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Roma - Rioni - Ponti |
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Monti I -
Trevi II - Colonna III
- Campo Marzio IV -
Ponte V - Parione VI -
Regola VII -
Sant'Eustachio VIII - Pigna IX -
Campitelli X -
S.Angelo XI -
Ripa XII -
Trastevere XIII -
Borgo XIV -
Esquilino XV - Ludovisi XVI -
Sallustiano XVII
Castro Pretorio XVIII -
Celio XIX -
Testaccio XX -
San Saba XXI -
Prati XXII
PONTI
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mappa
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RIONI DEL CENTRO STORICO
terza parte
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CAMPITELLI X
Campitelli può
essere una corruzione di Capitolium oppure una derivazione dei
campi in cui sono stati ridotti i grandiosi Fori mentre il drago
che campeggia nello stemma proviene dal ricordo di quello che nel
medioevo infestava il Foro Romano e che fu vinto dall’intervento di papa
Silvestro.
Certo è che tanta parte delle storia romana si è svolta al Capitolino e
tante memorie vi sussistono a rafforzare la validità di molteplici
imprese epiche perché anche dopo l’Impero vi si sono susseguiti governi
e legislazioni che sono stati una base legislativa mondiale.
Non per
nulla Roma fu Caput Mundi.
E sul Campidoglio nel 1363 si sono promulgati gli Statuti della città
comprensivi dei Rioni con le rispettive bandiere e nel 1538 fu collocata
al centro della sua piazza la statua equestre di Marco Aurelio che è poi
divenuta il prototipo di tutte le altre statue equestri.
La carica di custode per questo monumento veniva data dal Papa a turno
fra aristocratici e nobili ed,molto ambita,perché comportava la
retribuzione consistente in dieci libbre di cera, tre di pepe, sei paia
di guanti, sacchetti di confetti e due fiaschi di vino.
La suggestiva scenografia di questa piazza ha sempre accentrato
cerimonie ufficiali di ogni tipo di governo,da quello del primo impero a
quello papale, dal monarchico fino all’attuale repubblicano, come
dimostrano i recenti Concerti offerti alla cittadinanza dal nostro
attuale Presidente. Solo visitando gli splendidi Musei Capitolini ci si
rende conto dei gloriosi avvenimenti che si sono susseguiti nei secoli.
Dall’alto Roma si lascia ammirare da nativi e da forestieri che, dopo
aver superata la scalinata fra Castore e Polluce sostano affascinati .
Altrettanto vale la visita ai Fori Imperiali che offrono un passato di
templi votivi, colonnati e archi imponenti che sembrano veramente
realizzati da dei e non da comuni mortali e si legano ai resti
archeologici sparsi per tutti gli altri Rioni.
Alcuni, infatti, si accorpano a più rioni come, ad esempio, la stessa
piazza Campitelli che appartiene per una parte al Sant’Angelo.
Il 28 ottobre 1932 si inaugurò quella sistemazione che, pur sacrificando
mille abitazioni di famiglie obbligate a traslocare verso i nuovi
quartieri lontani dal centro, consentì una più moderna viabilità alle
pendici di questo colle, di conseguenza palazzi insigni sparirono e
altri subirono tagli radicali e modifiche.
Il Palazzo dei marchesi Astalli si erge ancora tra Via Aracoeli, via
delle Botteghe Oscure,via di San Marco e vicolo Astalli, ma dei suoi tre
portoni, ha perduto quello originale del 500 con la vecchia facciata e
ha dovuto modificare ingressi e prospettive.
La famiglia si è estinta con l’ultima rappresentante, marchesa Olimpia
che fino all’ultimo ha conservata la sua Cappella gentilizia nella
vicina chiesa di S. Maria in Campitelli.
La piazza Aracoeli, nel medioevo era adibita a mercato e aveva due torri
dove si dirimevano le dispute che sorgevano nelle compravendite, ma
diventavano pure tribune di predicatori.
Vi sorsero la prima scuola di S. Ignazio da Loyola per l’insegnamento
della grammatica e della dottrina cristiana e quella della beata Rosa
Venerina per la fanciulle povere.
Anche la sistemazione del Teatro Marcello ha comportato altri sacrifici
e menomazioni, ma fortunatamente vi è restato il Monastero di santa
Francesca Romana,cara ai romani che la chiamavano familiarmente
Ceccolella. Per visitare le splendide immagini della virtuosa Santa
eseguite da anonime mani bisogna attendere la festa della Santa, il nove
di marzo.
Anche piazza Venezia ha cambiato radicalmente la struttura con la
costruzione dell’Altare della Patria che tante polemiche ha suscitato
col suo marmo niveo che molto stride col colore caratteristico di Roma.
Al Vittoriano perché dedicato a Vittorio Emanuele II , l’ironia
dei romani ha sempre affibbiato altri appellativi fra cui: Macchina
per scrivere.
Prima delle demolizioni nell’area dell’antico Foro Olitorio
esisteva la popolarissima piazza Montanara che prendeva il nome dal
palazzo della famiglia Montanari; in questa piazza convergevano i
burini che venivano dalle campagne a vendere e olio e ricotte e.per
coloro che intendevano restare a Roma, vi erano i sensali del lavoro
che provvedevano a sistemarli anche di alloggio. Anche per la
vicinanza dell’Ospedale S.Maria della Consolazione e del Campo Boario,
era frequentatissima e vi si parlavano tutti gl’idiomi ; vi sono stati
lungamente personaggi che hanno fatto epoca come il Barbiere della
meletta e lo Scrivano per tutti.
A questo ultimo il Belli gli ha dedicato uno dei suoi Sonetti.
Lasciando questa parte che confina con l’Aventino e attraversando il
Foro Romano ci si ritrova alla parte opposta del Rione dove c’è il
Palatino, la vera culla della città Eterna.
