da
“L’albergo della Magnolia”
di Lia Levi, edizioni e/o
...
Il
padre di Sonia mi stava ora puntando addosso quello sguardo
imperativo che mi aveva colpito come prima cosa. Non posso dire
che mi osservasse con ostilità, ma nemmeno con amicizia.
Si rivolse a me con il tono neutro con cui si discute un affare.
Sembrava un giocatore di scacchi che mentre esegue una mossa ha già
in mente quella successiva. Ed era anche strano che s’impegnasse
così tanto a giocare con me. Lo sapeva benissimo che io il
matrimonio paolino lo avevo già bell’e accettato.
Divagò un po’, mi parlò della famiglia, poi del suo forte
impegno nelle associazioni cattoliche, e di come si fosse
rallegrato ora che era stata ufficialmente sancita la piena
compatibilità fra Azione Cattolica e Partito Nazionale Fascista.
"Noi tutti siamo ammirati per quanto il fascismo ha saputo
fare per il nostro paese, e questo chiarimento ha molto
tranquillizzato i cattolici. Del resto era naturale: Dio, Patria,
Famiglia. Abbiamo molti valori comuni".
Capii
che in quel “noi tutti ” aveva incluso anche me, ma non credo
chiedesse una conferma, insomma, volesse mettermi alla prova. Dava
certo per scontata la mia condivisione dell’entusiasmo per il
Regime, e il mio silenzio gli bastò.
Continuava
a parlarmi, mi spiegava minutamente il rito del matrimonio paolino,
rito che io ormai conoscevo, e alla fine non riuscivo a capire
cosa volesse ancora da me, perché tutto quel tirare in lungo…
"Senta"
mi disse con un improvviso affondo, "c’è una piccola cosa
che ancora le vorrei chiedere. Sa, io sono convinto che i bambini
debbano crescere con il minor numero di conflitti possibile, e
spero che sarà così anche per i figli suoi e di Sonia. Lei è
d’accordo, vero?".
Gli
dissi frastornato che, sì, certo, ero d’accordo.
"Bene"
aggiunse alzando lievemente la voce "io le chiedo di darmi la
sua parola di gentiluomo che non rivelerà mai ai vostri eventuali
figli la sua origine ebraica. E’ per i motivi che le ho detto,
per non creare confusione nella loro testa…".
E
mentre io lo fissavo muto, completò la frase, questa volta con
tono blando e veloce: "E’ ovvio che questo varrà anche per
i nostri amici e conoscenti. Non c’è bisogno che sappiano i
fatti nostri".
Poi,
senza darmi il tempo di rispondere, ricominciò a sommergermi in
un mare di parole… Carpi era sì il nome di una città, ma lui
non lo conosceva come cognome ebraico. Del resto non tutti i nomi
di città dovevano corrispondere a cognomi di ebrei, vero? Per
esempio il vicedirettore della sua banca si chiamava Palermo e
certo ebreo non era, e così tanti altri…
Parlava,
parlava, e io capivo che lo faceva solo per confondermi, per fare
annegare i miei pensieri, per mimetizzare il suo secondo e finale
affondo, che puntualmente arrivò.
"Allora
accetta?" mi chiese interrompendosi di colpo e puntando su di
me il suo sguardo inesorabile.
Dissi
sì.
Non
so perché lo feci, o forse lo so. Volevo Sonia a qualsiasi costo.
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