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Svegliarsi col trillo degli uccelli, uscire su di un giardino pensile fra cespugli e fiori, ricambiare il buongiorno del tenero gattino che fa le fusa, strofinandosi lungamente contro le nostre gambe, sono le prime gioie che, a qualcuno, il mattino concede.
Specialmente se la notte è trascorsa insonne e molto agitata le prime impressioni gradevoli che si ricevono, danno un vero senso di sollievo, facendo tornare la gioia di vivere.
Questo era proprio ciò che stava accadendo a Cecilia, una bella ragazza bruna di ventitré anni in un mattino di estate mentre ascoltava, in tono sommesso, il primo telegiornale che stava dando notizia del fatto raccapricciate, anzi il fattaccio, come il cronista aveva definito la drammatica conclusione del Concerto Rock che doveva essere una grande festa per la gioventù e che aveva richiamato uno stragrande afflusso di giovani.
Cecilia, affacciata all’immensa balconata che circondava tutto l’appartamento residenziale, aveva lo sguardo perso sulla vasta distesa di prati e giardini ben coltivati che si stendevano all’infinito, l’incanto della natura sottostante, non distoglieva però il pensiero da quanto era accaduto al Concerto al quale non aveva partecipato soltanto perché aveva un lavoro da portare a termine con urgenza, ma che l’aveva comunque coinvolta.
Infatti, se si trovava in quel momento nella casa della sua cara amica Ornella con quello stato d’animo era per l’appunto perché quest’ultima l’aveva chiamata in aiuto a notte fonda.
Confusamente le era giunto il suo messaggio telefonico che con voce rotta e piangente, la supplicava di andarla a prelevare al Pronto Soccorso dell’ospedale in cui si trovava con altri numerosi feriti e contusi a causa del crollo di uno dei palchi predisposti per il Concerto
rock al quale stava assistendo.
Prontamente accorsa, l’aveva accompagnata a casa subito dopo l’autorizzazione dei medici che l’avevano considerata fuori pericolo dopo gli accertamenti radiologici alla gamba contusa e coi legamenti distorti, anche se l’ingessatura aveva richiesti lunghi tempi di attesa.
Doveva anche ritenersi fortunata, Ornella poiché occupando un settore laterale era stata risparmiata dallo schianto rovinoso avvenuto nella zona centrale.
Soltanto l’urto violento contro un paletto le aveva causato strappi e distorsioni alla gamba destra mentre cercava di mettersi in salvo precipitosamente.
Non così, per tanti altri spettatori, letteralmente schiacciati dalla ressa che avevano subito conseguenze molto più gravi.
Una rissa nella seconda parte della festa, per divergenze di opinioni sui propri beniamini, aveva generato il caos fra gli scalmanati ragazzi, resi euforici dai cori e dalla musica rock, martellante e ripetitiva, ma anche da qualche bevanda che li aveva portati su di giri.
Il tramestio scomposto e il sovraccarico del peso aveva rotto i sostegni. Il palco aveva ceduto improvvisamente generando terrore e panico e le urla di dolore furono in breve generali tanto da interrompere canti e musiche sostituite dagli ululati delle sirene delle ambulanze che, per varie ore, si erano susseguite per trasportare i feriti agli ospedali.
Ornella, traumatizzata e dolorante, si ritrovò ad un Pronto Soccorso da dove poté finalmente chiamare la sua amica che fece del suo meglio per confortarla senza limiti di tempo. Era notte avanzata quando giunsero a casa di Ornella. Attesero l’alba per telefonare a sua madre che si trovava in villeggiatura al mare da neanche un mese e, che presto, la ragazza, avrebbe dovuto raggiungere.
Con le dovute cautele e con una voce volutamente calma, la giovane la informò dell’accaduto che, del resto avrebbe appreso dal primo telegiornale. Spaventatissima, la signora disse che sarebbe giunta nel giro di un’ora per rendersi conto personalmente di come stava e, di conseguenza, organizzare il da farsi, grata, pertanto, a Cecilia che le aveva prestato aiuto.
Questa intanto aveva provveduto alla colazione dell’infortunata e a darle i tranquillanti che il medico le aveva prescritti che le avrebbero conciliato un buon sonno ristoratore.
Uscita sul balcone, stava godendosi la dolce brezza mattutina mentre l’infortunata dormiva finalmente tranquilla, nella propria stanza, rassicurata dalla sua vicinanza.
Figlie uniche entrambe, si erano sempre frequentate data l’amicizia delle loro madri e molte volte proprio quell’ambiente così calmo e riposante, era stato di valido aiuto a Cecilia, specialmente durante la lunga malattia che aveva portato ad una morte prematura sua madre, vedova da tempo. L’affetto di Ginevra che la considerava un’altra figlia le aveva arrecato sempre conforto, facendola sentire di famiglia.
Mai lo avrebbe dimenticato.
Il profumo del caffè in ebollizione la distolse dalle riflessioni ed ella corse a spegnere il gas per poi ritornare fuori ad innaffiare le numerose piante. Aveva giè riempito di latte la ciotola del micio Ron che, soddisfatto, stava facendo le fusa e che corse miagolando incontro alla padrona appena sentì la chiave girare nella toppa.
Ginevra, entrando si trovò fra le braccia la sua figlioccia che le si era fatta incontro e che si affrettò a rassicurarla circa le condizioni della figlia. “Non devi fare altro che lasciarla dormire tranquilla” - le disse che tutto si sarebbe risolto in breve.
Le parole rassicuranti arginarono quell’ansia di madre che non l’aveva lasciata dal momento della telefonata.
Verificando che la figlia dormiva serena, seguì la giovane amica sul balcone e, nel sorbire il caffè, comodamente seduta nella sua poltroncina di vimini, si accinse ad ascoltare il racconto particolareggiato di quanto era avvenuto.
Avuti tutti i ragguagli, disse di sentirsi in colpa per aver lasciato sola sua figlia. Considerò che recandosi a quel concerto, ella, era stata davvero imprudente. Bisognava immaginarselo che sarebbe stato caotico anche se il disastro finale non era stato previsto da nessuno.
Si sentiva grata al cielo che per sua figlia non ci fossero state conseguenze funeste come per tanti altri poveri ragazzi, ora l’avrebbe portata con sé al mare e avrebbero concluse le vacanze insieme.
Non finiva mai di ringraziare Cecilia per l’assistenza prestatale.
Questa, declinò i ringraziamenti e consigliò l’amica di restare qualche
giorno in città poiché Ornella, doveva sottoporsi ad ulteriori controlli medici, in seguito, il mare, sarebbe stata un’ottima convalescenza.
Quel giorno fu ancora lei ad occuparsi del loro pasto che consumarono nel ristabilito buonumore e, nell’accomiatarsi, promise che avrebbe accompagnata l’amica alla visita medica di lì ad otto giorni.
Si scusò infine per essere costretta a rientrare a casa sua perché aveva del lavoro da finire per l’indomani.
Specializzata in grafica pubblicitaria e programmatrice informatica, lavorava in casa dove si era attrezzato uno studio idoneo con tutti i più moderni marchingegni elettronici.
Appassionata alle tecniche computerizzate della grafica e della stampa, si era dedicata ai nuovi formati di giornali e libri diventando in breve tempo una delle poche esperte del settore e per la minuziosa elaborazione e la creatività dei suoi menabò e, per questo, il suo operato veniva richiesto da Agenzie e Redazioni di avanguardia.
Una scuola d’Informatica affidava spesso alla sua esperienza qualche allievo per farlo abituare al lavoro pratico prima di raccomandarlo per qualche assunzione.
Conosceva ogni segreto dei Programmi per acquisizioni di immagini, modifiche delle stesse eseguendo fotomontaggi azzardati.
Lavorava quasi ad occhi chiusi coi Programmi di qualità come Adobe-Photoshop, Photo Editor e consimili e voleva saperne sempre di più. I suoi risparmi finivano tutti in acquisti di nuove attrezzature e, ad ogni nuovo programma, dedicava ore di studio.
