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Roma - Rioni - Ponti |
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Monti I -
Trevi II
- Colonna III -
Campo Marzio IV -
Ponte V -
Parione VI -
Regola VII -
Sant'Eustachio VIII -
Pigna IX -
Campitelli X - Sant'Angelo XI
- Ripa XII - Trastevere XIII -
Borgo XIV -
Esquilino XV - Ludovisi XVI -
Sallustiano XVII -
Celio XIX
Testaccio XX -
San Saba XXI -
Castro Pretorio XVIII -
Prati XXII
PONTI |
mappa
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RIONI DEL CENTRO STORICO
seconda parte
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PONTE
V
Il nome del Rione
si riferisce a ponte S.Angelo quando quest’ultimo faceva parte di Campo
Marzio nella Regia 1X augustea e i Rioni erano 11.
Esso
si snoda seguendo il corso del Tevere protetto dalle Mura Aureliane
ove, oltre la Porta Cornelia, si aprivano altre posteruole.
La più importante era la Domitia in prossimità dell’approdo che
permetteva alle imbarcazioni di scaricare i materiali da costruzione per
gli edifici del Campo Marzio, specialmente marmi e colonne.
Sul Lungotevere dei Tebaldi, dal ponte Agrippa a quello di Nerone, vi
era uno spazio sacro ove si teneva la rituale corsa del Trigarium
dell’Octobre equus che terminava portando rapidamente il cavallo di
destra della Triga vittoriosa al Campo Marzio per sacrificarlo a
Marte sgocciolandone il sangue della coda nel focolare dedicato al dio.
Altri culti arcaici si celebravano a Ponte fra cui quello di Dite e
Proserpina o alle Nixae fra un tripudio di folla delirante.
La zona era attraversata da un canale a cielo aperto che convogliava nel
Tevere le acque in eccesso, dal lontano stagno di Agrippa alle
Porticus maximae, che collegavano fra loro i molti Portici
dell’epoca.
Il Rione Ponte era avvantaggiato anche dal facile reperimento di acqua
di fiume da parte dei popolani che si erano riversati in questa parte di
Roma dopo essere fuggiti dalle colline saccheggiate dagli invasori goti
e bizantini.
Colonie di marchigiani e toscani vi presero stabile dimora dando vita a
varie attività; i fiorentini, specialmente impiantarono sul Tevere la
Mola e il ponte di ferro per poterlo attraversare e fu detto del
Soldino perché di tanto era il pedaggio per chi lo percorreva e dopo
un contratto di 99 anni, fu demolito il 15 luglio 1941 mentre la Chiesa
a via Monserrato ancora esiste.
Le processioni s’incontravano di frequente in gai e improvvisati
teatrini oppure tristemente funebri come quelle che si organizzavano per
ogni condannato a morte che si concludevano nella piazza S. Angelo dove
avveniva l’impiccagione davanti alla folla attirata dallo “spettacolo”.
I supplizi più atroci furono la strage dei Borgia e, per l’anima della
giovane Beatrice, ogni anno si ripetono Messe di suffragio.
Dopo che la sede Papale dal Laterano si trasferì in Vaticano, Ponte
acquistò sempre più importanza, le sue strade furono raddrizzate e
pavimentate nei papati di Sisto IV e Sisto V per agevolare il cammino
dei pellegrini che si recavano a San Pietro.
L’acqua
che, qui, più facilmente poteva essere presa direttamente dal Tevere
favorì anche l’insediamento degli artigiani e le targhe di alcune strade
stanno a ricordare i Coronari, i Pianellari, i Cestari, i Giubbonari, i
Falegnami, i Sellari ed altri ancora che costituirono delle vere
Accademie che avevano l’obbligo di contribuire insieme agli ebrei del
Ghetto allo sfarzoso allestimento del Carnevale romano che si
svolse dal XII al XVI secolo.
Non solo le interminabili parate di equipaggi e stendardi multicolori
delle loro Confraternite, riscuotevano l’ entusiasmo dei romani, ma pure
i giuochi ludici dei migliori atleti che erano Miti al pari dei
calciatori odierni.
L’epilogo, purtroppo, era quasi sempre cruento perché nella gara del
maiale, che veniva rincorso dalle carrozze in una discesa
spericolata al traguardo del Monte Testaccio, molti partecipanti
perdevano la vita come la povera bestia che era il trofeo per il
vincitore.