Difatti
dall’Arco di Costantino si sale sul Colle che fu “residenziale”
all’epoca romana dove c’è il luogo preciso della Capanna di Romolo
e il primo tracciato della futura Roma e i resti della
Casa di Livia,del Tempio delle Vestali, la platea al tempio
della Magna Mater con la vasca del rituale sacro alla Dea
Cibele, la Casa dei Cesari e la Domus Flavia e i resti dei
templi dei moltissimi Numi tutelari che immergono i visitatori in una
dimensione quasi irreale.
Da lassù è possibile vedere il campanile della chiesa S. Maria in
Cosmedin , molto importante perché , oltre il leggendario Faccione
della Bocca della Verità, è visitabile il tempio antico del
sottosuolo perché Roma, si può dire che sia fatta a strati, per le
molte ricostruzioni avute dopo saccheggi, incendi e devastazioni,
risorgendo sempre come l’Araba fenice.
La delimitazione di Campielli è questa: piazza Circo Massimo, via S.
Gregorio, via Fori Imperiali, piazza S. Marco, via S. Marco, via dell’Aracoeli,
via e piazza Margana, via sdi Delfini, via Cavalletti, via Tribuna di
Campitelli, via Montanara, via L. Petroselli, vico Jugario, piazza
Consolazione, via dei Fienili, via S.Teodoro, via dei Cerchi.
ER FORO DE GIUJO CESARE
Cesare era sicuro de provenì da Venere
E pè ‘sta genitrice volle 'sto Foro immenzo
un po' pé propiziasséla e daje quell'incenzo
così da vince a Farzalo prima de Gesù Cristo.
Er Tempio fu Trajano a rimettéllo in
sesto
'gni vòrta che quarcuno lo trasformava in cèsso
(e questo accadde spesso solo pé vandalismo)
riusanno er basamento ‘gni vòrta p'arifallo.
Prima d'entrà ner Foro la statua der
gran Cesare
pareva invità er popolo a entra’ p’annallo a vede.
Mò so' rimasti i ruderi de li reperti illustri
che fanno medità su quei passati lustri.
P’ ariscoprillo appieno s'ha dà rientra'
ner crima
ch'è intriso de potenza de gloria e nobbirtà.
Perciò chi va nei Fori che furono imperiali
guardanno da profano, senz'approfonnimento,
bisogna che ce metta un po’ de
sentimento
che Roma va studiata , amata e rispettata
e ogni pietr'antica andrebbe conzervata.
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S.ANGELO
XI
La Mole Adriana
domina il Tevere e questo Rione ha assunto il nome dal Santo Angelo che
la sovrasta e sembra proteggere tutto il territorio sottostante
e il ponte omonimo, attraversando il quale si raggiunge la piazza di San
Pietro.
Dopo il suo Mausoleo, l’imperatore Adriano fece costruire anche il ponte
Elio per poter raggiungere sia la Mole che i Giardini di Domizia che era
solito frequentare quando si trovava a Roma.
Il ponte ricalcante quello antico, fu risistemato parecchie volte e
sempre più abbellito con l’aggiunta dei monumenti che lo resero più
importante e rappresentativo della Fede cristiana.
Nel 1277 Clemente VII vi fece apporre le statue in marmo frigio. Le
prime due appresentano gli Apostoli Pietro e Paolo, all’imboccatura
verso la città, ( la prima scolpita da Lorenzetto l’altra da Paolo
Romano) e, lungo il ponte, quelle del Bernini recanti i simboli del
martirio di Cristo.
“N.P.P.V“ è
l’incisione che si vede sopra un pilone del ponte e testimonia che
l’epoca del primo grande restauro fu compiuto da Nicolò V nel 1450 e in
questo periodo si preferì chiamarlo San Pietro perché conduceva alla
Basilica.
Anche la Mole cambiò la sua struttura originaria e fu trasformata in
Castello, poi nel XI secolo vi si pose la torre e quando divenne
proprietà vaticana, vi furono aggiunti gli appartamenti papali e il
lungo corridoio coperto e fortificato, detto Passetto, per rendere più
agevole e sicuro il collegamento coi Palazzi Vaticani.
La statua bronzea sulla sommità vi fu issata, in segno di riconoscenza,
dopo una pestilenza perché la credenza popolare attribuì alla visione
dell’Arcangelo Michele che ringuainava la spada la cessazione
dell’epidemia che stava imperversando su Roma.
Nel regolamento regio augusteo questo rione era incluso nel Circo
Flaminio e comprendeva anche il Ghetto che era stato istituito nel 1555.
Sant’Angelo, nonostante le modifiche avvenute conserva l’impronta
propria dei rioni limitrofi e le chiese vi abbondano, seppure molte sono
state sacrificate unitamente a tanti palazzi, durante la bonifica
Umbertina.
Quelle rimaste sono vere opere d’arte e sono mete turistiche ambite non
meno dei resti dell’impero romano e dell’epoca medioevale che,
dall’ultimo Giubileo in poi, sono stati restaurati e resi più
accessibili alle visite.
Fra le chiese: l’Aracoeli, Santa Maria in Portico, Santa Rita da Cascia; fra i monumenti: il Teatro Marcello, costruito prima del
Colosseo, il Portico di Ottavia dove una lapide ricorda l’antico mercato
ittico che vi si è tenuto per un centinaio di anni, la Fontana delle
Tartarughe in piazza Mattei a cui è legata una suggestiva leggenda.
Altre curiosità sono le edicole per le elemosine a vari titoli che è
facile vedere affisse in molte facciate di fabbricati.
