I tiranni - le vittime - i ribelli

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ROMANZO    STORICO
in tre parti

 

TERZA PARTE
(3)

Quello del ’972, fu un novembre doloroso per Roma perché in una delle sue zone più popolose, avvenne un fatto tragico che coinvolse un grandissimo numero di persone.

 In un grandissimo palazzo, s’innescò un incendio, causato forse da corto circuito, che fece scoppiare simultaneamente, una grossa partita di petardi e fuochi artificiali che, nel negozio sottostante, erano pronti per l’imminente vendita natalizia.

 L’edificio saltò letteralmente in aria uccidendo centosessanta persone che per lo più erano coricate, poiché accadde di notte.

 Il furibondo incendio, durato per ore, rese difficili i salvataggi dei superstiti e dei numerosi feriti, per i quali tutta la città si prodigò con una catena di solidarietà senza eguale.

 Malgrado, l’ora tarda che causò maggiormente panico e disagi, per i senzatetto ci furono aiuti immediati e toccanti, alberghi e case private furono pronti ad ospitarli perché il palazzo, completamente distrutto, aveva ingoiato beni e suppellettili.

 I soccorsi unanimi e tempestivi, da parte di medici e forze dell’ordine che non si concessero riposo, smistarono i sinistrati nei luoghi adatti per essere curati, ristorati, rivestiti e confortati.

 Fu una gara esemplare fra tutti e alla sottoscrizione che aprì, sollecitamente, il Messagero, risposero in massa, raggiungendo in breve cento milioni che aggiunti alle altre offerte dei giorni seguenti, permisero di ristrutturare completamente lo stabile che dopo due anni fu riconsegnato ai suoi abitanti.

 Anche in questo frangente, Curzio e Caterina, furono in prima linea, dimostrando la loro disponibilità a favore dei bisognosi come la maggioranza della popolazione romana che appare caustica e sfottente, ma che di fronte a necessità impellenti, sa dare senza economia con slancio fraterno e grande solidarietà.

 Molto spesso è la tempestività che risolve situazioni drammatiche mentre il tergiversare compromette le buone intenzioni e, seppure, la distruzione totale sembra paralizzare il meccanismo degli aiuti, sono volontà decisa e cooperazione che riescono a salvare il salvabile.

 Questo accadde al Prenestino.

 

 Il dottor Curzio che aveva presa la specializzazione in pediatria, settore per il quale si sentiva inclinato maggiormente, stava facendo una rapida carriera, contornato dalla stima e dall’apprezzamento dei superiori e dei colleghi.

 Aiuto del Primario nel reparto infantile di un nosocomio cittadino, trascoreva in ospedale la maggior parte del giorno e, talvolta, della notte, per curare meticolosamente i piccoli pazienti affidati alle sue cure.

 Il giovane professore non si dava requie perché considerava sacro il giuramento d’Ippocarate, era veramente una missione, quella che aveva scelta, sentendone tutta la responsabilità.

 Assillato com’era sempre stato, dallo studio prima e dal lavoro dopo, non aveva mai avuto il tempo di intraprendere qualche relazione sentimentale tranne qualche innocente flirt durante gli anni universitari, ma mai nulla di serio.

 Di questo Bice si rammaricava non poco, ma le sue risposte alle trepide indagini materne, erano sempre uguali: “ Sai che ti dico mamma?… Se avrò la fortuna di trovare una brava ragazza che mi vorrà bene, accontentandosi di vedermi poco e niente, me la sposerò all’istante !…. Vorrà dire che sarai tu a farle compagnia, ti va? “

 Ridevano insieme e l’argomento si esauriva sempre così.

 Per ragioni consimili anche alla sorella non aveva mai pensato ad altro che allo tudio che le aveva permesso di raggiungere la meta che si era prefissa.

 Aveva conseguito brillantemente la laurea in biologia genetica.

 Caterina era affascinata dalla ricerca pura con le nuove tecniche che permettevano

scoperte sorprendenti che fino a pochi anni addietro sembravano fantomatiche, prefiggendosi l’arduo compito di dedicarsi proprio alle mutazioni dei metabolismi umani.

 L’equipe di cui faceva parte, aveva la guida di un alto luminare, proposto per il Nobel che sceglieva gli assistenti fra quelli più preparati e volenterosi, senza guardare molto agli orari stabiliti dai sindacati.

