I tiranni - le vittime - i ribelli

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ROMANZO    STORICO
in tre parti

 

TERZA PARTE
(4)

Il breve tragitto in compagnia di Lidia era rimasto impresso nella mente di Curzio e

cominciò a pensare al modo di rivederla, la cosa sarebbe stata facile se si fosse recato nel suo reparto, ma lui non voleva incontrarla mentre entrambi stavano lavorando, pensò bene allora di passare un po’ più spesso in biologia dove l’aveva vista la prima volta.

A Cate non passò inosservata la frequenza maggiore con cui egli passava a trovarla anche mentre intenta a manipolare le sue provette.

Sapeva benissimo che lui, non aveva motivi professionali per spingersi fino a biologia mentre Lidia lo doveva fare spesso per ritirare le cartelle dei “suoi” prematuri, sottoposti a ricerche genetiche, arrivò a questa conclusione vedendo la gioia di suo fratello quando un giorno l’incontrò… per caso.

Il turbamento di Lidia fece il resto e lei comprese che fra i due c’era della simpatia e, cosa più bella non avrebbe potuta accadere perché, conoscendone i caratteri, li vedeva benissimo insieme. Ne era gongolante anche perché suo fratello era giunto all’età giusta per formarsi una famiglia e la sua amica Lidia sarebbe stata proprio "La ragazza giusta" che andava dicendo alla mamma.

Presto infatti si parlò di nozze in casa loro trovando tutti consenzienti nei riguardi della scelta, l’unico neo venne però dalla proposta dei fidanzati di legarsi col solo rito civile per abbreviare i tempi e ridurre le spese.

Ai quattro genitori non stava troppo bene il matrimonio lampo, visto che non vi erano…urgenze, ma i fidanzati furono irremovibili, a loro non importava la cerimonia importante con tanto spreco di denaro, desideravano un rito semplice con tanti amici attorno. I loro motivi erano validissimi: non volevano che le loro famiglie s’indebitassero per loro e se aspettavano che i loro risparmi aumentassero, troppo avrebbe dovuto trascorrere nell’attesa, preferirono utilizzare il loro …liquido per comperare una utilitaria di seconda mano, così avrebbero fatto un viaggio favoloso.

Bice, che per suo figlio professore, aveva sognato una cerimonia fastosa con tanti invitati dovette capitolare e accettare la rapida convalida fatta dal Sindaco in Campidoglio.

Rimase stupefatta nel constatare il gran numero di sposi che si susseguirono sulla piazza capitolina. All’esiguo corteo iniziale, si aggiunsero, all’insaputa di tutti, una sfilza di utilitarie e moto rigurgitanti di colleghi ospedalieri sia medici che infermieri, tutti allegri e schiamazzanti che al rinfresco brindarono bene auguranti per la coppia bella e giovane amata da tutti.
L’ infelice conclusione del matrimonio di sua figlia e la tragica fine del nipote, aveva riempito l’animo del signor René di dolore, amarezza e rabbia ed era furioso con se stesso per essersi lasciato influenzare dalla parvenza di bravura del corteggiatore di Paulette.
Avrebbe dovuto informarsi più a fondo su quel giovanotto e che la sua prosopopea era soltanto una misera maschera per nascondere la sua incapacità totale di assicurare il benessere ad una famiglia. Si era lasciato convincere dalla garanzia amichevole di Serge e Nicole, persone rispettabilissime che però avevano dato credito alle costanti bugie di Bruno.

Non ci sarebbe stato un capro espiatorio, perché di fronte al fatto compiuto senza forzature l’unica soluzione era stata quella di vedere felice la sua adorata figlia.

I modi suadenti di lui l’avevano conquistata all’istante, prima ancora di venirle presentata e lui aveva giuocato con questo amore di fanciulla.

Se è difficile indovinare le mistificazioni e i reconditi pensieri fra persone che parlano lo stesso idioma, figurarsi come è complicato afferrare le false inflessioni e farsi una esatta immagine di chi si esprime più a gesti che a parole!!!

Larghi sorrisi, e gesti enfatici, conditi da monosillabi indecifrabili, come entrare così nell’intimo dei cuori? In aggiunta come avrebbe potuto indovinare, il pacifico, signore francese che la caratteristica dei Sarducci era proprio quella d’irretire le fanciulle brave e buone, mistificando le loro vere intenzioni fino al raggiungimento delle nozze poi…come erano veramente lo avrebbero scoperto le loro mogli, soltanto troppo tardi.

Il suocero non perdonava a quello straniero di avere stroncato oltre la vita anche la carriera di sua figlia per la quale aveva accarezzato sogni artistici e familiari di ben altra levatura. E il suo comportamento come padre? Era stato esecrabile, continuando ad esserlo anche dopo la separazione, visto che il povero Charles l’aveva accusato anche dopo la morte e per i minori, rimasti con la madre, mai un pensiero.

Indegna persona, in tutti i sensi!
Il risentimento del vecchio non trovava sfogo e l’unica sua soddisfazione era quella di poter garantire loro l’avvenire e sua figlia avrebbe fatto una buona cosa se fosse ritornata a Parigi… qualcosa avrebbe potuto ricominciare.

L’incapace coniuge, che solo dal gioco e da altre losche attività, ricavava il suo magro reddito, non era stato capace di assicurare alla famiglia la sicurezza economica, che lui padre, padre anziano, si sentiva ancora di garantire fino alla morte.

Se solo avesse saputo prima che razza d’uomo era !!!!1

Convinto sempre più che, quale cacciatore di dote, aveva agito fin dall’inizio in mala fede e giocando d’astuzia, carpendo la fiducia di tutti e più ancora di un cuore giovane e innamorato che non aveva saputo resistergli, non sapendo di fare il suo giuoco per ottenere più facilmente la sua mano, con un pargolo in arrivo.

L’ex suocero si rammaricava che la legge vigente, non svincolasse la donna separata che continuava a soffrire, incastrata dagli stessi doveri verso i figli e verso la società.

Da quando Corinne era con lui aveva fatto come un tuffo nel passato, quando la vedeva dipingere nella stanza che era stata di sua madre voleva illudersi che quegli anni non fossero trascorsi ed era come se la sua figliola non fosse mai andata via.

Per la nipote sarebbe stato più vigile c’era da giurarlo, altroché fidarsi a prima vista, chi si fosse avvicinato avrebbe dovuto passare sotto il suo vaglio, per prima cosa doveva essere buono di animo ed educato. Intanto era felice di essere utile alla sua cara nipote che col suo arrivo aveva ridonata gaiezza alla sua triste maison che nella sua vastità avrebbe potuto ospitare anche Paulette e Corrado se solo avessero accettato il suo invito. La sua esistenza non era ancora al limite…almeno lo sperava e l’avrebbe spesa volentieri per fargli dimenticare le numerose tristezze del passato.

La quarta generazione, anche se non in linea maschile, si era annunziata con la nascita di Dianora figlia degli ultima coppia di sposi.

Nonna Bice da quando c’era la bella frugolina, non stava più tanto tempo in cucina

così nonno Enrico non rischiava di ingrossare la sua incipiente pancetta, ma che sarebbe rimasto pure digiuno per starsene a rimirare la sua prima nipote.

I due coniugi, felici e realizzati, nell’ambito della loro famiglia avevano un solo rammarico, quello che Curzio avesse l’abitazione piuttosto lontana dalla loro, ma in prossimità dell’ospedale in cui prestava servizio.

Lidia dacché era diventata madre si era licenziata dal lavoro per accudire a tempo pieno sua figlia e questa sua decisione era stata approvata anche dalla suocera perché dava più tranquillità a tutti sapere che Dianora sarebbe cresciuta sotto una puericultrice esperta quale era la sua mamma.

Bice l’aveva subito amata questa ragazza perché aveva intravisto in lei molta saggezza pur essendo molto giovane, ella aveva le idee molto chiare e sapeva decidere ogni cosa con accortezza, ne aveva avuta conferma anche dall’aver programmato, d’accordo col marito, la sua vita di moglie e di madre.

Tutte le unioni dovrebbero essere pianificate e serene come la loro !

S’impensieriva, la sensibile donna, soltanto pensando a Caterina e la compativa un poco perché trascorreva tutte quelle ore al chiuso del Laboratorio chimico, senza annotare il tempo che scoloriva la sua giovinezza, così presa dalla ricerca.

