ROMANZO
STORICO
in
tre parti
TERZA
PARTE
(4)
Il breve tragitto in compagnia di Lidia era rimasto impresso
nella mente di Curzio e
cominciò
a pensare al modo di rivederla, la cosa sarebbe stata facile se si fosse
recato
nel suo reparto, ma lui non voleva incontrarla mentre entrambi
stavano lavorando, pensò bene allora di passare un po’ più spesso in
biologia dove l’aveva vista la prima volta.
A Cate non passò inosservata la frequenza maggiore con cui
egli passava a trovarla anche mentre intenta a manipolare le sue provette.
Sapeva benissimo che lui, non aveva motivi professionali per
spingersi fino a biologia mentre Lidia lo doveva fare spesso per ritirare
le cartelle dei “suoi” prematuri, sottoposti a ricerche genetiche,
arrivò a questa conclusione vedendo la gioia di suo fratello quando un
giorno l’incontrò… per caso.
Il turbamento di Lidia fece il resto e lei comprese che fra i
due c’era della simpatia e, cosa più bella non avrebbe potuta accadere
perché, conoscendone i caratteri, li vedeva benissimo insieme.
Ne era gongolante anche perché suo fratello era giunto
all’età giusta per formarsi una famiglia e la sua amica Lidia sarebbe
stata proprio "La ragazza giusta" che andava dicendo alla mamma.
Presto infatti si parlò di nozze in casa loro trovando tutti
consenzienti nei riguardi della scelta, l’unico neo venne però dalla
proposta dei fidanzati di legarsi col solo rito civile per abbreviare i
tempi e ridurre le spese.
Ai quattro genitori non stava troppo bene il matrimonio lampo,
visto che non vi erano…urgenze, ma i fidanzati furono irremovibili, a
loro non importava la cerimonia importante con tanto spreco di denaro,
desideravano un rito semplice con tanti amici attorno.
I loro motivi erano validissimi: non volevano che le loro
famiglie s’indebitassero per loro e se aspettavano che i loro risparmi
aumentassero, troppo avrebbe dovuto trascorrere nell’attesa, preferirono
utilizzare il loro …liquido per comperare una utilitaria di seconda
mano, così avrebbero fatto un viaggio favoloso.
Bice, che per suo figlio professore, aveva sognato una
cerimonia fastosa con tanti invitati dovette capitolare e accettare la
rapida convalida fatta dal Sindaco in Campidoglio.
Rimase stupefatta nel constatare il gran numero di sposi che
si susseguirono sulla piazza capitolina.
All’esiguo corteo iniziale, si aggiunsero, all’insaputa di
tutti, una sfilza di utilitarie e moto rigurgitanti di colleghi
ospedalieri sia medici che infermieri, tutti allegri e schiamazzanti che
al rinfresco brindarono bene auguranti per la coppia bella e giovane amata
da tutti.
L’ infelice conclusione del matrimonio di sua figlia e la
tragica fine del nipote, aveva riempito l’animo del signor René di
dolore, amarezza e rabbia ed era furioso con se stesso per essersi
lasciato influenzare dalla parvenza di bravura del corteggiatore di
Paulette.
Avrebbe
dovuto informarsi più a fondo su quel giovanotto e che la sua prosopopea
era soltanto una misera maschera per nascondere la sua incapacità totale
di assicurare il benessere ad una famiglia.
Si era lasciato convincere dalla garanzia amichevole di Serge
e Nicole, persone rispettabilissime che però avevano dato credito alle
costanti bugie di Bruno.
Non ci sarebbe stato un capro espiatorio, perché di fronte al
fatto compiuto senza forzature l’unica soluzione era stata quella di
vedere felice la sua adorata figlia.
I modi suadenti di lui l’avevano conquistata all’istante,
prima ancora di venirle presentata e lui aveva giuocato con questo amore
di fanciulla.
Se è difficile indovinare le mistificazioni e i reconditi
pensieri fra persone che parlano lo stesso idioma, figurarsi come è
complicato afferrare le false inflessioni e farsi una esatta immagine di
chi si esprime più a gesti che a parole!!!
Larghi sorrisi, e gesti enfatici, conditi da monosillabi
indecifrabili, come entrare così nell’intimo dei cuori?
In aggiunta come avrebbe potuto indovinare, il pacifico,
signore francese che la caratteristica dei Sarducci era proprio quella
d’irretire le fanciulle brave e buone, mistificando le loro vere
intenzioni fino al raggiungimento delle nozze poi…come erano veramente
lo avrebbero scoperto le loro mogli, soltanto troppo tardi.
Il suocero non perdonava a quello straniero di avere stroncato
oltre la vita anche la carriera di sua figlia per la quale aveva
accarezzato sogni artistici e familiari di ben altra levatura.
E il suo comportamento come padre?
Era stato esecrabile, continuando ad esserlo anche dopo la
separazione, visto che il povero Charles l’aveva accusato anche dopo la
morte e per i minori, rimasti con la madre, mai un pensiero.
Indegna
persona, in tutti i sensi!
Il risentimento del vecchio non trovava sfogo e l’unica sua
soddisfazione era quella di poter garantire loro l’avvenire e sua figlia
avrebbe fatto una buona cosa se fosse ritornata a Parigi… qualcosa
avrebbe potuto ricominciare.
L’incapace coniuge, che solo dal gioco e da altre losche
attività, ricavava il suo magro reddito, non era stato capace di
assicurare alla famiglia la sicurezza economica, che lui padre, padre
anziano, si sentiva ancora di garantire fino alla morte.
Se solo avesse saputo prima che razza d’uomo era !!!!1
Convinto sempre più che, quale cacciatore di dote, aveva
agito fin dall’inizio in mala fede e giocando d’astuzia, carpendo la
fiducia di tutti e più ancora di un cuore giovane e innamorato che non
aveva saputo resistergli, non sapendo di fare il suo giuoco per ottenere
più facilmente la sua mano, con un pargolo in arrivo.
L’ex suocero si rammaricava che la legge vigente, non
svincolasse la donna separata che continuava a soffrire, incastrata dagli
stessi doveri verso i figli e verso la società.
Da quando Corinne era con lui aveva fatto come un tuffo nel
passato, quando la vedeva dipingere nella stanza che era stata di sua
madre voleva illudersi che quegli anni non fossero trascorsi ed era come se
la sua figliola non fosse mai andata via.
Per la nipote sarebbe stato più vigile c’era da giurarlo,
altroché fidarsi a prima vista, chi si fosse avvicinato avrebbe dovuto
passare sotto il suo vaglio, per prima cosa doveva essere buono di animo
ed educato.
Intanto era felice di essere utile alla sua cara nipote che
col suo arrivo aveva ridonata gaiezza alla sua triste maison che nella sua
vastità avrebbe potuto ospitare anche Paulette e Corrado se solo avessero
accettato il suo invito.
La sua esistenza non era ancora al limite…almeno lo sperava
e l’avrebbe spesa volentieri per fargli dimenticare le numerose
tristezze del passato.
La quarta generazione, anche se non in linea maschile, si era
annunziata con la nascita di Dianora figlia degli ultima coppia di sposi.
Nonna Bice da quando c’era la bella frugolina, non stava più
tanto tempo in cucina
così
nonno Enrico non rischiava di ingrossare la sua incipiente pancetta, ma
che sarebbe rimasto pure digiuno per starsene a rimirare la sua prima
nipote.
I due coniugi, felici e realizzati, nell’ambito della loro
famiglia avevano un solo rammarico, quello che Curzio avesse
l’abitazione piuttosto lontana dalla loro, ma in prossimità
dell’ospedale in cui prestava servizio.
Lidia dacché era diventata madre si era licenziata dal lavoro
per accudire a tempo pieno sua figlia e questa sua decisione era stata
approvata anche dalla suocera perché dava più tranquillità a tutti
sapere che Dianora sarebbe cresciuta sotto una puericultrice esperta quale
era la sua mamma.
Bice l’aveva subito amata questa ragazza perché aveva
intravisto in lei molta saggezza pur essendo molto giovane, ella aveva le
idee molto chiare e sapeva decidere ogni cosa con accortezza, ne aveva
avuta conferma anche dall’aver programmato, d’accordo col marito, la
sua vita di moglie e di madre.
Tutte le unioni dovrebbero essere pianificate e serene come la
loro !
S’impensieriva, la sensibile donna, soltanto pensando a
Caterina e la compativa un poco perché trascorreva tutte quelle ore al
chiuso del Laboratorio chimico, senza annotare il tempo che scoloriva la
sua giovinezza, così presa dalla ricerca.
