Congregazione della Madonna
della Misericordia di Savona in Roma
La
Congregazione della Madonna
della Misericordia di Savona in Roma è nata verso
il 1690 ed è
cessata, per mancanza di iscritte, nel 1707. E’ rinata il 10 agosto 1888
per onorare la Madonna della Misericordia
ed averla come aiuto
in punto di morte. E’ stata richiamata in vita, come derivazione della
Confraternita di San Giovanni Battista dei Genovesi in Roma, nel 1965 da
Franca Sauli di Stefano, divenuta priora.
Il giorno dell’Assunta 1966 la Congregazione è stata benedetta
dal Cardinale Giuseppe Pizzardo ed è tutt’ora efficiente. L'8 marzo
2002 sono stata eletta dalle
consorelle Priora, è un segno dei tempi.
La Madonna della Misericordia è apparsa, la prima volta, vicino a Savona
il 18 marzo 1536 ad un anziano contadino, Antonio Botta, mentre
andava, dicendo il rosario, verso la vigna di un suo parente. Quando
si fermò per rinfrescarsi le mani ed il viso nel Letimbro
vide un grande splendore e gli apparve una donna. Ella gli disse di
essere la Vergine Maria e lo
esortò ad andare dal suo confessore perché, in Chiesa, annunziasse al
popolo di digiunare per 3
sabati e di fare 3 processioni in onore di Gesù e di Sua Madre. Gli
chiese di confessarsi e comunicarsi ed il 4°sabato ritornare nel luogo
dove gli era apparsa. Il
popolo credette nelle parole riferite
dal Botto ed iniziò a fare penitenza.
Mai i savonesi erano stati così unanimi nel rinnovare la loro vita
morale e religiosa. Il quarto sabato, 8 Aprile, vigilia della Domenica
delle Palme, egli ritornò nel luogo dove aveva visto la Vergine recitando
il rosario ed avvenne la seconda apparizione. La rivide ancora più
splendente, con una corona d’oro, su una roccia vicino al torrente. Gli
richiese altre 3 processioni e che facessero "grande
disciplina" il venerdì Santo. Affermò, che se non ci fossero state
le confraternite di
coloro che si flagellavano, il mondo sarebbe stato rovinato. Dopo
avergli detto altre cose disparve dicendo per 3 volte "misericordia"
e ripeteva "Misericordia e non giustizia".
Antonio Botto riferì i
voleri della Madonna e le persone ubbidirono. Si susseguirono
le processioni che
percorrevano la valle del Letimbro verso il luogo dell’apparizione. I
membri delle confraternite,
scalzi, parteciparono in
massa flagellandosi e dalla folla si elevava il grido: Misericordia,
Misericordia,Misericordia. Molti
miracoli confermarono l’autenticità del prodigio.
La verità profonda del messaggio della Madonna ha reso costante nei
secoli il suo richiamo e accompagna la vita di chi si affida totalmente a
lei. Ella è stato oggetto della Misericordia di Dio diventando Lei stessa
Madre di Misericordia. Anche noi consorelle stiamo cercando di far
emergere nella nostra vita la tenerezza e la misericordia di Dio. La
preghiera fiduciosa, l’aiuto alle ragazzine ospiti delle suore, le
visite agli ammalati e agli
anziani sono i segni che l’abbondanza dell’amore misericordioso di Dio
in noi ha trovato dimora. La Misericordia è qualcosa che ognuna di noi, senza esserne obbligata, ma per
sola generosità, può fare per
un altro (Gn 40,14). E’ la bontà del cuore
da cui nasce l’amore. Gesù
vuole che la nostra misericordia verso
il prossimo sia la stessa di quella che ci possiamo attendere da Dio (Mt
5,7). La profondità dell’amore è
spiegata da Gesù nella parabola in cui
c’è l’offerta di assistenza a chi ne ha bisogno (Lc 10,30-37).
Misericordia è perdonare ed aver pietà
dell'altro (Mt 18,33) come
Dio l’ha avuta per noi.
Come Priora rendo grazie a Dio per questo incarico e a Maria affido le mie
consorelle, affinché possano
sperimentare la tenerezza e godere
della sua materna Misericordia. Vivere e celebrare la Misericordia sta
nell’incontro con il Signore che passa attraverso Maria.
Maria
Caterina Chiavari Marini Clarelli
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EUGENIO MONTALE
Voglio
ricordare un grande poeta, EUGENIO MONTALE, nato a Genova il 12 ottobre
1896 e vissuto tra la sua città natale e Monterosso fino al 1926.
Nel 1967 è stato nominato senatore a vita, ha ricevuto il premio Nobel
per la letteratura nel 1975 ed ha avuto molte altre onorificenze. E’ morto a Milano il 12 settembre
1981; con lui la storia
letteraria ligure arriva al suo momento di maggior pienezza.
L'opera di Montale ha nella
letteratura del novecento un posto centrale, è stata tradotta in diverse
lingue, anche in cinese ed in romeno, ed ancora la stanno traducendo.
Leggendo le sue poesie ho capito che
era una persona che ha sofferto e lo sento molto vicino.
Fu un uomo angosciato e per
esternare il tormento
scrisse episodi della sua vita, mettendo così al servizio
dell’umanità il proprio talento.
Il grande dolore si manifesta nei versi
in cui si rivolge alla
moglie morta, Drusilla Tanzi, che chiama mosca e nell’ultima poesia della raccolta XENIA
fa una commossa rivendicazione della sofferenza.