 Quando vi era necessità di controllare ceppi in coltura, bisognava essere pronti a sacrificare le ore del riposo, solo così non sarebbero sfuggite le varie stasi di evoluzione

 Quel gruppo stava anche portando a termine le ricerche sui fenomeni risultanti dagli

squilibri dell’endorfine che sembrano le responsabili principali del comportamento umano, appurando che oltre il cervello, centro di ogni terminazione nervosa, per simpatia, e, per conseguenza, altri organi ne risulterebbero coinvolti perciò, messa a punto questa fondamentale teoria, diverrà non solo possibile, ma anche facile, intraprendere terapie mirate, atte a riportare su giusti binari personalità deviate o anormali.

 Scrutando le più nascoste cellule del corpo, col micoscropio elettronico, si giunge a alla spiegazione di molti misteri e l’entusiasta Cate, aveva la curiosità particolare di scoprire scientificamente il conportamento asociale e antifemminista di certi uomini e da che nasce l’apatia e l’assenza del senso di responsabilità; questi ultimi quesiti in entrambi i sessi.

 Non erano di poco conto le aspettative della neo biologa che si sentiva come Madame Curie, quando nella fredda cantina studiava, unitamente a suo marito, le reazioni chimiche che la condussero alla scoperta del radio.

 La differenza con quella scienziata stava, sostanzialmente, nei diversi attrezzi di cui poter disporre e, negli ultimi tempi, ne erano stati messi a punto alcuni che abolivano le dispersioni di tempo, accelerando i risultati ed altri, automizzati, che permettono estrema precisione e calcoli infinitesimali fino ad allora inconcepibili.

 Alcune delle più recenti conquiste scientifiche stanno a dimostrare l’esattezza di più moderne teorie che sbaragliano credi e metodi, vecchi di secoli.

 Cate, quando era presa dalle sue mansioni, si dimenticava di tutto e sarebbe restata ininterrottamente a mescolare, distillare calcolare, snza nutrimento e senza riposo.

 Era vicina al pensiero degli ingegneri costruttori di quegli apparecchi scintifici che permettevano tante cose e mentalmente ringraziava anche suo cugino Cesare che aveva preso quella branchia scientifica.

 Nelle nuove leve della loro famiglia, si delineavano finalmente, altri atteggiamenti e disponibilità sociali e, senza dubbio, anche il rispetto della dignità umana e lo spirito di sacrificio, doti nuove immessevi dai tanti martiri vittime dei tiranni.

 

 Se gli orari dei loro turni coincidevano, Curzio, passava al Reparto biologico, a prelevare sua sorella così tornavano a casa insieme.

 Un certo giorno la trovò impegnata in un certo programma che l’avrebbe tenuta in laboratorio ancora per un paio di ore e suo fratello non riuscì a dissimulare il suo disappun to: “ Mi mandi a casa solo?… Proprio oggi che è il compleanno della mamma e io avevo pensato di farti acquistare fiori e dolci prima di rientrare.”

 Cate per rabbonire il suo malumore le rispose ridendo : “ Se hai bisogno di una ragazza per andare dal fioraio ti posso fare accompagnare da Lidia, la mia collega che sta uscendo…?…..Eccola che arriva, te la presento.”

 In quel mentre stava sopraggiungendo appunto una bella ragazza che vedendosi al centro del loro dialogo, arrossì violentemente intanto che la sua amica Cate le rivolgeva la domanda: “ Lidia ti dispiacerebbe accompagnare mio fratello dal fioraio che io non posso muovermi ancora? “

 La giovane accolse di buon grado la richiesta di accompagnare il bel dottore che si era limitata a guardare sempre da lontano non avendo mai avuta l’opportunità di frequentarlo perché lavoravano in reparti diversi.

 Il dottore stesso non aveva mai notata l’amica di sua sorella perché le giovani dell’ospedale tutte con la stessa divisa bianca sembravano tutte uguali e lui non aveva nessun motivo per distinguerle.

 Per questo fu veramente sorpreso nel constatare quanto fosse carina, rallegrandosi anche della proposta di sua sorella, sarebbe stato un diversivo piacevole uscire con lei.