Così avvenne con l’ultimo tipo di Scanner per il quale, si può dire, che avesse subito un vero innamoramento considerandolo un portento della tecnica fotografica, quasi una bacchetta magica perché con poche e precise manovre, le permetteva di fare miracoli, riproducendo e rinnovando antiche fotografie quasi indecifrabili per la vetustà della carta e dei colori che ne rendeva irriconoscibili sembianti e luoghi. Di tutte le ramificazioni che comportavano i programmi computerizzati, il settore fotografia, era quello che amava di più perché poteva profondervi il suo estro creativo.
Con paziente diligenza aveva studiato la recente versione del programma che permetteva modifiche di dimensioni e colori, per cui foto, stampe e cartoline d’epoca, sfocate e poco visibili, tornavano a nuova vita, suscitando consensi e ammirazione nella clientela.
Dedicata completamente al lavoro dal quale, oltre alle molte soddisfazioni, traeva un buon cespite di guadagno che le permetteva una discreta tranquillità economica, finiva per uscire pochissimo, conducendo una vita sobria e metodica in una solitudine che non le dispiaceva affatto.
Considerata una ragazza saggia e volenterosa, nata per attività serie e impegnate, le era stato proposto anche l’insegnamento, ma per il momento preferiva un’attività meno obbligata ad orari precisi.
L’attitudine all’insegnamento lo aveva dimostrato nel dare ripetizioni proprio alla piccola Ornella, più amante del giuoco che dello studio e, giunta all’adolescenza anche ai colpi di fulmine che si concludevano sempre in breve tempo.
Per Cecilia, invece, la prima cotta per un compagno di studi, si era rivelata una cocente delusione, rimanendo quindi insensibile ad altre profferte d’amore.
Orfana e bisognosa di affetto, ferita dall’infedeltà del suo primo amore era diventata diffidente verso gli uomini nella certezza che nessuno di loro sapesse amare profondamente e sinceramente.
Anche l’essere stata testimone di tante storie sentimentali negative capitate a molte conoscenti, l’avevano dissuasa dal lasciarsi irretire da promesse fugaci.
Aveva soltanto ventitré anni, ma considerava se stessa, già, come una vecchia zitella. Disdegnava i continui inviti di Ornella, esuberante e vistosa, che invece si trovava bene in compagnie rumorose e festose e che indulgeva spesso in brevi flirts, ma ai quali non concedeva altro che occhiate e baci senza vero amore, con la superficialità di una sedicenne spensierata.
La madre, chiudeva un occhio, fiduciosa che la sua bambina non sarebbe mai stata capace di darle un dispiacere comportandosi male.
Era con orgoglio che metteva in evidenza l’amicizia che esisteva fra loro due che sembravano più sorelle che madre e figlia.
Convinta che questa mirasse a un matrimonio di un certo livello sociale, al momento giusto, la lasciava fare affinché si divertisse nei
suoi anni giovanili.
Era necessario che conoscesse un po’ la vita, prima d’impegnarsi coi doveri che comporta una famiglia, era solita dire, infine, sua figlia vissuta sempre nel benessere, non si sarebbe mai adattata ad una esistenza priva di comodità.
Di questo Ginevra era certa.
E nel trovarsi vedova prematuramente, proprio per poter continuare una esistenza sociale di un certo livello fu spronata a crearsi un’attività legata al mondo che conosceva, contornandosi di persone capaci per quanto concerneva l’amministrazione.
Gli alti incarichi di suo marito ambasciatore, le avevano permessi viaggi favolosi e aveva avuto modo d’instaurare delle buone amicizie che le si erano rivelate molto utili nel momento della prematura vedovanza con il compito di provvedere alla sua bimba in tenerissima età.
Il suo Atelier di moda aveva avuto subito successo dato che aveva potuto contare sulle tante amiche dell’alta società che divenendo poi clienti le avevano assicurato una vasta pubblicità.
Si era impegnata al massimo nella sua redditizia attività e il tempo da dedicare a sua figlia era sempre stato poco, pur provvedendo con larghezza alle sue tante necessità.
Proprio per compensarla della sua saltuaria presenza, le concedeva molta libertà, affidandola spesso alla precoce maturità di Cecilia che si era sempre comportata da sorella maggiore, ma era pur sempre un’amica e non poteva avere l’autorità di una madre.
La casa accessoriata di tutti i possibili elettrodomestici ed una cameriera ad ore in giorni determinati, dava a madre e figlia la possibilità di avere molta libertà.
La scuola d’arte che la giovanetta aveva appena iniziato a frequentare aveva come specializzazione la gemmologia che l’avrebbe, più tardi, introdotta in un lavoro creativo molto specializzato da poter abbinare, volendo, all’atelier della madre che, si era affermata come stilista d’avanguardia e la sua griffe ricercata anche all’estero stava a testimoniarlo.
Ginevra aveva quarantadue anni e dal momento della vedovanza ne erano già trascorsi otto, riempiti da una grande volontà di riuscire al meglio nell’impegno che si era prefisso, senza distrazioni sentimentali di alcun genere anche se di ammiratori ne aveva sempre avuti, ma nessuno poteva dire che ne avesse facilitati gli approcci.
I suoi scudi di difesa erano il lavoro e la figlia.
Per l’uno e per l’altra doveva mantenersi libera e questa disciplina che si era imposta l’aveva sempre soddisfatta infondendole il coraggio per andare avanti da sola.
Possedeva una bellezza classica e un fisico perfetto sulle cui misure costruiva i suoi modelli, indossandoli di persona e riscuotendo sempre entusiastici consensi.
La preparazione dell’ultima collezione, però, le aveva dato preoccupazioni di ogni genere a cominciare da una partita di stoffe originali che erano giunte in ritardo obbligando il personale del laboratorio ad ore di lavoro straordinario. Ciò le aveva comportato dispendio di tempo e di denaro.
Già prima della sfilata, aveva cominciato a risentire lo stress di tanto impegno, pertanto il medico le aveva consigliato di dare un taglio al lavoro per un certo periodo, altrimenti sarebbe crollata.
Doleva starsene da sola e senza pensieri finché non si fosse rimessa in sesto per affrontare con tutte le forze la prossima stagione per la quale era stata invitata a presentare i suoi modelli in America.
Seguendo i consigli medici aveva, quindi, preso in affitto una villetta in un centro balneare non molto lontano dalla città affinché fosse stato facile anche alla figlia raggiungerla quando voleva.
Era trascorso quasi un mese quando avvenne la catastrofe del Concerto, ma ancora Ornella non era mai andata a trovare sua madre anche se si sentivano giornalmente al telefono.
Adesso però, dopo che l’incidente l’aveva resa malconcia, la madre ritenne giusto portarla seco, invitando anche Cecilia che le avrebbe tenuto compagnia.
Questa però, talmente oberata di lavoro, non era sicura di poter approfittare dell’invito fattole da Ginevra, ma una settimana di vacanza almeno sperava di potersela concedere.
Fu così che le tre amiche si riunirono al mare.
L’improvvisa vacanza avrebbe dato alle ragazze un motivo di più per stare insieme e specialmente per Ornella l’assistenza affettuosa dell’amica sarebbe stata utilissima.
Questa disponibilità, giovò anche alla stilista, che era riconoscente alla improvvisata assistente di sua figlia, che l’avrebbe sostituita in quei compiti che lei stessa avrebbe dovuto assumersi, ma che non avrebbero mancato di aggravare il suo presente stato ansioso che doveva combattere ad ogni costo, se voleva ritrovarsi in autunno in perfetta forma.
Quindi la vacanza per Ginevra poté continuare scevra di pensieri e nella spensieratezza più assoluta.
Si era fatta una piccola cerchia di amici coi quali trascorreva quasi tutta la giornata fra musiche e discorsi ameni e spesso era fuori anche la sera, invitata nelle ville degli amici vacanzieri.
Al villino sostava poco, giusto per dormire e per variare le sue toilettes a seconda degl’inviti e le due giovani la vedevano saltuariamente perché avevano instaurato un diverso menage.
Esse uscivano presto al mattino, per non disturbarla e raggiungevano una spiaggetta poco lontana per evitare lunghi percorsi e dove Ornella poteva riposare la gamba ingessata senza avere tanti curiosi attorno. La sera la trascorrevano, seguendo qualche programma televisivo o leggendo, al riparo del gazebo fresco e tranquillo, fino all’ora di coricarsi, quasi sempre prima del rientro di Ginevra.