Nella zona vi sono ancora i discendenti degli estrosi e capaci artigiani
detti Artisti che dal ferro, dal legno,dalla terracotta e dai
pellami sapevano trarre i capolavori che sono nelle numerosissime chiese
dedicate a Santi e Madonne.
Impossibile nominarle tutte perché, ognuna, rappresenta uno specifico
scorcio storico e di costume, ma qualcuna va ricordata per dovere di
cronaca: San Luca,
Sant’Apollinare,
La Madonna dell’Anima, La Madonna della Pace
e altre decine.
La medesima considerazione vale per le dimore delle illustri Casate che
sono un numero infinito e che si ergono lungo le antiche strade e nei
vicoli: Corso V. Emanuele II, Corso Rinascimento, Banchi Vecchi, Banchi
Nuovi, Piazza Farnese, piazza Sforza Cesarini, piazza Cancelleria, via
Giulia (dove al numero civico 34 nacque Papa Pacelli l’11 marzo 1876)
sono solamente un accenno.
Fortunatamente ora è possibile accedervi in visite coordinate cosicché
affreschi, fontane, colonne, sculture, quadri, edicole e mascheroni,
custoditi gelosamente per anni, si concedono all’ammirazione di
estimatori e curiosi.
Anche Ponte è stato soggetto a cambiamenti e trasformazioni, pur
conservandone la storia non solo nei riti pagani, ma pure nella
religiosità fraterna e umana di San Filippo Neri, il caro Pippo Bono
della povera gente.
Cose e fatti che si ritrovano in racconti e leggende, allegre e
tragiche, mentre le tradizioni si conservano ancora, ad esempio la
vendita delle candele nella ricorrenza di Santa Lucia dinanzi alla
chiesa omonima.
I confini di Ponte sono: fiume Tevere, via del cancello, via
dell’Orso,Via dei Portoghesi, via dei Pianellari, piazza e via
S,Agostino, piazza delle Cinque Lune, piazza S.Apollinare, piazza e via
di Tor Sanguigna, largo Feb o, via S.Maria dell’Anima, via Tor Mellina,
via della Pace, piazza del Fico, via del Corallo, via del Governo
vecchio, piazza dell’Orologio, via dei Filippini, piazza Chiesa nuova,
vicolo Cellini, Via banchi vecchi, vicolo della Scimmia.
BIONNO TEVERE …NUN
ZEI PIU’ TU
Tevere mio che
scivoli pé Roma
e la taji pé mezzo tutta quanta
sopra quell’acqua torbida, no…dorata
quanta mai Storia ce trovi accumulata.
T’ha colorata la
tera pozzolana
che da le cave veniva scorticata
e poi serviva a fabbrica’ le case
cor quer colore rosso che ce piace.
Quanti ricordi,
leggènne e dicerie
hai fatte nasce sopra quele rive
e li romani che poi so' paciocconi
te vònno bene e te scriveno canzoni
che canteno
affacciati da le sponne.
Ma tu, pacioso, nun jé pòi arisponne
artrimenti diressi: "Gente bella
Io v'aringrazzio de 'sta sentinella,
ma sì m'amate
tanto, perché ancora
nun m'aridate prestiggio com'allora
quanno che d'ero assai conziderato,
ero pescato e puro navigato?
Sento discorzi,
proposte e inizziative
che, a la fine, nun so' mai costruttive
perché er tempo se seguita a ammucchia'
senza decide quer che s'ha dda fa'.
E io ce soffro...scusateme, ma è vero
vedenno che tutto s'ariduce a zero”.
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PARIONE
VI
Il nome deriva dal
latino paries, parete, muro, casa e si riferisce al Parietone,
nome dato alla grossa parete che divideva un ordine di gradini dello
stadio di Domiziano, per derivazione, quindi Parione che si lega
strettamente a Ponte, giacché molte sono le strade che da questo
proseguono nell’altro e che poi, si allacciano anche con i successivi
che mantengono il medesimo aspetto strutturale, viario e sociale. Tranne
le demolizioni che i Piani Regolatori hanno apportate cancellando
costruzioni malsane o fatiscenti, le modifiche e ristrutturazioni, hanno
cercato di seguire un concetto uniforme e si passa agevolmente dall’una
all’altra zona del centro storico, senza avvertirne i confini se non ci
fossero le targhe rionali a specificarlo.
