprimendo il suo dispiacere di vederla ripartire così presto. A queste parole Franchino che aveva solo sei anni, se ne uscì dicendo: "Perché non dici a tua madre e tua sorella di venire a riprenderti così conosceremo anche loro?" La cosa fu approvata da tutti e la madre prese l'iniziativa di fare lei stessa questa richiesta alla cugina perché avrebbe avuto veramente piacere di rivederla e conoscere anche Sonia. Si stava facendo notte e Pierangela decise di far dormire l'ospite nel letto di sua figlia e si affrettò a cambiarvi le lenzuola mentre Nicoletta stava già approntando lì accanto la poltrona-letto per sé stessa. Con una "buonanotte" generale, la lunga giornata ebbe termine e tutti si coricarono. Le ragazze chiacchierarono ancora per un bel po' di tempo e ci scappò pure un invito in città per Nicoletta poi, augurandosi un felice sonno si apprestarono al riposo notturno. Ma Dorisa non riuscì a prendere sonno e ascoltando il respiro regolare della giovane cugina, considerò quanto fortunata ella fosse di essere nata in provincia dove la vita scorre tranquilla. Ripassò quella giornata eccezionale con tutte le emozioni provate. Non riusciva in special modo a distogliere il pensiero dalla storia di Tonino.
Ci pensava e ripensava non riuscendo a capacitarsi del perché una ragazza lo avesse rifiutato. Lo considerava un gigante buono per quanto aveva fatto per la famiglia di suo fratello. E, se ancora adesso che aveva da poco passato i quarant'anni, conservava una figura atletica e slanciata e una bella faccia simpatica, figurarsi nella sua giovane età!? A parte la bellezza fisica, doveva possedere pure un bel carattere. Lo aveva capito dai modi gentili verso tutti. Con lei stessa che le era estranea, si era mostrato educato e discreto. Sarebbe stata curiosa di conoscere la giovane che era stata capace di dirgli di no, chissà che presuntuosa era!
Si addormentò finalmente pensando alla telefonata che si erano scambiate le due cugine. Ancora di più a quella che avrebbe fatta Pierangela l'indomani; non credeva proprio nella venuta di sua madre e lei doveva essere pronta a ripartire. L'unico che non dormì affatto, quella notte, fu proprio Tonino per dei suoi personalissimi pensieri. Le campane del Duomo risvegliarono il paese e gli abitanti della casa che dopo aver espletate le consuete abitudini, furono pronti per la seconda Santa Messa. Il cuore di Dorisa batté in modo inconsueto nel trovarsi inginocchiata nel banco di famiglia, di fronte all'Altare Maggiore ove il volto di una dolente Maria sembrava consolare le pene del mondo. Dinanzi a quell'Altare sua madre era stata battezzata avendo per madrina la zia Nicoletta e quando fu comunicata e cresimata, era già orfana e ancora per madrina la stessa cara zia. La musica dell'antico organo e il Coro del canto gregoriano completarono la sua suggestione e fu indotta a pregare con intensa commozione per i morti e per i vivi. In quell'ora mistica sentì di amare tutto il mondo. L'unica tristezza era dover lasciare dopo poche ore questo luogo che a lei riempiva l'animo di atavico amore. Uscendo sul sagrato si vide circondata da altri parenti, tutti orgogliosi di conoscere quella loro congiunta così bella e così educata poiché il suo arrivo era stato notato particolarmente e, come accade nei paesi, in un baleno tutti seppero che lei era la figlia di Gisella. Elettrizzata dalla popolarità insospettata si avviò insieme a Pierangela verso la cabina telefonica. Fu Sonia a ricevere l'invito telefonico perchè la madre si stava appena alzando e prima di dare a lei il tempo di rifiutare, si dimostrò contentissima di accettare per andarla a conoscere. Confabulò un po' con sua madre, prima di passarle la parola, insistendo perché acettasse. Gisella, non trovò scuse e, pure per far contenta Sonia, assicurò la cugina che sarebbero arrivate con la prima corsa della prossima domenica.
La gioia della "viaggiatrice" non ebbe limiti e si affrettò a dimostrarla acquistando regali per i suoi ritrovati parenti.
Una camicetta rosa per Nicoletta e un giocattolo per Franchino, al sedicenne Donato un berretto con visiera con tanto di scudetto della sua squadra di calcio, per tutta la famiglia una grandissima torta gelata che fu graditissima come fu gradita la notizia dell'assenso di sua madre.
Fu anche contenta di rendersi utile in casa, dimostrando che ci sapeva fare. Il cuore le esultava e il lieve rimorso di aver fatta una marachella era sfumato. Quante volte con sua sorella avevano percepito l'amarezza di non avere chi raccontasse loro le origini dei loro genitori entrambi senza famiglia. Era impaziente di poterle far conoscere che brave persone fossero i parenti della loro madre e che loro radici esistevano e davano ancora buoni frutti. Ora, avrebbe avuto dei giorni tutti suoi per poter fare quante ricerche voleva.

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