Una nota particolare merita la Sinagoga di Lungotevere Cenci inaugurata
nel luglio 1904 intesa a raggruppare “Le Cinque Scole” che non avevano
il significato di scuola come luogo di studio, ma come quello di
incontro fra persone provenienti da una stessa parte e osservante il
medesimo culto. Le principali erano appunto: la Scola Nova, del Tempio,
la Siciliana, la Catalana, la Castigliana.
La delimitazione di Sant’Angelo: via del Foro Oilitorio, via Teatro
Marcello, via Tribuna di Campitelli, via dei Cavalletti, via dei
Delfini, piazza e via Margana, Via Aracoeli, via Botteghe Oscure, via
Lorida, largo Arenula, vi Sant’Elena, via in Publicola, via S. Maria del
Pianto, via del progresso, riva sinistra del Tevere fino a Ponte
Fabricio.
PONTE SANT'ANGELO
Er ponte più
cristiano
è quello pieno d'angioli
che porta ar Vaticano
e piace a 'gni cristiano.
Era chiamato Elio
quanno a tre sol'arcate
serviva da passaggio
dar Tevere a la Mole.
Ce aggiunzero pé
guardia
san Pietro co' san Paolo
e in seguito dieci angioli
coi segni de Passione.
“gni statua tien’un
zimbolo
pé cui nostro Signore
fu condannato a morte
in nome dell'Amore.
Cartijo, lancia e
chiodi
colonna, veste e
dadi
flaggello e vorto santo
la spugna e poi...la croce
infine...la
corona.
'gni vorta che ce tranzito
so' presa da timore
e penzo: “mio
Signore
T’è varzo de mori'
sì er monno va così?“
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RIPA
XII
Ripa è rione
fluviale perché col fiume ha sempre avuto un legame fortissimo, lo
attesta anche lo stemma che rappresenta una ruota di timone da barcone.
Il primo insediamento avvenne nella Roma del Foro Jugario e,
memorie archeologiche che vi sussistono, dimostrano che dallo scalo
Tiberino partirono e giunsero per compiere le loro eroiche imprese miti
e santi e, per più prosaici rapporti, i commercianti di tutte le epoche.
Si deve ai Re etruschi la prima sistemazione della zona perché
organizzarono il primo porto sul Tevere e vi costruirono accanto i
templi della Fortuna, della Mater Matula e del dio
fluviale Portunus, per il quale si organizzavano grandi
festeggiamenti periodici.
Dai Porti Teverini al Velabro, dall’Aventino al
Circo Massimo, è un susseguirsi di partenze e arrivi ( di
extracomunitari si direbbe oggi ) che per i più svariati motivi erano
attirati da Roma e proprio il Fiume permetteva scambi di genti e di
commerci.
Nell’area arcaica di Sant’Omobono si sono ritrovate iscrizioni tracciate
col primo alfabeto di tipo euboico ed anche i resti di ceramica corinzio
ionica e oggetti fenici e egiziani perché nella zona si svolgevano i
commerci fenicio/punici.
Leggende e tradizioni sono nate in questo territorio comprendente il
monte Aventino e questa parte di Tevere.
La stessa Isola Tiberina è legata alla leggenda che
racconta come sia sorta dai covoni di grano e fieno posseduti dal
despota Tarquinio il Superbo, spodestato dal popolo stanco dei suoi
soprusi e che per sfregio, gettò i raccolti delle sue terre in quel
punto del Tevere che facendo massa hanno dato vita a un canneto stabile
e poderoso e che fu scelto per eclissarsi dal serpente di Epidauro
mentre veniva trasportato a Roma per via fluviale.
Altra
storia quella del brigante Caco che viveva in una caverna del
sovrastante monte Aventino depredando degli armenti i pastori romani.
Fanno parte di eventi grandiosi l’approdo di Enea sulla riva teverina,
la traversata a nuoto di Orazio Coclite, quella a dorso di cavallo di
Clelia per sfuggire a Porsenna; di battaglie e eroismi ne è piena la
storia in un susseguirsi di avvenimenti che sono alle origini di Roma.
Templi, archi, colonne sono legati a storie di eroi deificati dal
consenso popolare; l’infinito numero di chiese e conventi sopravvenute
col cristianesimo e, spesso ricostruite sugli antichi templi ivi
esistenti, raccontano riti pagani e processioni cattoliche.
Nell’antico spazio Ortaccio degli ebrei, così detto perché
cimitero ebraico di valle Murcia sull’Aventino, oggi sorge il magnifico
Roseto di Roma, voluto dalla contessa Mary Senni, a poca distanza dalle
chiese dei SS.Alessio e Bonifacio, di S. Sabina, di S. Prisca ( del III
sec), di S. Anselmo officiata dai benedettini.
Sulla piazza Cavalieri di Malta si erge il complesso di proprietà
dell’Ordine che oltre la chiesa di S. Maria detta Aventina,
comprende il Palazzo del Priorato con le insegne e la Croce di Malta che
svetta dall’alto.
La ristrutturazione della chiesa fu affidata nel 1765 al Piranesi che
edificò anche il palazzo e escogitando una veduta insolita e suggestiva
della Basilica di S. Pietro che appare guardando dal buco della
serratura del magnifico portale d’ingresso.
Scendendo
per il Clvus Publicius si raggiunge la chiesa di
Santa Maria in Cosmedin eretta nel luogo ove esisteva l’Ara Maxima di
Ercole e nel cui portale sta incassato il Mascherone di
pietra conosciuto come la Bocca della verità che da nome alla
piazza antistante e dove sono ancora il tempio a Ercole
Vincitore ritenuto erroneamente dedicato a Vesta e i resti della
chiesa di S. Maria Egiziaca ricavata dal tempio di Portunus.
Un’arcata del Ponte Rotto resta a ricordare le feste che si
celebravano sul fiume in onore del Dio e il ponte Palatino sorse in
seguito a sostituirlo e su quest’ultimo si sono disputate fitte
sassaiole fra i trasteverini e i marmorari del Testaccio.