Intorno all’85 d. C. Domiziano, vi fece costruire uno stadio immenso che
prese il suo nome. Era lungo 275 m. e largo 106, capace di contenere
30.000 spettatori e non essendo un Circo, non vi erano i carceres,
cancelli, per fare uscire i cavalli come nelle corse e neppure la così
detta spina che era il muro che proteggeva gli spettatori dalle
arene; in questo stadio vi era un’arena libera dove venivano svolti
soltanto i giochi atletici greci (Certamen Capitolinum) in onore
di Giove Capitolino.
I resti di un portico con colonne sono tuttora visibili nelle cantine
del palazzo INPS di piazza Tor Sanguigna ed altri cimeli è possibile
vederli in un altro scantinato nei pressi della chiesa Sant’Agnese di
piazza Navona.
Allo stesso imperatore devesi la costruzione dell’Odeon, fatto poi
restaurare da Traiano e situato,approssimativamente,fra la chiesa di San
Pantaleo e Corso Rinascimento.
In tale edificio si effettuavano gare poetiche e musicali e, in piazza
dei Massimi c’è una bella colonna in cipollino che vi faceva parte.
Nella stessa zona erano anche la Curia e il famoso Teatro di Pompeo.
Dopo che Sisto IV ( 1471-1484 ) fece abbattere porticati, logge e
balconi per rendere più agevole la difesa interna di ogni rione e Sisto
V fece raddrizzare e pavimentare le strade, anche il mercato urbano del
Campidoglio fu spostato in piazza Navona che era sorta sulle rovine
dello Stadio Domiziano.
Si approfittò della vastità del luogo per riversarvi molta attività
commerciale e anche il popolo vi trovò più spazio per i suoi
divertimenti.
Alessandro VI le diede maggiore importanza perché favorevole a far
divertire il popolo per estraniarlo dalle beghe politiche; favorì feste
e giuochi popolari e ogni anno il Carnevale si festeggiava proprio su
questa piazza e pure il mercato del mercoledì diventava la fiera
dell’allegria e vi si svolgeva quel gioco popolare che ha dato il nome
alla via e al vicolo della Cuccagna.
Ogni sabato e domenica pomeriggio del mese di agosto a partire dal 1652
la piazza veniva allagata otturando le chiaviche delle fontane e la
gente vi sguazzava rinfrescandosi mentre le carrozze scorazzavano a mo’
di gondole e i musici suonavano e cantavano per il divertimento degli
abitanti attorno che, da finestre e logge addobbate, assistevano
all’originale spettacolo dove, però, avvenivano anche gravi incidenti
per l’annegamento inevitabile di persone e di cavalli.
Nel 1869 l’usanza cessò e la piazza, solo dopo il 1970, ritrovò quella
vociante allegria solo nei periodi natalizi dove nelle bancarelle
appositamente allestite si vendono presepi, giocattoli e leccornie al
suono delle cornamuse.
Nei palazzi di Parione abitarono ambasciatori, cardinali e nobili nonché
meretrici e concubine.
Da ricordare l’Albergo della Vacca di proprietà di Vannozza
Catanei amica di Alessandro VI Borgia, il Papa che contribuì al
riassetto alle strade per rendere più agevole i percorsi dei romei
diretti a S. Pietro.
Fiorirono le botteghe di argentieri, librai, editori e qualsiasi
attività di compravendita e a Campo dei fiori si teneva un florido
mercato bisettimanale di cavalli che poi divenne una Porta Portese ante
litteram.
Le costruzioni, limitate dalle strettezze delle vie erano però ricche di
decori, stemmi, fregi e fontanelle, magari riparate da severi androni
che rappresentano
per i turisti odierni impagabili fonti di curiosità.
Dei miseri
alloggi coi fiori sui mignanelli restano gli acquerelli di
Roesler Franz che li ha immortalati e che illustrano altri tempi quando
la vita quotidiana si svolgeva maggiormente all’aperto perché le case
erano buie e poco confortevoli.
