ROMANZO
STORICO
in
tre parti
TERZA
PARTE
(3)
Quello
del ’972, fu un novembre doloroso per Roma perché in una delle sue zone
più popolose, avvenne un fatto tragico che coinvolse un grandissimo
numero di persone.
In un grandissimo palazzo, s’innescò un incendio, causato
forse da corto circuito, che fece scoppiare simultaneamente, una grossa
partita di petardi e fuochi artificiali che, nel negozio sottostante,
erano pronti per l’imminente vendita natalizia.
L’edificio saltò letteralmente in aria uccidendo
centosessanta persone che per lo più erano coricate, poiché accadde di
notte.
Il furibondo incendio, durato per ore, rese difficili i
salvataggi dei superstiti e dei numerosi feriti, per i quali tutta la città
si prodigò con una catena di solidarietà senza eguale.
Malgrado, l’ora tarda che causò maggiormente panico e
disagi, per i senzatetto ci furono aiuti immediati e toccanti, alberghi e
case private furono pronti ad ospitarli perché il palazzo, completamente
distrutto, aveva ingoiato beni e suppellettili.
I soccorsi unanimi e tempestivi, da parte di medici e forze
dell’ordine che non si concessero riposo, smistarono i sinistrati nei
luoghi adatti per essere curati, ristorati, rivestiti e confortati.
Fu una gara esemplare fra tutti e alla sottoscrizione che aprì,
sollecitamente, il Messagero, risposero in massa, raggiungendo in breve
cento milioni che aggiunti alle altre offerte dei giorni seguenti,
permisero di ristrutturare completamente lo stabile che dopo due anni fu
riconsegnato ai suoi abitanti.
Anche in questo frangente, Curzio e Caterina, furono in prima
linea, dimostrando la loro disponibilità a favore dei bisognosi come la
maggioranza della popolazione romana che appare caustica e sfottente, ma
che di fronte a necessità impellenti, sa dare senza economia con slancio
fraterno e grande solidarietà.
Molto spesso è la tempestività che risolve situazioni
drammatiche mentre il tergiversare compromette le buone intenzioni e,
seppure, la distruzione totale sembra paralizzare il meccanismo degli
aiuti, sono volontà decisa e cooperazione che riescono a salvare il
salvabile.
Questo accadde al Prenestino.
Il dottor Curzio che aveva presa la specializzazione in
pediatria, settore per il quale si sentiva inclinato maggiormente, stava
facendo una rapida carriera, contornato dalla stima e dall’apprezzamento
dei superiori e dei colleghi.
Aiuto del Primario nel reparto infantile di un nosocomio
cittadino, trascoreva in ospedale la maggior parte del giorno e, talvolta,
della notte, per curare meticolosamente i piccoli pazienti affidati alle
sue cure.
Il giovane professore non si dava requie perché considerava
sacro il giuramento d’Ippocarate, era veramente una missione, quella che
aveva scelta, sentendone tutta la responsabilità.
Assillato com’era sempre stato, dallo studio prima e dal
lavoro dopo, non aveva mai avuto il tempo di intraprendere qualche
relazione sentimentale tranne qualche innocente flirt durante gli anni
universitari, ma mai nulla di serio.
Di questo Bice si rammaricava non poco, ma le sue risposte
alle trepide indagini materne, erano sempre uguali: “ Sai che ti dico
mamma?… Se avrò la fortuna di trovare una brava ragazza che mi vorrà
bene, accontentandosi di vedermi poco e niente, me la sposerò
all’istante !…. Vorrà dire che sarai tu a farle compagnia, ti va? “
Ridevano insieme e l’argomento si esauriva sempre così.
Per ragioni consimili anche alla sorella non aveva mai pensato
ad altro che allo tudio che le aveva permesso di raggiungere la meta che
si era prefissa.
Aveva conseguito brillantemente la laurea in biologia
genetica.
Caterina era affascinata dalla ricerca pura con le nuove
tecniche che permettevano
scoperte
sorprendenti che fino a pochi anni addietro sembravano fantomatiche,
prefiggendosi l’arduo compito di dedicarsi proprio alle mutazioni dei
metabolismi umani.
L’equipe di cui faceva parte, aveva la guida di un alto
luminare, proposto per il Nobel che sceglieva gli assistenti fra quelli più
preparati e volenterosi, senza guardare molto agli orari stabiliti dai
sindacati.