Le abitanti di Villa Glicine, oltre che gli orari, avevano instaurato anche compagnie diverse e fu soltanto in occasione del pranzo organizzato per il compleanno della bella stilista che le due giovani conobbero la piccola corte, che attorniava quotidianamente la festeggiata. Furono fatte le presentazioni e i due gruppi si riunirono attorno alla grande tavolata in festa.
La più contenta fu, naturalmente, Ornella che, stanca della quasi immobilità a cui era costretta, non vedeva l’ora di prendere parte attiva alla spensieratezza dei villeggianti.
Fra poco avrebbe potuto farlo anche se, prima, avrebbe dovuto sottoporsi agli esercizi di rieducazione presso una Palestra del luogo.
Fra i doni e fiori che giunsero alla festeggiata spiccava un appariscente cesto di rose rosse che ebbe il potere di commuoverla oltremodo e fu il suo appassionato ringraziamento al donatore, che colpì Cecilia, a cui non sfuggì neppure la corte sfacciata che costui le faceva.
Era una cosa insolita vedere Ginevra così compiaciuta e commossa dinanzi a un cesto di rose giacché ne riceveva di continuo da clienti e ammiratori, perciò nella vita della sua amata vice madre qualcosa d’inatteso stava avvenendo.
Lo capì dal suo sguardo più acceso e appagato e dalle sue gioconde risate che le battute delle varie conversazioni le suscitavano.
I pochi giorni trascorsi al mare in completo abbandono e in gaia compagnia avevano avuto il potere di trasformare il carattere sempre piuttosto gelido di Ginevra che pareva perfino ringiovanita e le sollecitudini del donatore delle rose, che ora le sedeva accanto, sembrava non dispiacerle affatto. incurante dei presenti, ascoltava con piacere ciò che egli continuava a mormorarle molto dappresso.
Erano senz’altro complimenti e galanterie che la donna aveva fino ad allora sempre disdegnato.
La perspicace grafica si persuase che qualcosa stava per cambiare nella vita della stilista; tolta l’iniziale sorpresa, la ragazza non ne fu affatto dispiaciuta perché molte volte aveva pensato che per Ginevra poteva esser facile rimaritarsi se lo avesse desiderato.
Non l’aveva mai biasimata però, visto che lei stessa si stava avviando verso la carriera, piuttosto che alla ricerca spasmodica di un marito, come unica meta femminile, avrebbe, semmai, preso in considerazione un amore vero e completo, fatto di premure e tenerezze reciproche e mai avrebbe accondisceso ad una unione basata sull’interesse.
Ne avevano parlato più volte insieme e aveva sempre pensato che anch’essa fosse dello stesso avviso, visto che il ricordo sempre vivo dell’amatissimo consorte, sparito prematuramente in un tragico incidente aereo, l’accompagnava ancora.
Dopo la cocente delusione subita, Cecilia si era convinta che l’amore vero ed eterno non esisteva e, solo nelle storie romanzate di libri e films, era facile trovarlo e se per un cuore femminile poteva esserci il moto profondo dell’anima a suscitare un sentimento leale e sincero, dal punto di vista maschile, doveva essere solo un’emozione fisica, consistente nell’appagamento dei sensi e la donna vista come oggetto per soddisfarlo. Non altro.
Si sentiva avvilita a questi pensieri e l’esperienza fatta da molte donne, separate o divorziate, la convinceva sempre più che era meglio restare sole e non andarsi ad invischiare in storie che potevano recare soltanto dispiaceri.
Continuò ad osservare i commensali che non erano tutti adulti, vi erano in quella comitiva, persone di ogni età appartenenti ad un buon grado sociale, tutti disposti a fare baldoria e a godersi in pieno la stagione balneare.
Difatti le conversazioni che s’intrecciavano da un punto all’altro della sala, oltre che riportare gli ultimi pettegolezzi del gran mondo lanciavano proposte per gite, giuochi e balli che ciascuno s’ingegnava di organizzare nelle ore più impensate del giorno e della notte nelle ville dei dintorni o sulle lussuose imbarcazioni ancorate nel porto. Ornella, si dispiaceva di non potervi ancora intervenire, almeno fintanto che la gamba non glielo avesse permesso, mentre Cecilia, dal momento che sarebbe ripartita fra non molto, neppure ne prendeva nota, dovendo ben presto riprendere i suoi lavori sospesi.
Lei non era fatta per quella vita fittizia che tutti i presenti sembravano conoscere e apprezzare!
Si considerava al di fuori di un mondo giocoso, forse con la sua riluttanza verso lo svago e il divertimento, si stava costruendo una esistenza troppo rigida, ma non se ne rendeva conto, avrebbe forse rimpianto troppo tardi, gli svaghi non raccolti, ma intanto si prodigava nel lavoro.
Il suo cuore restava insensibile a molte sollecitazioni che rallegravano la gioventù.
Si animava solamente dinanzi alle novità delle tecniche informatiche, delle quali avrebbe voluto sviscerare le più recondite possibilità
Se le passioni bastano a riempire delle vite, a Cecilia, era sufficiente un PC e le sue applicazioni che la mettevano in grado di dare sfogo alla sua creatività.
Fortunatamente venivano apprezzate e ben pagate giacché non erano molti gli esperti veramente efficienti in tale campo.
Intanto i dieci giorni di vacanza che si era concessa stavano giungendo al termine e la sua preoccupazione era quella di lasciare Ornella che anche se poteva dirsi ristabilita necessitava di una terapia personalizzata, dopo tolto il gesso.
Lo fece presente a Ginevra che le rimbalzò il compito di parlare col fisiatra della Palestra per organizzare il da farsi come esercizi e come orari.
Accompagnò di buon grado l’amica al Centro fisioterapico con annessa Palestra scelto da sua madre e, Ornella, come sempre, si accese di entusiasmo per il bellissimo Giorgio, l’Istruttore che si sarebbe preso cura di lei
Cecilia ne sorrise e fu persuasa che sicuramente l’amica non avrebbe tralasciato neppure un giorno di seguire la sua terapia pur di vedere il bellissimo e muscoloso Insegnante.
Raccomandando all’amica di essere diligente e costante, se ne ritornò in città e, durante il percorso il pensiero dell’aitante uomo tornò spesso nei suoi pensieri mentre si augurava che la sua giovane amica non commettesse qualche sciocchezza.
Salutandola, poco prima, Ginevra si fece promettere qualche altra sua visita - ”Non mi dire di no, cara, la distanza non è molta e con la tua utilitaria, potresti venire ogni sabato e ripartire la domenica, mi farebbe tanto piacere, lo sai”.
Ripensando a quelle parole affettuose, si ripromise di tornare presso le amiche appena possibile. Sapeva però che, per il momento, i suoi molti impegni non avrebbero concesse molte pause ed anche i fine settimana dovevano essere lavorativi.
Trascorse quindi due settimane eseguendo schemi e tracciati e preparando le Home Page per i titolari di due Ditte del Nord Italia ed era necessario quindi farsi una “ cultura” adeguata su Arredamento e Generi alimentari.
Il lavoro era complesso perché avrebbe dovuto inserirvi molte fotografie didascaliche per presentarlo al meglio perciò dovette applicarvisi a lungo e con molta attenzione perché riuscisse perfetto.
Alla consegna, i titolari delle due Ditte rimasero entrambi soddisfatti e Cecilia decise di trascorrere il sabato e la domenica al mare,
per rinfrancarsi dal caldo opprimente che la stava distruggendo.
Aveva concordato, telefonicamente, d’incontrarsi con Ornella presso la Palestra, ma al suo giungervi, l’amica, come suo solito,era in ritardo.
Data un’occhiata all’interno, la giovane, per non disturbare, ritornò sulla strada sotto il sole che dardeggiava.
La vetrata d’ingresso della Palestra si riaprì quasi subito e, proprio Giorgio, la sollecitò ad entrare dicendo che Ornella sarebbe giunta a minuti, quindi era meglio attenderla nel l’interno che era refrigerato.