 Il negozio del fioraio non era molto lontano e i due giovani vi si avviarono con apparente disinvoltura, ma erano entrambi emozionati.

 Lidia, in misura maggiore dato che il professore aveva sempre riscossa la sua simpatia nascosta, ma condivisa da tutte le dipendenti dell’ospedale, perché oltre essere uno dei più bravi era anche un bellissimo giovanotto.

 Si sapeva anche che non aveva legami sentimentali con nessuna di loro e quindi maggior ragione per essere emozionata nel camminargli a fianco.

 S’informò su quale fiori gradisse offrire alla madre, ma lui disse che si era sempre affidato alla scelta di sua sorella e quindi, stavolta, doveva essere tanto gentile di sostituirsi a lei e così fu fatto.

 Lidia optò per un piccolo cestino di fiori di campo, poco ingombrante, da portare a mano e con piacevole sorpresa il giovanotto ci vide aggiungere un mazzolino di violette che si permetteva offrire ella stessa alla signora festeggiata.

 Il gentile pensiero colpì il medico che non se lo aspettava e dopo averla ringraziata, gli sembrò opportuno interessarsi un poco della sua vita, nel breve percorso da fare per raggiungere la fermata dell’autobus ove ciascuno avrebbe preso quello che doveva.

 “ Signorina Lidia, quale lavoro svolge in ospedale perché mi sembra di non averla mai vista e se è così amica di Cate ci dovrà essere da parecchio.”

 A quelle domande dirette, la ragazza arrossì ancora, mentre rispondeva che l’amicizia con Cate risaliva ai tempi del tirocinio generico perché poi ognuna aveva fatto la sua scelta specifica e lei precisamente era da pochissimo tempo che si trovava nel Reparto prematuri e forse per l’avvenire avrebbe avuto modo di vedersela fra i piedi spesso.

 “ Pensi, dottore, che ho scelto questo lavoro in contrasto con mia madre che mi avrebbe visto meglio impiegata in qualche ufficio, dove avrei avuto meno responsabilità…

 Può anche darsi che avesse ragione, ma a me piacciono tanto i bambini e allora in attesa di averne di miei sono felice di dedicarmi a quelli nati prematuri. 

 Disse questo ridendo, la bella infermiera, mentre Curzio cominciò a farci un pensierino, ammirando anche le sue belle gambe nel mentre saliva sopra il suo autobus.

 Giunto a casa, sua madre, piacevolmente sorpresa, domando se avesse svaligiato un negozio di fiori, ben sapendo che i suoi figli non avrebbero dimenticato il suo compleanno.

 Curzio, di buon umore la baciò e separando le violette dal cestino, si affrettò a porgergliele con gli auguri di una bella ragazza di nome Lidia.

 Le orecchie di Bice furono subito solleticate da queste parole e fu spinta a domandargli se fosse, per caso, la sua fidanzata.

 “ Ma che ti salta in mente, è solo un’amica di Cate che ho appena conosciuta

e che mi ha aiutato a scegliere i fiori per te!”

 La risposta diede da pensare a Bice che si riservava di saperne di più da sua figlia.

 

 

 

 L’era nuova non era soltanto apportatrice di progresso, ma anche di decadenza e i suoi segni erano visibili in molti settori, specialmente le emulazioni di costumi stranieri non avrebbero mancato di apportarne ancora, infiltrandosi dapprima nelle classi più elevati e propagandosi poi fra il popolo minuto.

 Il modo di vivere, autonomo e riservato, stava diventando promiscuo e spregiudicato e si disperdeva nei mille rigagnoli delle attività clandestine che facevano il giuoco di nascosti interessi politici per una sorta di follia collettiva che ottenebrava i cervelli già ridondandi di musiche selvagge diffuse dagli scalmanati kippyes

 La Villa Pamphili di Roma fu il teatro aperto per rappresentazioni sfrenate, iniziando la serie dei vari Complessi musicali che mandavano in visibilio la gioventù che prese a copiare i loro abbigliamenti strani e fantasmagorici per fare colpo e apparire diversi,

 I proseliti furono un numero stragrande che diedero il via anche al misticismo fanatico che, al seguito di pseudo Santoni, accalappiavano seguaci sprovveduti, ma non sempre ignoranti, pronti a lasciare famiglia, Patria e cattolicesimo, per rincorrere una facile vita, fatta di libero amore, anarchia e bisessualità.