Quando vi era necessità di controllare ceppi in coltura,
bisognava essere pronti a sacrificare le ore del riposo, solo così non
sarebbero sfuggite le varie stasi di evoluzione
Quel gruppo stava anche portando a termine le ricerche sui
fenomeni risultanti dagli
squilibri
dell’endorfine che sembrano le responsabili principali del comportamento
umano, appurando che oltre il cervello, centro di ogni terminazione
nervosa, per simpatia, e, per conseguenza, altri organi ne risulterebbero
coinvolti perciò, messa a punto questa fondamentale teoria, diverrà non
solo possibile, ma anche facile, intraprendere terapie mirate, atte a
riportare su giusti binari personalità deviate o anormali.
Scrutando le più nascoste cellule del corpo, col micoscropio
elettronico, si giunge a alla spiegazione di molti misteri e
l’entusiasta Cate, aveva la curiosità particolare di scoprire
scientificamente il conportamento asociale e antifemminista di certi
uomini e da che nasce l’apatia e l’assenza del senso di responsabilità;
questi ultimi quesiti in entrambi i sessi.
Non erano di poco conto le aspettative della neo biologa che
si sentiva come Madame Curie, quando nella fredda cantina studiava,
unitamente a suo marito, le reazioni chimiche che la condussero alla
scoperta del radio.
La differenza con quella scienziata stava, sostanzialmente,
nei diversi attrezzi di cui poter disporre e, negli ultimi tempi, ne erano
stati messi a punto alcuni che abolivano le dispersioni di tempo,
accelerando i risultati ed altri, automizzati, che permettono estrema
precisione e calcoli infinitesimali fino ad allora inconcepibili.
Alcune delle più recenti conquiste scientifiche stanno a
dimostrare l’esattezza di più moderne teorie che sbaragliano credi e
metodi, vecchi di secoli.
Cate, quando era presa dalle sue mansioni, si dimenticava di
tutto e sarebbe restata ininterrottamente a mescolare, distillare
calcolare, snza nutrimento e senza riposo.
Era vicina al pensiero degli ingegneri costruttori di quegli
apparecchi scintifici che permettevano tante cose e mentalmente
ringraziava anche suo cugino Cesare che aveva preso quella branchia
scientifica.
Nelle nuove leve della loro famiglia, si delineavano
finalmente, altri atteggiamenti e disponibilità sociali e, senza dubbio,
anche il rispetto della dignità umana e lo spirito di sacrificio, doti
nuove immessevi dai tanti martiri vittime dei tiranni.
Se gli orari dei loro turni coincidevano, Curzio, passava al
Reparto biologico, a prelevare sua sorella così tornavano a casa insieme.
Un certo giorno la trovò impegnata in un certo programma che
l’avrebbe tenuta in laboratorio ancora per un paio di ore e suo fratello
non riuscì a dissimulare il suo disappun to: “ Mi mandi a casa solo?…
Proprio oggi che è il compleanno della mamma e io avevo pensato di farti
acquistare fiori e dolci prima di rientrare.”
Cate per rabbonire il suo malumore le rispose ridendo : “ Se
hai bisogno di una ragazza per andare dal fioraio ti posso fare
accompagnare da Lidia, la mia collega che sta uscendo…?…..Eccola che
arriva, te la presento.”
In quel mentre stava sopraggiungendo appunto una bella ragazza
che vedendosi al centro del loro dialogo, arrossì violentemente intanto
che la sua amica Cate le rivolgeva la domanda: “ Lidia ti dispiacerebbe
accompagnare mio fratello dal fioraio che io non posso muovermi ancora?
“
La giovane accolse di buon grado la richiesta di accompagnare
il bel dottore che si era limitata a guardare sempre da lontano non avendo
mai avuta l’opportunità di frequentarlo perché lavoravano in reparti
diversi.
Il dottore stesso non aveva mai notata l’amica di sua
sorella perché le giovani dell’ospedale tutte con la stessa divisa
bianca sembravano tutte uguali e lui non aveva nessun motivo per
distinguerle.
Per questo fu veramente sorpreso nel constatare quanto fosse
carina, rallegrandosi anche della proposta di sua sorella, sarebbe stato
un diversivo piacevole uscire con lei.