Il franco sorriso e il saluto cordiale dell’uomo che si dimostrò contento di rivederla, fece sorridere anche Cecilia che fu molto sorpresa nel vedersi riconosciuta subito.
Egli, continuando a parlare, gli rivolse molti complimenti per l’attività che svolgeva e che, dal suo punto di vista, riteneva molto difficile e impegnativa per una donna.
“Che era così brava lo aveva saputo da Ornella”- disse.
L’irrompere giulivo di quest’ultima, distolse la Grafica dallo stupore provato nel vedersi ricordata e… valutata così bene.
Ornella, per dimostrare la sua ritrovata idoneità fisica, fece qualche piroetta dopo aver salutata calorosamente l’amica ed aver sottolineato: “ Vedi come sono in forma grazie al mio Giorgio, ora non ho più bisogno della terapia“.
Cecilia si avvide subito che la ragazza, pur non avendone più necessità, continuava a frequentare quel luogo solo per esercitare una specie di controllo sul giovanotto, con un comportamento possessivo che a lui non garbava affatto, lo dimostrò non appena ella cominciò a sottoporlo ad una sorta d’interrogatorio: Voleva sapere l’ora precisa in cui aveva aperto la Palestra, i nomi delle sue prime clienti, quanto erano durate le loro lezioni, Ornella non la finiva più con quelle stupide domande, mettendolo in imbarazzo.
Fu lui ad interrompere bruscamente quella filastrocca, consigliando la giovane scocciatrice a condurre sulla spiaggia l’amica che era venuta dalla città per godersi il fresco del mare mentre la mattinata stava già per esaurirsi.
Cecilia provò vergogna per il comportamento puerile dell’amica che non si rendeva conto di quanto fosse inopportuno e fastidioso quel suo sproloquiare.
Poteva anche darsi che sul principio l’entusiasmo e la simpatia della giovane cliente avessero lusingato il giovane, ma ciò non voleva dire che fosse propenso ad instaurare un legame amoroso con lei.
Non così la pensava l’allieva che s’innervosiva ogni volta che lo vedeva spiegare i movimenti ad altre clienti femminili verso le quali era sempre pronta a sottolineare che Giorgio era “suo”.
Nel breve tempo che si era fermata in quel luogo, Cecilia si era sentita ferita da quel comportamento irresponsabile che coinvolgeva lei stessa essendole amica.
Era quasi l’ora di pranzo e le ragazze si diressero alla spiaggia ove incontrarono Ginevra che, dopo la doccia, stava fermando la sua fluente chioma dorata in una bandana rosa assortita al pareo di pura seta che la rendeva simile ad una dea dell’olimpo.
Dopo i saluti affettuosi scambiati fra loro s’intesero di trovarsi poco dopo al ristorante dove abitualmente mangiavano, trovandolo più comodo e pratico giacché, oramai a casa non si cucinava più e, madre e figlia, trascorrevano in spiaggia gran parte delle loro giornate.
Cecilia si affrettò ad indossare il costume intero di color pervinca che le andava a meraviglia, mostrandosi in tutto il suo splendore di ragazza sana che non aveva però quell’abbronzatura integrale che mostravano le altre.
Il sobrio costume e i capelli castani ondulati naturalmente e, fermati da un elastico sulla nuca, le conferivano un’aria da adolescente che mal si coniugava alla severità del suo comportamento.
L’acqua era caldissima e Ornella si bagnò appena mentre la cittadina vi rimase a lungo nuotando e spingendosi fino al largo, immersa in quel totale azzurro di acqua e di cielo che dava pace e riusciva a far dimenticare il mondo caotico e rabbioso.
Nell’ora tarda del mattino non c’era molta gente in acqua, a Cecilia parve di possedere tutta quanta la distesa marina e ciò le allargò l’anima in una sorta di riconoscenza alla natura che le riempì tutto l’essere di gioia serena.
Amava l’acqua in modo viscerale e sarebbe restata per ore lasciando che il suo corpo ondeggiasse col reflusso delle onde, si divertiva a volte ad immergere il capo a lungo senza respirare, resistendo il più a lungo possibile.
Era un gioco solitario che aveva iniziato a fare fin da piccola, spaventando i genitori che ogni volta credevano di vederla affogare mentre lei rideva felice.
Terminata la confortevole parentesi del bagno, una vestaglietta di lino bianco sostituì il costume e, con i capelli ancora umidi, sciolti sulle spalle, si avviò al ristorante.
Stava quasi per giungervi, quando si sentì lanciare un sonoro:”Bentornata finalmente! Credevamo si fosse dimenticata di noi”. Sorpresa si voltò e vide il signore delle rose cioè l’avvocato Viscardo che aveva conosciuto alla festa di Ginevra che a passo svelto stava guadagnando anch’egli il ristorante.
Con enfasi, esternò alla ragazza, il suo compiacimento nel rivederla e si rammaricò nell’udire che non si sarebbe fermata a lungo.
Trovarono Ginevra che stava leggendo il menù del giorno e che baciò con effusione la sua figlioccia chiedendole cosa desiderasse mangiare.
Da parte sua, avrebbe dato la preferenza agli squisiti piatti di pesce che avevano dato notorietà a quel Ristorante.
Intanto l’avvocato si era già affrettato a prendere il suo consueto posto di cicisbeo accanto alla signora, mentre dai tavoli attorno, molte persone si affrettarono a salutare la Professoressa, così giovane tanto geniale.
Specialmente i più giovani, attirati dalla sua professione, avrebbero volentieri socializzato con lei, attirati anche dalla novità del suo lavoro. Durante la siesta sulla spiaggia avrebbero trovato modo di farsi spiegare i misteri dei Computer che trovavano estremamente interessanti.
Erano gli anziani ad avere timore dei nuovi marchingegni
Tuttavia la conoscenza dell’Informatica non era molto diffusa e ai primi esperti di questa nuova scienza dava una certa potenzialità, quasi un timore reverenziale, figurarsi poi una ragazza così carina..
Cecilia, stava assaporando l’intima gioia di emergere dalla massa e seppure non fosse d’indole egocentrica, l’interesse che stava suscitando la ripagò della solitudine che era parte intrinseca della sua esistenza. In quel breve fine settimana fu, come la volta precedente, il personaggio della spiaggia che con pazienza e cortesia rispondeva alle molte domande dei suoi interlocutori.
Conversando, pertanto, non perdeva di vista ciò che accadeva attorno a lei. Le cognizioni che aveva immagazzinato sul comportamento dell’avvocato, assiduo accompagnatore della bionda Venere, non mutarono, anzi divennero ancora più pessimistiche, osservando alcune sue manovre. Notò che, fra loro, si era stabilita una maggior confidenza che si estendeva anche ad Ornella e ciò lasciava presupporre che anche a quest’ultima non dispiacesse la nuova piega che stava prendendo la vita della madre.
Meglio così!- si disse Cecilia - era giusto che la vita di ognuna seguisse il suo corso però nessuna avrebbe meritato di soffrire per delle scelte sbagliate. Specialmente Ornella le dava da pensare, sicura che la madre neanche si fosse accorta della morbosa cotta che si era presa per Giorgio. Ne dedusse che se lui non era innamorato mentre lei faceva del tutto per accaparrarselo, la sua aggressività era l’unico modo per stancarlo e allontanarlo.
Aveva ancora modi da ragazzina, Ornella, non pensando affatto che sarebbe stato giusto, comportarsi con più serietà per essere presa in considerazione. Senza dubbio era proprio la freddezza di lui a solleticare la sua vanità di fanciulla capricciosa che voleva sempre averla vinta e la stizza per non essere adulata e corteggiata la rendeva ancor più petulante.
Cecilia era pronta a farglielo capire, ma chissà se, quella, le dava retta, abituata com’era a fare tutto di testa sua?
La colpa era anche della madre che, considerandola ancora bambina, la lasciava scapricciarsi a modo suo; ora poi che aveva altro a cui pensare, la giovanetta era davvero in balìa di se stessa.