Fra chiese, palazzi, illustri e sampietrini delle strette strade,
al giorno d’oggi Parione offre nelle sue numerose botteghe articoli di
antiquariato e modernariato che vengono offerti ai clienti con aria
noncurante e sorniona, ma che poi restano convinti dalla competenza e
dalla dialettica bonaria e spiritosa del venditore.
La delimitazione di Parione: via dei Chiavari, Corso Rinascimento,
piazza Sant’Apollinare, piazza e via di Tor Sanguigna, via S. Maria
dell’Anima, via Tor Millina, via della Pace, piazza del Fico, via del
Corallo, via del Governo Vecchio, piazza dell’Orologio, via dei
Filippini, vicolo Cellini, via de? Banchi Vecchi,, via del Pellegrino,
via dei Cappellari, piazza Campo dé Fioti, via dei Giubbonari.
CAMPO DE’ FIORI
Campo de fiori
mia, core de Roma
tu sei la mejo piazza che ce sia.
forze nun sarai immenza né pulita
ma certo più dell'antre a me me piaci.
Tu m'aricordi i tempi de 'na vòrta
quanno che ce svejava la matina
la tromma der lattaro che passava
pé dacce assieme ar latte la "giuncata"
pé festeggià la
Pasqua ch'arivava.
Li mazzi de violette a primavera
ce portaveno un soffio de poesia
e 'sta piazza de fiori parpitava.
Adesso li profumi so' de meno...
ma quanno passo pé st'antico sito
io ciaritrovo l'animo romano
ch'è pieno d'artruismo e d'allegria.
Core de Roma sei
Campo de fiori
che ne conzervi tradizzione e vita.
E sei rimasta quasi sempre uguale
puro sì attorno a te tutto è cammiato!
Veri romani so' arimasti pochi
ma su 'sta piazza ce li trovi tutti!
Ce vengheno a godesse er "ponentino"
che puro lui è rimasto tale e quale.
De piazze a Roma ce ne stanno mille
ma tu la più romana sei de quelle.
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REGOLA
VII
Il Tevere sembra
aver determinato il nome Regola che deriva da renula la soffice
sabbia che il fiume, dopo le piene, depositava nelle vicinanze.
Addentrandoci nella storia del rione Regola evidenziamo quanto
strettamente sia connesso ai precedenti e al successivo per la
struttura, per il sistema viario e per la densità e la qualità di
popolazione che ha contenuto e che ancora vi è presente.
Alle origini tutto il territorio che costeggiava la parte sinistra del
fiume era il Campo Marzio e, in questo ambito, vi era la sezione ove si
allenavano gli aurighi che dovevano gareggiare nel Trigarium.
Regola, nella suddivisione augustea, fece parte della IX Regione col
nome di Circus Flaminius e, con la fondazione del Borgo
nel 1586, prese il curioso nome medioevale
di Arenule et
Chacabariorum dovuto alla chiesa omonima.
I
Bufalieri, gli Orsini, i Del Bufalo, i Mignanelli, i Farnese, gli
Specchi sono solo alcuni dei nomi più rilevanti che hanno dato lustro a
questa zona centralissima e che hanno scelta per edificarvi sfarzose
dimore con l’aggiunta di quelle di altrettante famiglie facoltose che
dal 400 vi si sono avvicendate provenienti dalla Toscana, dal napoletano
e dalle Marche.
Spagnoli e francesi fecero altrettanto e un po’ per il clima, un po’ per
motivi personali vi si sono istallati definitivamente e avvalendosi
dell’opera dei più valenti artisti hanno lasciate testimonianze
ineguagliabili nella costruzione dei loro palazzi e dei luoghi di culto
dedicati ai Santi patroni.
La
riorganizzazione del 1744 fece diventare Regola un intrico di situazioni
urbanistiche e sociali giacché nella ristretta area di 318.897 mq. si
annoveravano dimore principesche, chiese e collegi, ambasciate,
ospedali, banche, prigioni e umili case.
Nel 1870, a causa della costruzione dei muraglioni sul Tevere progettati
dall’ingegner Canevari, la trasformazione divenne sostanziale perché fu
inevitabile affossare una parte del rione facendo sparire il Gonfalone,
S. Eligio, Bravaria e il Mulino addossato al Ghetto.
In seguito nell’aprire la via Arenula e poi, per la costruzione del
Ministero di grazia e giustizia, si distrusse una parte di via delle
Zoccolette con la chiesa di S. Salvatore in Chacabaris
sopraccitata.