Questa la limitazione di Ripa: piazza della Consolazione, via dei
Fienili, via S. Teodoro, via dei Cerchi, piazza porta Capena, viale
Aventino, piazza Albania, largo Manlio Gelsomini, via Mormorata, piazza
dell’Emporio, ponte Sublicio, isola Tiberina, ponte Fabricio, piazza
monte Savello, Vico Iugario.
L’ISOLA TIBBERINA
Un Santuario
nell'antica Grecia
l'aveveno creato p'Esculapio
e a simulacro de quer gran dottore
veniva venerato un serpentone.
Un giorno fu
richiesto a quella gente
d'imbarcà su 'na nave er Dio serpente
che commodo fu messo fra le ceste
mannato a Roma come “ferma peste”.
La bestia stette
bòna tutto er viaggio
ma poi arivanno sotto l'Aventino
guizzò ner fiume come un lattarino
e sverto s'inguattò in mezzo ar canneto
ch'aricopriva
l'Isola ar compreto.
Da quer momento nun fu più trovato
tanto che parve un zegno d'Esculapio
pé fa' capi ch'era predestinato
er primo ospedale
che poi ce fu creato.
Cosicché l'Isola fra l’antichità
tiè ancora l’ospedale der passato,
ma grazziaddio assai rimodernato.
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TRASTEVERE
XIII
Trastevere
anticamente conosciuto come Castra Lecticarum “portatori di
lettiga” per il fatto che la zona era dedicata al culto dei Siri che vi
abitavano ed erano soliti portare avanti e indietro dal Tevere carichi
di mercanzie che commerciavano via fluviale con l’Oriente ed era anche
frequentata da marinai e pescatori, per lo più immigrati che vi eressero
i Santuari per le loro religioni, al pari degli ebrei vi costruirono le
loro Sinagoghe allorché si riversarono in questa regione” cistiberina
Trans Tiberim “ cioè al di là del Tevere.
Nel periodo regio Trastevere fu la XIV regione e suddivisa in 78 vici.
All’epoca di Aureliano (270- 275 ) fu incluso nel Pomerio ed
estese i suoi confini dal Tevere al Tempio della fortuna dei
Giardini di Domizia in Prati ( prata) dov’erano le campagne
di Muzio Scevola e Lucio Quinzio Cincinnato, il Condottiero poeta
contadino.
I Romani vi s’insediarono più tardi solamente per meglio sorvegliare il
Tevere perché dal 754 –509 a.C. la zona era considerata terra di
Etruschi.
Allorché Anco Marzio volle il ponte Sublicio, dal nome latino
delle tavole di legno con cui fu costruito, fu più facile accedervi e,
nell’età imperiale, vi sorsero grandi ville come quella di Clodia amica
di Catullo e gli Horti Cesaris e, in viale Trastevere, la sede
della VII Coorte dei mille vigili del fuoco: l’exsubitorium o militi
sebaciarii per le torce di sego che usavano nei loro turni di
guardia notturni.
Trastevere assunse molta importanza sotto Bonifacio VIII che volle
fondarvi lo Studium urbi e, col crescere della popolazione vi
s’instaurarono commerci di varia natura.
Alcune strade, in maggioranza sterrate, furono prima imbrecciate e, nel
tardo 400, fu deciso di pavimentarle coi selci detti sanpietrini
come se ne vedono ancora in alcuni percorsi.
Fino alla fine del 700 il rione fu privo d’illuminazione e solo le
lanterne spandevano una fioca luce davanti alle bettole frequentate dai
popolani che erano facchini impegnati nel carico e scarico delle
barche nell’attivissimo Porto di Ripa Grande e lavoratori delle
manifatture adiacenti come quella dei Tabacchi di piazza Mastai, il
Lanificio Ajani e l’Arsenale di Porta Portese; molto attive le botteghe
che producevano cere, chiodi, botti e tutto ciò aveva attinenza col
commercio fluviale.
Si lavorava anche nell’Istituto San Michele che ospitava vecchi e orfani
e, questi ultimi, in scuole appositamente attrezzate, impararono
mestieri redditizi come cappellai, calzolai, tintori, ebanisti,
arazzieri, tipografi e anche scultori, pittori musicisti.
Le donne trasteverine, racchiudendo il tipo classico romano, fecero
innamorare poeti e scultori; la Casa della Fornarina ( Margherita Luzi)
sta ancora a ricordare che fu amata da Raffaello Sanzio, tuttavia la
vita della donna ebbe termine nel Monastero di Sant’Apollonia.
Il fiero e
orgoglioso carattere unito a forti muscoli qualificarono i trasteverini
che con la loro impetuosità furono sempre pronti a mettere a repentaglio
la vita in molte cause sociali, senza disdegnare le appassionate
serenate sotto le finestre delle donne amate da far dire a Massimo
Grillandi:” Trastevere è terra bagnata dal sangue generoso di eroi e
di santi dove resiste il dialetto del Belli, di Trilussa e di Pascarella
che non deve chiamarsi – romanesco- ma lingua romana”
questo il motivo che ha sempre fomentata la rivalità coi monticiani che
gli contestavano la priorità romana.
Molte vie sono intitolate agli Eroi garibaldini e anche il Ponte che
unisce Trastevere con l’Arenula porta il nome di Garibaldi e fu
costruito dall’architetto Angelo Vescovali nel biennio 1887/1888,
immettendosi nella piazza G. Belli ( ex Italia) realizzata nel 1890 e
che prese il nome del poeta quando nel 1913 vi fu posto il monumento
costruito da Michele Tripisciano.