Come madre, ella sentiva ogni tanto, il dovere di farle
presente che doveva pure svagarsi, la ragazza le rispondeva sempre con una
schietta risata e con le sue consuete argomentazioni: “ Lo sai bene
mamma che il mio lavoro è anche divertimento per me, giacché ogni
ricerca è come un rebus ed ho sempre la curiosità di vederne il
risultato, e per quello che tu hai in mente… bè… sarà il destino a
decidere!”
Sua madre, era però dell’idea che il destino andrebbe anche
un pochino aiutato!
Malgrado qualche esperienza contraria, per tutte le madri,
giunge il momento in cui vedono necessaria la prospettiva del matrimonio,
specialmente per le femmine, senza minimamente prevedere che potrebbe
anche essere controproducente idealizzare quello sconosciuto "principe
azzurro" che poi non si rivelerà tale.
Caterina era soddisfatta del suo lavoro perché, per l’alta
considerazione in cui era tenuta, era quella alla quale venivano affidati
compiti di alta responsabilità,
Recentemente era stata richiesta la sua collaborazione per una
sperimentazione che esulava da quelle propriamente genetiche sul DNA; si
trattava di tenere sotto controllo la coltura di un nuovo tipo di virus,
responsabile di trasmettere l’epatite attraverso le trasfusioni di
sangue.
La Direzione sanitaria l’aveva scelta ritenendola la più
perspicace e paziente ricercatrice di tutta l’équipe ed anche perché
c’era l’ urgenza di confrontare i risultati ottenuti in un prossimo
Congresso internazionale.
Questo naturalmente avrebbe comportato un ulteriore
dilatazione dei suoi turni giornalieri che per lei, essendo nubile,
avrebbe comportato minore sacrificio.
Logico che la sua disponibilità venisse apprezzata dalle
colleghe con famiglia ed anche per questo la dottoressa Cate era benvoluta
da tutti.
Da qualche tempo, anche per accontentare sua madre, si era
iscritta in un circolo sportivo per fare un po’ di movimento,
riprendendo il tennis che aveva esercitato da giovanissima con suo
fratello, non che fosse molto brava, ma sarebbe servito per scioglierle le
membra.
Mentre eseguiva lanci e rilanci di palla, si accorse di essere
tenuta sotto osservazione da un giovane insegnante della palestra addetto
alle squadre dei bambini, la biologa se ne sentiva talmente infastidita da
commettere sbagli su sbagli.
Sapeva che il giovanotto si chiamava Stelvio, perché il suo
nome ricorreva su tutte le bocche delle giovanissime frequentatrici di
quel luogo che se lo mangiavano con gli occhi.
Alto e prestante Stelvio, era il vero esemplare del tennista
ed aveva al suo attivo anche qualche valida affermazione regionale,
intanto, in previsione di maggiori allori, si guadagnava da vivere facendo
l’istruttore dei giovanissimi in quella palestra molto frequentata.
Per Caterina, trascorrere quelle due ore a giorni alterni,
diventava un superlavoro invece che un relax e, per giusta regola, sarebbe
stato meglio dedicare quel tempo al sonno giacché la sua professione
necessitava di mente lucida e di riflessi pronti, come nelle gare di
tennis appunto.
Persuasa di non essere molto esperta nel giuoco, si seccava di
quello sguardo che non la lasciava mai, mettendola in imbarazzo e la
critica silenziosa di quell’osservatore non le era affatto gradita… se
fosse stata meno timida glielo avrebbe detto francamente.
Cercò di evitarlo il più possibile, ma una sera se lo trovò
all’uscita del suo ospedale che le sbarrava il passo.
Alzò il capo sbalordita e si vide dinanzi un bellissimo
sorriso, lui sveltamente le chiese scusa, seguitando a parlare senza
ulteriori preamboli: "Dottoressa, l’unico modo di parlarle era questo
poiché in palestra, non me ne ha offerto mai la possibilità ed io invece
è da tanto che la guardo …".
Per darsi un contegno Cate, approfittò della sua pausa:"Si, me ne sono accorto e chissà le critiche che ha fatto sul mio stile,
ma io non sono una professionista e frequento la palestra solo per
sgranchirmi le gambe".
Toccò a lui sentirsi imbarazzato, ma la sua magnifica
chiostra di denti tornò alla ribalta, mentre ribatteva: "Mi dispiace
veramente che lei abbia frainteso il mio sguardo perché io sono
interessato alla sua persona e non al suo modo di giocare, mi creda" nel
frattempo le si mise al fianco, proseguendo: "Mi permetta di accompagnarla così le spiego!”
Sbalordita, per la sua disinvoltura e per le parole enfatiche
che le stava rivolgendo, la dottoressa annuì con il capo
involontariamente mentre lui prese a parlare confidenzialmente come
fossero amici da tempo.
Disse di essere di origine pugliese e di essere da moltissimi
anni a Roma proprio per continuare le gare di tennis ad un certo livello
che gli stavano già dando grosse soddisfazioni.
Intanto giungeva il mezzo pubblico che Cate attendeva e lei
fece per salutarlo, ma lui più svelto vi salì sopra contemporaneamente,
continuando a raccontare di sé.
La sua alta statura, che emergeva sugli altri passeggeri e il
gesto premuroso col quale lui le indicò l’unico posto libero, fece
voltare tutte le teste femminili presenti e, seppure imbarazzata, la
biologa, si sentì molto lusingata e quasi privilegiata; mai avrebbe
pensato di trovarsi in una simile situazione.
Rimasero in silenzio, fino a destinazione, durante il quale,
ella si finse interessata a guardare fuori del finestrino, ignorando
l’alta figura che le stava a lato, intanto congetturava come mai, con
tante presenze femminili nella palestra, più appetibili e sicuramente più
disponibili, egli avesse appuntato la sua attenzione sulla sua persona.
Nel breve tratto di strada a piedi fino al portone di casa lei
glielo chiese apertamente.
Alla sua chiara domanda, il bel giovane in tenuta sportiva
chiara, non si scompose affatto e fu prontissimo a dissipare quelle
perplessità, spiegandole che era stata appunto la sua riservatezza, unita
alla distinzione e grazia ad averlo colpito perché la trovava diversa e
migliore da ogni altra.
E calcò su quelle parole che ogni ragazza sogna di sentirsi
dire: “Sono sicuro di avere trovato la donna che risponde agli ideali di
un uomo ed ha tutti i requisiti per un rapporto serio e durevole”.
Parole ineccepibili, serie e per nulla offensive alle quali se
non si poteva rispondere immediatamente, ma sulle quali si poteva
riflettere.
Del resto Cate non era abituata a flirt e a vacui
corteggiamenti, la sua frequentazione di uomini si era limitato alla
cameratesca amicizia fra colleghi studenti o professionisti, senza
influssi di altra natura e quindi una dichiarazione così precisa non
l’aveva mai ricevuta, per questo ne rimase assai colpita.
Alla richiesta di un nuovo incontro rispose evasivamente,
tanto si sarebbero visti in Palestra, nel frattempo ci avrebbe pensato.
Non lo aveva mai saputo, ma aveva sempre messo soggezione ai
maschi che le erano passati accanto che nessuno si era azzardato a farle
la corte.
La sua inesperienza, la rese perciò facile preda, di un
sentimento nuovo e sconosciuto che uno sguardo intenso le fece sentire e
ne fu accalappiata.
Si videro altre due volte ancora al circolo sportivo,
salutandosi appena, ma lui continuò a circuirla con quello sguardo
conquistatore di cui era cosciente ma che metteva a disagio la ragazza,
impedendole di espletare le partite di tennis e per questo Cate prese la
decisione di non andarvi più.
Come nulla fosse, egli passò indifferentemente per la sua
strada, quando sapeva d’incontrarla, salutandola brevemente, tenendo
accesa quella fiaccola alla quale, lui sapeva, si sarebbe cotta a fuoco
lento e, per fomentare la sua gelosia, fu a lungo assente ingiustificato
per ricomparire all’improvviso
L’incerta e impegnatissima dottoressa, invece di riposare
tranquilla, cominciò ad avere sogni agitati che la spinsero a ritornare
in palestra.
Stelvio aveva vinto !
Rifare meticolosamente le tappe verso la conquista del Cosmo,
è impresa lunga e difficoltosa perché si dovrebbe
incominciare dai primi dati osservati da Talete, Anassimene, Anassimandro
poiché, ciascuno a suo modo, combinando e scombinando elementi, vide in
modo filosofico la soluzione dei vari fenomeni naturali.
Eppure, proprio su queste questioni, da parecchi anni
congetturavano i giovani cugini Sarducci, appassionati di onde radio e
problemi spaziali.