Entro la
Regola tumultuosa, così ricca di fatti e aneddoti culturali e storici
legati a personaggi famosi e originali, sembra esservi rimasta
l’impronta di ogni accadimento.
Tutto parla della storia passata: dalla casa del poeta Pietro Trapassi
detto Metastasio, a quella dell’ultimo tribuno di Roma, Cola di Rienzo,
dalla cupa storia di Beatrice Cenci, al ricordo della svedese Regina
Cristina che dal 1626 al 1689 abitò a Palazzo Corsini di via della
Lungara e che coi suoi scudieri attraversava il Tevere per recarsi alla
Regola.
Nella chiesa di Santa Brigida, officiata da suore svedesi, è visibile,
nella Cappella di sinistra, la Santa ( di nobili origini svedesi)
appaiata alla regina Caterina di Svezia in un’opera alquanto arbitraria
per l’accostamento fatto da Eugenio Cisterna.
Percorrendo
via Monserrato par di udire il salmodiare del corteo papale che la
percorreva per recarsi dal Laterano a San Pietro, quindi, una parte
della via papalis, si chiamò prima Arenula, anticipando l’arteria
moderna e, poi, Curia Savella. Furono le genti spagnole a chiamarla
Monte Segato in onore del santuario dedicato alla Madonna che si
trova su quel monte che in lingua iberica suona Mont Serrat.
In questa breve strada rutilante giungevano le grida dei condannati
delle vicine Carceri e i Cori dei preti delle molte chiese.
All’inizio, proprio all’incrocio con via del Pellegrino vi erano case di
mondane fra cui quella della bella Imperia, al secolo Lucrezia Cognati
Paris, la cui madre, cortigiana di ceto medio seppe ben istruirla nelle
arti seduttive che, ammaliato, il divino Agostino Chigi ne fece
la sua prediletta amante.
Ma la bellissima Imperia dopo aver avuto molti amanti di alto rango, il
13 agosto 1512, a soli trentuno anni, si avvelenò per l’amore non
corrisposto del nobile Angelo del Bufalo.
Non c’è dubbio che la sua effige si nasconda in qualche nudo di Venere o
di altra Dea eseguito da Raffaello che fu suo vicino di casa e molto
amico.
La delimitazione di Regola : via del Progresso, via S. Maria del Pianto,
piazza B. Cairoli, via dé Giubbonari, piazza Campo dè Fiori, via dé
Cappellari, via del Pellegrino, via dé Banchi Vecchi, via delle Carceri,
vicolo della Scimmia, riva sinistra del Tevere fino a via del Progresso.
CALORE ROMANO
Chi viè a Roma da
lontano
doppo un po’ che s'è scallato
puro si è un
americano
pòi pijallo pé romano.
Ma ch’ è er sole
che così
lo riscalla tanto qui ?
No! Er calore lui
lo sente
drent'ar core de la gente.
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S.EUSTACHIO
VIII
Il Rione
S.Eustachio è sorto sulle rovine più importanti di Roma e si presenta
con una lunga striscia di territorio che si snoda nella parte più
centrale; anticamente questa area era compresa nella IX regione augustea,
poi divenne l’VIII delle 13 urbane alle quali nel 1585 Sisto V aggiunse
Borgo che, a quel tempo, era la XIV.
Quanto vi era costruito antecedentemente è riemerso in parte dagli scavi
che sono di grande interesse storico come le Terme di Agrippa quelle di
Nerone e il Teatro di Pompeo.
Sui cimeli di epoca romana si sono aggiunte le costruzione barocche,
rinascimentali e liberty, che insieme formano le attrazioni della
Capitale.
Piazze artistiche, palazzi principeschi, fontane fantasiose e chiese
tappezzate di opere d’arte di ogni epoca; da non tralasciare anche i
vicoli caratteristici de Rioni del centro che hanno la loro ragion
d’essere… e che coi loro aneddoti completano la storia seriosa che si
apprende nella visita di musei e centri culturali e artistici.
La casa del Burcardo a via del Sudario, ad esempio, ospita la Biblioteca
e il Museo teatrale della S.I.A.E. con una storia che vale conoscere
perché era la casa, con Torre annessa, che nel 1503 si fece costruire il
cerimoniere di Papa Alessandro VI, Giovanni Burkardt, nato a Strasburgo
che in latino suona Argentoratum.
