TESTACCIO
XX
Il Rione ha
origini piuttosto recenti perché risalgono al 9 dicembre 1921 e
comprende la zona che si estende fra il Ponte Sublicio con l’antico
Emporio e le mura Aureliane che circondano l’Aventino e la via Marmorata
che arriva alla Piramide Cestia e alla Porta San Paolo costeggiando il
Cimitero Evangelico.
Ma tutto questo territorio ha una storia antica che risale al II secolo
a.C. allorché i Censori Lucio Emilio Lepido e Lucio Emilio Paolo
scelsero questi prati adibiti a pascolo, per costruirvi la zona portuale
, ritenendo insufficiente il Foro Boario ad accogliere l’incremento
economico di Roma in espansione.
Fu quindi costruito l’Emporio sul Tevere con una banchina pavimentata
lunga 500 metri dove le merci in arrivo per via fluviale venivano
scaricate, smistate e conservate.
Le grandi
anfore di coccio ( testae )alte circa 75 cm e, nella
parte panciuta circa 55 cm venivano usate per il trasporto delle derrate
che giungevano per via fluviale e venivano scaricate sulla banchina
dell’ Emporio.
Una volta svuotate dei contenuti venivano eliminate giacché era più
economico che nettarle per il riutilizzo e proprio il montarozzo
di queste testae, sempre più alto, ha formato il Monte dei
cocci poi chiamato Testaccio.
Alto circa 49 metri nel pianoro superiore e, circa 45 in quello
inferiore, con un perimetro irregolare che va da circa 250 metri per i
lati est e ovest e 180 metri per quello a nord, più che Monte può
definirsi collina con una superficie complessiva di 22000 mq e molte
sono le vicende legate a questa altura che nella seconda guerra
mondiale ebbe anche la funzione di Stazione Contraerea.
Durante il
pontificato di Alessandro IV ( 1254- 1261 ) divenne il traguardo dei (
Ludi Testaciae ) ove confluivano le fantasmagoriche e ricche
processioni delle Confraternite dei Rioni costituite dagli Artigiani,
ognuna coi propri stendardi che mostravano gli atleti e giocolieri
addestrati con mesi di prove.
Sotto Papa Paolo il Barbo (1464-1471 ) vi si disputava il Mons de
Palio che terminava con una corsa sfrenata di carrozze addobbate che
precipitavano con una ecatombe di cavalli e persone.
Nel 500 a Testaccio si tenevano i Giochi di Agone nella ultima domenica
di Carnevale e i partecipanti venivano scelti fra i giovani più
prestanti , uno per rione e le spese dei Giochi erano sostenute
obbligatoriamente dalla università degli Ebrei.
Il venerdì avanti la festa,venivano fatti sfilare per le strade di Roma
tredici tori ornati fra le corna con corone variopinte di fiori,
fiocchi e nastri, accompagnati da inservienti con lunghi bastoni con
infissi dei ganci , messi appositamente affinché, lungo il passaggio,
la gente vi appendesse doni mangerecci da offrire al vincitore.
Il giorno seguente i tori guarniti e le offerte venivano
esposti in Piazza Navona.
La domenica, infine, la campana di Campidoglio (Patarina) coi
suoi rintocchi riuniva Senatori e Cittadini influenti che in abiti di
gala e al suono delle trombe preceduti dal Gonfalone su di un cavallo
bianco, raggiungevano in corteo il Monte Testaccio ove, nel prato
antistante, era già allestito l’Albero della Cuccagna con appesi
salami, fiaschi di vino, caciotte e collane di salsicce per il vincitore
della gara.
Al via scendevano precipitosamente dalla vetta del monte molti carri
infiorati tirati ciascuno da due maiali bardati di rosso.
Compito dei giovani prescelti era quello di fermare i maiali alla guida
dei carri, ma ciò veniva ostacolato dal sopraggiungere di tori liberati
dall’alto del monte che eccitati da tutto quel rosso giungevano
infuriati addosso a carri, maiali e giocatori e il giuoco diventava
cruento e molto pericoloso.
Al termine questo pandemonio indescrivibile si stemperava banchettando
allegramente.
Nella Settimana Santa, il corteo della solenne Via Crucis ( Via
Dolorosa ) partiva dal Campo Boario, passava salmodiando dinanzi
alla chiesa di Santa Maria in Cosmedin , proseguendo per la via
Marmorata e dopo aver sostato sotto l’Arco di San Lazzaro raggiungeva il
Monte che veniva salito in preghiera dai fedeli fino alla Croce dove
tutti s’inginocchiavano per ricevere la Benedizione.
Il Monte Testaccio è conosciuto anche per le sue Grotte che sono sempre
state delle Cantine ideali per la naturale temperatura di sette-dieci
gradi costante per tutto l’anno e la presenza di vigneti nel circondario
permetteva la facile sistemazione delle botti nonché la costruzione di
tinelli per la degustazione.