Cesare e Corrado, veri figli dell’era aereo dinamica erano
stati affascinati dalla conquista della luna, seguendone il lungo “No
stop” televisivo, districandosi assai bene con i dati tecnici forniti in
diretta perché, appassionati di fantascienza, avevano collezionato ogni
cosa riguardante tale argomento, formandone un originale prontuario.
Consci che ricerche e spedizioni spaziali, non avessero nulla
di misterioso, si auguravano di potere anch’essi parteciparvi in qualche
modo.
Dissentivano da quelli che le consideravano una profanazione
del cielo ed erano più propensi a credere che ci fossero altri mondi
abitati.
Fantasie di ragazzi, forse…ma non tanto visto che tutti i
Paesi più progrediti continuano a spendere miliardi nel settore della
ricerca spaziale e nell’allestimento di viaggi e stazione orbitali.
Avendo divorato i libri di Giulio Verne e di altri fantasiosi
scrittori e con molto anticipo i disegni circostanziati del grande
Leonardo da Vinci, avevano poi constatato che molte di quelle
anticipazioni erano state realizzate, nulla vietava di credere che tutto
era possibile.
I sogni arditi di tante giovani menti, sono entusiasmi veri e
sinceri che non partono dai presupposti di tanti adulti che vedrebbero
sbocchi extraterrestri per scopi commerciali
o,
semplicemente per fuggire l’aria malsana della terra ormai troppo
inquinata.
I due ragazzi possedevano volontà e senso di sacrificio e col
loro limpido sguardo denotavano la sincerità e l’onestà dei sentimenti
coi quali si stavano preparando al domani; Corrado, era anche appassionato
di ogni genere musicale e mentre studiava, aveva sempre la sua radiolina,
che in sordina, gli teneva compagnia perché – diceva- che lo aiutava a
concentrarsi.
Cesare invece alternava i suoi studi di alta ingegneria e
meticolosi calcoli, con le letture dei grandi Poeti che le donavano
parentesi di dolcezze sublimi che libravano la sua anima
ancora
più in alto degli spazi che bramava scoprire.
Erano entrambi due giovanetti in gamba i nuovi Sarducci,
frutto della selezione di generazioni passate che ne avevano smussate le
asperità.
Paulette non aveva accettata l’offerta paterna di
trasferirsi definitivamente in Francia, vi andava spesso però perché
Nicole si stava specializzando nello studio delle lingue presso una Facoltà
parigina ed era, talvolta, chiamata come interprete presso le varie
Ambasciate.
Nella casa di Roma, si respirava finalmente un’aria pacifica
anche se il ricordo di Charles, la povera madre l’aveva fisso nel cuore,
doveva però pensare al figlio minore per il quale non dovevano sussistere
tristezze affinché, almeno lui potesse essere sereno.
Corrado, fortunatamente, aveva il carattere gioviale del nonno
francese e amava il mondo e tutta la gente in genere e avrebbe voluto
realizzarsi in qualcosa di sociale.
La francese, si faceva ancora colpa di non aver saputo
sconfiggere i conflitti esistenziali del figlio più grande, ma in quegli
anni di tormento, troppe angosce l’attanagliavano
morali
e finanziarie; con l’aiuto di sua cognata Bertilla si era convinta che
il gesto irreparabile di Charles non era dovuto alla separazione dei
genitori, ma dalla caduta del mito paterno, che sarebbe avvenuto
ugualmente, anche se i suoi non si fossero divisi.
Corrado era di un’altra pasta, allegro e dinamico e, fra
antenne, batterie e onde sonore, “giocava" nel laboratorio del piano
terra ad "inventare" apparecchi elettrici e a ripararne altri, come
vero lavoro.
La dolce abitudine di essere attesa, a fine lavoro, per essere
accompagnata sotto casa, dava una piacevole sensazione alla biologa che si
era finalmente fidanzata col suo paziente corteggiatore e per amore di lui
era diventata anche più elegante.
Persino, la sbrigativa coda di capelli, che più volte la
madre le aveva consigliato di tagliare, negli ultimi tempi, era stata
sostituita da un’acconciatura fresca e sbarazzina che l’aveva
ringiovanita.
Era stata disposta a compatire le pecche che il suo
accompagnatore mostrava di avere perché coi suoi drammatici racconti le
aveva spiegato i motivi per cui era stato obbligato a troncare gli studi,
a lasciare la sua terra e a vivere poveramente da immigrato fino a che, da
raccatta palle nei campi di tennis, era diventato istruttore e,
partecipando ogni tanto a qualche torneo regionale, si stava facendo
onore.
Diceva pure che aveva dei progetti commerciali imbastiti con
persone influenti che gli avrebbero permesso dei grossi guadagni. Naturalmente tutte le sue chiacchiere riempivano le loro brevi
camminate e solo al momento del commiato, un rapido bacetto, accontentava
la paziente fidanzata che continuava per ore a pensarlo con tenerezza,
credendolo un po’ sprovveduto, ma sincero.
Che importanza potevano avere i suoi errori di linguaggio,
ancora intercalato dal suo dialetto…Non sarebbe stato umano accanirsi
contro un ragazzo poco istruito, mostrandogli quei difetti…Non era sua
la colpa di essere nato povero!
Le sarebbe stata accanto a sostenere i suoi progetti e lo
avrebbe fatto migliorare, insegnandole quello che non aveva avuto modo di
apprendere ancora.
Coi tanti corsi serali, in una città come Roma, sarebbe stato
facile anche fargli prendere un diploma.
A Cate era sufficiente sapere che l’aveva scelta perché
l’amava ed anche lei, ormai, non poteva più stare una sera senza
vederlo, magari per quel poco che si poteva.
Terminate che furono le relazioni sulle reazioni
dell’antigene U che l’avevano obbligata a turni supplementari, la
dottoressa presentò il fidanzato ai genitori.
Per la prestanza fisica e per il sorriso smagliante, Stelvio
fece loro una ottima impressione e, ascoltando i suoi progetti che
descrisse con la consueta enfasi, citando nomi di personaggi noti, che,
effettivamente, alla fidanzata risultava frequentassero la palestra.
Come fare a confutare le sue parole?
Con le loro modeste origini, anche i genitori della ragazza,
furono portati a compatirlo, fiduciosi che l’amore verso la loro figlia
fosse la cosa più importante e, su questo il discorso del tennista si era
soffermato a lungo, chiarendo che solo perché aveva conosciuta Cate, si
era deciso a coniugarsi, anche se non aveva ancora le possibilità
economiche che avrebbe voluto offrirle e che fra breve ci sarebbero state,
Se avesse atteso la maturazione dei suoi affari, correva il
pericolo di non trovarla più libera e, questo, lo avrebbe rimpianto per
tutta la vita.
Da quella sera, la biologa cominciò a sentire le spine
dell’amore, giacché divenne gelosa perché lui divenne meno assiduo,
con il pretesto delle riunioni di affari e con le sue assenze dalla città
per qualche torneo a cui partecipava.
Quest’ultima cosa era vera e lo testimoniavano le foto sui
giornali sportivi, ove veniva ritratto attorniato da nugoli di ragazze,
anche se non erano gare ad alto livello, ma solo esibizioni
dilettantistiche.
Saperlo in giro, sempre con tante donne intorno, mentre lei
stava chiusa in laboratorio, la faceva star male e il malumore represso
per giorni, la faceva esplodere nel momento che lo rivedeva.
Stelvio, incurante di tali reazioni, sembrava lo facesse
apposta per farla stare in ansia perché aveva capito che con la sua
strategia il cuore della fidanzata si sarebbe infiammato sempre di più.
Difatti la ragazza, pur nella sua gelosia, cercava di essere
comprensiva con quel ragazzo che non aveva mai avuto nulla, se
approfittava dei suoi momenti di popolarità, accettando inviti a serate,
non era neppure da biasimare.
A lungo andare quelle vittorie non la rallegravano troppo
perché per lei non restavano che rare e fugaci visite che si prolungavano
un po’ se c’era da gustare una cena preparata da mamma Bice.
Questo andazzo fece decidere Cate a sollecitare il loro
sposalizio e, naturalmente, Stelvio, sarebbe stato d’accordo, ma sul
momento non aveva la disponibilità economica per l’acquisto di un
appartamento, avendo investito tutto il suo avere nel "famoso"
affare. Le sue argomentazioni, chiarirono che di nozze non si poteva
ancora parlare.
Il boom dell’edilizia dilagò in breve tempo e Roma,
dilatandosi a vista d’occhio, rese difficoltoso il viverci perché i
nuovi quartieri situati troppo lontani dal centro, divennero agglomerati
suburbani che per riflesso crearono un caos, in crescendo, nella
circolazione stradale e le paralisi nel traffico urbano e periferico
divennero continue.