 Nuove dottrine invasero il mondo e fu più facile spostarsi per partecipare di persona ai raduni chiassosi reclamizzati e idealizzati.

 Sorsero i più discreti piano bar per collettivi ascolti musicali, le assordanti discoteche con luci psichdeliche, non tutte, irreprensibili nelle consumazioni e sempre affollate da da gente sfrenata.

 Si sentiva parlare della fine del mondo visto che non esistevano più freni inibitori.

 Tornarono gli abbigliamenti a divisa militare con borchie, cinturoni e scarponi che fece sparire la vera eleganza.

 In quel periodo Charles stava vivendo drammaticamente la separazione dei suoi genitori ed era l’unico dei figli che non sapeva rassegnarsi alla decisione presa da sua madre consigliata anche da nonno René giunto appositamente dalla Francia.

 Il ragazzo amava in eguale misura madre e padre e pur condividendo le motivazioni

che avevano portato alla rottura del loro matrimonio, ma la sua mente caparbia e possessiva le suggeriva che bisognava giungere a qualche compromesso pur di non allontanarsi dai figli.

 Più che altro, riguardo al padre, perché la madre non li avrebbe mai privati della sua presenza e ce l’aveva un po’ col nonno francese che con troppa velocità aveva preso l’iniziativa di sistemare le cose con una rottura drastica e irreparabile,

 Dopo lo choc del primo momento però Charles ebbe dei ripensamenti vedendo che il padre, partito da Roma, si era assoggettato di buon grado e assai facilmente al distacco dei figli, senza cercare di stabilire date precise per vederli e stare insieme a loro.

 Non si raccapezzava fra le numerose idee contrastanti che gli frullavano in capo, specialmente ricordando i pesanti interventi e i castighi subiti, non si raccapezzava,

quando avvenivano era portato a pensare che fossero motivati dall’alto suo senso paterno

che esigeva la disciplina, certo eccessiva, ma plausibile se era dettata dall’orgoglio di avere figli perfetti e perché voler conoscere minuziosamente i loro atti e pensieri se non c’era l’amore e l’interesse per il loro futuro?

 A posteriori comprese che solo il piacere d’intimorirli con l’ autorità che gli conferiva il ruolo di padre lo spingeva a tali atti, sentiva il piacere di schiavizzarli.

 Questa osservazione lo aveva ferito moltissimo e ricordava tutte le volte che li andati al diavolo, dicendo che se ne voleva andare in Canadà, per non vedere più nessuno.

 Charles non lo aveva mai preso sul serio, ma adesso capiva quanta verità ci fosse in quelle parole.

 Il periodo dell’adolescenza è già pieno di contrasti e di fermenti sconosciuti che l’aggiungervi ulteriori problemi può divenire rischioso in soggetti vulnerabili che, facilmente cadrebbero nel disattamento familiare, scolastico, sociale.

 Normalmente tali conflitti si risolvono spontaneamente con la maturazione, dissociando idealismo e materialismo, facendo chiarezza, ma se le difese emotive sono labili i

 problemi più semplici verranno ingigantiti da parere insormontabili fiaccando la voglia di competere con le autorità costituite.

 Ancora peggio se le autorità più prossime, quali i genitori, sono in conflitto permanente, crolleranno sicurezza e stabilità.

 Charles era rimasto tremendamente ferito dal distacco e dall’incomprensione paterna tanto da rifuggire la scuola e i compagni abituali.

 Non voleva vedere nessuno perché nessuno doveva capire che aveva perduto l’amore di suo padre.

 Gli era subentrato un mutismo penoso e solo la sua mente era in subbuglio per il travaglio delle più disparate argomentazioni che lo portavano anche a fantasticare sul modo più idoneo per farsi notare da quel suo padre indifferente che aveva tanto desiderato che gli fosse amico.

 Si sentiva solo e sconsolato e la sensazione più brutta era quella di sentirsi orfano di un padre che non aveva avuto mai.