La prima grotta per il deposito di vino fu scavato alla base del monte
nel 1667 con regolare contratto , dopodiché si succedettero le aperture
di numerose altre Grotte/ Cantine e si cominciarono a
costruire abitazioni sovrastanti e accanto alle grotte vie è stato
sempre un fervente lavoro di artigiani dal bottaio al fabbro, dal
carrozziere al pellaio. Che nel tempo sono state sostituite da scuole di
musica e di pittura e negli anni più recenti da locali modaioli ed
esclusivi.
Il Progetto degli anni trenta definì il Monte Monumento Nazionale e
malgrado la recinzione che ne proibiva l’accesso, veniva invaso da
tifosi “portoghesi”che si godevano dall’alto la Partita della
Roma nello Stadio omonimo in legno che a quell’epoca sorgeva accanto al
Cimitero Acattolico dove ora è stato ricostruito un Campo sportivo per la gioventù accanto alla scuola
media Zabaglia.
Anche l’area in cui oggi vi è il Sacrario alla Memoria dei Militari
caduti nel secondo conflitto vi era negli anni trenta un bellissimo
Parco Pubblico con panchine e aiuole fiorite dove ogni domenica veniva
allestito un palco musicale dove si alternavano le bande musicali dei
vari Corpi militari per offrire dei suggestivi Concerti agli amanti
della musica.
Di quel
tempo è anche la piccola fontana del Boccale che guarnisce la strada.
Invece la bella fontana delle Anfore quando fu creata dal Lombardi si
trovava in piazza Mastro Giorgio e adesso è in Piazza dell’Emporio come
a presenziare l’ingresso al Rione che nel suo Stemma ha proprio un
Anfora.
Nel 1888, all’Ingegnere Architetto svizzero Gioacchino Ersoch fu
affidata la costruzione del Mattatoio Comunale sul territorio a valle
dell’abitato, ma in prossimità del Tevere che con molta celerità fu
pronto nel 1899 e cominciò a funzionare nel 1891 dando un impulso nuovo
a tutto il Rione.
Si rese necessaria la costruzione di nuove abitazioni per accogliere
molte famiglie di lavoranti di questo Stabilimento che aveva turni di
lavoro diurni e notturni e nel 1907 molti isolati erano già funzionanti
mentre le costruzioni si sono moltiplicate nel tempo rispondendo ai
criteri di una aggiornata edilizia più moderna e confortevole.
Con l’avvio dello Stabilimento si aprirono molte osterie sulla stessa
Piazza Giustiniani per rifocillare non solo i lavoratori adibiti ai vari
settori della mattazione, ma pure i mercanti di bestiame che vi
affluivano provenienti da allevamenti vicini e lontani e quasi tutte le
operazioni di compravendita di carne si effettuavano ai tavoli di dette
osterie in un clima di costante allegria che veniva dai nomignoli
curiosi e, talvolta a doppio senso con cui si appellavano i macellari.
Ne
citiamo alcuni tra i più popolari: Cicerchione, Patalocco,
Corpoliscio ,er Lesto, Spagnoletto, Saltarello, er Diavolo, er Burino,
Spartacone, er Santo.
L’arrivo di prima mano di ogni tipo di carne appena macellato,
specialmente quella dell’ultimo quarto , promuoveva piatti ricchi di
sapori e di aromi mediterranei ben assortiti.
Questo ha portato il diffondersi della clientela che ha sempre affollato
questi locali accoglienti e appaganti che contano ancora estimatori di
riguardo che apprezzano le pietanze di origine povera che seguono
precisamente le antiche ricette perpetuando la stessa cucina, semplice,
gustosa e sapiente che si unisce ai gusti più moderni secondo il
desiderio del cliente.
Chi non conosce l’osteria di Turiddu , di Checchino o lo Chalet/
Baretto della Sòra Rosa al centro della piazza?Locali caratteristici
immortalati anche in numerosi film di ambiente romano.
Oggi, il locale di Turiddu, ha un altro gestore, l’insegna è cambiata e
vi si legge:
<< DA PECORINO >> . Ma si può essere certi che nessuno intende
modificare il modo di cucinare che continuerà a seguire la tradizione
senza variare le regole della sana cucina romana per la soddisfazione
dei buongustai che, unitamente ai piatti moderni, troveranno sempre gli
antichi e genuini sapori accompagnati da vini di classe.
ER MONTE DE LI COCCI
Nissun rione mai potr' avantasse
d'avecce un monte come cià Testaccio
tutto fatto de Teste ossia de Cocci
dell'anfore che un tempo se so'rotte.
Ereno quelle piene de derrate
che lungo er fiume venivano portate.
e a Ripa Granne veniveno sbarcate
p’èsse drento all'Emporio conzervate.
Ma quante furono l'anfore scocciate?
er conto vero nun ce l'ha nissuno!
Un fatto è certo che all'immonnezzaro
feniveno a 'gni sbarco un centinaro.
E daje e daje er mucchio se ingrandiva
er montarozzo sempre su saliva
divenne un Monte e se chiamò Testaccio
e fu l’arena pé quarche fattaccio.
Ner medioevo come a sentinella
ce misero 'na croce arta e bella
e li cristiani 'gni anno in processione
ciannaveno a prega' pé devozzione
e fin d'allora quela croce antica
protegge Roma che j’è tanto amica.
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