Il negozio del fioraio non era molto lontano e i due giovani
vi si avviarono con apparente disinvoltura, ma erano entrambi emozionati.
Lidia, in misura maggiore dato che il professore aveva sempre
riscossa la sua simpatia nascosta, ma condivisa da tutte le dipendenti
dell’ospedale, perché oltre essere uno dei più bravi era anche un
bellissimo giovanotto.
Si sapeva anche che non aveva legami sentimentali con nessuna
di loro e quindi maggior ragione per essere emozionata nel camminargli a
fianco.
S’informò su quale fiori gradisse offrire alla madre, ma
lui disse che si era sempre affidato alla scelta di sua sorella e quindi,
stavolta, doveva essere tanto gentile di sostituirsi a lei e così fu
fatto.
Lidia optò per un piccolo cestino di fiori di campo, poco
ingombrante, da portare a mano e con piacevole sorpresa il giovanotto ci
vide aggiungere un mazzolino di violette che si permetteva offrire ella
stessa alla signora festeggiata.
Il gentile pensiero colpì il medico che non se lo aspettava e
dopo averla ringraziata, gli sembrò opportuno interessarsi un poco della
sua vita, nel breve percorso da fare per raggiungere la fermata
dell’autobus ove ciascuno avrebbe preso quello che doveva.
“ Signorina Lidia, quale lavoro svolge in ospedale perché
mi sembra di non averla mai vista e se è così amica di Cate ci dovrà
essere da parecchio.”
A quelle domande dirette, la ragazza arrossì ancora, mentre
rispondeva che l’amicizia con Cate risaliva ai tempi del tirocinio
generico perché poi ognuna aveva fatto la sua scelta specifica e lei
precisamente era da pochissimo tempo che si trovava nel Reparto prematuri
e forse per l’avvenire avrebbe avuto modo di vedersela fra i piedi
spesso.
“ Pensi, dottore, che ho scelto questo lavoro in contrasto
con mia madre che mi avrebbe visto meglio impiegata in qualche ufficio,
dove avrei avuto meno responsabilità…
Può anche darsi che avesse ragione, ma a me piacciono tanto i
bambini e allora in attesa di averne di miei sono felice di dedicarmi a
quelli nati prematuri.
Disse questo ridendo, la bella infermiera, mentre Curzio
cominciò a farci un pensierino, ammirando anche le sue belle gambe nel
mentre saliva sopra il suo autobus.
Giunto a casa, sua
madre, piacevolmente sorpresa, domando se avesse svaligiato un negozio di
fiori, ben sapendo che i suoi figli non avrebbero dimenticato il suo
compleanno.
Curzio, di buon umore la baciò e separando le violette dal
cestino, si affrettò a porgergliele con gli auguri di una bella ragazza
di nome Lidia.
Le orecchie di Bice furono subito solleticate da queste parole
e fu spinta a domandargli se fosse, per caso, la sua fidanzata.
“ Ma che ti salta in mente, è solo un’amica di Cate che
ho appena conosciuta
e
che mi ha aiutato a scegliere i fiori per te!”
La risposta diede da pensare a Bice che si riservava di
saperne di più da sua figlia.
L’era nuova non era soltanto apportatrice di progresso, ma
anche di decadenza e i suoi segni erano visibili in molti settori,
specialmente le emulazioni di costumi stranieri non avrebbero mancato di
apportarne ancora, infiltrandosi dapprima nelle classi più elevati e
propagandosi poi fra il popolo minuto.
Il modo di vivere, autonomo e riservato, stava diventando
promiscuo e spregiudicato e si disperdeva nei mille rigagnoli delle
attività clandestine che facevano il giuoco di nascosti interessi
politici per una sorta di follia collettiva che ottenebrava i cervelli già
ridondandi di musiche selvagge diffuse dagli scalmanati kippyes
La Villa Pamphili di Roma fu il teatro aperto per
rappresentazioni sfrenate, iniziando la serie dei vari Complessi musicali
che mandavano in visibilio la gioventù che prese a copiare i loro
abbigliamenti strani e fantasmagorici per fare colpo e apparire diversi,
I proseliti furono un numero stragrande che diedero il via
anche al misticismo fanatico che, al seguito di pseudo Santoni,
accalappiavano seguaci sprovveduti, ma non sempre ignoranti, pronti a
lasciare famiglia, Patria e cattolicesimo, per rincorrere una facile vita,
fatta di libero amore, anarchia e bisessualità.