 Poteva contare sull’amore di sua madre, ma non era appagato completamente perché gl’impegni da cui era oberata, non gli concedevano di dedicarsi troppo ai ragazzi, doveva necessariamente moltiplicare i proventi del suo lavoro di pittura perché le esigenze erano molte ed ella non voleva ricorrere all’aiuto fisso di suo padre che glielo aveva offerto, l’unica cosa fattibile sarebbe stata quella di esaudire la sua richiesta di occuparsi degli studi di Corinne se accettava di trasferirsi a Parigi perché lui era solo e la casa era grande.

 Se da un lato era contento che sua sorella seguisse il nonno, dall’altro era rimasto male che l’offerta non fosse stata fatta a lui.

 Era sempre stato permaloso e ogni contrarietà la vedeva come fosse stata premeditata espressamente contro di lui, cosicché, dopo la partenza del padre era facile che cadesse in crisi depressive che lo facevano stare per ore ad occhi aperti davanti al televisore acceso senza vedere nulla, completamente assorto nelle sue fantasticherie

 Egli non aveva affatto compreso che sua madre, accettando di far partire Corinne era stata spinta dalla difficile necessità finanziaria del momento e per essere più vicina a lui che vedeva depresso e smagrito, invece lui, neanche le si accostava perché vedendo

la piega amara del suo volto, non era incoraggiato a chiederle conforto ed ella, se tentava di indurlo a parlare, lo vedeva ritrarsi come un riccio, sottraendosi al dialogo che lo avrebbe alleggerito dei suoi tormenti.

 Chiudeva frettolosamente libri e quaderni e se ne andava a bighellonare, solitario e col muso lungo.

 Seguivano a questi collassi, giornate euforiche ed eccitate durante le quali riprendeva a studiare con gran lena e riuscendo ad ottenere votazioni ottime che lo rendevano lieto per un breve periodo, seguito da …vacanze fuori programma, come premio dei risultati scolastici, fino a ripiombare poi nella depressione quando si rendeva conto di avere nuovamente perso quota, marinando le lezioni.

 Era come un auto punirsi di continuo perché inconsciamente riteneva che, essendo il primogenito, non aveva fatto nulla affinché suo padre fosse invogliato a rimanere con loro, era allora che si riteneva inutile e nel suo girovagare senza meta si accompagnava con amici occasionali coi quali trascorreva un numero infinito di ore senza curarsi di rientrare in orari decenti.

 I rimproveri della madre lo resero ancora più scontroso e alle sue esortazioni di dedicarsi di più all’ università in cui frequentava il primo anno di architettura, si pose a studiare in modo forsennato, facendo, nascostamente uso di stimolanti che sapeva avevano ingagliarditi gli atleti delle ultime Olimpiadi, ma li assumeva a casaccio, senza prescrizioni mediche, sottovalutando i danni che ne sarebbero potuti derivare.

 Difatti non gli furono utili riguardo agli esami poiché era rimasto talmente indietro che un mese non fu sufficiente a farlo recuperare e farglieli superare e l’abbattimento che ne seguì lo indussero a seguire i consigli di sciagurati compagni che lo convinsero ad assumere allucinogeni per non pensare a nulla.

 Quando era …”in viaggio” sentiva la sicurezza di riuscire a tutto e decideva di fare grandi imprese con le quali rivalutarsi agli occhi della madre e dei professori e, soprattutto

 sarebbe stato il pretesto per dimostrare al padre che lo aveva abbandonato e che non dava né chiedeva notizie dei figli.

 I ragionamenti della sua mente scombinata cominciavano a non essere molto lucidi e per reazione al complesso di esclusione che si era impossessato del suo Io, cominciò a partecipare a riunioni anarchiche di contestatori che avrebbero voluto rivoltare il mondo.

 Vi si inserì poco a poco fino a diventarne promotore, cominciando a progettare varie rivolte, mettendosi in evidenza nei comizi più tumultuosi, fino a capeggiare la rivolta studentesca di Valle Giulia del caldissimo ‘ 68.

 Charles fu visto aizzare e fomentare, gli occupanti di Architettura nella verdeggiante cornice di Villa Borghese, lanciare bottiglie Molotow contro la polizia accorsa per ristabilire l’ordine e, ferito gravemente, con altri 45 compagni, finì all’ospedale.