Lo stress divenne quotidiano per tutti i cittadini e gli
incidenti furono all’ordine del giorno a causa dell’ampliamento del
numero della popolazione con gli innumerevoli nuclei familiari che
s’inserirono nella Capitale, nella maggior parte provenienti dal
meridione.
Fu necessaria una vera riforma topografica e cominciarono a
scarseggiare gli alloggi che, specialmente i nuovi venuti, risentirono
sulla propria pelle perché dovettero adattarsi in squallide catapecchie,
tirate su alla meglio e che male li riparava dal freddo e dalle
intemperie.
Lo sbaglio che compiono molti è quello di partire alla
ventura, fidandosi delle dicerie
dei
male informati che asseriscono sia facile inserirsi in modi di vivere
diversi da quelli delle terre avite.
Nelle bidonville, raso terra, si ritrova gente delusa, partita
piena di speranza e fiducia che avrebbe voglia di fare lavori decorosi, più
difficili da trovare per loro che non sono in possesso di documento di
residenza, dando luogo a un circolo vizioso senza soluzione e che reca
altri problemi ad ogni componente di quelle famiglie: niente casa, niente
lavoro, niente scuole e… niente vita.
Il costo degli appartamenti raggiunse cifre sbalorditive e gli
affitti salirono vertiginosamente sia nei vecchi palazzi che nei
grattacieli che costrinse le nuove coppie a ripristinare l’antica
formula dell’adattarsi a vivere coi genitori, sia pure momentaneamente.
Spesso però la convivenza non risultava facile perché i
contrasti fra i due menage creava grossi contrasti, incomprensioni e
discordie che riuscivano persino a disgregare le unioni che altrettanto
rapidamente come si erano formate si scioglievano perché alla base
ogni
convivenza ci dovrebbe essere stima e rispetto reciproco e moltissima
comprensione
perché
a nessuno è permesso di schiacciare l’altrui personalità.
Il clima di libertà individuale si diffuse rapidamente col
desiderio di soddisfare ogni egoistica esigenza, i valori più saldi
furono sommersi e le casalinghe mirarono ad occupazioni fuori casa, che
una volta raggiunte le rese nervose, frenetiche e ancora più
insoddisfatte.
Per lo stato di crisi abitativo, il progetto nozze che
riguardava Cate e Stelvio rischiò di slittare verso data ignota, se non
fosse stato per l’intervento affettuoso dei padroni di casa che si
offrirono di ospitarli per assicurare alla figlia la felicità che le
spettava.
Essi sperarono fermamente che rimanendo a loro contatto, il
giovane, si sentisse più responsabile e, lasciando da parte le chimere,
fosse spronato dall’esempio della moglie e si cercasse anch’esso un
lavoro su cui contare.
Il tennis nessuno lo avrebbe
contestato mai come hobby.
Ogni qualvolta prevale lo sconvolgimento dei valori umani, si
va verso la decadenza che fa paventare la fine del mondo, sorgono allora i
predicatori ispirati che vorrebbero riportare l'umanità verso i fulgidi
sentieri della fede con i loro esempi di altruismo e di dedizione.
Così fu Madre Teresa di Calcutta, nata in Albania e
instancabile predicatrice di pace, ella perorò indefessamente la causa
del terzo mondo mettendo in evidenza le innumerevoli necessità di quelle
misere popolazioni.
A questa piccola donna fu assegnato il Premio Nobel della Pace
perché mai si peritò di condannare i guerrafondai perché la vita di
ognuno va salvaguardata sempre e comunque, rimanendo stupita, nel un suo
viaggio in Italia, mentre peregrinava nelle strade romane, di vedere gli
stessi derelitti emarginati, per i quali si stava adoperando a reperire i
fondi necessari per recare loro aiuto.
Lo sconforto generale che causa tanta indifferenza verso chi
soffre non giunga mai a paralizzare gli sforzi di chi, con tanta buona
volontà, si applica per la promulgazione delle sane teorie di fratellanza
universale.
La parola Pace che infarcisce tante oratorie, appare come
utopia nella bocca di chi la svilisce e la disgrega, mentre non dovrebbe
mai perdere il suo vero significato.
Quanti innumerevoli progetti pensati per l’unione dei
popoli, stavano cadendo inesorabilmente per l’indifferenza di quelli
preposti a sostenerli!
Uno dei tanti, in cui molti hanno confidato di vedervi riunito
il mondo, fu l’esperanto, lingua unica che dopo decine d’ anni di
anticamera, si decise, inutilmente, di renderla pubblica nella
cinquantaduesima Assemblea, per riunirvi i simpatizzanti mondiali
Queste e altre le notizie che veniva divulgando Radio Aiuto a
modulazione di frequenza, diretta da Corrado con la collaborazione di
Simona e con il valido sostegno finanziario che nonno René, per
bilanciare l’assistenza che stava dando a Nicole, si sentì in dovere di
realizzare il segreto sogno del fratello.
Lo scopo principale era quello di creare un filo diretto di
amicizia e solidarietà con chi, solo e senza mezzi, aveva necessità di
qualche aiuto.
L’intraprendente Corrado, già radioamatore, si era
cimentato col suo baracchino a collegarsi con i più disparati luoghi che
le sue onde radio riuscivano a contattare.
Oltre tutto la sua radio trasmetteva degli ottimi tappeti
musicali che appagavano le esigenze di tutti gli ascoltatori.
La concessione di usare le onde modulate, aveva permesso l’avvio
delle radio libere per scostarsi dalle strettoie dei programmi di stato
che non davano l’accesso all’uomo qualunque e non di élite che vive
una dimensione normale e ama sviscerare i suoi problemi con parole povere
e avere immediata risposta, senza filtri e remore.
Radio Aiuto dacché era stata istituita aveva risposto a tali
esigenze riscuotendo un gran consenso popolare che dava molta
soddisfazione al suo fondatore e alla sua collaboratrice che
s’incaricava altresì di ricercare gli esperti adatti per ogni esigenza.
Avevano esaudito molte richieste importanti e meno e le
testimonianze positive giungevano giornalmente.
In quanto a Simona, il suo primo estimatore era stato proprio
Corrado che con brani musicali appositi, gli aveva fatto la sua brava
dichiarazione amorosa che la giovane aveva accettata con trasporto.
Paulette stessa ne era stata felice perché aveva progettato
di lasciare la casa a Corrado quando si fosse coniugato per poter
ritornare a Parigi accanto al vecchio padre che tanto l’aveva sostenuta
e aveva diritto al riscontro nella sua tarda età.
Anche Cesare si stava affermando nelle sue ricerche nucleari e
dal Michigan era stato richiesta la sua opera, unitamente a quella di
altri colleghi per formare una équipe di specialisti a cui affidare la
realizzazione del più potente ciclotrone del mondo.
Ne sarebbe ritornato di li a qualche anno per sposare l’
inglese Margaret aiutante della zia Bertilla nel Club dei Nipoti da lei
fondato che oltre Museo e Biblioteca era anche un ritrovo culturale e di
svago secondo le giornate indicate dalla locandina quotidiana.
Margaret, figlia di addetto d’Ambasciata pure essendo
inglese di nascita era stata a Roma fin da piccina ed era stata, prima
compagna di università, secondariamente fidanzata Cesare e, infine,
supplente di Bertilla al Club quando la professoressa era impegnata nel
liceo dove insegnava.
La ragazza era diventata l’esperta del Museo romanico e
della Biblioteca e spesso faceva compagnia all’ottuagenaria Aurora che
si era molto legata a lei perché aveva molte qualità e poi perché era
la promessa sposa del suo amato Cesare, del quale giungevano notizie
entusiasmanti che inorgoglivano le tre donne del Casale.
Non altrettanto potevano dire della scelta che aveva fatto
Caterina:
Zia Bertilla, si era avveduta fin da quando aveva conosciuto
Stelvio dei numerosi strafalcioni coi quali infarciva i suoi arzigogolati
discorsi di giovane vanesio e ignorante.
Anche se non aveva approvata quella scelta augurava a sua
nipote di essere felice
comunque,
sperando che il ragazzo possedesse altre qualità.
Sfortunatamente la ex suora non era mai stata innamorata,
glielo aveva sottolineato anche sua sorella Bice: "Cara sorella, tu non
sei mai stata innamorata, perciò non sai guardare un uomo sotto questo
profilo, sei troppo lucida e precisa nel contare i difetti e le qualità
ti sfuggono… Non è necessario che un uomo sia professore di lingue per
essere una brava persona". Aggiunse poi che vedeva finalmente sua figlia
pensare ad altre cose che non fossero i "vetrini" del suo laboratorio
e, alla sua età, era giusto che si sposasse, altrimenti la carriera
l’avrebbe assorbita completamente.