Nuove dottrine invasero il mondo e fu più facile spostarsi
per partecipare di persona ai raduni chiassosi reclamizzati e idealizzati.
Sorsero i più discreti piano bar per collettivi ascolti
musicali, le assordanti discoteche con luci psichdeliche, non tutte,
irreprensibili nelle consumazioni e sempre affollate da da gente sfrenata.
Si sentiva parlare della fine del mondo visto che non
esistevano più freni inibitori.
Tornarono gli abbigliamenti a divisa militare con borchie,
cinturoni e scarponi che fece sparire la vera eleganza.
In quel periodo Charles stava vivendo drammaticamente la
separazione dei suoi genitori ed era l’unico dei figli che non sapeva
rassegnarsi alla decisione presa da sua madre consigliata anche da nonno
René giunto appositamente dalla Francia.
Il ragazzo amava in eguale misura madre e padre e pur
condividendo le motivazioni
che
avevano portato alla rottura del loro matrimonio, ma la sua mente caparbia
e possessiva le suggeriva che bisognava giungere a qualche compromesso pur
di non allontanarsi dai figli.
Più che altro, riguardo al padre, perché la madre non li
avrebbe mai privati della sua presenza e ce l’aveva un po’ col nonno
francese che con troppa velocità aveva preso l’iniziativa di sistemare
le cose con una rottura drastica e irreparabile,
Dopo lo choc del primo momento però Charles ebbe dei
ripensamenti vedendo che il padre, partito da Roma, si era assoggettato di
buon grado e assai facilmente al distacco dei figli, senza cercare di
stabilire date precise per vederli e stare insieme a loro.
Non si raccapezzava fra le numerose idee contrastanti che gli
frullavano in capo, specialmente ricordando i pesanti interventi e i
castighi subiti, non si raccapezzava,
quando
avvenivano era portato a pensare che fossero motivati dall’alto suo
senso paterno
che
esigeva la disciplina, certo eccessiva, ma plausibile se era dettata
dall’orgoglio di avere figli perfetti e perché voler conoscere
minuziosamente i loro atti e pensieri se non c’era l’amore e
l’interesse per il loro futuro?
A posteriori comprese che solo il piacere d’intimorirli con
l’ autorità che gli conferiva il ruolo di padre lo spingeva a tali
atti, sentiva il piacere di schiavizzarli.
Questa osservazione lo aveva ferito moltissimo e ricordava
tutte le volte che li andati al diavolo, dicendo che se ne voleva andare
in Canadà, per non vedere più nessuno.
Charles non lo aveva mai preso sul serio, ma adesso capiva
quanta verità ci fosse in quelle parole.
Il periodo dell’adolescenza è già pieno di contrasti e di
fermenti sconosciuti che l’aggiungervi ulteriori problemi può divenire
rischioso in soggetti vulnerabili che, facilmente cadrebbero nel
disattamento familiare, scolastico, sociale.
Normalmente tali conflitti si risolvono spontaneamente con la
maturazione, dissociando idealismo e materialismo, facendo chiarezza, ma
se le difese emotive sono labili i
problemi più semplici verranno ingigantiti da parere
insormontabili fiaccando la voglia di competere con le autorità
costituite.
Ancora peggio se le autorità più prossime, quali i genitori,
sono in conflitto permanente, crolleranno sicurezza e stabilità.
Charles era rimasto tremendamente ferito dal distacco e
dall’incomprensione paterna tanto da rifuggire la scuola e i compagni
abituali.
Non voleva vedere nessuno perché nessuno doveva capire che
aveva perduto l’amore di suo padre.
Gli era subentrato un mutismo penoso e solo la sua mente era
in subbuglio per il travaglio delle più disparate argomentazioni che lo
portavano anche a fantasticare sul modo più idoneo per farsi notare da
quel suo padre indifferente che aveva tanto desiderato che gli fosse
amico.
Si sentiva solo e sconsolato e la sensazione più brutta era
quella di sentirsi orfano di un padre che non aveva avuto mai.