Anche Viscardo s’interessò molto all’attività della bella grafica e, questa, si avvide che gli occhi di quell’uomo la seguivano più del dovuto. Ne fu infastidita e per tema che Ginevra se ne dispiacesse, ad un certo momento, preferì lasciare la compagnia, dicendo di non
do che il suo corpo ondeggiasse col reflusso delle onde, si divertiva a volte ad immergere il capo a lungo senza respirare, resistendo il più a lungo possibile.
Era un gioco solitario che aveva iniziato a fare fin da piccola, spaventando i genitori che ogni volta credevano di vederla affogare mentre lei rideva felice.
Terminata la confortevole parentesi del bagno, una vestaglietta di lino bianco sostituì il costume e, con i capelli ancora umidi, sciolti sulle spalle, si avviò al ristorante.
Stava quasi per giungervi, quando si sentì lanciare un sonoro:”Bentornata finalmente! Credevamo si fosse dimenticata di noi”. Sorpresa si voltò e vide il signore delle rose cioè l’avvocato Viscardo che aveva conosciuto alla festa di Ginevra che a passo svelto stava guadagnando anch’egli il ristorante.
Con enfasi, esternò alla ragazza, il suo compiacimento nel rivederla e si rammaricò nell’udire che non si sarebbe fermata a lungo.
Trovarono Ginevra che stava leggendo il menù del giorno e che baciò con effusione la sua figlioccia chiedendole cosa desiderasse mangiare.
Da parte sua, avrebbe dato la preferenza agli squisiti piatti di pesce che avevano dato notorietà a quel Ristorante.
Intanto l’avvocato si era già affrettato a prendere il suo consueto posto di cicisbeo accanto alla signora, mentre dai tavoli attorno, molte persone si affrettarono a salutare la Professoressa, così giovane tanto geniale.
Specialmente i più giovani, attirati dalla sua professione, avrebbero volentieri socializzato con lei, attirati anche dalla novità del suo lavoro. Durante la siesta sulla spiaggia avrebbero trovato modo di farsi spiegare i misteri dei Computer che trovavano estremamente interessanti.
Erano gli anziani ad avere timore dei nuovi marchingegni
Tuttavia la conoscenza dell’Informatica non era molto diffusa e ai primi esperti di questa nuova scienza dava una certa potenzialità, quasi un timore reverenziale, figurarsi poi una ragazza così carina..
Cecilia, stava assaporando l’intima gioia di emergere dalla massa e seppure non fosse d’indole egocentrica, l’interesse che stava suscitando la ripagò della solitudine che era parte intrinseca della sua esistenza. In quel breve fine settimana fu, come la volta precedente, il personaggio della spiaggia che con pazienza e cortesia rispondeva alle molte domande dei suoi interlocutori.
Conversando, pertanto, non perdeva di vista ciò che accadeva attorno a lei. Le cognizioni che aveva immagazzinato sul comportamento dell’avvocato, assiduo accompagnatore della bionda Venere, non mutarono, anzi divennero ancora più pessimistiche, osservando alcune sue manovre. Notò che, fra loro, si era stabilita una maggior confidenza che si estendeva anche ad Ornella e ciò lasciava presupporre che anche a quest’ultima non dispiacesse la nuova piega che stava prendendo la vita della madre.
Meglio così!- si disse Cecilia - era giusto che la vita di ognuna seguisse il suo corso però nessuna avrebbe meritato di soffrire per delle scelte sbagliate. Specialmente Ornella le dava da pensare, sicura che la madre neanche si fosse accorta della morbosa cotta che si era presa per Giorgio. Ne dedusse che se lui non era innamorato mentre lei faceva del tutto per accaparrarselo, la sua aggressività era l’unico modo per stancarlo e allontanarlo.
Aveva ancora modi da ragazzina, Ornella, non pensando affatto che sarebbe stato giusto, comportarsi con più serietà per essere presa in considerazione. Senza dubbio era proprio la freddezza di lui a solleticare la sua vanità di fanciulla capricciosa che voleva sempre averla vinta e la stizza per non essere adulata e corteggiata la rendeva ancor più petulante.
Cecilia era pronta a farglielo capire, ma chissà se, quella, le dava retta, abituata com’era a fare tutto di testa sua?
La colpa era anche della madre che, considerandola ancora bambina, la lasciava scapricciarsi a modo suo; ora poi che aveva altro a cui pensare, la giovanetta era davvero in balìa di se stessa.
Anche Viscardo s’interessò molto all’attività della bella grafica e, questa, si avvide che gli occhi di quell’uomo la seguivano più del dovuto. Ne fu infastidita e per tema che Ginevra se ne dispiacesse, ad un certo momento, preferì lasciare la compagnia, dicendo di non volersi troppo arrostire al sole.
Prima del tramonto era già a casa.
A Villa Glicine, si stava freschi, circondata com’era da palme e piante esotiche con un’artistica fontanina che gettando acqua sembrava cantare. Tuffò le mani nell’acqua e ancora una volta si beò di quella frescura, ne bevve anche un sorso, direttamente dallo zampillo e dopo essersi passata le mani umide sui capelli si distese sull’amaca a guardare il cielo fra lo stormire del fogliame attorno.
L’incanto e la pace, dopo il frastuono della spiaggia fu un ristoro.
Rincasando le amiche, la trovarono appisolata nel fresco del giardino. Scesa dall’amaca domandò loro se doveva aiutarle a preparare la cena, ma Ginevra le fece sapere che erano state invitate tutte e tre al Party in piscina nella villa di amici.
Ma Cecilia si disse stanca e ricusò l’invito.
Avrebbe fatto una doccia e con formaggio e insalata avrebbe cenato, preferiva andarsi a riposare senza fare troppo tardi.
Dopo aver fatto una doccia ed essersi cambiate Ginevra e sua figlia si accomiatarono dalla loro ospite dispiaciute di lasciarla sola.
Ma lei fu quasi contenta di restarsene tranquilla organizzandosi la serata a suo modo, del resto vi era abituata.
Restò a lungo sotto la doccia e indossato un pigiama a calzoni corti preparò la sua scodella di cruditè con abbondanza di carote l’accompagnò con una grossa fetta di caciotta paesana, concludendo il pasto con un gelato di fragola.
Aveva consumato il suo solitario pasto sotto la pergola del gazebo e, dopo aver sparecchiato, si apprestava ad andarsene a letto pur tentata a restare ancora un poco a godersi il fresco in completo relax, mentre da lontano le giungevano gli echi di musiche e canzoni.
D’estate, in ogni luogo, la sera si fa tardi, specialmente nei luoghi di villeggiatura, prima di rinchiudersi al caldo delle case ci si riunisce e si fa musica.
Improvvisa, attraverso la cascata di glicini che ricoprivano, circondandola l’inferriata del recinto, sentì qualcuno che la interpellava: “Signorina Cecilia, mi scusi, potrei venire a salutarla? “
Con un gran batticuore riconobbe la voce di Giorgio e, molto sorpresa, si accinse a riceverlo. Seppure nascosto dalla siepe verde e dall’immenso glicine il giardino era sulla strada perciò la ragazza credette di non compiere alcunché di scorretto aprendo il cancello al giovane. Lo fece sedere in una poltroncina sotto il gazebo, attorniato di rose rampicanti, molto curiosa, di conoscere il motivo di quella visita inconsueta.
Il giovanotto, con un lieve impaccio, spiegò che intendeva chiedere il suo aiuto per togliersi d’attorno la sua ex cliente troppo invadente che screditava il suo lavoro ed ora che essa non aveva più motivo di frequentare la palestra avrebbe voluto essere lasciato in pace.
La professoressa, a disagio per tali confidenze, non seppe sul momento come fare per disimpegnarsi dall’ingrato compito che il giovane le stava proponendo.
Cercò di fargli capire che la sua amica col suo carattere gioviale era portata alla troppa famigliarità con tutti, senza rendersi conto che spesso la sua invadenza dava fastidio.
A queste parole il giovanotto precisò che era quel senso di possesso che ella manifestava nei suoi riguardi che non gradiva ed anche se lui, con molta sincerità, aveva cercato di spiegarglielo in mille modi non voleva capirlo.