Era giunta anche al Casale la bella notizia del cospicuo
premio in denaro che il Congresso Medico Internazionale aveva assegnato
alla biologa per la sua ultima ricerca.
Cate, non era mai stata vanitosa né esigente e sempre
soddisfatta del lavoro scelto, ma era pure giusto che si creasse una
famiglia e di questo, specialmente sua madre, era contenta, anche se le
stesse pecche che aveva notate sua sorella non fossero sfuggite neppure a
lei, ma aveva tralasciato di sottolinearle alla futura sposa per non
offuscare la sua gioia nel prepararsi alle nozze.
Si consolava Bice pensando che molti giovanotti vanesi in
giovane età col matrimonio maturano divenendo responsabili e ottimi
mariti e pregava il cielo che così fosse anche in questo caso per la
felicità di sua figlia che non meritava di soffrire.
Gli anni bisestili, in genere, sono guardati con diffidenza
perché si ritengono apportatori di influssi malefici e il 1980 dimostrò
i suoi per il susseguirsi di eventi catastrofici.
Delitti, scandali, attentati, uniti alle calamità naturali,
indirizzarono il suo svolgersi verso una china di fatalità in cui ognuno
avrebbe potuto esservi coinvolto.
Le malefatte di molti sconsiderati non stettero circoscritte
nell’ambito dei predisposti per natura poiché la malversazione divenne
consuetudine come la corruzione che serpeggiò anche nelle sfere al
disopra
di ogni sospetto.
Nell’insicurezza generale, la gente ebbe necessità di
essere guidata per ritrovare la traballante lucidità mentale e quindi
credette bene affidarsi ai consigli più o meno dispendiosi di veggenti e
astrologhi, che scrutando i segni del destino, seppero ben sfruttare la
credulità umana che, col soprannaturale, credette di propiziarsi gli
astri.
Sembrò tornare il Medioevo, cosa inammissibile, alle soglie
del duemila.
In netto contrasto con le magie, la scienza faceva il suo
corso e il progresso avanzava e l’ inizio dell’anno divulgò molte
novità scientifiche, tendenti a migliorare la qualità della vita anche
se, contemporaneamente, la contaminazione ecologica continuava ad
insidiarla.
Persino sui millenari monumenti cittadini si riscontrarono i
danni malefici dello smog che
riuscirono a disgregare le poderose opere che in origine erano ricoperte
da vernici dorate o colorate per salvaguardarne appunto l’integrità e
qualche esperto delle Belle Arti ne stava riproponendo l’uso per
arrestare il totale disfacimento.
In campo medico, fece scalpore la sperimentazione di una
speciale resina… umanizzata (termine improprio) con la caratteristica di
suturare, senza punti, le ferite interne lasciate da una operazione,
riducendo le complicanze.
Per i diabetici fu messa a punto l’insulina umana da
soppiantare a quella bovina; per le pelli devastate da bruciature, piaghe
inguaribili fu presentata in diretta TV la pelle umana sintetica.
Ci furono poi tutte le applicazioni del Raggio Laser che
inizialmente fu creato come raggio della morte ( arma militare) e che,
graduandone l’intensità fu immesso in chirurgia per sostituire
operazioni di cataratta e consimili e, specialmente, in applicazioni
radiologiche e per il ripristino integrale della pelle devastata da
decubito.
Non solo in chirurgia e medicina, il potente Raggio trovò
applicazioni, ma anche per la lettura dei vari codici meccanizzati e dei
compact disc che, miniaturizzati, contengono intere discoteche.
Malauguratamente, per quanti sforzi facessero gli scienziati e
i ricercatori mondiali per lavorare all’unisono, non si riuscì a
scalfire la gramigna dei disfattisti che, dilagando, scompigliava i lavori
seri e metodici di quanti avevano, veramente a cuore, il bene
dell’umanità.
Si assistette alla disfatta di trattati amichevoli e si
tramutarono in discordie economiche, quelle che erano apparse come felici
realizzazioni di mercati alleati e si rasentò un’altra guerra.
I resoconti radiotelevisivi, dei terribili massacri in Medio
Oriente e altrove misero in risalto le distruzioni e le atrocità dei
conflitti a fuoco in tempo reale come ammonimento per rifuggire dal
dissidio guerrafondaio che non ha altro potere che quello di annientare la
civiltà.
Un’altra guerra si andò imbastendo a suon di dollari,
quella del petrolio che, degenerando portò inflazione e panico, semi
paralizzando industria e commercio.
S’istituì il Laboratorio di plasma spaziale per risolvere
la crisi energetica, il cui progetto consisteva nell’approntare enormi
Satelliti artificiali, raccoglitori di energia solare, da ritrasmettere
sulla terra, attraverso un complesso sistema di micro onde:
Di pari passo alla crescita delle automazioni, diminuirono i
posti di lavoro e, la gioventù, al termine degl’impegni scolastici, non
trovò altro da fare che ingrossare le file dei perdigiorno.
Disadattati e insoddisfatti non si contarono più, divenendo
facile esca di spacciatori di droga e d’iniziatori di delinquenza.
Quella domenica, si era goduto ancora un po’ di tepore che
reca l’estate di S. Martino contribuendo a renderla ancora più serena.
Le tre abitanti del Casale avevano ricevuta la consueta visita
di studenti romani che vi si alternavano ogni settimana per partecipare ai
dibattiti su problemi sociali e di cultura che la Professoressa
organizzava con la partecipazione di altri Docenti e di esperti
sull’argomento del giorno.
Erano convegni importanti e molto seguiti che dava anche la
possibilità per quelli che si prenotavano di fermarsi per il pranzo,
preparato da “ Zia Aurora”, con una minima quota di partecipazione con
diritto allo svago pomeridiano, consistente nell’ascolto di musica e,
chi voleva, poteva anche fare quattro salti, come in famiglia.
Inutile dire, il successo di quegli incontri che erano
divenuti d’importanza nazionale per il lustro che gli conferivano gli
illustri personaggi che vi erano sempre presenti.
Anche il professore Cesare che, insieme alle zie, aveva messo
a punto il programma vi si recava spesso ed anche prima di recarsi nel
Michigan vi aveva tenuto una conferenza illustrando il progetto che stava
elaborando per la costruzione di depuratori per eliminare i propellenti
dei prodotti spray.
Diventati urgenti, dopo la sconcertante conferma che lo smog e
i gas venefici dei fluorocarburi, necessari al riempimento di bombole,
rappresentano la causa diretta della contaminazione irreversibile
dell’atmosfera terrestre perché capaci di aggredire la fascia di ozono
che a protezione la circonda, ma che è anche vulnerabile ai raggi
ultravioletti.
La serata domenicale volgeva al termine e le tre signore, dopo
la partenza dei loro ospiti si erano date da fare per riordinare, come
sempre avveniva, il caos da essi lasciato.
Spazzato e chiuso il locale adibito a Museo e Biblioteca,
Bertilla e Margaret stavano ultimando il riordino mentre Aurora preparava
la tavola per il loro spuntino serale che non sarebbe stato molto
abbondante perché quel giorno c’era stata per tutti i presenti una
speciale distribuzione dei famosi “biscottoni” della Signora Maria la
cui ricetta era stata ripresa dalla nuora, da quando l’autrice non
c’era più.
Mentre sfaccendavano, Aurora aveva acceso il televisore per le
ultime notizie, sperando di avere ulteriori ragguagli sul Centenario del
Teatro dell’Opera romano che si sarebbe celebrato il ventisette
prossimo.
Improvvisamente, furono spaventate contemporaneamente da
paurosi scricchiolii mentre il lampadario centrale oscillava e sussultava,
un solo attimo di panico incerto e, compresero di trovarsi nel mezzo di un
violentissimo terremoto.
La scossa prolungata, interruppe momentaneamente la luce
elettrica, spegnendo il televisore.
Al momento che ritornò la corrente elettrica, proprio dalle
ripetute Edizioni straordinarie dei Telegiornali si resero conto della
portata imponente e drammatica di quell’evento disastroso.
La Campania e la Basilicata, territori sismici per eccellenza,
erano quelli più colpiti, subendo in pochi attimi danni violenti e
irreparabili, molto più gravi di quelli del Friuli ventitre anni prima e
di quelli del Belice, dodici anni addietro.
Fra Albano e Roma, si cercò subito di comunicare
telefonicamente, ma le linee erano saltate e per molte ore non fu
possibile avere notizie dirette, le tre spettatrici guardavano inebetite
le immagini sconvolgente che lo schermo presentava in continuazione.
Furono prese da uno scoramento profondo dinanzi alle visioni
di distruzione e di morte, scenari macabri di case sventrate nel momento
della cena, una bambola, un orologio e un crocefisso ancora su alcune
pareti di case che non c’erano più.