Poteva contare sull’amore di sua madre, ma non era appagato
completamente perché gl’impegni da cui era oberata, non gli concedevano
di dedicarsi troppo ai ragazzi, doveva necessariamente moltiplicare i
proventi del suo lavoro di pittura perché le esigenze erano molte ed ella
non voleva ricorrere all’aiuto fisso di suo padre che glielo aveva
offerto, l’unica cosa fattibile sarebbe stata quella di esaudire la sua
richiesta di occuparsi degli studi di Corinne se accettava di trasferirsi
a Parigi perché lui era solo e la casa era grande.
Se da un lato era contento che sua sorella seguisse il nonno,
dall’altro era rimasto male che l’offerta non fosse stata fatta a lui.
Era sempre stato permaloso e ogni contrarietà la vedeva come
fosse stata premeditata espressamente contro di lui, cosicché, dopo la
partenza del padre era facile che cadesse in crisi depressive che lo
facevano stare per ore ad occhi aperti davanti al televisore acceso senza
vedere nulla, completamente assorto nelle sue fantasticherie
Egli non aveva affatto compreso che sua madre, accettando di
far partire Corinne era stata spinta dalla difficile necessità
finanziaria del momento e per essere più vicina a lui che vedeva depresso
e smagrito, invece lui, neanche le si accostava perché vedendo
la
piega amara del suo volto, non era incoraggiato a chiederle conforto ed
ella, se tentava di indurlo a parlare, lo vedeva ritrarsi come un riccio,
sottraendosi al dialogo che lo avrebbe alleggerito dei suoi tormenti.
Chiudeva frettolosamente libri e quaderni e se ne andava a
bighellonare, solitario e col muso lungo.
Seguivano a questi collassi, giornate euforiche ed eccitate
durante le quali riprendeva a studiare con gran lena e riuscendo ad
ottenere votazioni ottime che lo rendevano lieto per un breve periodo,
seguito da …vacanze fuori programma, come premio dei risultati
scolastici, fino a ripiombare poi nella depressione quando si rendeva
conto di avere nuovamente perso quota, marinando le lezioni.
Era come un auto punirsi di continuo perché inconsciamente
riteneva che, essendo il primogenito, non aveva fatto nulla affinché suo
padre fosse invogliato a rimanere con loro, era allora che si riteneva
inutile e nel suo girovagare senza meta si accompagnava con amici
occasionali coi quali trascorreva un numero infinito di ore senza curarsi
di rientrare in orari decenti.
I rimproveri della madre lo resero ancora più scontroso e
alle sue esortazioni di dedicarsi di più all’ università in cui
frequentava il primo anno di architettura, si pose a studiare in modo
forsennato, facendo, nascostamente uso di stimolanti che sapeva avevano
ingagliarditi gli atleti delle ultime Olimpiadi, ma li assumeva a
casaccio, senza prescrizioni mediche, sottovalutando i danni che ne
sarebbero potuti derivare.
Difatti non gli furono utili riguardo agli esami poiché era
rimasto talmente indietro che un mese non fu sufficiente a farlo
recuperare e farglieli superare e l’abbattimento che ne seguì lo
indussero a seguire i consigli di sciagurati compagni che lo convinsero ad
assumere allucinogeni per non pensare a nulla.
Quando era …”in viaggio” sentiva la sicurezza di
riuscire a tutto e decideva di fare grandi imprese con le quali
rivalutarsi agli occhi della madre e dei professori e, soprattutto
sarebbe stato il pretesto per dimostrare al padre che lo aveva
abbandonato e che non dava né chiedeva notizie dei figli.
I ragionamenti della sua mente scombinata cominciavano a non
essere molto lucidi e per reazione al complesso di esclusione che si era
impossessato del suo Io, cominciò a partecipare a riunioni anarchiche di
contestatori che avrebbero voluto rivoltare il mondo.
Vi si inserì poco a poco fino a diventarne promotore,
cominciando a progettare varie rivolte, mettendosi in evidenza nei comizi
più tumultuosi, fino a capeggiare la rivolta studentesca di Valle Giulia
del caldissimo ‘ 68.
Charles fu visto aizzare e fomentare, gli occupanti di
Architettura nella verdeggiante cornice di Villa Borghese, lanciare
bottiglie Molotow contro la polizia accorsa per ristabilire l’ordine e,
ferito gravemente, con altri 45 compagni, finì all’ospedale.