Per cui la zona si chiamò Torre Argentina e il nome fu dato anche al
Teatro di Roma che si trova nella piazza omonima e che fu edificato nel
1731 su progetto di Girolamo Theodoli ; rimodernato recentemente in
tutta la struttura, possiede ora un modernissimo impianto di acustica.
Un altro Teatro è il Rossini in piazza Santa Chiara che è l’unico in cui
si recita in romanesco e che fu tenuto a lungo da Checco e Anita
Durante.
Il Teatro Valle, nella omonima strada, era stato costruito in legno nel
1726 dall’architetto Tommaso Morelli su Ordine di un Capranica junior
per emulare suo padre che aveva fondato nel 1678 il Teatro Capranica.
Sul lato nord dell’area sacra, sotto il piano stradale, si possono
vedere i resti di un ambulacro coperto detto Hecatostylon, perché
formato da 100 colonne, chiamato dal Coarelli: Porticus Lentolorum
; nel medioevo i portici furono distrutti e i relativi avanzi sono lungo
le vie del Sudario, dell’Argentina e degli Staderari.
La zona un tempo mostrava numerose torri che s’innalzavano su case
importanti divise fra loro da orti e ballatoi e che stridevano accanto
alle misere abitazioni di povera gente.
Furono vari
Papi che, allargando e pavimentando le strade,diedero un migliore
assetto al territorio facilitando la costruzione di residenze
cardinalizie e nobiliari e chiese monumentali di vasta importanza.
Sant Eustachio, detta Platania per gli alberi attorno ove nel medioevo
si svolgeva la cerimonia del “Dottorato” che veniva conferito
agli studenti della Sapienza al termine degli studi accademici; Sant’Ivo,
avvocato dei poveri, alla Sapienza; S. Luigi dei francesi, nella vecchia
via Saponara (così chiamata perché vi si fabbricava il sapone).
Sant’Andrea della Valle dal nome del Cardinale della Valle, Santa Maria
in Aquiro ; quella di San’Agostino, accanto alla quale ora si trova la
Biblioteca Angelica che conserva vari manoscritti di Cola di Rienzo, del
Tasso e di Sisto V e che ospita pure l’Accademia Arcadia coi
ritratti di poeti appartenenti al sodalizio.
All’uscita sinistra della chiesa vi è una lapide che ricorda i Caduti
della guerra 1915-18 non solo di S.Eustachio, ma anche di Regola,
Parione, Campo Marzio.
Gli abati
di Farfa possedevano in questa parte di Roma case e giardini e anche
piccole chiese come S.Maria in Cellis, S. Benedetto in loco
qui dicitur Scorticlaro, S. Salvatore in Thermos e S. Biagio.
Nei
muri di molti fabbricati vi sono ancora affisse le lapidi con la
raccomandazione di non gettare rifiuti sulle strade e ciò non soltanto
in questo rione.
Scorticlariis ( da scortum)
era il luogo ove
risiedevano i lavoratori del cuoio e la zona andava da piazza in Agone
fino a via Pontificalis includendo piazza Madama ( ex
Lombardia ) Tor Sanguigna e piazza S.Apollinare.
Nel Rione è accorpato il Panteon che fu eretto, in onore agli Dei, dal
grande e generoso Vipsanio Agrippa, genero di Augusto Ottaviano nel
terzo suo consolato, 26 anni prima dell’era cristiana.
Da notare come nomi di animali si ritrovino nei toponimi stradali e
nelle fontane, specie in alcune di finissima fattura che sono nei
cortili interni dei palazzi: via della Palombella,via della Scrofa, via
e piazza Caprettari (a ricordare il mercato di detti animali che qui si
è svolto per un lungo periodo).
Lo stemma del Rione riporta un cervo che è quello della casata di
S.Eustachio.
Quando fu sistemato il palazzo del Senato,fu abbattuto un ampio edificio
in angolo con la Dogana Vecchia, nel quale per quasi cento anni aveva
dimorato la famiglia Lasagni, i cui membri più illustri furono
Bartolomeo, presidente di Corte di Cassazione sotto Napoleone I,
Gioachino, ministro delle finanze nel 1844 e Pietro che divenne
cardinale.