Come madre, ella sentiva ogni tanto, il dovere di farle presente che doveva pure svagarsi, la ragazza le rispondeva sempre con una schietta risata e con le sue consuete argomentazioni: “ Lo sai bene mamma che il mio lavoro è anche divertimento per me, giacché ogni ricerca è come un rebus ed ho sempre la curiosità di vederne il risultato, e per quello che tu hai in mente… bè… sarà il destino a decidere!”

Sua madre, era però dell’idea che il destino andrebbe anche un pochino aiutato!

Malgrado qualche esperienza contraria, per tutte le madri, giunge il momento in cui vedono necessaria la prospettiva del matrimonio, specialmente per le femmine, senza minimamente prevedere che potrebbe anche essere controproducente idealizzare quello sconosciuto "principe azzurro" che poi non si rivelerà tale.

Caterina era soddisfatta del suo lavoro perché, per l’alta considerazione in cui era tenuta, era quella alla quale venivano affidati compiti di alta responsabilità,

Recentemente era stata richiesta la sua collaborazione per una sperimentazione che esulava da quelle propriamente genetiche sul DNA; si trattava di tenere sotto controllo la coltura di un nuovo tipo di virus, responsabile di trasmettere l’epatite attraverso le trasfusioni di sangue.

La Direzione sanitaria l’aveva scelta ritenendola la più perspicace e paziente ricercatrice di tutta l’équipe ed anche perché c’era l’ urgenza di confrontare i risultati ottenuti in un prossimo Congresso internazionale.

Questo naturalmente avrebbe comportato un ulteriore dilatazione dei suoi turni giornalieri che per lei, essendo nubile, avrebbe comportato minore sacrificio.

Logico che la sua disponibilità venisse apprezzata dalle colleghe con famiglia ed anche per questo la dottoressa Cate era benvoluta da tutti.

Da qualche tempo, anche per accontentare sua madre, si era iscritta in un circolo sportivo per fare un po’ di movimento, riprendendo il tennis che aveva esercitato da giovanissima con suo fratello, non che fosse molto brava, ma sarebbe servito per scioglierle le membra.

Mentre eseguiva lanci e rilanci di palla, si accorse di essere tenuta sotto osservazione da un giovane insegnante della palestra addetto alle squadre dei bambini, la biologa se ne sentiva talmente infastidita da commettere sbagli su sbagli.

Sapeva che il giovanotto si chiamava Stelvio, perché il suo nome ricorreva su tutte le bocche delle giovanissime frequentatrici di quel luogo che se lo mangiavano con gli occhi. Alto e prestante Stelvio, era il vero esemplare del tennista ed aveva al suo attivo anche qualche valida affermazione regionale, intanto, in previsione di maggiori allori, si guadagnava da vivere facendo l’istruttore dei giovanissimi in quella palestra molto frequentata. Per Caterina, trascorrere quelle due ore a giorni alterni, diventava un superlavoro invece che un relax e, per giusta regola, sarebbe stato meglio dedicare quel tempo al sonno giacché la sua professione necessitava di mente lucida e di riflessi pronti, come nelle gare di tennis appunto.

Persuasa di non essere molto esperta nel giuoco, si seccava di quello sguardo che non la lasciava mai, mettendola in imbarazzo e la critica silenziosa di quell’osservatore non le era affatto gradita… se fosse stata meno timida glielo avrebbe detto francamente. Cercò di evitarlo il più possibile, ma una sera se lo trovò all’uscita del suo ospedale che le sbarrava il passo.

Alzò il capo sbalordita e si vide dinanzi un bellissimo sorriso, lui sveltamente le chiese scusa, seguitando a parlare senza ulteriori preamboli: "Dottoressa, l’unico modo di parlarle era questo poiché in palestra, non me ne ha offerto mai la possibilità ed io invece è da tanto che la guardo …".

Per darsi un contegno Cate, approfittò della sua pausa:"Si, me ne sono accorto e chissà le critiche che ha fatto sul mio stile, ma io non sono una professionista e frequento la palestra solo per sgranchirmi le gambe".

Toccò a lui sentirsi imbarazzato, ma la sua magnifica chiostra di denti tornò alla ribalta, mentre ribatteva: "Mi dispiace veramente che lei abbia frainteso il mio sguardo perché io sono interessato alla sua persona e non al suo modo di giocare, mi creda" nel frattempo le si mise al fianco, proseguendo: "Mi permetta di accompagnarla così le spiego!”

Sbalordita, per la sua disinvoltura e per le parole enfatiche che le stava rivolgendo, la dottoressa annuì con il capo involontariamente mentre lui prese a parlare confidenzialmente come fossero amici da tempo.

Disse di essere di origine pugliese e di essere da moltissimi anni a Roma proprio per continuare le gare di tennis ad un certo livello che gli stavano già dando grosse soddisfazioni.

Intanto giungeva il mezzo pubblico che Cate attendeva e lei fece per salutarlo, ma lui più svelto vi salì sopra contemporaneamente, continuando a raccontare di sé.

La sua alta statura, che emergeva sugli altri passeggeri e il gesto premuroso col quale lui le indicò l’unico posto libero, fece voltare tutte le teste femminili presenti e, seppure imbarazzata, la biologa, si sentì molto lusingata e quasi privilegiata; mai avrebbe pensato di trovarsi in una simile situazione. 

Rimasero in silenzio, fino a destinazione, durante il quale, ella si finse interessata a guardare fuori del finestrino, ignorando l’alta figura che le stava a lato, intanto congetturava come mai, con tante presenze femminili nella palestra, più appetibili e sicuramente più disponibili, egli avesse appuntato la sua attenzione sulla sua persona.

Nel breve tratto di strada a piedi fino al portone di casa lei glielo chiese apertamente.

Alla sua chiara domanda, il bel giovane in tenuta sportiva chiara, non si scompose affatto e fu prontissimo a dissipare quelle perplessità, spiegandole che era stata appunto la sua riservatezza, unita alla distinzione e grazia ad averlo colpito perché la trovava diversa e migliore da ogni altra.

E calcò su quelle parole che ogni ragazza sogna di sentirsi dire: “Sono sicuro di avere trovato la donna che risponde agli ideali di un uomo ed ha tutti i requisiti per un rapporto serio e durevole”.

Parole ineccepibili, serie e per nulla offensive alle quali se non si poteva rispondere immediatamente, ma sulle quali si poteva riflettere.

Del resto Cate non era abituata a flirt e a vacui corteggiamenti, la sua frequentazione di uomini si era limitato alla cameratesca amicizia fra colleghi studenti o professionisti, senza influssi di altra natura e quindi una dichiarazione così precisa non l’aveva mai ricevuta, per questo ne rimase assai colpita.

Alla richiesta di un nuovo incontro rispose evasivamente, tanto si sarebbero visti in Palestra, nel frattempo ci avrebbe pensato.

Non lo aveva mai saputo, ma aveva sempre messo soggezione ai maschi che le erano passati accanto che nessuno si era azzardato a farle la corte.

La sua inesperienza, la rese perciò facile preda, di un sentimento nuovo e sconosciuto che uno sguardo intenso le fece sentire e ne fu accalappiata.

Si videro altre due volte ancora al circolo sportivo, salutandosi appena, ma lui continuò a circuirla con quello sguardo conquistatore di cui era cosciente ma che metteva a disagio la ragazza, impedendole di espletare le partite di tennis e per questo Cate prese la decisione di non andarvi più.

Come nulla fosse, egli passò indifferentemente per la sua strada, quando sapeva d’incontrarla, salutandola brevemente, tenendo accesa quella fiaccola alla quale, lui sapeva, si sarebbe cotta a fuoco lento e, per fomentare la sua gelosia, fu a lungo assente ingiustificato per ricomparire all’improvviso

L’incerta e impegnatissima dottoressa, invece di riposare tranquilla, cominciò ad avere sogni agitati che la spinsero a ritornare in palestra.

Stelvio aveva vinto !
Rifare meticolosamente le tappe verso la conquista del Cosmo, è impresa lunga e difficoltosa perché si dovrebbe incominciare dai primi dati osservati da Talete, Anassimene, Anassimandro poiché, ciascuno a suo modo, combinando e scombinando elementi, vide in modo filosofico la soluzione dei vari fenomeni naturali.

Eppure, proprio su queste questioni, da parecchi anni congetturavano i giovani cugini Sarducci, appassionati di onde radio e problemi spaziali.

