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Pagina dedicata alla scrittrice Lia Levi


Il 3 aprile 2001, nell’Aula Magna dell’UPE è stato organizzato il primo “Incontro con l’Autore” nell’ambito del Progetto Pilota : “NON SI SMETTE MAI DI LEGGERE” promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. La scrittrice Lia Levi, fondatrice e redattrice per trent’anni del mensile ebraico “Shalom” ha presentato in questo contesto il suo libro:
Tutti i giorni di tua vita. La prof. Giovanna Colitto Cesaretti che fa parte dell’Associazione Traspontina, ha letto con molto sentimento e sensibilità alcune pagine scelte del libro, dando risalto alla personalità dei personaggi che compongono la storia, ricreando perfettamente, per il pubblico presente in aula, l’atmosfera di quegli anni. Molti applausi e richieste di autografi sul libro dell'autrice.

Ci giunge oggi - 7 aprile 2001 - una mail dall'autrice Lia Levi che pubblichiamo integralmente assieme alla sua foto, in attesa di una sua nuova partecipazione a queste nostre pagine.

"Cari amici, il nostro incontro del 3 aprile è stato per me un'esperienza
molto bella. Ho trovato persone simpatiche e piene d'entusiasmo. Nella
vostra università, al contrario di quanto avviene nelle scuole "normali", la
gente che vi partecipa non lo fa per dovere ma perché è convinta e felice di
avere scelto questo tipo d'impegno. Spero di avere altre occasioni
d'incontro. Intanto un affettuoso saluto collettivo e i migliori auguri per
la vostra attività e, naturalmente, per Pasqua"  
Lia Levi    

ed ora un'altro incontro con la scrittrice e un altro libro 
che presentiamo qui sotto  

 




da
“L’albergo della Magnolia”
      di Lia Levi, edizioni e/o

...

Il padre di Sonia mi stava ora puntando addosso quello sguardo imperativo che mi aveva colpito come prima cosa. Non posso dire che mi osservasse con ostilità, ma nemmeno con amicizia.
Si rivolse a me con il tono neutro con cui si discute un affare. Sembrava un giocatore di scacchi che mentre esegue una mossa ha già in mente quella successiva. Ed era anche strano che s’impegnasse così tanto a giocare con me. Lo sapeva benissimo che io il matrimonio paolino lo avevo già bell’e accettato.

Divagò un po’, mi parlò della famiglia, poi del suo forte impegno nelle associazioni cattoliche, e di come si fosse rallegrato ora che era stata ufficialmente sancita la piena compatibilità fra Azione Cattolica e Partito Nazionale Fascista.

"Noi tutti siamo ammirati per quanto il fascismo ha saputo fare per il nostro paese, e questo chiarimento ha molto tranquillizzato i cattolici. Del resto era naturale: Dio, Patria, Famiglia. Abbiamo molti valori comuni".

Capii che in quel “noi tutti ” aveva incluso anche me, ma non credo chiedesse una conferma, insomma, volesse mettermi alla prova. Dava certo per scontata la mia condivisione dell’entusiasmo per il Regime, e il mio silenzio gli bastò.

Continuava a parlarmi, mi spiegava minutamente il rito del matrimonio paolino, rito che io ormai conoscevo, e alla fine non riuscivo a capire cosa volesse ancora da me, perché tutto quel tirare in lungo…

"Senta" mi disse con un improvviso affondo, "c’è una piccola cosa che ancora le vorrei chiedere. Sa, io sono convinto che i bambini debbano crescere con il minor numero di conflitti possibile, e spero che sarà così anche per i figli suoi e di Sonia. Lei è d’accordo, vero?".

Gli dissi frastornato che, sì, certo, ero d’accordo.

"Bene" aggiunse alzando lievemente la voce "io le chiedo di darmi la sua parola di gentiluomo che non rivelerà mai ai vostri eventuali figli la sua origine ebraica. E’ per i motivi che le ho detto, per non creare confusione nella loro testa…".

E mentre io lo fissavo muto, completò la frase, questa volta con tono blando e veloce: "E’ ovvio che questo varrà anche per i nostri amici e conoscenti. Non c’è bisogno che sappiano i fatti nostri".

Poi, senza darmi il tempo di rispondere, ricominciò a sommergermi in un mare di parole… Carpi era sì il nome di una città, ma lui non lo conosceva come cognome ebraico. Del resto non tutti i nomi di città dovevano corrispondere a cognomi di ebrei, vero? Per esempio il vicedirettore della sua banca si chiamava Palermo e certo ebreo non era, e così tanti altri…

Parlava, parlava, e io capivo che lo faceva solo per confondermi, per fare annegare i miei pensieri, per mimetizzare il suo secondo e finale affondo, che puntualmente arrivò.

"Allora accetta?" mi chiese interrompendosi di colpo e puntando su di me il suo sguardo inesorabile.

Dissi sì.

Non so perché lo feci, o forse lo so. Volevo Sonia a qualsiasi costo.