Scomparve pure la famosa farmacia Corsi fondata negli ultimi anni del
600, il cui titolare era lo speziale del Conclave e un altro congiunto
donò una somma ingente, per la Clinica termometrica inserita
nell’Ospedale S. Gallicano.
Ciò che ha avuto diversi collocamenti e più volte è stata decapitata è
la statua dell’abate Luigi che è una delle Statue parlanti di Roma dove
nottetempo venivano appesi spassosi componimenti satirici che
schernivano governo e leggi.
Dal 1936 al 1938 hanno comportato la scomparsa o il taglio di luoghi e
di palazzi importanti dei quali si ricordano gli splendidi salotti
intellettuali che radunavano i politici e gli artisti sulla cresta
dell’onda.
Vissero, operarono o, solamente passarono, in questi luoghi personaggi
famosi che hanno lasciato il loro segno nella storia italiana: da
S.Filippo Neri a Giuseppe Garibaldi e qualcuno dei Mille, da Margherita
d’Austria a Felice Cavallotti, da Adelaide Ristori a Aldo Palazzeschi,
il Marchese del Grillo con le sue burle e gli eruditi dell’Archiginnasio
che tenevano conferenze in Campo dei fiori.
Il Rione ha l’ariosità dignitosa che viene dagli sfondi prospettici di
chiese e di edifici storici fra negozi artigianali che permangono e che
si assommano a quelle dei Rioni limitrofi.
Memorabili le feste popolari come quella della Befana che, fino al 1872,
si svolgevano nella piazza S.Eustachio ; la festa del Pallio
era quella del 29 gennaio in occasione del dono di un Pallio
di velluto rosso per ricordare che nella stessa data, ma nel 1598, sotto
Clemente VIII, lo Stato della chiesa aveva recuperata Ferrara; la
festa del Patrono,il 20 settembre nel corso della quale il
popolo romano offriva solennemente alla Chiesa un calice a quattro
facce.
Alcune tradizioni sussistono altre non più, ma a testimoniare che in
questo Rione sono presenti opere immortali, basta ammirare i lavori dei
valenti artisti che hanno profuso il loro ingegno in tutto il Rione.
La delimitazione di Sant. Eustachio: largo Arenula, Via di Torre
Argentina, via e piazza della Rotonda, via del Pantheon, piazza e via
della Maddalena, piazza e via di C. Marzio, via della Stelletta, via dei
Portoghesi, via dei Pianellari, piazza e via di S.Agostino, corso
Rinascimento, via dei Chiavari, via dei Giubbonari, piazza Benedetto
Cairoli, via Arenula.
ER PANTEON
A Roma viè chiamato Panteonne
e ha sbalordito sempre ommini e donne
pé l'arditezza dell'architettura
che assicura puro la frescura.
L'adulatore Agrippa lo fece costruì
e contro artri pareri lo volle propio lì
così che messo ar centro c'era da sperà
che tutta quanta Roma lo annasse a visita'.
All'idoli d'allora co' fede dedicato
puro attraverzo i secoli da tutti viè ammirato
ma studiosi e inzigni artisti nun ze sanno spiegà
'ste costruzzioni ardite de tanto tempo fà.
Adesso la ner Tempio stanno ner sonn’eterno
li perzonaggi illustri assieme a Raffaello
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PIGNA
IX
La Pigna è il
singolare nome di questo Rione e proviene da un grosso reperto in bronzo
del gigante Nembrotte ritrovato negli scavi del Tempio d’Iside e
Serapide che sorgeva in questo territorio che non ha una grande
ampiezza, ma vi si ritrova una massiccia parte di storia che appare
quasi ammassata per la continuità di vestigia che lo ingombra.
Ora la pigna è situata nel nicchione del Belvedere nel cortile della
Città del Vaticano.
Dalla Rotonda alla Chiesa del Gesù, tra Santa Maria sopra Minerva a
Sant’Ignazio è un susseguirsi di costruzioni signorili che danno una
certa austerità a tutta la zona schiacciando le case più modeste.
Un tempo Pigna era la VII regione augustea e nel secolo XIII figurava al
nono posto col nome di Pinae et Sancti Marci e notevoli erano i
Saepta, il Santuario per il culto di Iside che occupava un
grande quadrilatero attorniato da Portici dove erano il Pantheon, le
Terme di Agrippa e la basilica di Nettuno il cui centro era nell’attuale
via dell’Arco della Ciambella.