Altri poeti sono ricordati nello stradario : piazza Trilussa, via Giulio
Cesare Santini, via Giggi Zanazzo e via Augusto Jandolo e sempre
numerosi poeti contemporanei portano avanti il gusto del sonetto e dei
stornelli a braccio che nel passato si estrinsecavano solo nelle “Macchiette”
degli avanspettacoli nei Teatri della zona, sempre affollatissimi e dove
si sono esibiti anche celebri attori perché l’amore per l’arte e per
l’esibizionismo hanno sempre avuta la meglio sulla brutalità. Non per
nulla sullo storico palazzo Anguillara, vi è una lapide che attesta come
l’immobile sia diventato la “ Casa di Dante” per dono del Comune di Roma
nel sesto centenario della morte del Poeta allo scopo di divulgarne le
opere e la vita.
Una curiosità sulla piazza S.Cosimato è che questo nome deriva dalla
fusione di Cosma e Damiano i due fratelli medici detti anargiri
perché curavano gratuitamente i malati poveri per cui sono i patroni dei
dottori. Nei terreni compresi fra il complesso di S.Cosimato e
S.Francesco a Ripa si estendeva al tempo di Augusto un bacino d’acqua
per gli spettacoli di naumachia che si svolgevano fra gladiatori in
barca che assumevano i nomi dei popoli divenuti sudditi di Roma.
Sulla piazza S. Egidio che prende il nome dalla chiesa che ospita la
Comunità di Sant’Egidio si trova la sede del Museo del folclore e
dei poeti romani.
Nel lussuoso Palazzo Corsini di via della Lungara visse lungamente
la coltissima e bizzarra Cristina di Svezia che dopo aver abdicato al
trono e aver percorsa tutta l’Europa, scelse Roma come residenza
definiva e, conoscendo otto lingue e amando arti e scienze, fece del suo
salotto la meta ambita di tutti gli artisti dell’epoca.
Morì il 19 aprile 1689 e fu sepolta in S.Pietro.
Pure alla Lungara fu popolare una donna proveniente dalla Sicilia al
termine della peste del 1656, detta la Stroliga de la Lungara.
Ciarliera, imbonitrice e
indovina, sapeva conquistarsi la fiducia delle donne e quante le
confidavano infelicità coniugali, venivano liberate dei mariti, ma fu
scoperta e condannata a morte, dopo avere appurato che con le sue
pozioni avvelenate aveva fatto fuori ben 600 uomini.
Una vera strage di mariti, la cui fine era stata attribuita
alla peste.
Molte le tradizioni e le feste derivanti da riti pagani, ma quelle che
permangono attualmente sono riservate ai Santi e alle Madonne titolari
delle molte chiese famose del rione, la più popolare è la Festa de
noantri in onore della Madonna del Carmelo che si celebra l’ultima
domenica di maggio e, fra addobbi multicolori e manifestazioni canore
coi finali di salmodianti processioni e fuochi d’artificio tiene il
popolo in allegria per una settimana.
La Festa de li bocaletti, il giorno del Corpus Domini ora non si
celebra più e consisteva in una processione sul Tevere di barche
addobbate stipate di gente che cantava accompagnata dal suono di
chitarre, mandolini e tamburelle mentre scolava numerosi bocaletti
di vino.
La chiesa di San Giovanni dé Genovesi, merita una citazione a
parte giacché fu fondata nel 400 con l’annesso ospedale di carità per
marinai genovesi che arrivavano a Roma malati; fu c ostruita con un
lascito del tesoriere del Fisco e della Camera Apostolica Melialuce
Cicala.
Nel cortile/giardino vi è un pozzo quattrocentesco contornato di piante
di specie varie e una palma che fu piantata nel 1588. Nell’ala
dell’ospedale con ingresso al civico 12 di via Anicia, vi è il Portale
quattrocentesco del Chiostro dei Melangoli, il più bello della Capitale
( opera di Baccio Pontelli) che prende il nome dagli alberi di questi
frutti che vi sono piantati.
Pure la chiesa di S.Maria della Luce nella via omonima ricorda una
leggenda che parla di un cieco che in quel punto riebbe la vista per
l’apparizione della Santa Vergine.
Storie e leggende si confondono in Trastevere che in ogni angolo riserva
sorprese essendo il più genuino e schietto rione di Roma il cui
territorio va da Ripa Grande, riva destra del Tevere, alla Porta
Settimiana fino a piazza della Rovere, Mura urbane, piazza di Porta
Portese e Ponte Sublicio.
SAN GIOVANNI DE’ GENOVESI
Era d'usanza e
com'è ancora a Roma
donà ospitalità ch'è sacra e bòna
e a Trastevere ce sta 'na chiesa apposta
indove er pellegrino po' fa' sosta.
Ner tempo antico
quanno un genovese
seguiva la passione lungo er mare
sapeva che arivato a Ripa Granne
trovava un letto magara de du' spanne.
L'ospizzio San
Giovanni l'aspettava
e lo stanco navigante lì approdava
e sia d'inverno che de primavera
pé lui era pronto er pasto e la preghiera.
Quanno ar momento
giusto ripartiva
ner core tanta pace se sentiva
poi a cor contento a casa riccontava
l'accojenza cordiale che trovava.
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BORGO
XIII
Borgo deriva dal
sassone burg (piccolo centro) come fu chiamato l’esiguo ammasso di
edifici che nei pressi di S.Pietro costituì la Schola dei
Sassoni dopo l’invasione germanica del 547 in una
pianura a destra del Tevere detta Ager Vaticanus comprendente la
collina omonima, il Gianicolo e Monte Mario.
Primi padroni del luogo erano stati gli Etruschi che sfruttarono la
diversa composizione territoriale per costruire i loro manufatti e per
le coltivazioni del tempo perché l’attività vulcanica e le continue
alluvioni avevano lasciate nelle alture zoccoli tufacei e nella pianura
sabbia e argilla, materiali usati da sempre dai maestri vasai per
fabbricare i loro vasellami, primi fra tutti i contenitori per il vino.