Oltre tutto per la grande differenza di età fra loro non si sentiva di illudere una ragazzina corrispondendole un sentimento affettivo che non sentiva: “Di ragazze simili, ne ho viste passare molte in palestra, ma non fanno per me… Vorrei che si rendesse conto anche della nostra disparità sociale. Io figlio di pescatori e lei, abituata a frequentare il gran mondo. Non ci può essere nessuna affinità fra noi. Io non ci penso proprio! Vorrei che lo capisse, senza farmi giungere a diventare maleducato. Oltre tutto, mi sento messo alla berlina di fronte alla clientela che mormora e motteggia ogni volta che lei viene a trovarmi”.
Ascoltando questa tiritera, la sua interlocutrice, sentiva crescere l’imbarazzo e si vergognava per la sua amica che si era messa in una situazione così criticabile mentre, in cuor suo, nasceva molta comprensione per colui che stava parlandogli con tanta sincerità e sembrava riporre in lei, quasi sconosciuta, tanta fiducia.
Conoscendo il carattere, disinvolto, ma anche molto permaloso di Ornella, si sarebbe messa in un bel pasticcio, riportandole le parole di lui così nude e crude. Chissà come le avrebbe prese?
Per quanto avesse già pensato da sola di farle capire che stava sbagliando, non se la sentiva di dichiararle che la richiesta le era stata espressa direttamente dall’interessato, le reazioni potevano essere imprevedibili. Per calmare il nervosismo del suo interlocutore, l’assennata ragazza pensò di offrirle un bibita e lo lasciò alcuni istanti, per andare a prendere una bottiglia di aranciata e del ghiaccio, disponendo su di un vassoio due bicchieri e due tovaglioli, chiedendo al l’ospite se avesse gradito anche dei biscotti.
Fu questa richiesta che mise di buonumore il giovanotto che rispose: “La bibita fresca l’accetto volentieri, ma i biscotti… “No… grazie, giacché la mia dieta non consente fuori pasti. Adesso poi che è quasi ora di cena!… Voi ragazze che mangiucchiate biscotti e dolciumi in qualunque momento, dovreste impararlo: fra un pasto e l’altro non si deve prendere nulla”.
Rasserenata dal l’atmosfera che si era distesa, ella, rise di cuore e sorbì la gradevole aranciata continuando a chiacchierare di cose varie per una buona mezz’ora.
Nell’accomiatarsi il giovanotto le prese ambedue le mani fra le sue per chiederle ancora di caldeggiare la sua richiesta terminando con queste parole: “ Sono stato veramente contento di parlare con una persona a modo come lei e che sa dare fiducia e poi, mi sembra, che la pensi come me. L’ho capito appena l’ho conosciuta! Non comprendo come lei, così seria e riservata, possa essere diventata la migliore amica di Ornella. Voglio sperare che lo divenga anche per me, ne sarei veramente onorato”
Un commiato così gentile fece rimescolare il sangue alla sentimentale ragazza che, fin dalla prima conoscenza, aveva notato i modi riguardosi coi quali lui svolgeva il suo lavoro poiché amava porre le distanze con la clientela, denotando che era educato e rispettoso del prossimo. Anzi, quella bella figura, era ritornata spesso nei suoi pensieri ed essendosi accorta della sua serietà, aveva tremato all’idea che Ornella l’avesse fatto innamorare per poi lasciarlo avvilito, come aveva fatto con altri ragazzi.
Meno male che stavolta si era scontrata con un cervello posato e ragionevole che avendola subito inquadrata come una ragazza viziata non si era lasciato invischiare dalle sue moine.
D’altra parte le dispiaceva che la sofferenza rimanesse all’amica e per tutta la notte rimase a pensare al modo di aiutare entrambi.
Tra l’altro pensava perché un tale uomo non si era innamorato di lei. Continuò a pensarvi a lungo e, dovette riconoscere che per quanto la riguardava, se questo fosse avvenuto, non avrebbe badato né alle origini, né alle condizioni giacché il suo avvenire se lo poteva gestire a suo modo, non avendo nessuno a cui sarebbe importato.
Si sentiva abbastanza ragionevole e, fin troppo pessimista nel giudicare gli uomini; sarebbe bastato scoprire un cuore veramente sincero, capace di offrirle quel rispetto e quella tenerezza che fanno la felicità di ogni donna, per smussare la sua corazzata incredulità.
L’indomani, ritornando alla spiaggia, si ritrovò nel solito gruppo allegro e vociante, ma lei, dopo un lungo bagno, preferì trascorrere il tempo sulla sdraio e, avendo scelto un testo di grafica, nessuno pensò a distoglierla da una lettura così impegnata.
Contrariamente al suo solito, la lettrice, stavolta si lasciò distrarre dalle vicende che la spiaggia offriva e che nulla avevano a che fare con la grafica e al riparo degli occhiali da sole, fingendo di leggere, seguiva la costruzione di castelli di sabbia di alcuni bambini che le stavano accanto e l’accanimento di una vecchia signora che non voleva saperne di uscire da una specie di tomba fatta di rena con la quale si era fatta ricoprire.
Ad un certo punto si accorse di essere fatta oggetto di osservazione dallo sguardo insistente dell’avvocato che le stava inviando persino un gesto amichevole di saluto; ne fu irritata e continuò a fingere di leggere. Il cavalier servente di Ginevra, nel momento che questa si era stesa sul lettino con gli occhi chiusi e coperti da un foulard, per una elioterapia quasi integrale, indulgeva a lanciare sguardi, non proprio innocenti, ad altre bellezze muliebri.
Le stava passando tutte in rassegna con uno sguardo avido, da vero satiro. Non era la prima volta che la ragazza si accorgeva di questo e
Conoscendo il carattere, disinvolto, ma anche molto permaloso di Ornella, si sarebbe messa in un bel pasticcio, riportandole le parole di lui così nude e crude. Chissà come le avrebbe prese?
Per quanto avesse già pensato da sola di farle capire che stava sbagliando, non se la sentiva di dichiararle che la richiesta le era stata espressa direttamente dall’interessato, le reazioni potevano essere imprevedibili. Per calmare il nervosismo del suo interlocutore, l’assennata ragazza pensò di offrirle un bibita e lo lasciò alcuni istanti, per andare a prendere una bottiglia di aranciata e del ghiaccio, disponendo su di un vassoio due bicchieri e due tovaglioli, chiedendo al l’ospite se avesse gradito anche dei biscotti.
Fu questa richiesta che mise di buonumore il giovanotto che rispose: “La bibita fresca l’accetto volentieri, ma i biscotti… “No… grazie, giacché la mia dieta non consente fuori pasti. Adesso poi che è quasi ora di cena!… Voi ragazze che mangiucchiate biscotti e dolciumi in qualunque momento, dovreste impararlo: fra un pasto e l’altro non si deve prendere nulla”.
Rasserenata dal l’atmosfera che si era distesa, ella, rise di cuore e sorbì la gradevole aranciata continuando a chiacchierare di cose varie per una buona mezz’ora.
Nell’accomiatarsi il giovanotto le prese ambedue le mani fra le sue per chiederle ancora di caldeggiare la sua richiesta terminando con queste parole: “ Sono stato veramente contento di parlare con una persona a modo come lei e che sa dare fiducia e poi, mi sembra, che la pensi come me. L’ho capito appena l’ho conosciuta! Non comprendo come lei, così seria e riservata, possa essere diventata la migliore amica di Ornella. Voglio sperare che lo divenga anche per me, ne sarei veramente onorato”
Un commiato così gentile fece rimescolare il sangue alla sentimentale ragazza che, fin dalla prima conoscenza, aveva notato i modi riguardosi coi quali lui svolgeva il suo lavoro poiché amava porre le distanze con la clientela, denotando che era educato e rispettoso del prossimo. Anzi, quella bella figura, era ritornata spesso nei suoi pensieri ed essendosi accorta della sua serietà, aveva tremato all’idea che Ornella l’avesse fatto innamorare per poi lasciarlo avvilito, come aveva fatto con altri ragazzi.
Meno male che stavolta si era scontrata con un cervello posato e ragionevole che avendola subito inquadrata come una ragazza viziata non si era lasciato invischiare dalle sue moine.
D’altra parte le dispiaceva che la sofferenza rimanesse all’amica e per tutta la notte rimase a pensare al modo di aiutare entrambi.