La brutalità di quella immane scossa tellurica, aveva
spazzato via vite umane e abitazioni e beni di gente operosa e tranquilla,
lasciando disperazione e dolore.
Fecero seguito nei giorni a seguire, solleciti e fattivi
interventi di grande solidarietà e anche il Casale fu centro di raccolta
e di smistamento di aiuti molteplici in collegamento con Radio Aiuto che
fu veramente preziosa col suo “ Non stop” instancabile che sollecitava
le persone di buona volontà a dare un contributo qualsiasi e a
intervenire in ogni modo a quella gara di fraternità, per alleviare il più
possibile i disagi dei colpiti.
La catena d’amore legò, in quella circostanza, tutte le
Stazioni Radio da cui partirono automezzi pieni di derrate alimentari e
indumenti, raggiungendo quei luoghi prima degli aiuti ufficiali e fu
validissimo, in special modo, il conforto morale dato ai superstiti che
testimoniò loro che tutto il mondo fu pronto a partecipare alle loro
inaudite sofferenze.
Alcune delle zone già danneggiate dai precedenti terremoti
del ‘930 e del 962 subirono la distruzione più completa, mettendo sul
lastrico centinaia di famiglie.
Corinne si era rivelata una ragazza molto assennata e il nonno
era molto fiero di lei
perché
la sua attitudine allo studio delle lingue, l’aveva messa ben presto
messa in condizione di poter tradurre simultaneamente nell’ambito dei più
importanti convegni internazionali, dove era apprezzata e ben remunerata.
Capitava sporadicamente anche a Roma e la madre allora ne
approfittava per riaccompagnarla a Parigi, era un modo per riabbracciare
il vecchio padre e fare una rimpatriata nella casa che l’aveva vista
nascere e dove contava di stabilirsi definitivamente non appena Corrado e
Simona si fossero sposati.
Paulette stava accarezzando l’idea di rispolverare la
passione che aveva accantonata per tanti anni, ma sentiva che solo
l’aria della sua città le avrebbe ridonato la spinta come quella che,
giovanissima, le ispirava quei soggetti che avevano tanto incantato la
giuria della sua prima ed unica mostra.
Ritrovando la serenità dello spirito, la francese, stava
ritrovando anche se stessa e lasciando la casa in cui aveva passato tante
tristezze, avrebbe avuta la gioia di godersi la sua Nicole che aveva
affidato a suo padre, anche se a brevi intervalli c’erano stati degli
incontri, ma sentiva impellente, il bisogno, di starle accanto.
Dopo dieci mesi dal matrimonio, Cate, diede alla luce David.
Il lieto evento, avvenuto nella loro casa, allietò molto la
madre e i nonni che già sapevano che dopo il puerperio, la novella mamma,
dovendo riprendere il suo lavoro, lo avrebbe affidato alle loro cure e
quel pargoletto li avrebbe ringiovaniti sicuramente, fino al momento che i
genitori non si fossero decisi a cambiare di alloggio.
Per il momento, questa eventualità appariva remota perché
l’unico reddito di cui poteva disporre la coppia era rimasto quello
femminile essendosi, l’uomo, cullato nelle speranze, trascurando anche
lo sport che richiede, sempre, costanza e sacrificio.
Aveva perduto anche il posto di Istruttore alla palestra per
la sua negligenza ed anche per la sua arroganza, naturalmente tanti
fattori negativi, non facevano di lui un uomo che dava fiducia e moglie e
suoceri ebbero la certezza che mai sarebbe divenuto un capofamiglia,
capace di assumersi delle responsabilità.
La nascita del figlio, dava ancora adito a qualche speranza.
Sempre fuori casa per i suoi impegni misteriosi che non
avevano radici da nessuna parte, aspettava la gloria e il denaro
dall’ambiente dei fotoromanzi che ultimamente frequentava, ma
all’infuori di qualche squallido fumetto, non concludeva nulla.
Non voleva accorgersi che aveva soltanto la gioventù e,
finita quella, si sarebbe ritrovato in mano solo aria poiché se alla
bella presenza non si affianca una spiccata personalità, l’ essere
umano, non si realizzerà mai. A lui mancava del tutto la vèrve necessaria ad vero un attore
inoltre non aveva istruzione alcuna e in quanto all’umiltà, non sapeva
neppure cos’era.
Di questo si accorgeva chiunque lo avvicinava, persino alcuni
loschi individui che lo tempestavano di telefonate, specialmente in
assenza della moglie.
Meno riusciva a concludere più si accaniva a rincorrere le
sue fisime, diventando pure seccante perché voleva che gli si attribuisse
l’importanza che non possedeva, ma le persone di buon senso vedevano che
a parte la prestanza fisica non aveva altri valori e non gli prestavano
fiducia.
La moglie, resasi conto di avere sposato uno sciocco vanesio,
incapace di mantenere la famiglia, aveva pensato di dimettersi dalla sua
attività per metterlo di fronte alla necessità di assumersi i ruoli di
marito e padre, ma riflettendo con ponderatezza, capì che rischiava di
far accollare tutto il peso del suo menage ai suoi genitori che già
l’aiutavano abbastanza.
Così avrebbe continuato a lavorare anche dopo la nascita del
bimbo, per il quale, ne era consapevole, avrebbe dovuto fare da madre e da
padre perché, suo marito, la paternità non la sentiva proprio, e quando
il piccino gli sorrideva dalla culla, non ne avvertiva alcuna tenerezza.
Mai una volta che lo avesse preso fra le braccia…!
Che tristezza per Cate nel notare la diversa attenzione di
Curzio per Dianora e la gioiosa attesa per la seconda che stava in arrivo,
ne era felice per lui perché lo amava profondamente, ma lo sconforto che
provava era indefinibile.
Molto meglio essere sola e riversare la sua tenerezza su
David, tanto era come se lo fosse perché dopo la euforia dei primi tempi
Stelvio aveva diradato anche i loro rapporti intimi e l’indifferenza che
mostrava gli dava molto da pensare perché, al contrario curava molto di
più la sua persona, facendo un vero spreco di prodotti di profumeria, ci
mancava che s’imbellettasse con la civetteria di una donna.
Cate, non avrebbe mai immaginato che avesse dovuto mettere in
pratica col suo partner i metodi che usava nell’ambito del lavoro, ma
così facendo, venne a capo di molte cose… Stelvio stava assumendo degli
atteggiamenti molto equivoci e questo la terrorizzò.
Doralilia giunse a far compagnia a Dianora e nonna Bice che
aveva scelto il suo originale nome a ricordo di sua madre, ne fu
felicissima anche perché per una settimana tenne presso di sé la più
grande.
Zia Cate partecipò con gioia a questo avvenimento e godette
della vicinanza della nipotina che insieme al suo David rallegrarono la
casa, distraendola dai suoi gravosi pensieri che sua madre però aveva
percepito senza parlarne mai direttamente con la figlia e intuendone il
logorio dell’anima e, ancor peggio, era giunta alle stesse conclusioni
mettendo insieme scorci di telefonate ambigue che non volendo ascoltava
quando il genero si appartava con la cornetta del telefono, seguite da
uscite precipitose che lasciavano una scia profumata.
E questo accadeva sempre quando sua figlia era al lavoro.
Troppo tardi aveva avuto la certezza della strategia della
strategia da lui messa in atto per entrare in una famiglia onorata e
assicurarsi la sistemazione a lui più congeniale
quella subdola farsa era stata la sua vera recita ben
riuscita, le venero in mente i retroscena senza scrupoli che talvolta
aveva raccontato ridendo presentandoli come bravate scherzose.
Bice stava centrando il passato di quel figlio della strada.
Aveva perfino
timore di concepirli i suoi dubbi perché si vergognava
dei propri pensieri.
Scomparso l’accecamento della sua primaria infatuazione che
l’aveva portata ad innamorarsene, Cate, puntò con fredda decisione alla
soluzione del suo gravissimo problema che la condusse a riprogrammare la
sua esistenza.
Le divenne chiaro che non è sufficiente la sola
intelligenza
per prevenire situazioni scabrose che, finché non si toccano con mano,
appaiono incredibili, meglio essere furbi e maliziosi, forse è così che
saltano subito agli occhi.
Usando un diverso metro di valutazione, invece che essere
piena di fiducia e di comprensione, l’avrebbe aiutata a discernere la
vera identità di colui che doveva sposare.
La moglie, gli era servita per rifarsi una facciata pulita,
perché la sua psiche doveva essere stata sempre contorta.
Per giunta era diventato sprezzante e maleducato anche
nell’interno di quella casa che li ospitava e i suoi genitori non
meritavano questo.