La madre costernata, apprese le sue scervellate gesta da un
ufficiale di polizia che si era già documentato sullo stato confusionale
del giovane che poté testimoniare in questo senso per attenuargli il
giudizio negativo del Tribunale, convalidato dalla perizia medica
favorevole del Professor Curzio che riuscì a prosciogliere il cugino dopo
un periodo preventivo di detenzione che fu molto penosa per lui che
soffriva di claustrofobia.
L’ammonizione delle autorità, il turbamento doloroso di sua
madre, ma più di ogni altra cosa, lo sfregio permanente che gli
attraversava la guancia deturpandolo in modo vistoso, lo condussero a
capire che aveva sbagliato tutto e che non saranno mai le esaltazioni
strampalate e improvvisate a modificare le leggi …Ci vuole altro!
Paulette si attribuì la colpa delle stravaganze di suo
figlio, e nel guardare quotidianamente il suo bel volto sfigurato, sentiva
tanti rimorsi, inesistenti è vero, ma quanto sentiti da lei per avergli
forse sottratta la figura paterna chiedendo la separazione,
Intanto avrebbe interpellato un chirurgo plastico per
rimuovere quella ferita dal suo viso, ma tenne questo pensiero ancora
nascosto perché voleva essere sicura che l’operazione fosse fattibile e
per questo bisognava interpellare lo specialista delcampo.
Ritenne che fosse ancora prematuro parlarne.
Sperava fervidamente che dopo egli sarebbe stato spronato a
ricominciare una vita nuova con più coraggio e più fiducia, nel
frattempo stava sottoponendosi ad una energica cura disintossicante e alla
preparazione da privatista per ripetere gli esami.
Ma erano tutti progetti che necessitavano della sua diretta
volontà per essere portati a compimento e per quanto egli fosse sembrato
a tutti deciso a mettere la testa a posto, lo stress causategli dallo
sforzo di volontà lo riportò ad una acuta crisi d’ insicurezza per la
quale giunse ad avere paurosi vuoti di memoria che decretarono ancora una
volta l’insuccesso delle sue speranze.
Al momento della separazione, il commiato dei coniugi era
stato freddo e laconico e neppure il tentativo in exstremis del giudice
aveva appianato le loro divergenze, anzi il più frettoloso di andarsene
parve proprio l’uomo che dal quel momento si rese irreperibile, non
tenendo neppure fede all’obbligo sancito dal Tribunale d’inviare il
mantenimento mensile ai figli ; soltanto la sorella Bertilla ricevette il
suo indirizzo di Toronto.
Avvenuta la tragedia che traumatizzò non solo Paulette e
famiglia, ma tutti i Sarducci
Bruno
ne ricevette la notizia a mezzo telegramma.
Charles, sopraffatto dagli avvenimenti infausti che
l’avevano visto protagonista decise di rifiutare la vita gettandosi nel
Tevere, con l’ idea fissa di scuotere il cuore insensibile di quel padre
che non era stato mai capace di donargli una carezza,
Lo testimoniò apertamente con un messaggio postumo a lui
diretto: “ Papà tu mi hai lasciato, ma quando mi cercherai non mi
troverai più! “.
A trovarlo fu Bertilla che s’incaricò del riconoscimento
delle spoglie, restituite dal fiume e che in un secondo tempo riordinò le
sue carte, perché la cognata, distrutta da quel dolore atroce, caduta in
una acuta prostrazione si auto accusava incessantemente per il
gesto
insano di quel figlio troppo sensibile.
Bertilla, dovette fare opera di persuasione per farle capire
che il ragazzo aveva idealizzata la figura del padre che avrebbe voluto
perfetto, era stato scoprirlo tanto diverso che lo aveva fatto tanto
soffrire, il suo ripudio verso i figli e particolarmente verso di lui, gli
aveva fatto odiare la vita.
E l’ultimo suo atto era la punizione definitiva verso se
stesso perché era giunto a condannarlo e suicidandosi avrebbe ottenuto il
suo perdono.
Quel padre giramondo, che per la terza volta era stato
raggiunto da un telegramma a lutto con la notizia della dipartita dei suoi
parenti più stretti: Il nonno, il padre, il figlio…ma i suoi interessi
prevalsero sul sentimento e sul dovere e se nel suo intimo risentì ciò
che aveva sperato il suo primogenito, nessuno lo seppe mai.
segue
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