Tra l’altro pensava perché un tale uomo non si era innamorato di lei. Continuò a pensarvi a lungo e, dovette riconoscere che per quanto la riguardava, se questo fosse avvenuto, non avrebbe badato né alle origini, né alle condizioni giacché il suo avvenire se lo poteva gestire a suo modo, non avendo nessuno a cui sarebbe importato.
Si sentiva abbastanza ragionevole e, fin troppo pessimista nel giudicare gli uomini; sarebbe bastato scoprire un cuore veramente sincero, capace di offrirle quel rispetto e quella tenerezza che fanno la felicità di ogni donna, per smussare la sua corazzata incredulità.
L’indomani, ritornando alla spiaggia, si ritrovò nel solito gruppo allegro e vociante, ma lei, dopo un lungo bagno, preferì trascorrere il tempo sulla sdraio e, avendo scelto un testo di grafica, nessuno pensò a distoglierla da una lettura così impegnata.
Contrariamente al suo solito, la lettrice, stavolta si lasciò distrarre dalle vicende che la spiaggia offriva e che nulla avevano a che fare con la grafica e al riparo degli occhiali da sole, fingendo di leggere, seguiva la costruzione di castelli di sabbia di alcuni bambini che le stavano accanto e l’accanimento di una vecchia signora che non voleva saperne di uscire da una specie di tomba fatta di rena con la quale si era fatta ricoprire.
Ad un certo punto si accorse di essere fatta oggetto di osservazione dallo sguardo insistente dell’avvocato che le stava inviando persino un gesto amichevole di saluto; ne fu irritata e continuò a fingere di leggere. Il cavalier servente di Ginevra, nel momento che questa si era stesa sul lettino con gli occhi chiusi e coperti da un foulard, per una elioterapia quasi integrale, indulgeva a lanciare sguardi, non proprio innocenti, ad altre bellezze muliebri.
Le stava passando tutte in rassegna con uno sguardo avido, da vero satiro. Non era la prima volta che la ragazza si accorgeva di questo e fu presa da nausea e per nessuna cosa al mondo avrebbe concepito che Ginevra soffrisse a causa di quel “donnaiolo”.
Si persuase che anch’egli faceva parte degli uomini cacciatori di “farfalle” indifese e, seppure la stilista fosse adulta e intelligente, nulla l’avrebbe preservata dal divenire una preda di una persona senza scrupoli nel momento che se ne fosse innamorata.
Inconsciamente, Cecilia, sentiva di dover diffidare di quell’uomo che proprio per quei suoi modi troppo affettati non le pareva sincero.
Per questioni di lavoro, aveva avuto modo di frequentare alcuni avvocati e si era accorta di quanto, spesso, fossero diabolici nel modificare in modo convincente realtà e situazioni e nel trovare cavilli per girare a loro verso molte cause. Più erano subdoli e più rifulgeva la loro abilità.
Convinta di questo decise di stare in guardia.
La riconoscenza e l’affetto per le sue amiche stavano causando molte preoccupazioni alla sensibile ragazza che in questi frangenti si sentiva più adulta e ragionevole, come se fosse stata investita della responsabilità di correggere i loro eventuali errori esercitando una sorta di protezione.
Pur tuttavia, le parve un pensiero assurdo!
Aveva deciso di ripartire il giorno dopo in un orario impreciso e pensava di approfittare della serata festiva per visitare un piccolo Santuario di una vicina frazione visto che le sue amiche dovevano partecipare ad una festa su di un panfilo di amici.
Con la sua macchinetta raggiunse la meta in breve e fu lieta di giungervi in tempo per visitare l’antica chiesa nel cui interno rifulgeva l’immagine della Vergine contornata di ex voto a testimonianza del Suo divino aiuto.
Inginocchiata a pregare la Santa immagine, vi rimase a lungo assorta. Non era molto frequentatrice delle funzioni religiose, ma da sola pregava in continuazione, ripetendo quelle orazioni che le erano state insegnate dalla sua povera mamma e nel rivolgersi ai Santi cui era devota, era solita chiedere aiuto per chi aveva più bisogno. Era sicura che col suo retto tenore di vita, i suoi Santi già l’aiutavano e quindi cosa chiedere ancora? Uscì all’aperto nel momento che il sole come una palla di fuoco irreale stava per calare dietro l’orizzonte che appariva come un quadro spennellato dei più svariati colori.
Un tramonto simile in città, la ragazza non l’aveva mai visto.
Incantata da quel quadro naturale si sentiva sola nell’universo come se quello spettacolo affascinante fosse offerto soltanto a lei come un dono propizio.
La felicità di quel momento era impagabile e ne fu commossa fino alle lacrime.
Appoggiata alla balaustra del belvedere che delimitava la piazzetta del Santuario, si sentiva fuori del mondo in una dimensione insolita che non aveva mai provata.
Senza distaccare lo sguardo da tanta bellezza infilò la mano destra entro la borsa a tracolla per prendervi il fazzoletto che avrebbe asciugato quelle lacrime promosse dalla sua sensibilità.
Nel momento che portò il piccolo lino agli occhi, udì una voce conosciuta che la fece sobbalzare: Signorina, si sente male? Ha bisogno di aiuto? Perché sta piangendo?”
La ragazza ebbe un tuffo al cuore, mentre girava il capo per essere certa che non sognava.
No! Non sognava era proprio Giorgio che la guardava con profonda intensità. Non riusciva a rendersi conto di come e perché egli fosse li. Nel vederla così sorpresa il giovanotto rise mentre si avvicinava premuroso.
“Capisco la sua sorpresa, ma non tema, non creda che io l’abbia seguita, ma io abito in questo piccolo borgo e la mia casa non è molto lontana da questo poggiò che è l’angolo che amo di più e, spesso, mi piace parlare da solo alla mia Madonnina che conosce i miei pensieri e che mi ha sempre aiutato. Ma lei perché piange?”
Lo stupore interrogativo era scomparso dal viso della giovane.
Svelato il mistero e inquadrata la situazione, si trovò lei stessa imbarazzata nello spiegare il motivo delle sue lacrime, ma con la sua istintiva sincerità disse d’impeto: “Non si preoccupi è solo la commozione per tanta bellezza naturale. Sa, io non sono abituata in città a godere di simili tramonti!”
Rassicurati entrambi, presero a parlare di tante cose con molta naturalezza e semplicità e, affacciati al muretto del belvedere, i loro sguardi scrutavano nello strapiombo sottostante dove alberi secolari formavano un fitto tappeto verde e si perdevano lontano facendo spaziare anche i pensieri.
Il giovanotto le indicò le varie curiosità di quella parte boscosa che in autunno sarebbe stata piena di funghi e rallegrata da infiniti piccoli ciclamini profumati.
Ricordò ridendo, che da piccolo, aveva l’abitudine di vendere i piccoli mazzolini che raccoglieva e legava con un fuscello, ai turisti di passaggio.
La collinetta del Santuario divideva due zone : quella montana e quella marinara dove suo padre aveva sempre fatto il pescatore.
Parlava con tanta semplicità e naturalezza che, come la sera prima, a Cecilia sembrò di conoscerlo da sempre.
Veramente simpatico e socievole.
I due giovani non si erano accorti che il sopraggiungere della sera, su quell’altura, aveva cambiata l’atmosfera, recando una repentina frescura che diede, d’improvviso, un brivido alla ragazza.
Egli se ne avvide e fu istintivamente portato a proteggerle le spalle con un braccio, ma nel farlo arrossì e si ritrasse nel mentre consigliava Cecilia di sedersi in macchina per non raffreddarsi.
Non avevano calcolato il tempo e la notte stava per sopraggiungere e le prime stelle già punteggiavano il firmamento.
Avevano parlato come vecchi amici e dai loro discorsi erano traspariti sentimenti e ideali che li avevano resi consapevoli di molte affinità e la cosa sorprendente era stata che nessuno dei due aveva nominato Ornella.
Loro due soli di fronte alla natura in perfetta sincronia.
Ed era stato bello!
Non avevano fretta, non avevano impegni, ma bisognava prendere la strada del ritorno anche se quel piccolo paesino così irreale e suggestivo non distava che un quarto d’ora dalla cittadina balneare che la giovane doveva raggiungere.
