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SERVIRE LO STATO

 di Giuseppe Trabace

Sera di venerdì 4 marzo 2005, ore 20,30, è buio pesto, un’auto viaggia su quella strada che porta all’aeroporto di Bagdad. E’ una strada ad alto rischio vigilata con ferrea determinatezza dai soldati USA allertati dai tanti sanguinosi attentati dei terroristi irakeni che si verificano da  interminabili mesi. Su quell’auto viaggiano un carabiniere che fa da autista, una giornalista italiana Giuliana Sgrena, rapita da molti giorni da una delle tante bande di cosiddetti ribelli,  e l’alto funzionario del SISDI Nicola Calipari. Quest’ultimo pochi minuti prima, dopo defatiganti e complesse trattative, ha strappato la Sgrena dalle grinfie dei sequestratori e la sta conducendo verso la salvezza. Ad un tratto un bagliore e alcuni proiettili provenienti dalle truppe americane investono l’auto. Ecco Calipari fare scudo con il proprio corpo per impedire che la giornalista venga colpita. Quest’uomo coraggioso viene colpito a morte mentre gli altri due se la cavano con ferite non gravi.

Questa in estrema sintesi la cronaca di un avvenimento che in questi giorni sta sconvolgendo il nostro paese. Tante le implicazioni a livello dei rapporti internazionali in primo luogo per individuare le responsabilità di chi ha premuto il grilletto. Tutto giusto e sacrosanto ma a noi italiani si impone in questo momento storico una riflessione per un aspetto non secondario.
La nostra Italia, così allegramente protesa all’inseguimento del benessere consumista senza badare troppo ai mezzi, più o meno leciti, con cui raggiungerlo, spesso dimentica dei veri valori, rimane quasi sbigottita dinanzi ad un pubblico funzionario che compie il suo dovere fino in fondo, che rinuncia insomma alla vita per salvare un essere umano che neppure conosceva fino a pochi minuti prima. Ma cos’è successo? Si chiedono in tanti, forse Calipari è stato colto da quella” follia “ che talvolta spinge gli uomini a compiere atti di eroismo? Troppo facile e assolutorio. La verità potrebbe essere quella di contro che la pubblica opinione nostrana si è bellamente dimenticata cosa significhi espletare funzioni di pubblico interesse da parte di un servitore dello Stato. Tutta una letteratura, tutto un giornalismo da anni si affannano a descrivere con dovizia di particolari le crepe e i ricorrenti disservizi della macchina dello Stato e quindi le “colpe “ dei tanti- forse troppi!-funzionari che hanno il compito di rappresentarlo. Non si può certo negare che queste denunce abbiano di frequente un serio fondamento ma una domanda dobbiamo porci noi tutti. La civile convivenza, un minimum di sicurezza, il mantenimento complessivo di uno status sociale, organizzativo e amministrativo sono fattori che, nonostante tutto, esistono nel bel paese. Sarebbero essi  possibili se non vi fossero, a livelli di vertice e non, funzionari pubblici che non considerano lo Stato come un fastidioso e ingrato padrone, ma operano giornalmente con costanza , professionalità e spirito di vero sacrificio  in favore dell’intera collettività?  La risposta la lascio a chi legge. Il nostro avviso è che può sembrare strano ma di persone così ve ne sono, altrimenti la baracca non potrebbe assolutamente funzionare. Evitiamo di farci convincere dai venditori di fumo che purtroppo non sono rari sia nel mondo politico che in quello economico che in quello dell’informazione. La morte tragica di Calipari è un segnale, sia impegno comune il coglierlo.

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