Contribuirono alle lavorazioni manuali e alle coltivazioni anche le
fonti sorgive spontanee che vi erano come l’Acqua di S. Damaso che
ancora sgorga nell’ omonimo cortile del Vaticano.
Da citare anche quelle estinte di Portacavalleggeri, di S. Maria delle
Grazie e di Porta Angelica;dalla polla del Gianicolo l’acqua Lancisiana
ancora fuoriesce nella Casa generalizia dei Gesuiti che si trova alle
pendici del colle.
In seguito i Borghi si moltiplicarono, ed ebbero una recinzione muraria
detta Città Leonina.
La
sistemazione delle strade quasi ortogonali avvenne nel medioevo
assumendo l’impronta barocco rinascimentale che conservò lungamente.
Secondo l’ordinamento cittadino di Augusto, il rione faceva parte della
XIV regione detta
Transtiberim
e, per
l’amenità del territorio, fu scelta dai nobili per edificarvi monumenti
e ville, tra queste anche quella imperiale di Nerone circondata da
boschetti e cascatelle tanto che il territorio era conosciuto come “
Giardini di Nerone” e comprendeva anche il Circo iniziato
dalla madre Agrippina che poi il figlio portò a compimento.
Nerone dopo il famoso incendio del 64 d.C. permise nella zona
l’immigrazione dei superstiti fuggiaschi dal centro dell’Urbs
andato in fumo cosicché, in breve il numero degli abitanti si moltiplicò
sempre più.
Quando poi
Costantino fece erigere la Basilica con la tomba del principe degli
Apostoli, attorno alla chiesa fiorirono monasteri e centri di culto e,
nell’800, Leone III vi fece apportare svariati restauri nell’intento di
proteggere la tomba di S. Pietro, ma invano, giacché nell’ 846, sotto
Sergio II, furono proprio i Saraceni giunti da Ostia a saccheggiare la
Basilica.
Dopo il Sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi di Carlo V che avvenne
il 6 maggio 1527, fu costruito il Passetto inteso a congiungere
la Basilica con Castel Sant’Angelo, si aprì la Porta Angelica, la
strada centrale del nuovo insediamento, si chiamò Borgo Pio; sorsero
costruzioni importanti come la chiesa della Traspontina, S. Anna dei
Palafrenieri, e furono abbellite le Logge vaticane.
Intanto il profilo sia amministrativo che urbanistico di Roma stava
cambiando radicalmente con la fine della sovranità pontificia.
Roma divenne Capitale d’Italia prendendo nuove iniziative che comportava
principalmente un diverso assetto di questo Rione i cui abitanti il 2
ottobre 1870 votarono unanimemente per l’annessione al Regno d’Italia e
per le “Leggi delle guarentigie”a Borgo avvenne anche la separazione
fisica col Vaticano e poco dopo fu edificato accanto il Quartiere
Prati di Castello.
Seguirono progetti infiniti per la soppressione della Spina di Borgo
che comportava la strettoia di vie parallele per raggiungere la
Basilica, specialmente con le automobili che cominciavano a transitare
in notevole numero.
Fra controversie e decisioni si addivenne alla demolizione quasi
completa di questa parte che vide la scomparsa definitiva del vecchio
assetto viario e dal 1936 al 1950, l’apertura di via della Conciliazione
portò ad una visuale della Basilica di San Pietro completamente diversa
disperdendo per sempre il primitivo assemblaggio di Borgo.
I radicali cambiamenti cancellarono palazzi e vie storiche e produssero
quelle novità che ancora comportano assestamenti e modifiche richieste
dal progresso che incombe.
Così i sottopassaggi, i parcheggi automobilistici, l’ammodernamento
dell’Ospedale Santo Spirito, l’agglomerato del Castello con fossato e
giardino seppure hanno dato più respiro a tutto il Rione permettendo un
migliore afflusso dei pellegrini nella piazza di San Pietro hanno
cancellato del tutto l’impronta antica.
La limitazione odierna di Borgo : piazza Adriana, riva destra del Tevere
fino a piazza della Rovere, via San’uffizio, largo degli Alicorni,
piazza Pio XII, largo del Colonnato, via della Città Leonina, via di
Porta Angelica, piazza del Risorgimento, via Stefano Porcari, via
Alberico II.
L’ARCISPEDALE
E' Santo Spirito
l'Arcispedale
creato ar centro de la capitale
a lungotevere sta situato
e ogni romano ce viè curato.
Se vede ancora
accanto a la porta
la rota de legno che c'era 'na vorta
indò li fijetti indesiderati
veniveno spesso lì abbandonati.
Ce penzavano
sempre li fraticelli
a falli cresce da... trovatelli.
Adesso pè questo c'è 'n antro sistema
che a certe donne
risorve er probblema:
in allegria e senz ' ambasce
ce penza la pillola... a nun falli nasce.
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ESQUILINO
XV
Questo Rione
all’origine comprendeva tre cime come si vede sullo Stemma : Fagutal ad
ovest, Cispius a nord e Oppius a sud; questa area nella metà del secolo
VI a.C con l’aggiunta della zona Palatina, della Collina e della
Suburana, divenne una delle quattro Regioni della Roma Serviana fino
all’età augustea in cui divenne la regio Esquilae con l’esclusione di
una parte del Fagutal e del Cispius.
La zona fu limitata a nord dalla via Collatina, ad ovest dalla via
Tuscolana, a est dalle mura Serviane, e a sud da quelle Aureliane
allorché vennero costruite nel 273 d.C.
Divenne un’ area molto abitata e comprendeva case modeste e, pure
lussuose nei punti più alti del Colle Oppius dove vivevano persone
illustri : Pompeo, Antonio Pollione, Mecenate e Livia il cui Portico
fu memorabile.