Cesare e Corrado, veri figli dell’era aereo dinamica erano stati affascinati dalla conquista della luna, seguendone il lungo “No stop” televisivo, districandosi assai bene con i dati tecnici forniti in diretta perché, appassionati di fantascienza, avevano collezionato ogni cosa riguardante tale argomento, formandone un originale prontuario. Consci che ricerche e spedizioni spaziali, non avessero nulla di misterioso, si auguravano di potere anch’essi parteciparvi in qualche modo.

Dissentivano da quelli che le consideravano una profanazione del cielo ed erano più propensi a credere che ci fossero altri mondi abitati.

Fantasie di ragazzi, forse…ma non tanto visto che tutti i Paesi più progrediti continuano a spendere miliardi nel settore della ricerca spaziale e nell’allestimento di viaggi e stazione orbitali. Avendo divorato i libri di Giulio Verne e di altri fantasiosi scrittori e con molto anticipo i disegni circostanziati del grande Leonardo da Vinci, avevano poi constatato che molte di quelle anticipazioni erano state realizzate, nulla vietava di credere che tutto era possibile.

I sogni arditi di tante giovani menti, sono entusiasmi veri e sinceri che non partono dai presupposti di tanti adulti che vedrebbero sbocchi extraterrestri per scopi commerciali o, semplicemente per fuggire l’aria malsana della terra ormai troppo inquinata.

I due ragazzi possedevano volontà e senso di sacrificio e col loro limpido sguardo denotavano la sincerità e l’onestà dei sentimenti coi quali si stavano preparando al domani; Corrado, era anche appassionato di ogni genere musicale e mentre studiava, aveva sempre la sua radiolina, che in sordina, gli teneva compagnia perché – diceva- che lo aiutava a concentrarsi.

Cesare invece alternava i suoi studi di alta ingegneria e meticolosi calcoli, con le letture dei grandi Poeti che le donavano parentesi di dolcezze sublimi che libravano la sua anima ancora più in alto degli spazi che bramava scoprire.

Erano entrambi due giovanetti in gamba i nuovi Sarducci, frutto della selezione di generazioni passate che ne avevano smussate le asperità.
Paulette non aveva accettata l’offerta paterna di trasferirsi definitivamente in Francia, vi andava spesso però perché Nicole si stava specializzando nello studio delle lingue presso una Facoltà parigina ed era, talvolta, chiamata come interprete presso le varie Ambasciate.

Nella casa di Roma, si respirava finalmente un’aria pacifica anche se il ricordo di Charles, la povera madre l’aveva fisso nel cuore, doveva però pensare al figlio minore per il quale non dovevano sussistere tristezze affinché, almeno lui potesse essere sereno. Corrado, fortunatamente, aveva il carattere gioviale del nonno francese e amava il mondo e tutta la gente in genere e avrebbe voluto realizzarsi in qualcosa di sociale.

La francese, si faceva ancora colpa di non aver saputo sconfiggere i conflitti esistenziali del figlio più grande, ma in quegli anni di tormento, troppe angosce l’attanagliavano morali e finanziarie; con l’aiuto di sua cognata Bertilla si era convinta che il gesto irreparabile di Charles non era dovuto alla separazione dei genitori, ma dalla caduta del mito paterno, che sarebbe avvenuto ugualmente, anche se i suoi non si fossero divisi. Corrado era di un’altra pasta, allegro e dinamico e, fra antenne, batterie e onde sonore, “giocava" nel laboratorio del piano terra ad "inventare" apparecchi elettrici e a ripararne altri, come vero lavoro.

La dolce abitudine di essere attesa, a fine lavoro, per essere accompagnata sotto casa, dava una piacevole sensazione alla biologa che si era finalmente fidanzata col suo paziente corteggiatore e per amore di lui era diventata anche più elegante.

Persino, la sbrigativa coda di capelli, che più volte la madre le aveva consigliato di tagliare, negli ultimi tempi, era stata sostituita da un’acconciatura fresca e sbarazzina che l’aveva ringiovanita. 

Era stata disposta a compatire le pecche che il suo accompagnatore mostrava di avere perché coi suoi drammatici racconti le aveva spiegato i motivi per cui era stato obbligato a troncare gli studi, a lasciare la sua terra e a vivere poveramente da immigrato fino a che, da raccatta palle nei campi di tennis, era diventato istruttore e, partecipando ogni tanto a qualche torneo regionale, si stava facendo onore.

Diceva pure che aveva dei progetti commerciali imbastiti con persone influenti che gli avrebbero permesso dei grossi guadagni. Naturalmente tutte le sue chiacchiere riempivano le loro brevi camminate e solo al momento del commiato, un rapido bacetto, accontentava la paziente fidanzata che continuava per ore a pensarlo con tenerezza, credendolo un po’ sprovveduto, ma sincero.

Che importanza potevano avere i suoi errori di linguaggio, ancora intercalato dal suo dialetto…Non sarebbe stato umano accanirsi contro un ragazzo poco istruito, mostrandogli quei difetti…Non era sua la colpa di essere nato povero!

Le sarebbe stata accanto a sostenere i suoi progetti e lo avrebbe fatto migliorare, insegnandole quello che non aveva avuto modo di apprendere ancora.

Coi tanti corsi serali, in una città come Roma, sarebbe stato facile anche fargli prendere un diploma.

A Cate era sufficiente sapere che l’aveva scelta perché l’amava ed anche lei, ormai, non poteva più stare una sera senza vederlo, magari per quel poco che si poteva.

Terminate che furono le relazioni sulle reazioni dell’antigene U che l’avevano obbligata a turni supplementari, la dottoressa presentò il fidanzato ai genitori.

Per la prestanza fisica e per il sorriso smagliante, Stelvio fece loro una ottima impressione e, ascoltando i suoi progetti che descrisse con la consueta enfasi, citando nomi di personaggi noti, che, effettivamente, alla fidanzata risultava frequentassero la palestra. Come fare a confutare le sue parole?

Con le loro modeste origini, anche i genitori della ragazza, furono portati a compatirlo, fiduciosi che l’amore verso la loro figlia fosse la cosa più importante e, su questo il discorso del tennista si era soffermato a lungo, chiarendo che solo perché aveva conosciuta Cate, si era deciso a coniugarsi, anche se non aveva ancora le possibilità economiche che avrebbe voluto offrirle e che fra breve ci sarebbero state,

Se avesse atteso la maturazione dei suoi affari, correva il pericolo di non trovarla più libera e, questo, lo avrebbe rimpianto per tutta la vita.

Da quella sera, la biologa cominciò a sentire le spine dell’amore, giacché divenne gelosa perché lui divenne meno assiduo, con il pretesto delle riunioni di affari e con le sue assenze dalla città per qualche torneo a cui partecipava.

Quest’ultima cosa era vera e lo testimoniavano le foto sui giornali sportivi, ove veniva ritratto attorniato da nugoli di ragazze, anche se non erano gare ad alto livello, ma solo esibizioni dilettantistiche.

Saperlo in giro, sempre con tante donne intorno, mentre lei stava chiusa in laboratorio, la faceva star male e il malumore represso per giorni, la faceva esplodere nel momento che lo rivedeva.

Stelvio, incurante di tali reazioni, sembrava lo facesse apposta per farla stare in ansia perché aveva capito che con la sua strategia il cuore della fidanzata si sarebbe infiammato sempre di più. Difatti la ragazza, pur nella sua gelosia, cercava di essere comprensiva con quel ragazzo che non aveva mai avuto nulla, se approfittava dei suoi momenti di popolarità, accettando inviti a serate, non era neppure da biasimare.

A lungo andare quelle vittorie non la rallegravano troppo perché per lei non restavano che rare e fugaci visite che si prolungavano un po’ se c’era da gustare una cena preparata da mamma Bice.

Questo andazzo fece decidere Cate a sollecitare il loro sposalizio e, naturalmente, Stelvio, sarebbe stato d’accordo, ma sul momento non aveva la disponibilità economica per l’acquisto di un appartamento, avendo investito tutto il suo avere nel "famoso" affare. Le sue argomentazioni, chiarirono che di nozze non si poteva ancora parlare.
Il boom dell’edilizia dilagò in breve tempo e Roma, dilatandosi a vista d’occhio, rese difficoltoso il viverci perché i nuovi quartieri situati troppo lontani dal centro, divennero agglomerati suburbani che per riflesso crearono un caos, in crescendo, nella circolazione stradale e le paralisi nel traffico urbano e periferico divennero continue.
Lo stress divenne quotidiano per tutti i cittadini e gli incidenti furono all’ordine del giorno a causa dell’ampliamento del numero della popolazione con gli innumerevoli nuclei familiari che s’inserirono nella Capitale, nella maggior parte provenienti dal meridione.