Con grande disappunto lei stessa aveva dovuto ammettere che il
suo linguaggio sgrammaticato derivava anche da una pochezza di pensiero.
Quanti autodidatti, applicandosi con tenacia sono divenuti
colti e sapienti?
Con lui, ogni tentativo era fallito e si era dovuta dare per
vinta di fronte a quell’allievo
non
facile e puerile che disprezzava chi sapeva.
I suoi genitori inorridirono un giorno nel sentirgli dire:
"Me lo dovevo immaginare
che
saresti diventata una vecchia brontolona e scocciante, sempre pronta con
la bacchetta in mano ….Ma chi ti credi di essere perché hai letto tanti
libri?
In fondo non fai altro che mettere in fila i microbi, per me,
quello, è un lavoro schifoso.
Ma già, tu ci faresti più figura con un marito che
ammuffisce dentro un ufficio…come tuo padre e – aggiunse- se è a
questo che pensi, te lo puoi scordare, non sono nato per quella vita… e,
quando avrò sfondato, sarò io a vergognarmi di voi tutti!"
Proprio dietro quelle frasi la moglie capì che sarebbe stato
irrecuperabile e temette che un simile esempio sarebbe stato deleterio per
il bambino…meglio quindi correre ai ripari.
Corrado e Simona, convivevano da circa un anno e si trovavano
così bene che a consolidare la loro unione non ci pensavano affatto.
Avevano assistito a tanti legami sanciti con tutti i crismi
che poi erano naufragati nelle
liti e nelle incomprensioni che i contratti stabiliti da leggi
non li attiravano proprio.
Fra loro c’era affiatamento e sincerità e questo bastava
loro per essere felici.
Così Paulette che, in fondo, pensava che non avessero tanto
torto dati gli esempi avuti poiché anche Simona veniva da genitori
divorziati, accettò la loro decisione e si accinse a ritornare nella sua
Patria.
La famiglia ricostituitasi nella maison del signor René, fece
risollevare gli animi perché la gioia e il quieto vivere erano la norma
diuturna.
Non esistevano musi lunghi e ognuno era affettuoso con
l’altro anche perché l’elemento che li univa era l’arte.
Il padrone di casa come sostenitore della buona pittura, e
madre e figlia perché dipingevano entrambe.
Il buon francese, non aveva accantonata del tutto l’idea che
sua figlia potesse riprendere i pennelli e difatti ella, accingendosi a
ripristinare il suo antico studio ebbe la gradita sorpresa di vedere che
sua figlia aveva eseguito degli abbozzi in gran segreto. "Perché in segreto?"
chiese la madre. "Perché io
non potrei mai mettermi al tuo livello", rispose Nicole.
Il nonno fu quello più felice perché aveva ormai due
pittrici in casa.
Come due buone amiche, infatti, si organizzarono per recarsi a
riprendere dal vero qualche scorcio della vecchia Montmartre e, col tempo,
si sarebbero spinte fino a qualche
Castello
della Loira.
La frenesia che subentrò nella divorziata, sembrò voler
riempire lo spazio del tempo perduto e il suo estro ne fu galvanizzato:
colori più accesi, tracciati più arditi uscirono dai suoi pennelli e,
dopo essersi sempre orientata nel vero a immagine e somiglianza, adesso,
prese a lavorare esprimendo una fresca e diversa personalità.
Il disegno rispecchiava tutti i canoni, ma i colori avevano
toni che non aveva mai usati e il padre, da esperto, si avvide della
catarsi, intuendo, con gli occhi pieni di commozione ciò che ella,
inconsciamente voleva annegare in quell’orgia di colori: la morte di
Charles e il fallimento del suo matrimonio.
Volgeva lo sguardo fra figlia e nipote e notava le differenze
di stile.
Sua figlia aveva sempre avuto un tratto deciso rispondente agli
insegnamenti, ricevuti a suo tempo, dal maestro Serge, mentre Corinne,
autodidatta, disegnava a capriccio volute riccioli, piume e fantasmagorie
che poi i colori acquerello, dai toni evanescenti, riuscivano a rendere in
maniera originale e fantasiosa.
Soggetti surreali e figure oniriche che riuscirono ben presto
ad imporsi per la loro eleganza che si posero fra i dipinti di avanguardia
perché non seguivano nessuna scuola.
Solo le mani de due autrici avevano identiche e sapevano
esprimere un loro ulteriore linguaggio, al di fuori nei movimenti e della
pittura.
Mani sensibili e nervose che sapevano fare e sapevano dare.
In un mondo pieno d’incertezze, seguire le evoluzioni
sapienti di quelle dita, che tracciavano, cancellavano, spalmavano,
amalgamando disegno e colore, con tocchi sapienti, lievi o rapidi, ma
sempre sicuri, era una parentesi gentile e l’osservatore non poteva
esimersi dal sentire il forte senso di ossequio estatico che la vera arte
sa infondere.
Un altro assiduo osservatore era sempre presente ed era il
loro giovane accompagnatore, ben conosciuto dal nonno, che glielo aveva
affiancato quale autista e guardia del corpo quando in macchina si
allontanavano dalla città:
Nonno René voleva che le sue “donnine” fossero protette e
Michel era la persona adatta perché occupava da tempo un posto da pilota
dei suoi aerei e al buon vecchio non sarebbe dispiaciuto affatto se fra i
due giovani fosse nata della simpatia.
La brutta esperienza di sua figlia l’aveva messo in guardia,
meglio quindi prevenire le infatuazioni delle ragazzine per degli
estranei.
Nell’apprendere che sua moglie aveva inoltrata domanda di
divorzio, Stelvio fu preso da una crisi di nervi che lo portò a piangere
e singhiozzare, ma non per il dispiacere di sciogliere la famiglia, ma
solamente per l’ira di non aver preveduto quella soluzione di cui aveva
creduto incapace la dolce Cate di affrontarne le conseguenze.
Disse parole volgari contro tutti, insistendo nel dire che lui
non avrebbe firmato niente.
La dottoressa non si scompose affatto e mise la questione in
mano a un divorzista.
La biologa, dopo il fallimento del suo matrimonio, non si sentì
in grado di riprendere le
Le
consuete e troppo impegnative mansioni e credette bene di chiedere un
lungo periodo di aspettativa perché sentiva il bisogno di lavarsi
l’anima dalla contaminazione di un essere indegno che non gli aveva dato
altro che dispiaceri.
Il piccolo David, inconsapevole dei drammatici avvenimenti che
gli accadevano intorno, viveva la sua tenera infanzia, felice e al riparo
delle brutture del mondo e la sua mamma che lo adorava e che per lui si
sarebbe sempre prodigata, giunse a pensare del perché debba nascere un
figlio da due esseri così differenti.
Sarebbe più giusto in questi casi che il connubio risultasse
sterile!
Però guardando il piccino che si trastullava ignaro col suo
orsacchiotto di peluche.
inorridì
della sua elucubrazione balzana e corse ad abbracciarlo.
La sua sensibilità, nella sofferenza, si era affinata ed
erano bastevoli per il suo cuore quegli istanti di tenerezza per sentire
che quelle piccole braccia rosee e tenere le infondevano la forza per
andare avanti.
Avrebbe voluto fermare il tempo che con lui stretto al seno,
s’impermeava di gioia e lo vedeva come un miracolo creato da sola che il
padre non esisteva più.
Il miracolo sarebbe continuato quando gli avrebbe insegnato i
primi passi e i primi vocaboli e sarebbe stata ancora lei a vederlo
crescere accanto a sé.
Chi mai riesce a sottrarsi al desiderio di fermare gli attimi
sublimi che sanno dare significato alla vita?
Indubbiamente esistono mezzi tecnici adatti ad esaudire questo
desiderio, ma anche usando registrazioni e filmati, il risultato sarà
approssimativo perché i sentimenti con le sue sfumature e le sensazioni
più intime avvertite dall’animo umano, non verranno mai riprese nella
loro integrità.
Alcuni di questi attimi sublimi durano soltanto il tempo
necessario per dare felicità e sono irripetibili e chi li avverte, li assapora,
accantonandoli immediatamente nel bagaglio dei ricordi.
Di quei momenti, bisogna farne tesoro!
Cate lo stava imparando, gustando appieno ogni emozione!
Momenti magici e assai preziosi che come perle conserveranno
nel tempo il loro splendore per tornare a brillare e a rischiarare i
momenti grigi, della più squallida esistenza perché di tali gioie si può
godere anche in povertà e in solitudine purché si predisponga l’animo
a ciò che è bello e semplice.
E’ questa quindi la felicità!
Da quando non aveva impegni di lavoro e orari da rispettare,
la dottoressa, si concedeva di soffermarsi nel vano della finestra
pensando a…niente, ammirando la natura.