Fuori della cinta muraria vi era il (Campus Esquilinus) l’ampia
necropoli della classe aristocratica testimoniata dalle tombe di nobili
famiglie con corredi funerari di grandi valori artistici che rimase in
auge fino al II secolo a C.
Il Clivius Suburanus percorreva la Regio dalla Porta Esquilina alla
Porta Maggiore col nome di via Labicana; un’altro importante asse viario
era costituito dall’antica via Merulana che scendeva verso l’Ospedale
San Giovanni con un percorso diverso da quello odierno.
Molti erano i monumenti di carattere pubblico e religioso molti dei
quali si trovano ora nei musei , senza dimenticare la grande fontana di
piazza Vittorio appartenente ad un vasto complesso di età imperiale.
Di epoca costantiniana la costruzione della dimora del Vescovo di Roma,
il Laterano, su di un territorio donato dallo stesso Costantino che
segnò una radicale modifica della zona Esquilina con l’apporto di
testimonianze di Papi, amanti dell’arte che trasformarono templi e
manifatture pagane in venerate memorie cristiane.
Nel corso del IV secolo vi sorsero importanti chiese : dei SS. San Vito
e Modesto, S. Eusebio, Santa Bibiana ed altre oramai scomparse.
La posizione esposta dell’Esquilino che lo aveva reso più volte e
vulnerabile al saccheggio da parte delle popolazioni barbariche
consigliò i residenti a scendere più a valle verso il Campo Marzio e
solo i Papi restarono in Laterano fino all’esilio di Avignone e fu
allora il più grande momento di decadenza dell’Esquilino e, al rientro a
Roma, la Curia si trasferì nel Vaticano.
Il rione comprende il più vasto tratto delle Mura Aureliane , costruite
dall’imperatore Aureliano a protezione della città , spesso invasa e
messa a fuoco da invasioni saccheggiatrici che include anche parti dei
seguenti rioni: Trastevere, Testaccio, Gianicolo, nonché diversi edifici
quali il Castro Pretorio, l’Anfiteatro Castrense, la Piramide Cestia e
un lato del Cimitero Acattolico Caio Cestio.
Degna di nota la Colonna scanalata che si trova al centro di Piazza
Santa Maria Maggiore che proveniva dalla Basilica di Massenzio, ritenuta
nel medioevo, il Tempio della Pace.
La Colonna, alta m. 14, 30 , fu fatta trasferire ed erigere sulla
piazza tra il 1613 e il 1614 per volere di Paolo V Borghese dandone
incarico a Carlo Maderno che eseguì il lavoro in collaborazione con
l’architetto De Vecchi ; i due artisti posero alla estremità inferiore
gli stemmi araldici dei Borghese: l’aquila e il drago alato e, alla
base. festoni marmorei mentre la statua bronzea della Madonna col
Bambino situata sulla sommità è opera di Guglielmo Barthelot e del
maestro fonditore Ferreri.
Per ordine dello stesso Paolo V, il bronzo occorrente fu ricavato da
alcuni cannoni che erano a Castel Sant’Angelo e dalla recinzione in
bronzo che circondava la Pigna dinanzi alla Basilica a di San Pietro.
Altri draghi e aquile in travertino ornano anche la fontana con gli otto
zampilli dell’acqua Vergine posta dinanzi alla Basilica di Santa Maria
Maggiore.
L’Esquilino conserva molte vie alberate e nel medioevo vi si davano
convegno notturno maghi, streghe e fattucchiere per celebrarvi tenebrosi
riti ed è rimasto celebre il giardino di Piazza Vittorio detto
mercuriale appartenente alla Villa del marchese Massimiliano Palombara
dei Rosacroce che praticava la l’ermetismo e si dedicava allo studio
di formule pagane, nella ricerca di Dio nel chiuso del suo laboratorio a
cui si accedeva dalla Porta Magica sulla quale vi è inciso il Sigillo di
Salomone e la formula alchemica per fabbricare l’oro. Molte altre sono
le curiosità che in questo territorio sono rimaste e abbondanti sono i
ruderi che ancora troneggiano in alcuni punti.
Spiccano ancora le sontuose costruzioni di Villa Altieri sulla via
Manzoni , della Villa degli Astalli imparentati con i Panphili nei
pressi di Santa Croce in Gerusalemme e il Tempio di Minerva Medica
presso la Stazione Termini.
La delimitazione di questo Rione va dalla piazza di Porta San Giovanni,
viale Castrense, mura urbane fino a Porta San Lorenzo, v ia di Porta San
Lorenzo, via Marsala, piazza del Cinquecento, viale Giovanni Giolitti,
via Agostimo Depretis, piazza Santa Maria Maggiore, via Merulana, piazza
San Giovanni in Laterano.
LA BASILICA LATERANENZE
Ner
Patriarco abbitorno li Papi
da
Costantino fino a Avignone.
E su la piazza de tanto rione
ce fecero sorge un Basilicone.
O pé
di' mejo la Cattedrale
che
diede artro tono a la Capitale
è'
copia in brutto de palazzo Farnese
che vengheno a vede da ogni paese.
Er
Bervedere riscòte conzenzi
perch'é tutto bello da tutti li senzi
assieme
alla Loggia fa gòde lo sguardo
e tutti dicheno: E' straordinario!
Tutto
l'inzieme c' Obbelisco e Funtana
gode territorialità pia vaticana
e quanno che s'entra ner Battistero
se
sente un sòno che sa de mistero
così rimbombante e innaturale
che par'er tono de un temporale.
Sippuro
er tempo ha cammiato quarcosa
sempre 'sta musica rimane curiosa.