Fu necessaria una vera riforma topografica e cominciarono a scarseggiare gli alloggi che, specialmente i nuovi venuti, risentirono sulla propria pelle perché dovettero adattarsi in squallide catapecchie, tirate su alla meglio e che male li riparava dal freddo e dalle intemperie.

Lo sbaglio che compiono molti è quello di partire alla ventura, fidandosi delle dicerie

dei male informati che asseriscono sia facile inserirsi in modi di vivere diversi da quelli delle terre avite.

Nelle bidonville, raso terra, si ritrova gente delusa, partita piena di speranza e fiducia che avrebbe voglia di fare lavori decorosi, più difficili da trovare per loro che non sono in possesso di documento di residenza, dando luogo a un circolo vizioso senza soluzione e che reca altri problemi ad ogni componente di quelle famiglie: niente casa, niente lavoro, niente scuole e… niente vita.

Il costo degli appartamenti raggiunse cifre sbalorditive e gli affitti salirono vertiginosamente sia nei vecchi palazzi che nei grattacieli che costrinse le nuove coppie a ripristinare l’antica formula dell’adattarsi a vivere coi genitori, sia pure momentaneamente.

Spesso però la convivenza non risultava facile perché i contrasti fra i due menage creava grossi contrasti, incomprensioni e discordie che riuscivano persino a disgregare le unioni che altrettanto rapidamente come si erano formate si scioglievano perché alla base ogni convivenza ci dovrebbe essere stima e rispetto reciproco e moltissima comprensione perché a nessuno è permesso di schiacciare l’altrui personalità.

Il clima di libertà individuale si diffuse rapidamente col desiderio di soddisfare ogni egoistica esigenza, i valori più saldi furono sommersi e le casalinghe mirarono ad occupazioni fuori casa, che una volta raggiunte le rese nervose, frenetiche e ancora più insoddisfatte.

Per lo stato di crisi abitativo, il progetto nozze che riguardava Cate e Stelvio rischiò di slittare verso data ignota, se non fosse stato per l’intervento affettuoso dei padroni di casa che si offrirono di ospitarli per assicurare alla figlia la felicità che le spettava.

Essi sperarono fermamente che rimanendo a loro contatto, il giovane, si sentisse più responsabile e, lasciando da parte le chimere, fosse spronato dall’esempio della moglie e si cercasse anch’esso un lavoro su cui contare.

Il tennis nessuno lo avrebbe contestato mai come hobby.
Ogni qualvolta prevale lo sconvolgimento dei valori umani, si va verso la decadenza che fa paventare la fine del mondo, sorgono allora i predicatori ispirati che vorrebbero riportare l'umanità verso i fulgidi sentieri della fede con i loro esempi di altruismo e di dedizione.

Così fu Madre Teresa di Calcutta, nata in Albania e instancabile predicatrice di pace, ella perorò indefessamente la causa del terzo mondo mettendo in evidenza le innumerevoli necessità di quelle misere popolazioni. A questa piccola donna fu assegnato il Premio Nobel della Pace perché mai si peritò di condannare i guerrafondai perché la vita di ognuno va salvaguardata sempre e comunque, rimanendo stupita, nel un suo viaggio in Italia, mentre peregrinava nelle strade romane, di vedere gli stessi derelitti emarginati, per i quali si stava adoperando a reperire i fondi necessari per recare loro aiuto.

Lo sconforto generale che causa tanta indifferenza verso chi soffre non giunga mai a paralizzare gli sforzi di chi, con tanta buona volontà, si applica per la promulgazione delle sane teorie di fratellanza universale.

La parola Pace che infarcisce tante oratorie, appare come utopia nella bocca di chi la svilisce e la disgrega, mentre non dovrebbe mai perdere il suo vero significato.

Quanti innumerevoli progetti pensati per l’unione dei popoli, stavano cadendo inesorabilmente per l’indifferenza di quelli preposti a sostenerli!

Uno dei tanti, in cui molti hanno confidato di vedervi riunito il mondo, fu l’esperanto, lingua unica che dopo decine d’ anni di anticamera, si decise, inutilmente, di renderla pubblica nella cinquantaduesima Assemblea, per riunirvi i simpatizzanti mondiali

Queste e altre le notizie che veniva divulgando Radio Aiuto a modulazione di frequenza, diretta da Corrado con la collaborazione di Simona e con il valido sostegno finanziario che nonno René, per bilanciare l’assistenza che stava dando a Nicole, si sentì in dovere di realizzare il segreto sogno del fratello.

Lo scopo principale era quello di creare un filo diretto di amicizia e solidarietà con chi, solo e senza mezzi, aveva necessità di qualche aiuto.

L’intraprendente Corrado, già radioamatore, si era cimentato col suo baracchino a collegarsi con i più disparati luoghi che le sue onde radio riuscivano a contattare.

Oltre tutto la sua radio trasmetteva degli ottimi tappeti musicali che appagavano le esigenze di tutti gli ascoltatori.

La concessione di usare le onde modulate, aveva permesso l’avvio delle radio libere per scostarsi dalle strettoie dei programmi di stato che non davano l’accesso all’uomo qualunque e non di élite che vive una dimensione normale e ama sviscerare i suoi problemi con parole povere e avere immediata risposta, senza filtri e remore.

Radio Aiuto dacché era stata istituita aveva risposto a tali esigenze riscuotendo un gran consenso popolare che dava molta soddisfazione al suo fondatore e alla sua collaboratrice che s’incaricava altresì di ricercare gli esperti adatti per ogni esigenza.

Avevano esaudito molte richieste importanti e meno e le testimonianze positive giungevano giornalmente.

In quanto a Simona, il suo primo estimatore era stato proprio Corrado che con brani musicali appositi, gli aveva fatto la sua brava dichiarazione amorosa che la giovane aveva accettata con trasporto.

Paulette stessa ne era stata felice perché aveva progettato di lasciare la casa a Corrado quando si fosse coniugato per poter ritornare a Parigi accanto al vecchio padre che tanto l’aveva sostenuta e aveva diritto al riscontro nella sua tarda età.

Anche Cesare si stava affermando nelle sue ricerche nucleari e dal Michigan era stato richiesta la sua opera, unitamente a quella di altri colleghi per formare una équipe di specialisti a cui affidare la realizzazione del più potente ciclotrone del mondo.

Ne sarebbe ritornato di li a qualche anno per sposare l’ inglese Margaret aiutante della zia Bertilla nel Club dei Nipoti da lei fondato che oltre Museo e Biblioteca era anche un ritrovo culturale e di svago secondo le giornate indicate dalla locandina quotidiana. Margaret, figlia di addetto d’Ambasciata pure essendo inglese di nascita era stata a Roma fin da piccina ed era stata, prima compagna di università, secondariamente fidanzata Cesare e, infine, supplente di Bertilla al Club quando la professoressa era impegnata nel liceo dove insegnava.

La ragazza era diventata l’esperta del Museo romanico e della Biblioteca e spesso faceva compagnia all’ottuagenaria Aurora che si era molto legata a lei perché aveva molte qualità e poi perché era la promessa sposa del suo amato Cesare, del quale giungevano notizie entusiasmanti che inorgoglivano le tre donne del Casale.

Non altrettanto potevano dire della scelta che aveva fatto Caterina:

Zia Bertilla, si era avveduta fin da quando aveva conosciuto Stelvio dei numerosi strafalcioni coi quali infarciva i suoi arzigogolati discorsi di giovane vanesio e ignorante. Anche se non aveva approvata quella scelta augurava a sua nipote di essere felice comunque, sperando che il ragazzo possedesse altre qualità.

Sfortunatamente la ex suora non era mai stata innamorata, glielo aveva sottolineato anche sua sorella Bice: "Cara sorella, tu non sei mai stata innamorata, perciò non sai guardare un uomo sotto questo profilo, sei troppo lucida e precisa nel contare i difetti e le qualità ti sfuggono… Non è necessario che un uomo sia professore di lingue per essere una brava persona". Aggiunse poi che vedeva finalmente sua figlia pensare ad altre cose che non fossero i "vetrini" del suo laboratorio e, alla sua età, era giusto che si sposasse, altrimenti la carriera l’avrebbe assorbita completamente.