Come nonna Irene, guardava lo stesso panorama.
Alcune mattine intravedendo l’opacità di un cielo, ancora
ricoperto di brume, cercava di penetrare col suo sguardo la foschia,
senza riuscirvi, standosene lì, abulica e senza desideri … ed ecco… il
Momento Magico che le schiariva i contorni del consueto panorama rivestito
di trine evanescenti da farlo apparire irreale e, quella immagine da
favola, aveva il potere di rinnovare il suo essere, riportandolo alla
purezza di un animo infantile ed era un tutt’uno con suo figlio, carne
della sua carne.
Giocava con lui, bambina insieme a lui e, rotolandosi sul
tappeto che ricopriva le mattonelle le pareva di essere nel giardino delle
fate.
Ed era lei, la madre, a dare a lui la sua felicità.
Le due cognate andavano molto d’accordo perché legate da
amicizia che risaliva al liceo e che si era rinsaldata nella pratica
ospedaliera e infine in un legame di parentela molto sentito e rispettato
da entrambe.
E Cate era stata veramente felice che suo fratello l’avesse
scelta per moglie perché era la comprensione personificata e il suo
consiglio riflessivo ed equo era sempre di aiuto.
Doveva anche a lei di essersi ripresa dall’abbattimento che
si stava impossessando del suo essere schiantato dagli avvenimenti.
Col suo adorabile bambino accanto avrebbe ritrovato la capacità
di sciogliersi dai pensieri cupi che non fanno altro che deprimere.
L’esortava a trovare forza in David anche perché la sua
malinconia non avrebbe fatto bene neppure a lui che voleva una mamma
allegra e capace di mostrarle il lato bello dell’esistenza, cercando di
dargli fiducia nel domani.
E col trascorrere degli anni altre cose potevano accadere,
altri incontri, altri affetti.
Doveva saper dimostrare al mondo e, specialmente, al suo ex
consorte la sua forza di animo perché capisse, che aveva perduto una
donna superiore che lui non meritava.
Le parole della cognata, le avevano fatto bene, e l’avevano
spronata a crearsi qualche hobby che sarebbe servito a distrarla.
Lidia si era dimostrata veramente amica!
Beato veramente chi può contare su amici simili, perché il
feeling che si stabilisce fra loro sa dare e sa ricevere poiché l’uno
rafforza l’altro in un dare e avere affettuoso e sincero che non avrà
mai fine.
Anche da Parigi giunsero altri confetti di nozze, quelli di
Corinne e Michel che si dissero si con l’auspicio sereno del previdente
nonno che non poté evitare che la loro piccola Denise nascesse a breve
distanza.
La storia si era ripetuta, ma stavolta la cornice sarebbe
stata diversa e la felicità degli sposi era onesta e sincera.
Il suggerimento di Lidia, fece tornare in mente a Cate, il
manoscritto della nonna che tante volte aveva pensato di dare alle stampe,
ma per mancanza di tempo, aveva sempre rimandato, c’era stato un tempo
che ne aveva parlato anche con zia Bertilla.
Ora, di tempo ne avrebbe avuto a dovizia e doveva darsi da
fare e per le spese che avrebbe dovuto incontrare poteva usufruire della
somma ricevuta come premio che ancora teneva in banca perché avrebbe
dovuto servire nel caso del trasloco che non ci sarebbe stato mai più.
Senza altra perdita di tempo aprì il cassetto del canterano e
il manoscritto di nonna Irene tornò alla luce. Con grandissima emozione si diede a sfogliare quelle pagine
che portavano le tracce non solo dell’autrice, ma anche di sua madre e
sua zia che, giovanissime, standole accanto erano state testimoni della
perseveranza faticata che le era costata portarle a termine fra mille
angustie.
Fra le altre cose la grande Nonna aveva appuntato nella
prefazione, che anche un vegetale, abbisogna di amore per nascere,
crescere e svilupparsi al meglio, quindi ogni piantina va posta a dimora
con l’accortezza di una madre che depone un neonato nella culla, se ben
coltivata, se ne vedranno i risultati nel momento al suo sbocciare.
La lettura del manoscritto conduceva la mente oltre la pura e
semplice erboristeria, giacché vi erano note bibliografiche,
psicologiche, geografiche e storiche con molte illustrazioni, disegnate
sulle stesse pagine, oppure vignette incollate, queste ultime, erano state
applicate da Bertilla bambina.
In tempi in cui l’abuso di medicinali, cominciava a creare
seri problemi, dall’allergia alla intossicazione, ritornò la fiducia
nei prodotti naturali e costose campagne pubblicitarie, furono
sponsorizzate ovunque per diffonderne l’utilità.
La biologa era a conoscenza che in alcune Scuole orientali,
rappresentava materia d’insegnamento la fitoalimurgia che tratta
specificatamente la conoscenza e l’utilizzazione della flora spontanea
alimentare.
Nonna Irene, a suo modo, ne era stata la pioniera, e Cate era
certa che un buon Editore, non si sarebbe lasciato sfuggire
quell’originale trattato.
Non vi poteva essere modo migliore per onorare la memoria di
chi l’aveva creato.
non
lasciandosi sopraffare dalla tirannia e il monogramma lo lasciava intuire
giacché
quel
serpente che aveva sostituito il serto di foglie della S, non era riuscito
a strangolare il suo ingegno prolifico.
La sua aurea vena avrebbe brillato ancora ad opera di una
pronipote scienziata che
dandolo
alle stampe ne prevedeva il successo, postumo è vero, ma sarebbe stata la
gloria meritata per colei che era vissuta solo di speranza.
F I N E
E P I L O G O
Molte saranno le donne che si saranno ritrovate in questa
lunga narrazione, riconoscendo come proprie le vicissitudini delle
protagoniste.
Avranno risentite le loro identiche sofferenze ed altrettante
rinunzie nell’amarezza di copiose e solitarie lacrime versate.
Resta a conforto la constatazione che il mondo si stia
sensibilizzando ai problemi femminili che racchiudono molti interrogativi.
Primo fra tutti quello del patriarcato inteso come feroce
dittatura che stenta ad essere smantellato perché l’uomo ha sempre
creduto di avere il diritto di esercitarlo.
Ma oggi, il convincimento che le convenienze siano basate sul
rispetto reciproco che non reprima la personalità propria e altrui,
spinge a rimuovere leggi e concetti superati
Malgrado ciò, esistono donne che tuttora si trovano a
maledire la loro esistenza, sottoposta a condizioni di sott’ordine.
Il loro abito mentale non riesce ad accettare volentieri le
innovazioni di parità sul piano femminista estremista che vorrebbe
ritorcere sul sesso maschile le angherie subite da loro stesse.
Non è questa la parità nei rapporti di coppia!.
Tali dimostrazioni fanatiche e spregiudicate finiranno per
cadere nel ridicolo facendo disprezzare le vere motivazioni per cui si
richiedono altre leggi, più consone al vivere civile.
Tutto va fatto in serenità di spirito e con eguaglianza di
diritti e doveri.
Bando alle paure di ritorsioni che nell’ambito familiare non
consentono di ribellarsi ad ingiusti soprusi.
Spesso l’ambiente casalingo, designato a consacrare
l’amore e la comprensione reciproca, diviene invece, focolaio di odi
repressi che fanno accettare passivamente la soggezione per la difficoltà
di mettere in pratica la ribellione verso chi tiranneggia.
C’è però da considerare che, come una corda tirata al
massimo, finisce con lo spezzarsi, così, la continua sofferenza di
schiavitù indesiderate e imposte, diverrà talmente insopportabile da
scuotere anche l’indole più docile fino a renderla la più feroce e la
meno ragionata.
In certi casi, tutto potrebbe accadere!
Vale la pena quindi, per evitare tragedie, di legiferare con
giudizio e con giustizia al fine
tutti
possano considerarsi anelli di una stessa catena, ma che la catena sia
dolce almeno.
La donna, specialmente, se i suoi slanci non troveranno
repressioni, sarà più idonea per mettere al servizio della famiglia e
della società il suo intuito e la sua capacità.
E ’forse questo che teme l’uomo?
Non pensa che l’animo femminile è stato creato per
perpetuare nella specie le proprie tendenze e le proprie esperienze?
Si faccia in modo perciò che ella non debba ipocritamente
accettare una vita indegna del vivere civile per non dovere riversare sui
figli i rancori e l’insicurezza che saranno loro fatali.
Ai tempi nuovi la risposta a tali quesiti e che, le strade del
domani, conducano gli esseri umani verso destini più graditi, secondo la
personalità di ognuno.
E’
su questo che ogni donna pone la sua speranza.
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