A questo tempio si accedeva attraverso una gigantesca arcata e se ne
usciva attraverso un arco rinascimentale più piccolo: Arco di
Camigliano dove l’ attuale via Piè di marmo sbocca in piazza del
Collegio Romano.
Una curiosità da citare è che il piede di marmo che da nome alla via
proviene, da i Saepta come cinque degli obelischi che sono nelle
piazze romane e come molte statue e monumenti che abbelliscono le
fontane più importanti e altre inestimabili opere che sono nei Musei
Vaticani e al Louvre di Parigi.
A Pigna Giuseppe Gioacchino Belli abitò nell’ultima parte della vita,
rispettato e onorato come semplice cittadino, ma senza conoscere quella
gloria che gli arrise a posteriori per merito di Luigi Morandi che
pubblicando i 2279 Sonetti da lui lasciati, fece conoscere il suo
talento.
Un altro personaggio romano spassoso e megalomane fu invece Adriano
Bennicelli detto “er conte Tacchia” perché avrebbe dovuto fare il
falegname, ma preferiva agghindarsi come un damerino e girare in
carrozza pur essendo povero in canna cosicché è restato nella memoria di
coloro che raccolgono leggende e storie amene.
Fra le tradizioni scomparse ve n’è una che riguarda piazza della Minerva
che il 23 di marzo era sempre in festa perché Il Pontefice arrivava in
pompa magna con il suo corteo per recarsi prima alla chiesa Santa Chiara
e poi a quella di Santa Maria dove, dopo una Messa solenne, distribuiva
una dote di circa 35 scudi e 25 e baiocchi alle zitelle “vergini e di
buona fama” offerta dall’Arciconfraternita dell’Annunziata e le
ragazze che dovevano essere coperte da un velo e, per questo, venivano
dette ”Le ammantate“.
Sempre a piazza della Minerva sulla facciata della stessa Chiesa vi sono
anche le lapidi che riportano le date e i segni degli allagamenti
accaduti quando il Tevere non aveva i muraglioni.
Nella piazzetta di San Marco a piazza Venezia, si svolgeva, invece, “ il
Ballo dei guitti “ e vi partecipavano gli spiantati, i ridicoli,gli
storpi e i buffoni, dove dinanzi alla statua di Madama Lucrezia
inghirlandata di agli e cipolle, gareggiavano in danze oscene e lazzi
pungenti.
Una leggenda riguarda il fossato attorno al Panteon che si dice essersi
formato quando il negromante Pietro Baialardo vi fu sprofondato dal
demonio a cui aveva promessa l’anima senza mantenere il patto.
Al riparo delle sguaiate allegrie rionali, nei loro palazzi imponenti,
titolati e nobili hanno vissuto esistenze invidiate, senza mostrare le
loro debolezze, e senza intaccare il lustro dei loro blasoni e, i loro
nomi, vengono meglio visti se accostati soltanto a ciò che hanno
lasciato di storico e di artistico.
La delimitazione di Pigna : piazza Venezia, via del Corso, via del
Carovita, piazza S.Ignazio, via del Seminario, piazza e via della
Rotonda, piazza Santa Chiara, via e Largo di Torre Argentina, largo
Arenula, via Florida, via Botteghe Oscure, via e piazza S. Marco.
ER CONTE TACCHIA
Adriano Bennicelli
conte Tacchia
era pè li romani 'na gran pacchia
perché li divertiva co'prodezze
che 'gni tanto infiorava de sconcezze.
ciaveva un suo
parla' che sconturbava
cor quer fraseggio ardito che spassava
bastava poco perché lui s' enfuriasse
e la caramella dall'occhio jé cascasse.
Sapeva architetta’
la sceneggiata
e poi pe’ ore se la recitava.
Portava la bombetta e er bastoncino
perché voleva assomija’ a un paino
però ciaveva
l'anima da bullo
e risicava tutto p'un cavallo.
Co' la parija ar trotto e cor cocchiere
spasseggiava per Corzo a tutte l'ore
e si vedeva poi
‘n’ antro cavallo
er traffico bloccava senza fallo:
cominciava a parlaje a tu per tu
e, a quer punto, gnente esisteva più.
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