“Ma lei tutti i giorni fa questo percorso per raggiungere la palestra?” La risposta fu immediata: “Certo! E devo dire che è una passeggiata che fa bene alla salute, spesso vado a piedi e se ho fretta, in bicicletta”.
Istintivamente, senza pensarci, fu lei a fare la proposta:”Non la farebbe in macchina stasera per farmi compagnia?”
Non dovette ripeterlo! D’un subito le fu accanto facendola ridere perché la sua alta statura mal si addiceva all’angusto spazio dell’utilitaria. Giunsero in pochi minuti e nello scendere, davanti a Villa Glicine, salutando la ragazza egli disse convinto: “La ringrazio del passaggio e voglio dirle che è stato il più bel pomeriggio della mia vita!”
Ed ora che farà tutta sola ? Perché non andiamo a mangiare una pizza qui vicino? Mi farebbe tanto piacere se accettasse”.
Non avevano fatto altro che scambiarsi qualche idea ed ora quell’invito non c’era nessun motivo per rifiutarlo.
Questo subitaneo pensiero fu seguito da un impulsivo: “Perché no? Volentieri!… Il tempo di prendere una sciarpa”.
Parcheggiata la utilitaria, Cecilia entrò rapidamente in casa, si rinfrescò, dandosi una ravviata ai capelli e presa un vaporoso e soffice velo azzurro, fu pronta a seguirlo nella vicina pizzeria ricoperta da un pergolato di vite.
L’insolito finale di quella giornata fantastica, li aveva messi di buonumore e quella, fu la pizza più gustosa che avessero mai mangiata. Circa un’ora dopo ritornarono al cancello della villa augurandosi la buona notte con una cordialissima stretta di mano.
Dopo aver lasciato il suo accompagnatore improvvisato Cecilia entrò nella casa ancora immersa nel silenzio.
Non erano neppure le 22,30, ma non ebbe voglia di accendere il televisore per distrarsi con programmi insulsi.
Rimase immersa nei propri pensieri e, cosa nuova per lei, si trovò a fare molte fantasticherie.
Dopo la doccia, con una semplice camiciola si distese nel suo letto, a finestra spalancata e, guardando le stelle che ora erano miriadi, ripassò mentalmente ogni attimo di quel pomeriggio che era stato dolce e triste nello stesso tempo.
Sentì che nel suo cuore serpeggiava un dolce sentimento, ma aveva paura anche di esprimerlo per paura che prendesse veramente corpo.
Non doveva pensare a colui che le era stato accanto in quello scorcio domenicale e dal quale si sentiva attratta.
Le erano piaciuti i suoi ragionamenti e l’attaccamento per il lavoro che svolgeva. Aveva saputo che si era iscritto al Concorso che lo avrebbe abilitato all’insegnamento dell’Educazione fisica.
Questo gli avrebbe consentito del tempo libero per occuparsi anche della Palestra nelle ore serali.
I suoi progetti erano semplici e chiari, ma avrebbero richiesto impegno e spirito di sacrificio.
Tutte cose lodevoli, ma messe a confronto con il modo di concepire l’esistenza di una ragazza come Ornella, era impensabile che fossero state di suo gradimento.
Una unione fra quei due sarebbe stata veramente male assortita e doveva convenire che quanto gli aveva confidato nella conversazione del gazebo, non faceva una grinza e c’era da credergli quando diceva che lui non l’aveva mai incoraggiata.
E se la fiammata in lei si sarebbe spenta come tante altre, dato che ancora non ne aveva fatta la conquista da trionfatrice, la questione non si sarebbe risolta con facilità.
Questi ed altri pensieri la tennero sveglia per ore, addormentandosi quasi all’alba.
Fu svegliata dai trilli ripetuti del telefono e siccome nessuno rispondeva, toccò a lei alzare la cornetta.
Restò molto sorpresa nel sentire dall’altra parte la voce di Ornella che lei credeva stesse dormendo nella sua stanza.
Seppe così che, trattenute sul panfilo dai proprietari che avevano piacere di averle a bordo ancora per qualche giorno, si scusavano per non poterla salutare.
A Cecilia fece proprio piacere di potersi congedare rapidamente per telefono con un affettuoso: “Arrivederci presto!”
In questo modo si era sottratta al racconto della sua domenica.
Si era imposta di lasciare ad Ornella campo libero con Giorgio e, questi, doveva agire da solo se voleva allontanarla.
Lei preferiva non entrarvi, anzi, decise che la cosa migliore sarebbe stata partire subito e scordarsi mare, spiaggia e pizza. Non voleva in nessun modo alimentare la simpatia che era sorta fra lei e il giovane e la piacevole serata che aveva risvegliato nel suo cuore un sentimento affettuoso, doveva restare soltanto un ricordo.
Un ricordo veramente dolcissimo.
Quell’anno l’estate sembrava non voler finire e le giornate afose si susseguirono per tutto settembre e anche Ginevra prolungò il suo soggiorno marino, sapendo di poter contare su Marcella, la sua assistente che dirigeva con scrupolosa perizia il laboratorio fin dall’inizio dell’impresa.
Era stata una bravissima sarta in proprio, Marcella, poi, sulla soglia dei cinquanta anni aveva trovato più soddisfacente mettere la sua esperienza a disposizione di una buona firma, piuttosto che spingere l’ago quotidianamente per delle clienti esigenti nel lavoro e restie nel pagare il conto, affiancando Ginevra, aveva assunto il ruolo di esperta che le piaceva e le aveva date molte soddisfazioni.
La ricerca sulle tendenze stagionali della moda e dei nuovi tessuti erano stati campi esclusivi di Ginevra e l’ultima sfilata era stata un vero trionfo agganciando anche compratori e sponsor americani.
Un mercato vastissimo che avrebbe portato buoni guadagni.
La signora aveva potuto trascorrere un periodo di tranquillità e spensieratezza grazie alla sua équipe ben affiatata e a lei affezionata.
Tolta dai gravosi impegni ella aveva prolungato la sua vacanza salutare e scevra di pensieri, si era lasciata prendere dalle spire della corte dell’avvocato che veniva, è vero da una nobile famiglia, ma che invece di dedicarsi alla professione che non aveva mai esercitato, si era sentito fin da giovane l’obbligo di partecipare alla vita mondana e ai tavoli verdi.
Presente ad ogni festa e attorno agli affollati tavoli dei Casinò, aveva sempre affidato alla fortuna del giuoco il cospicuo patrimonio di famiglia con gli alti e bassi che questo comportava; dai momenti di agio a quelli di disagio.
Di bell’aspetto e di modi distinti, egli aveva fatto palpitare più di un cuore, bene attento, a non far bruciare il proprio.
Non era dotato di molte virtù, ma quella proprio assente era la costanza. Attratto da tutti i fiori, aveva sempre avuto il timore di
essere irretito, ciò che amava sopra tutto era la libertà.
Con Ginevra formava una bellissima coppia ed era lusingato dalla scia di sguardi ammirati che suscitava ovunque la loro apparizione.
Su quella bellissima donna aveva fermato la sua attenzione, ma non per vero amore, ancora una volta era stata la sua vanità di libertino a sceglierla.
E neppure con lei intendeva legarsi definitivamente.
Quest’uomo amorale, sapeva ben nascondere la sua natura e Ginevra non aveva neanche supposte le sue macchinazioni.
Contenta di sentirsi adulata dopo i lunghi anni di solitudine affettiva non avendo altro pensiero che il lavoro, ora, prima che gli anni facessero sfiorire la sua bellezza, non si sentiva in colpa se si lasciava andare, assolutamente fiduciosa in questo amore che l’aveva conquistata con impreviste lusinghe
La figlia, fra qualche anno se ne sarebbe andata per la sua strada ed ella si sarebbe ritrovata sola e sfiorita.
Questi i ragionamenti che avevano aperto la strada a Viscardo.
L’aver fatto breccia in una fortezza, ritenuta da tutti, inespugnabile come quella della stilista, aveva ridato nuovo splendore alla fama del rubacuori ed egli cercava di ricavarne tutti i benefici possibili.
segue:
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