Era giunta anche al Casale la bella notizia del cospicuo premio in denaro che il Congresso Medico Internazionale aveva assegnato alla biologa per la sua ultima ricerca.

Cate, non era mai stata vanitosa né esigente e sempre soddisfatta del lavoro scelto, ma era pure giusto che si creasse una famiglia e di questo, specialmente sua madre, era contenta, anche se le stesse pecche che aveva notate sua sorella non fossero sfuggite neppure a lei, ma aveva tralasciato di sottolinearle alla futura sposa per non offuscare la sua gioia nel prepararsi alle nozze.

Si consolava Bice pensando che molti giovanotti vanesi in giovane età col matrimonio maturano divenendo responsabili e ottimi mariti e pregava il cielo che così fosse anche in questo caso per la felicità di sua figlia che non meritava di soffrire.

Gli anni bisestili, in genere, sono guardati con diffidenza perché si ritengono apportatori di influssi malefici e il 1980 dimostrò i suoi per il susseguirsi di eventi catastrofici. Delitti, scandali, attentati, uniti alle calamità naturali, indirizzarono il suo svolgersi verso una china di fatalità in cui ognuno avrebbe potuto esservi coinvolto.

Le malefatte di molti sconsiderati non stettero circoscritte nell’ambito dei predisposti per natura poiché la malversazione divenne consuetudine come la corruzione che serpeggiò anche nelle sfere al disopra di ogni sospetto.

Nell’insicurezza generale, la gente ebbe necessità di essere guidata per ritrovare la traballante lucidità mentale e quindi credette bene affidarsi ai consigli più o meno dispendiosi di veggenti e astrologhi, che scrutando i segni del destino, seppero ben sfruttare la credulità umana che, col soprannaturale, credette di propiziarsi gli astri.

Sembrò tornare il Medioevo, cosa inammissibile, alle soglie del duemila.

In netto contrasto con le magie, la scienza faceva il suo corso e il progresso avanzava e l’ inizio dell’anno divulgò molte novità scientifiche, tendenti a migliorare la qualità della vita anche se, contemporaneamente, la contaminazione ecologica continuava ad insidiarla. Persino sui millenari monumenti cittadini si riscontrarono i danni malefici dello smog che riuscirono a disgregare le poderose opere che in origine erano ricoperte da vernici dorate o colorate per salvaguardarne appunto l’integrità e qualche esperto delle Belle Arti ne stava riproponendo l’uso per arrestare il totale disfacimento.

In campo medico, fece scalpore la sperimentazione di una speciale resina… umanizzata (termine improprio) con la caratteristica di suturare, senza punti, le ferite interne lasciate da una operazione, riducendo le complicanze.

Per i diabetici fu messa a punto l’insulina umana da soppiantare a quella bovina; per le pelli devastate da bruciature, piaghe inguaribili fu presentata in diretta TV la pelle umana sintetica. Ci furono poi tutte le applicazioni del Raggio Laser che inizialmente fu creato come raggio della morte ( arma militare) e che, graduandone l’intensità fu immesso in chirurgia per sostituire operazioni di cataratta e consimili e, specialmente, in applicazioni radiologiche e per il ripristino integrale della pelle devastata da decubito. Non solo in chirurgia e medicina, il potente Raggio trovò applicazioni, ma anche per la lettura dei vari codici meccanizzati e dei compact disc che, miniaturizzati, contengono intere discoteche.

Malauguratamente, per quanti sforzi facessero gli scienziati e i ricercatori mondiali per lavorare all’unisono, non si riuscì a scalfire la gramigna dei disfattisti che, dilagando, scompigliava i lavori seri e metodici di quanti avevano, veramente a cuore, il bene dell’umanità.

Si assistette alla disfatta di trattati amichevoli e si tramutarono in discordie economiche, quelle che erano apparse come felici realizzazioni di mercati alleati e si rasentò un’altra guerra.

I resoconti radiotelevisivi, dei terribili massacri in Medio Oriente e altrove misero in risalto le distruzioni e le atrocità dei conflitti a fuoco in tempo reale come ammonimento per rifuggire dal dissidio guerrafondaio che non ha altro potere che quello di annientare la civiltà.

Un’altra guerra si andò imbastendo a suon di dollari, quella del petrolio che, degenerando portò inflazione e panico, semi paralizzando industria e commercio.

S’istituì il Laboratorio di plasma spaziale per risolvere la crisi energetica, il cui progetto consisteva nell’approntare enormi Satelliti artificiali, raccoglitori di energia solare, da ritrasmettere sulla terra, attraverso un complesso sistema di micro onde:

Di pari passo alla crescita delle automazioni, diminuirono i posti di lavoro e, la gioventù, al termine degl’impegni scolastici, non trovò altro da fare che ingrossare le file dei perdigiorno.

Disadattati e insoddisfatti non si contarono più, divenendo facile esca di spacciatori di droga e d’iniziatori di delinquenza.
Quella domenica, si era goduto ancora un po’ di tepore che reca l’estate di S. Martino contribuendo a renderla ancora più serena.

Le tre abitanti del Casale avevano ricevuta la consueta visita di studenti romani che vi si alternavano ogni settimana per partecipare ai dibattiti su problemi sociali e di cultura che la Professoressa organizzava con la partecipazione di altri Docenti e di esperti sull’argomento del giorno.

Erano convegni importanti e molto seguiti che dava anche la possibilità per quelli che si prenotavano di fermarsi per il pranzo, preparato da “ Zia Aurora”, con una minima quota di partecipazione con diritto allo svago pomeridiano, consistente nell’ascolto di musica e, chi voleva, poteva anche fare quattro salti, come in famiglia.

Inutile dire, il successo di quegli incontri che erano divenuti d’importanza nazionale per il lustro che gli conferivano gli illustri personaggi che vi erano sempre presenti.

Anche il professore Cesare che, insieme alle zie, aveva messo a punto il programma vi si recava spesso ed anche prima di recarsi nel Michigan vi aveva tenuto una conferenza illustrando il progetto che stava elaborando per la costruzione di depuratori per eliminare i propellenti dei prodotti spray.

Diventati urgenti, dopo la sconcertante conferma che lo smog e i gas venefici dei fluorocarburi, necessari al riempimento di bombole, rappresentano la causa diretta della contaminazione irreversibile dell’atmosfera terrestre perché capaci di aggredire la fascia di ozono che a protezione la circonda, ma che è anche vulnerabile ai raggi ultravioletti.

La serata domenicale volgeva al termine e le tre signore, dopo la partenza dei loro ospiti si erano date da fare per riordinare, come sempre avveniva, il caos da essi lasciato.

Spazzato e chiuso il locale adibito a Museo e Biblioteca, Bertilla e Margaret stavano ultimando il riordino mentre Aurora preparava la tavola per il loro spuntino serale che non sarebbe stato molto abbondante perché quel giorno c’era stata per tutti i presenti una speciale distribuzione dei famosi “biscottoni” della Signora Maria la cui ricetta era stata ripresa dalla nuora, da quando l’autrice non c’era più.

Mentre sfaccendavano, Aurora aveva acceso il televisore per le ultime notizie, sperando di avere ulteriori ragguagli sul Centenario del Teatro dell’Opera romano che si sarebbe celebrato il ventisette prossimo.

Improvvisamente, furono spaventate contemporaneamente da paurosi scricchiolii mentre il lampadario centrale oscillava e sussultava, un solo attimo di panico incerto e, compresero di trovarsi nel mezzo di un violentissimo terremoto.

La scossa prolungata, interruppe momentaneamente la luce elettrica, spegnendo il televisore.

Al momento che ritornò la corrente elettrica, proprio dalle ripetute Edizioni straordinarie dei Telegiornali si resero conto della portata imponente e drammatica di quell’evento disastroso.

La Campania e la Basilicata, territori sismici per eccellenza, erano quelli più colpiti, subendo in pochi attimi danni violenti e irreparabili, molto più gravi di quelli del Friuli ventitre anni prima e di quelli del Belice, dodici anni addietro.

Fra Albano e Roma, si cercò subito di comunicare telefonicamente, ma le linee erano saltate e per molte ore non fu possibile avere notizie dirette, le tre spettatrici guardavano inebetite le immagini sconvolgente che lo schermo presentava in continuazione.

Furono prese da uno scoramento profondo dinanzi alle visioni di distruzione e di morte, scenari macabri di case sventrate nel momento della cena, una bambola, un orologio e un crocefisso ancora su alcune pareti di case che non c’erano più.