 La madre costernata, apprese le sue scervellate gesta da un ufficiale di polizia che si era già documentato sullo stato confusionale del giovane che poté testimoniare in questo senso per attenuargli il giudizio negativo del Tribunale, convalidato dalla perizia medica favorevole del Professor Curzio che riuscì a prosciogliere il cugino dopo un periodo preventivo di detenzione che fu molto penosa per lui che soffriva di claustrofobia.

 L’ammonizione delle autorità, il turbamento doloroso di sua madre, ma più di ogni altra cosa, lo sfregio permanente che gli attraversava la guancia deturpandolo in modo vistoso, lo condussero a capire che aveva sbagliato tutto e che non saranno mai le esaltazioni strampalate e improvvisate a modificare le leggi …Ci vuole altro!

 Paulette si attribuì la colpa delle stravaganze di suo figlio, e nel guardare quotidianamente il suo bel volto sfigurato, sentiva tanti rimorsi, inesistenti è vero, ma quanto sentiti da lei per avergli forse sottratta la figura paterna chiedendo la separazione,

 Intanto avrebbe interpellato un chirurgo plastico per rimuovere quella ferita dal suo viso, ma tenne questo pensiero ancora nascosto perché voleva essere sicura che l’operazione fosse fattibile e per questo bisognava interpellare lo specialista delcampo.

 Ritenne che fosse ancora prematuro parlarne.

 Sperava fervidamente che dopo egli sarebbe stato spronato a ricominciare una vita nuova con più coraggio e più fiducia, nel frattempo stava sottoponendosi ad una energica cura disintossicante e alla preparazione da privatista per ripetere gli esami.

 Ma erano tutti progetti che necessitavano della sua diretta volontà per essere portati a compimento e per quanto egli fosse sembrato a tutti deciso a mettere la testa a posto, lo stress causategli dallo sforzo di volontà lo riportò ad una acuta crisi d’ insicurezza per la quale giunse ad avere paurosi vuoti di memoria che decretarono ancora una volta l’insuccesso delle sue speranze.

 

 Al momento della separazione, il commiato dei coniugi era stato freddo e laconico e neppure il tentativo in exstremis del giudice aveva appianato le loro divergenze, anzi il più frettoloso di andarsene parve proprio l’uomo che dal quel momento si rese irreperibile, non tenendo neppure fede all’obbligo sancito dal Tribunale d’inviare il mantenimento mensile ai figli ; soltanto la sorella Bertilla ricevette il suo indirizzo di Toronto.

 Avvenuta la tragedia che traumatizzò non solo Paulette e famiglia, ma tutti i Sarducci

Bruno ne ricevette la notizia a mezzo telegramma.

 Charles, sopraffatto dagli avvenimenti infausti che l’avevano visto protagonista decise di rifiutare la vita gettandosi nel Tevere, con l’ idea fissa di scuotere il cuore insensibile di quel padre che non era stato mai capace di donargli una carezza,

 Lo testimoniò apertamente con un messaggio postumo a lui diretto: “ Papà tu mi hai lasciato, ma quando mi cercherai non mi troverai più! “.

 A trovarlo fu Bertilla che s’incaricò del riconoscimento delle spoglie, restituite dal fiume e che in un secondo tempo riordinò le sue carte, perché la cognata, distrutta da quel dolore atroce, caduta in una acuta prostrazione si auto accusava incessantemente per il

gesto insano di quel figlio troppo sensibile. 

 Bertilla, dovette fare opera di persuasione per farle capire che il ragazzo aveva idealizzata la figura del padre che avrebbe voluto perfetto, era stato scoprirlo tanto diverso che lo aveva fatto tanto soffrire, il suo ripudio verso i figli e particolarmente verso di lui, gli aveva fatto odiare la vita.

 E l’ultimo suo atto era la punizione definitiva verso se stesso perché era giunto a condannarlo e suicidandosi avrebbe ottenuto il suo perdono.

 Quel padre giramondo, che per la terza volta era stato raggiunto da un telegramma a lutto con la notizia della dipartita dei suoi parenti più stretti: Il nonno, il padre, il figlio…ma i suoi interessi prevalsero sul sentimento e sul dovere e se nel suo intimo risentì ciò che aveva sperato il suo primogenito, nessuno lo seppe mai.

 

 

 


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