I versi scritti da Eugenio Montale durante
la sua gioventù rievocano la
Liguria di Levante. In essi si è interrogato di fronte ai fenomeni della
natura ligure in cui sente un legame
biografico, che lo lega al paesaggio familiare delle Cinque Terre,
ai semplici sentimenti umani e agli oggetti.
Il suo mondo poetico, la sua
certezza esteriore è proprio il paesaggio
natio che egli
trasforma in emozioni. Viene da lui esaminato
con la stessa attenzione di
chi spia, nella speranza che esso possa tradire il suo segreto e lo riveli
attraverso un miracolo. Lo
osserva, si riconosce nella natura ed in essa legge la sua storia, insieme
al suo destino.
Nel
libro OSSI DI SEPPIA le poesie sono quadretti descrittivi di
colore, ma c'è sovente un arcano senso di tristezza e di pessimismo. La speranza però, sopravvive e si fa più evidente nei versi
dedicati al mare, visto come
termine positivo.
Il paesaggio esteriore diventa per il
poeta, innamorato delle Cinque Terre, lo
specchio di quello interiore.
Egli fa uso di termini dialettali e
le descrizioni paesaggistiche colgono
l'ambiente ligure
nella sua asprezza.
Dalla
raccolta MEDITERRANEO
scaturisce una forza di potenza naturale. IL paesaggio tormentato
dalle onde, i risucchi e le
risacche dell'acqua gli sono
familiari.
Scrivendo sul mare, egli intravede la propria storia personale, i
propri orgogli giovanili e sente una
corrispondenza simbolica con il Mediterraneo.
Il poeta è
nato sulle sue rive , si è bagnato nei suoi flutti ed ha negli
orecchi il suo rumore con cui s'intende, tanto da
diventare per lui
un canto continuo, ed infine ha la possibilità di mettere in moto
la sua ispirazione.
Il mare
è il poeta stesso, non come
personificazione, ma come corrispondenza simbolica con il Mediterraneo.
I versi
aspri e secchi, quando
descrive gli oggetti ed il mondo poetico esteriore,
parlano in OSSI DI
SEPPIA della Riviera di Levante.
Il titolo fu preso quasi come simbolo di uno
stato di malessere morale, diventando un nuovo genere letterario:
qualcosa di scarnito fino all’osso.
Il pietroso paesaggio delle Cinque Terre riflette il sentimento di Eugenio
Montale, quel "male di vivere", quella coscienza della sconfitta
dell'uomo irrimediabilmente prigioniero di un mondo di
cui gli sfuggono le premesse e le conseguenze.
La natura della Liguria non
è solo un serbatoio di similitudini,
di metafore, ma è anche un problema.
Breve, sassosa e tormentata riguardo la terra,
infinita e uniforme riguardo al mare.
C’è una perfetta concordanza tra quegli scogli, quelle ripe
spaccate e quel mare fermo e mutevole.
Molti di questi temi, dopo aver lasciato Genova, saranno presenti
nelle opere successive di Eugenio Montale.
Ho scelto alcune poesie tratte dalla
raccolta: OSSI DI SEPPIA che raffigurano
la Liguria di Levante tanto amata dal poeta. Scriverò solo
i titoli e farò una mia breve presentazione.
I
LIMONI
(Per
Eugenio Montale i limoni sono la ricchezza del paesaggio ligure; il loro
profumo avvolge i segreti della natura ed il sole
riesce a sciogliere in un canto la tristezza del cuore. Nel
silenzio in cui le cose sembrano tradire il loro segreto, egli cerca di
scoprire in uno sbaglio di Natura, nell'anello che non tiene, il senso
della Natura trascendente.)
CORNO
INGLESE
(Il
vento suona gli strumenti degli alberi ed il mare la tromba, il poeta
vorrebbe che il vento suonasse lo
strumento del suo cuore)
MERIGGIARE
PALLIDO E ASSORTO
(In
questa lirica, il paesaggio assolato e aspro della Riviera di Levante
diviene per Montale una allegoria della difficoltà
di vivere; anche il suono dei versi è scabro e sillabato)
PORTAMI
IL GIRASOLE
(Il
girasole è un fiore che riesce a vivere nei terreni arsi dalla salsedine
ed il poeta vuole piantarlo perchè ha bisogno della luce di cui questo
fiore è il simbolo)
LA’
FUORESCE IL TRITONE
(In questi versi parla di Portovenere, ed immagina che una
divinità antica esca dal mare presso la chiesa di san Pietro. Qui egli
sta vivendo la
gioventù, ma dovrà andar via
perchè deve costruirsi un futuro)
SUL
MURO GRAFITO
(Per il poeta il muro e le banchine sono come una barriera, una
stasi che frena il movimento nella vita ed il futuro gli appare stagnante.)
FINE
DELL’INFANZIA
(In questi versi descrive i ricordi di
quando era ragazzo a
Monterosso: la sua casa, il
cortile, la natura stretta tra i monti ed il mare, i suoi giochi
infantili. L'illusione della fanciullezza
è però finita ed aspettare il futuro lo spaventa come l'attesa del vento
dopo la bonaccia)
RIVIERE
(insieme a MERIGGIARE, Eugenio Montale racconta quanto
in precedenza era stato oggetto di rappresentazione distaccata o di
riflessione e sugela il libro, pur stando cronologicamente all'origine
di questa raccolta poetica)
Maria Caterina Chiavari Marini Clarelli
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