La brutalità di quella immane scossa tellurica, aveva spazzato via vite umane e abitazioni e beni di gente operosa e tranquilla, lasciando disperazione e dolore.

Fecero seguito nei giorni a seguire, solleciti e fattivi interventi di grande solidarietà e anche il Casale fu centro di raccolta e di smistamento di aiuti molteplici in collegamento con Radio Aiuto che fu veramente preziosa col suo “ Non stop” instancabile che sollecitava le persone di buona volontà a dare un contributo qualsiasi e a intervenire in ogni modo a quella gara di fraternità, per alleviare il più possibile i disagi dei colpiti. La catena d’amore legò, in quella circostanza, tutte le Stazioni Radio da cui partirono automezzi pieni di derrate alimentari e indumenti, raggiungendo quei luoghi prima degli aiuti ufficiali e fu validissimo, in special modo, il conforto morale dato ai superstiti che testimoniò loro che tutto il mondo fu pronto a partecipare alle loro inaudite sofferenze. Alcune delle zone già danneggiate dai precedenti terremoti del ‘930 e del 962 subirono la distruzione più completa, mettendo sul lastrico centinaia di famiglie.

Corinne si era rivelata una ragazza molto assennata e il nonno era molto fiero di lei

perché la sua attitudine allo studio delle lingue, l’aveva messa ben presto messa in condizione di poter tradurre simultaneamente nell’ambito dei più importanti convegni internazionali, dove era apprezzata e ben remunerata.

Capitava sporadicamente anche a Roma e la madre allora ne approfittava per riaccompagnarla a Parigi, era un modo per riabbracciare il vecchio padre e fare una rimpatriata nella casa che l’aveva vista nascere e dove contava di stabilirsi definitivamente non appena Corrado e Simona si fossero sposati.

Paulette stava accarezzando l’idea di rispolverare la passione che aveva accantonata per tanti anni, ma sentiva che solo l’aria della sua città le avrebbe ridonato la spinta come quella che, giovanissima, le ispirava quei soggetti che avevano tanto incantato la giuria della sua prima ed unica mostra.

Ritrovando la serenità dello spirito, la francese, stava ritrovando anche se stessa e lasciando la casa in cui aveva passato tante tristezze, avrebbe avuta la gioia di godersi la sua Nicole che aveva affidato a suo padre, anche se a brevi intervalli c’erano stati degli incontri, ma sentiva impellente, il bisogno, di starle accanto.

Dopo dieci mesi dal matrimonio, Cate, diede alla luce David. Il lieto evento, avvenuto nella loro casa, allietò molto la madre e i nonni che già sapevano che dopo il puerperio, la novella mamma, dovendo riprendere il suo lavoro, lo avrebbe affidato alle loro cure e quel pargoletto li avrebbe ringiovaniti sicuramente, fino al momento che i genitori non si fossero decisi a cambiare di alloggio. Per il momento, questa eventualità appariva remota perché l’unico reddito di cui poteva disporre la coppia era rimasto quello femminile essendosi, l’uomo, cullato nelle speranze, trascurando anche lo sport che richiede, sempre, costanza e sacrificio.

Aveva perduto anche il posto di Istruttore alla palestra per la sua negligenza ed anche per la sua arroganza, naturalmente tanti fattori negativi, non facevano di lui un uomo che dava fiducia e moglie e suoceri ebbero la certezza che mai sarebbe divenuto un capofamiglia, capace di assumersi delle responsabilità.

La nascita del figlio, dava ancora adito a qualche speranza. Sempre fuori casa per i suoi impegni misteriosi che non avevano radici da nessuna parte, aspettava la gloria e il denaro dall’ambiente dei fotoromanzi che ultimamente frequentava, ma all’infuori di qualche squallido fumetto, non concludeva nulla. Non voleva accorgersi che aveva soltanto la gioventù e, finita quella, si sarebbe ritrovato in mano solo aria poiché se alla bella presenza non si affianca una spiccata personalità, l’ essere umano, non si realizzerà mai. A lui mancava del tutto la vèrve necessaria ad vero un attore inoltre non aveva istruzione alcuna e in quanto all’umiltà, non sapeva neppure cos’era.

Di questo si accorgeva chiunque lo avvicinava, persino alcuni loschi individui che lo tempestavano di telefonate, specialmente in assenza della moglie.

Meno riusciva a concludere più si accaniva a rincorrere le sue fisime, diventando pure seccante perché voleva che gli si attribuisse l’importanza che non possedeva, ma le persone di buon senso vedevano che a parte la prestanza fisica non aveva altri valori e non gli prestavano fiducia.

La moglie, resasi conto di avere sposato uno sciocco vanesio, incapace di mantenere la famiglia, aveva pensato di dimettersi dalla sua attività per metterlo di fronte alla necessità di assumersi i ruoli di marito e padre, ma riflettendo con ponderatezza, capì che rischiava di far accollare tutto il peso del suo menage ai suoi genitori che già l’aiutavano abbastanza. Così avrebbe continuato a lavorare anche dopo la nascita del bimbo, per il quale, ne era consapevole, avrebbe dovuto fare da madre e da padre perché, suo marito, la paternità non la sentiva proprio, e quando il piccino gli sorrideva dalla culla, non ne avvertiva alcuna tenerezza.

Mai una volta che lo avesse preso fra le braccia…!

Che tristezza per Cate nel notare la diversa attenzione di Curzio per Dianora e la gioiosa attesa per la seconda che stava in arrivo, ne era felice per lui perché lo amava profondamente, ma lo sconforto che provava era indefinibile.

Molto meglio essere sola e riversare la sua tenerezza su David, tanto era come se lo fosse perché dopo la euforia dei primi tempi Stelvio aveva diradato anche i loro rapporti intimi e l’indifferenza che mostrava gli dava molto da pensare perché, al contrario curava molto di più la sua persona, facendo un vero spreco di prodotti di profumeria, ci mancava che s’imbellettasse con la civetteria di una donna.

Cate, non avrebbe mai immaginato che avesse dovuto mettere in pratica col suo partner i metodi che usava nell’ambito del lavoro, ma così facendo, venne a capo di molte cose… Stelvio stava assumendo degli atteggiamenti molto equivoci e questo la terrorizzò.
Doralilia giunse a far compagnia a Dianora e nonna Bice che aveva scelto il suo originale nome a ricordo di sua madre, ne fu felicissima anche perché per una settimana tenne presso di sé la più grande.

Zia Cate partecipò con gioia a questo avvenimento e godette della vicinanza della nipotina che insieme al suo David rallegrarono la casa, distraendola dai suoi gravosi pensieri che sua madre però aveva percepito senza parlarne mai direttamente con la figlia e intuendone il logorio dell’anima e, ancor peggio, era giunta alle stesse conclusioni mettendo insieme scorci di telefonate ambigue che non volendo ascoltava quando il genero si appartava con la cornetta del telefono, seguite da uscite precipitose che lasciavano una scia profumata.

E questo accadeva sempre quando sua figlia era al lavoro.

Troppo tardi aveva avuto la certezza della strategia della strategia da lui messa in atto per entrare in una famiglia onorata e assicurarsi la sistemazione a lui più congeniale quella subdola farsa era stata la sua vera recita ben riuscita, le venero in mente i retroscena senza scrupoli che talvolta aveva raccontato ridendo presentandoli come bravate scherzose. 

Bice stava centrando il passato di quel figlio della strada.

Aveva perfino timore di concepirli i suoi dubbi perché si vergognava dei propri pensieri. Scomparso l’accecamento della sua primaria infatuazione che l’aveva portata ad innamorarsene, Cate, puntò con fredda decisione alla soluzione del suo gravissimo problema che la condusse a riprogrammare la sua esistenza.

Le divenne chiaro che non è sufficiente la sola intelligenza per prevenire situazioni scabrose che, finché non si toccano con mano, appaiono incredibili, meglio essere furbi e maliziosi, forse è così che saltano subito agli occhi.

Usando un diverso metro di valutazione, invece che essere piena di fiducia e di comprensione, l’avrebbe aiutata a discernere la vera identità di colui che doveva sposare. La moglie, gli era servita per rifarsi una facciata pulita, perché la sua psiche doveva essere stata sempre contorta. Per giunta era diventato sprezzante e maleducato anche nell’interno di quella casa che li ospitava e i suoi genitori non meritavano questo. Con grande disappunto lei stessa aveva dovuto ammettere che il suo linguaggio sgrammaticato derivava anche da una pochezza di pensiero.