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LUDOVISI
XVI
Il Rione Ludovisi
può definirsi moderno perché creato in meno di un secolo tra l’800 e
il 900, antecedentemente questo territorio fuori della cinta muraria
non era abitato ed era usato come necropoli.
Dopo secoli di abbandono, per volontà di Sisto V (1585-1590) vi fu
riattivato l’acquedotto, incoraggiando così il formarsi di proprietà
terriere con successive abitazioni.
Nel 600 il cardinale Ludovico Ludovisi, colto e facoltoso, inseguendo
un suo progetto immobiliare, acquistò molte vigne adiacenti fino a
formare il grande territorio della sua Villa Ludovisi che, arricchita di
edifici artistici e statue famose e con viali fiancheggiati da cipressi
e alberi secolari, divenne una residenza di fama mondiale e che molti
autorevoli scrittori hanno citata come la più grande e bella di Roma.
Purtroppo i Ludovisi alla fine dell’800 cedettero questa grande
proprietà che comprendeva Casini, Galleria e Museo pieni di prestigiose
pitture e sculture create da insigni artisti, alla” Società generale
immobiliare di lavori di utilità pubblica ed agricola” e per la città
fu una grossa perdita culturale e d’immagine.
D’altra parte la speculazione edilizia che ne seguì, contribuì al
sorgere di un Rione d’élite, rispettandone il nome e con importanti e
moderne costruzioni per le persone abbienti con percorsi piacevoli ed
eleganti dove tutto fu creato con infinita cura e, ancora oggi,
abitazioni. chiese,alberghi, teatri, negozi e ritrovi, recano le firme
dei creatori che sono affermati professionisti passati alla storia.
Le vie intitolate alle regioni italiane, sono larghe e spaziose e
disposte a scacchiera con concetti più attuali e adatti alla
circolazione di veicoli motorizzati piuttosto che ai legni e ai carri di
antica memoria; gli stranieri vi continuano a bivaccare volentieri ad
ogni ora del giorno e della notte e si deve a Fellini che col film :”
La dolce vita”l’ha resa di dominio pubblico, Via Veneto è diventata
l’emblema dell’eleganza e delle pubbliche relazioni che si svolgevano ,
principalmente, fra i tavoli dei Caffè: Doney, Rosati, Strega e Zeppa
dove la vita scapestrata di intellettuali e cineasti portò a Roma un
nuovo ed spregiudicato modo di vivere , malgrado l’austerità del vicino
Palazzo Piombino, meglio conosciuto come Palazzo Margherita.
Degno di nota l’Albergo Excelsior, splendido ed elegante e preferito
dagli alti esponenti del mondo politico e artistico, ma che, v erso la
fine del secondo conflitto mondiale fu sede di grandi baldorie di
militari di varie razze, che fra musiche e orge facevano sprechi i ogni
bendidio mentre la popolazione mancava spesso di acqua, luce e viveri.
Edifici importanti colmi di storia e passati grandiosi, narrano
l’avvicendarsi di tempi gaudiosi ed anche peccaminosi e pure sulla
graziosa Fontana delle Api del Bernini, si raccontano le vicissitudini e
gli spostamenti fino alla definitiva sistemazione avvenuta nel 1920.
Scorci di vita antica si ritrovano nelle mura Aureliane che delineano la
lunga via Campania che dalla Porta Pinciana va fino a via Piave dove
aleggia il ricordo di alcuni riti magici che si svolgevano nella via
Lucania, quasi all’incrocio con la via Sicilia dove esisteva il Tempio
di Venere Erycina, che, nella notte del 23 aprile diventava luogo dei
festeggiamenti per la ricorrenza della ( Veneralia) in onore della dea
Venere e, il simulacro della dea, veniva ornato dalle meretrici da
serti di mirto, di menta e di rose per invocare una ulteriore bellezza
fisica che avrebbe attirati gli uomini, lo stesso motivo che oggi fa
ricorrere alla chirurgia plastica.
Le colonne e i capitelli del tempio di Venere vennero usati nella
costruzione di una Cappella di San Pietro in Montorio e nella zona del
Vecchio Tempio , nel 1904 sorse il Liceo Ginnasio Torquato Tasso su
Progetto di Mario Moretti. Di fronte al Tasso vi è la bellissima Chiesa
del Redentore che insieme alle altre Cappelle, Chiese, Alberghi e
Palazzi delle vie adiacenti formano, con l’alternanza degli stili,
l’attrattiva del Rione. Fino al 1948, vi era anche una palazzina
decorata con fiori e figure umane (Albergo Jaccarino) dove, durante
l’occupazione tedesca, venivano imprigionati e seviziati i partigiani le
cui grida di’ aiuto giungevano fin nelle abitazioni limitrofe.
L’albergo, dopo quel tragico periodo, divenne una Casa di piacere.
Risalendo da piazza Barberini a sinistra in via Liguria (ex Tinello
della Villa Ludovisi ) si vedono resti di un muro di quel tempo in
opus latericium con vari reperti archeologici.
La delimitazione del Rione comprende la Porta Pinciana, via di Porta
Pinciana, via Francesco Crispi, via degli Artisti, via di S. Isidoro,
via Vittorio Veneto, via di S. Basilio, via Lucullo, via Boncompagni,
via Calabria, piazza Fiume, Corso d’Italia.
VIA VENETO
Via Veneto è’na strada affascinante
che de sorprese ce n’ha date tante
ce visse la Reggina Margherita
che ce ospitò sordati in fin de vita
adesso quer Palazzo è un’Ambasciata
che dall’americani è frequentata
e puro l’aria adesso è più moderna
che nun è quella de la Roma Eterna.
Forze è pé corpa de quest’aria nòva
che tanto arrivismo spesso ce se trova
perché da ché Fellini l’ha lanciata
è diventata assai spregiudicata
e tanta gente che in arto vò arivà
pé forza quei Caffè ha da frequentà
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