Quanti autodidatti, applicandosi con tenacia sono divenuti colti e sapienti?

Con lui, ogni tentativo era fallito e si era dovuta dare per vinta di fronte a quell’allievo non facile e puerile che disprezzava chi sapeva.

I suoi genitori inorridirono un giorno nel sentirgli dire: "Me lo dovevo immaginare 

che saresti diventata una vecchia brontolona e scocciante, sempre pronta con la bacchetta in mano ….Ma chi ti credi di essere perché hai letto tanti libri?

In fondo non fai altro che mettere in fila i microbi, per me, quello, è un lavoro schifoso. Ma già, tu ci faresti più figura con un marito che ammuffisce dentro un ufficio…come tuo padre e – aggiunse- se è a questo che pensi, te lo puoi scordare, non sono nato per quella vita… e, quando avrò sfondato, sarò io a vergognarmi di voi tutti!"

Proprio dietro quelle frasi la moglie capì che sarebbe stato irrecuperabile e temette che un simile esempio sarebbe stato deleterio per il bambino…meglio quindi correre ai ripari.
Corrado e Simona, convivevano da circa un anno e si trovavano così bene che a consolidare la loro unione non ci pensavano affatto.

Avevano assistito a tanti legami sanciti con tutti i crismi che poi erano naufragati nelle

liti e nelle incomprensioni che i contratti stabiliti da leggi non li attiravano proprio.

Fra loro c’era affiatamento e sincerità e questo bastava loro per essere felici.

Così Paulette che, in fondo, pensava che non avessero tanto torto dati gli esempi avuti poiché anche Simona veniva da genitori divorziati, accettò la loro decisione e si accinse a ritornare nella sua Patria.

La famiglia ricostituitasi nella maison del signor René, fece risollevare gli animi perché la gioia e il quieto vivere erano la norma diuturna.

Non esistevano musi lunghi e ognuno era affettuoso con l’altro anche perché l’elemento che li univa era l’arte.

Il padrone di casa come sostenitore della buona pittura, e madre e figlia perché dipingevano entrambe.

Il buon francese, non aveva accantonata del tutto l’idea che sua figlia potesse riprendere i pennelli e difatti ella, accingendosi a ripristinare il suo antico studio ebbe la gradita sorpresa di vedere che sua figlia aveva eseguito degli abbozzi in gran segreto. "Perché in segreto?" chiese la madre. "Perché io non potrei mai mettermi al tuo livello", rispose Nicole.

Il nonno fu quello più felice perché aveva ormai due pittrici in casa.

Come due buone amiche, infatti, si organizzarono per recarsi a riprendere dal vero qualche scorcio della vecchia Montmartre e, col tempo, si sarebbero spinte fino a qualche Castello della Loira.

La frenesia che subentrò nella divorziata, sembrò voler riempire lo spazio del tempo perduto e il suo estro ne fu galvanizzato: colori più accesi, tracciati più arditi uscirono dai suoi pennelli e, dopo essersi sempre orientata nel vero a immagine e somiglianza, adesso, prese a lavorare esprimendo una fresca e diversa personalità.

Il disegno rispecchiava tutti i canoni, ma i colori avevano toni che non aveva mai usati e il padre, da esperto, si avvide della catarsi, intuendo, con gli occhi pieni di commozione ciò che ella, inconsciamente voleva annegare in quell’orgia di colori: la morte di Charles e il fallimento del suo matrimonio.

Volgeva lo sguardo fra figlia e nipote e notava le differenze di stile.

Sua figlia aveva sempre avuto un tratto deciso rispondente agli insegnamenti, ricevuti a suo tempo, dal maestro Serge, mentre Corinne, autodidatta, disegnava a capriccio volute riccioli, piume e fantasmagorie che poi i colori acquerello, dai toni evanescenti, riuscivano a rendere in maniera originale e fantasiosa.

Soggetti surreali e figure oniriche che riuscirono ben presto ad imporsi per la loro eleganza che si posero fra i dipinti di avanguardia perché non seguivano nessuna scuola. Solo le mani de due autrici avevano identiche e sapevano esprimere un loro ulteriore linguaggio, al di fuori nei movimenti e della pittura.

Mani sensibili e nervose che sapevano fare e sapevano dare.

In un mondo pieno d’incertezze, seguire le evoluzioni sapienti di quelle dita, che tracciavano, cancellavano, spalmavano, amalgamando disegno e colore, con tocchi sapienti, lievi o rapidi, ma sempre sicuri, era una parentesi gentile e l’osservatore non poteva esimersi dal sentire il forte senso di ossequio estatico che la vera arte sa infondere. Un altro assiduo osservatore era sempre presente ed era il loro giovane accompagnatore, ben conosciuto dal nonno, che glielo aveva affiancato quale autista e guardia del corpo quando in macchina si allontanavano dalla città:

Nonno René voleva che le sue “donnine” fossero protette e Michel era la persona adatta perché occupava da tempo un posto da pilota dei suoi aerei e al buon vecchio non sarebbe dispiaciuto affatto se fra i due giovani fosse nata della simpatia.

La brutta esperienza di sua figlia l’aveva messo in guardia, meglio quindi prevenire le infatuazioni delle ragazzine per degli estranei.
Nell’apprendere che sua moglie aveva inoltrata domanda di divorzio, Stelvio fu preso da una crisi di nervi che lo portò a piangere e singhiozzare, ma non per il dispiacere di sciogliere la famiglia, ma solamente per l’ira di non aver preveduto quella soluzione di cui aveva creduto incapace la dolce Cate di affrontarne le conseguenze.

Disse parole volgari contro tutti, insistendo nel dire che lui non avrebbe firmato niente.

La dottoressa non si scompose affatto e mise la questione in mano a un divorzista.

La biologa, dopo il fallimento del suo matrimonio, non si sentì in grado di riprendere le

Le consuete e troppo impegnative mansioni e credette bene di chiedere un lungo periodo di aspettativa perché sentiva il bisogno di lavarsi l’anima dalla contaminazione di un essere indegno che non gli aveva dato altro che dispiaceri.

Il piccolo David, inconsapevole dei drammatici avvenimenti che gli accadevano intorno, viveva la sua tenera infanzia, felice e al riparo delle brutture del mondo e la sua mamma che lo adorava e che per lui si sarebbe sempre prodigata, giunse a pensare del perché debba nascere un figlio da due esseri così differenti.

Sarebbe più giusto in questi casi che il connubio risultasse sterile!

Però guardando il piccino che si trastullava ignaro col suo orsacchiotto di peluche.

inorridì della sua elucubrazione balzana e corse ad abbracciarlo.

La sua sensibilità, nella sofferenza, si era affinata ed erano bastevoli per il suo cuore quegli istanti di tenerezza per sentire che quelle piccole braccia rosee e tenere le infondevano la forza per andare avanti. Avrebbe voluto fermare il tempo che con lui stretto al seno, s’impermeava di gioia e lo vedeva come un miracolo creato da sola che il padre non esisteva più. Il miracolo sarebbe continuato quando gli avrebbe insegnato i primi passi e i primi vocaboli e sarebbe stata ancora lei a vederlo crescere accanto a sé. Chi mai riesce a sottrarsi al desiderio di fermare gli attimi sublimi che sanno dare significato alla vita? Indubbiamente esistono mezzi tecnici adatti ad esaudire questo desiderio, ma anche usando registrazioni e filmati, il risultato sarà approssimativo perché i sentimenti con le sue sfumature e le sensazioni più intime avvertite dall’animo umano, non verranno mai riprese nella loro integrità. Alcuni di questi attimi sublimi durano soltanto il tempo necessario per dare felicità e sono irripetibili e chi li avverte, li assapora, accantonandoli immediatamente nel bagaglio dei ricordi.

Di quei momenti, bisogna farne tesoro!

Cate lo stava imparando, gustando appieno ogni emozione!

Momenti magici e assai preziosi che come perle conserveranno nel tempo il loro splendore per tornare a brillare e a rischiarare i momenti grigi, della più squallida esistenza perché di tali gioie si può godere anche in povertà e in solitudine purché si predisponga l’animo a ciò che è bello e semplice.

E’ questa quindi la felicità!

Da quando non aveva impegni di lavoro e orari da rispettare, la dottoressa, si concedeva di soffermarsi nel vano della finestra pensando a…niente, ammirando la natura. Come nonna Irene, guardava lo stesso panorama.

Alcune mattine intravedendo l’opacità di un cielo, ancora ricoperto di brume, cercava di penetrare col suo sguardo la foschia, senza riuscirvi, standosene lì, abulica e senza desideri … ed ecco… il Momento Magico che le schiariva i contorni del consueto panorama rivestito di trine evanescenti da farlo apparire irreale e, quella immagine da favola, aveva il potere di rinnovare il suo essere, riportandolo alla purezza di un animo infantile ed era un tutt’uno con suo figlio, carne della sua carne.

Giocava con lui, bambina insieme a lui e, rotolandosi sul tappeto che ricopriva le mattonelle le pareva di essere nel giardino delle fate.

Ed era lei, la madre, a dare a lui la sua felicità.

Le due cognate andavano molto d’accordo perché legate da amicizia che risaliva al liceo e che si era rinsaldata nella pratica ospedaliera e infine in un legame di parentela molto sentito e rispettato da entrambe.

E Cate era stata veramente felice che suo fratello l’avesse scelta per moglie perché era la comprensione personificata e il suo consiglio riflessivo ed equo era sempre di aiuto. Doveva anche a lei di essersi ripresa dall’abbattimento che si stava impossessando del suo essere schiantato dagli avvenimenti.

Col suo adorabile bambino accanto avrebbe ritrovato la capacità di sciogliersi dai pensieri cupi che non fanno altro che deprimere.

L’esortava a trovare forza in David anche perché la sua malinconia non avrebbe fatto bene neppure a lui che voleva una mamma allegra e capace di mostrarle il lato bello dell’esistenza, cercando di dargli fiducia nel domani.

E col trascorrere degli anni altre cose potevano accadere, altri incontri, altri affetti.

Doveva saper dimostrare al mondo e, specialmente, al suo ex consorte la sua forza di animo perché capisse, che aveva perduto una donna superiore che lui non meritava.

Le parole della cognata, le avevano fatto bene, e l’avevano spronata a crearsi qualche hobby che sarebbe servito a distrarla.

Lidia si era dimostrata veramente amica!

Beato veramente chi può contare su amici simili, perché il feeling che si stabilisce fra loro sa dare e sa ricevere poiché l’uno rafforza l’altro in un dare e avere affettuoso e sincero che non avrà mai fine.

Anche da Parigi giunsero altri confetti di nozze, quelli di Corinne e Michel che si dissero si con l’auspicio sereno del previdente nonno che non poté evitare che la loro piccola Denise nascesse a breve distanza.

La storia si era ripetuta, ma stavolta la cornice sarebbe stata diversa e la felicità degli sposi era onesta e sincera.
Il suggerimento di Lidia, fece tornare in mente a Cate, il manoscritto della nonna che tante volte aveva pensato di dare alle stampe, ma per mancanza di tempo, aveva sempre rimandato, c’era stato un tempo che ne aveva parlato anche con zia Bertilla.

Ora, di tempo ne avrebbe avuto a dovizia e doveva darsi da fare e per le spese che avrebbe dovuto incontrare poteva usufruire della somma ricevuta come premio che ancora teneva in banca perché avrebbe dovuto servire nel caso del trasloco che non ci sarebbe stato mai più.

Senza altra perdita di tempo aprì il cassetto del canterano e il manoscritto di nonna Irene tornò alla luce. Con grandissima emozione si diede a sfogliare quelle pagine che portavano le tracce non solo dell’autrice, ma anche di sua madre e sua zia che, giovanissime, standole accanto erano state testimoni della perseveranza faticata che le era costata portarle a termine fra mille angustie.

Fra le altre cose la grande Nonna aveva appuntato nella prefazione, che anche un vegetale, abbisogna di amore per nascere, crescere e svilupparsi al meglio, quindi ogni piantina va posta a dimora con l’accortezza di una madre che depone un neonato nella culla, se ben coltivata, se ne vedranno i risultati nel momento al suo sbocciare.

La lettura del manoscritto conduceva la mente oltre la pura e semplice erboristeria, giacché vi erano note bibliografiche, psicologiche, geografiche e storiche con molte illustrazioni, disegnate sulle stesse pagine, oppure vignette incollate, queste ultime, erano state applicate da Bertilla bambina.

In tempi in cui l’abuso di medicinali, cominciava a creare seri problemi, dall’allergia alla intossicazione, ritornò la fiducia nei prodotti naturali e costose campagne pubblicitarie, furono sponsorizzate ovunque per diffonderne l’utilità.

La biologa era a conoscenza che in alcune Scuole orientali, rappresentava materia d’insegnamento la fitoalimurgia che tratta specificatamente la conoscenza e l’utilizzazione della flora spontanea alimentare.

Nonna Irene, a suo modo, ne era stata la pioniera, e Cate era certa che un buon Editore, non si sarebbe lasciato sfuggire quell’originale trattato.

Non vi poteva essere modo migliore per onorare la memoria di chi l’aveva creato.

non lasciandosi sopraffare dalla tirannia e il monogramma lo lasciava intuire giacché

quel serpente che aveva sostituito il serto di foglie della S, non era riuscito a strangolare il suo ingegno prolifico.

La sua aurea vena avrebbe brillato ancora ad opera di una pronipote scienziata che

dandolo alle stampe ne prevedeva il successo, postumo è vero, ma sarebbe stata la gloria meritata per colei che era vissuta solo di speranza.


F I N E

 

E P I L O G O

 

 

Molte saranno le donne che si saranno ritrovate in questa lunga narrazione, riconoscendo come proprie le vicissitudini delle protagoniste.

Avranno risentite le loro identiche sofferenze ed altrettante rinunzie nell’amarezza di copiose e solitarie lacrime versate.

Resta a conforto la constatazione che il mondo si stia sensibilizzando ai problemi femminili che racchiudono molti interrogativi.

Primo fra tutti quello del patriarcato inteso come feroce dittatura che stenta ad essere smantellato perché l’uomo ha sempre creduto di avere il diritto di esercitarlo.

Ma oggi, il convincimento che le convenienze siano basate sul rispetto reciproco che non reprima la personalità propria e altrui, spinge a rimuovere leggi e concetti superati

Malgrado ciò, esistono donne che tuttora si trovano a maledire la loro esistenza, sottoposta a condizioni di sott’ordine.

Il loro abito mentale non riesce ad accettare volentieri le innovazioni di parità sul piano femminista estremista che vorrebbe ritorcere sul sesso maschile le angherie subite da loro stesse.

Non è questa la parità nei rapporti di coppia!.

Tali dimostrazioni fanatiche e spregiudicate finiranno per cadere nel ridicolo facendo disprezzare le vere motivazioni per cui si richiedono altre leggi, più consone al vivere civile.

Tutto va fatto in serenità di spirito e con eguaglianza di diritti e doveri.

Bando alle paure di ritorsioni che nell’ambito familiare non consentono di ribellarsi ad ingiusti soprusi.

Spesso l’ambiente casalingo, designato a consacrare l’amore e la comprensione reciproca, diviene invece, focolaio di odi repressi che fanno accettare passivamente la soggezione per la difficoltà di mettere in pratica la ribellione verso chi tiranneggia.

C’è però da considerare che, come una corda tirata al massimo, finisce con lo spezzarsi, così, la continua sofferenza di schiavitù indesiderate e imposte, diverrà talmente insopportabile da scuotere anche l’indole più docile fino a renderla la più feroce e la meno ragionata.

In certi casi, tutto potrebbe accadere!

Vale la pena quindi, per evitare tragedie, di legiferare con giudizio e con giustizia al fine tutti possano considerarsi anelli di una stessa catena, ma che la catena sia dolce almeno.

La donna, specialmente, se i suoi slanci non troveranno repressioni, sarà più idonea per mettere al servizio della famiglia e della società il suo intuito e la sua capacità.

E ’forse questo che teme l’uomo?

Non pensa che l’animo femminile è stato creato per perpetuare nella specie le proprie tendenze e le proprie esperienze?

Si faccia in modo perciò che ella non debba ipocritamente accettare una vita indegna del vivere civile per non dovere riversare sui figli i rancori e l’insicurezza che saranno loro fatali.

Ai tempi nuovi la risposta a tali quesiti e che, le strade del domani, conducano gli esseri umani verso destini più graditi, secondo la personalità di ognuno.
E’ su questo che ogni donna pone la sua speranza.

 


 

PREFAZIONE
Terza parte
seguito 2
seguito 3