ROMANZO STORICO
in
tre parti
PRIMA PARTE
(9)
A
breve scadenza ci furono nuove nozze in casa Sarducci, ma questa volta la
cerimonia si sarebbe svolta ad Albano, proprio al Casale e l’offerta
venne dalla zia che aiutò anche sua nipote come aveva fatto per la nuora.
La
sposa che uscì dalla sua casa era fiera al braccio di Placido, il parente
più prossimo.
Era
stata abile la giunonica ragazza, a concludere in breve fidanzamento e
nozze come sempre non accettò consigli pratici o di savoir faire,
ma non disdegnò quelli finanziari e di poter fare il pranzo all’aperto,
nel prato del Casale.
Dato
che si stava uscendo da una guerra massacrante fu doveroso ridurre le
spese, ma, nonostante ciò, la festa riuscì allegra e i commensali
apprezzarono i cibi genuini e ben cucinati dalla moglie del medico e da
sua suocera.
Gli
sposi,dopo un breve viaggio si sarebbero stabiliti nella vecchia casa di
lei che era stata ripulita sommariamente, rinviando i grossi restauri di
cui avrebbe avuto ad altri tempi. Impensabile, chiedere un prestito al sor
Massimo che si era adagiato sull’idea che Rosa fosse una ereditiera e
che,secondo lui,avrebbe dovuto anche “campare” il marito. Come sempre
il mercante di tessuti, riuscì a salvaguardare la sua neutrale
indifferenza verso i problemi dei figli. La cosa positiva nei riguardi di
sua moglie fu che finalmente poté visitare nel Casale, il nido di sua
figlia, riportandone un immagine di Paradiso terrestre che appagò il suo
animo materno.
Il
motto della Ditta Sarducci era sempre stato Prezzi fissi e pagamento in
contanti e Andrea come suo padre sapeva farlo rispettare puntigliosamente:
sconti a nessuno.
L’ascesa
commerciale continuava nella considerazione generale e nei guadagni del
titolare,non così invece accadeva alla persona del fondatore, che
l’intraprendenza del figlio stava per soppiantare, agendo da padrone.
Sicuro
delle sue manovre, Andrea faceva e disfaceva, senza più consigliarsi col
padre che scoppiando di bile, aveva reazioni violente perché non
intendeva affatto essere estromesso così sfacciatamente.
Anche
se aveva dovuto accettare la sua collaborazione e se non aveva più una
verde età, si considerava sempre l’unico proprietario, le dispute che
si susseguivano fra i due erano veramente astiosi e fra rinfacci
reciproci, la vita lì dentro diveniva ogni giorno più difficile. Massimo
avvertiva chiaramente che il suo declino fisico non riusciva più a
competere con la vibrante virilità del figlio e si accorgeva che
specialmente le clienti femminili, pure di essere servite da lui non
disdegnavano neanche mettersi in fila, magari con la speranza che una
parola in più o un sorriso, da parte loro, avesse fatto capitolare la sua
inflessibilità sul prezzo dei cartellini.
Speranze
vane, egli pure esibendo muscoli e chioma impomatata, per convincerle agli
acquisti, al momento di passare in cassa attingeva al cinismo di cui era
impastato, divertendosi pure intimamente a deludere le loro speranze.
Delle
donne apprezzava soltanto quanto depositavano in cassa e mai le loro
attrattive civettuole e nessuna poteva dire di aver visto addolcire quegli
occhi bruni.
Neanche
a sua madre era mai capitato da che si era fatto grande.
Da
quando si era sposata Aurora, era divenuto particolarmente insolente perché
il suo guardaroba era meno impeccabile come un tempo e, data la sua
esigenza pignola e snervante, non rimaneva mai soddisfatto di nulla.
Irene,
arginava le sue insofferenze, invitandolo a trovarsi
una…”assistente” più giovane e forte che le avrebbe assicurato un
servizio migliore e, volutamente lo stuzzicava per istigarlo a trovarsi
una moglie: “ Sei solo capace di borbottare, ma una ragazza che ti
sposi, non te la sai trovare!….Alla tua età sarebbe il caso di
deciderti, eppure te ne passano parecchie in negozio, non hai che
l’imbarazzo della scelta …
.Mi
dispiace dirtelo, ma quando lo farai, sarà una sfortuna per la poveretta
prescelta he dovrà essere solo la tua serva giacché tu ragioni come tuo
padre, per la moglie non debbono esservi sorrisi.”
Le
parole della madre lo portavano a commiserarsi, dando la colpa alla
necessità, rimasta a lui soltanto, di mandare avanti l’attività di
famiglia, visto che i fratelli, sacrificando lui, avevano potuto trovarsi
i partner.
“
Persino una ereditiera aveva aggiunto alla pensione di guerra quel furbo
Alfio!…
Mentre
Aurora, da brava sorella, se ne era andata fuori città, sposandosi prima
dei maschi!“
Irene
conosceva perfettamente perché avesse tanto astio contro di loro e perché
li invidiasse tanto. Era per l’affetto e l’affiatamento che li legava
e di Alfio non poteva soffrire la riuscita sociale che aveva fatta
coltivando, con sommo sacrificio, la sua istruzione con tanto sacrificio.
Al suo povero fratello, non aveva mai dato una parola di conforto, ma
solamente scherno; la pietà non attecchiva nel suo cuore e sempre, in
qualsiasi circostanza giungeva il suo sarcasmo!
Eppure
questo suo primo figlio sano e bello, da piccino s’incantava
all’ascolto delle ninne nanne che lei cantava, alle favole dolci che le
raccontava e coi suoi occhi sgranati le sorrideva felice, inviandole baci.
Pianse persino quando il canto fu fatto cessare dal divieto paterno e
sembrò soffrire ai rimbrotti che intristivano gli occhi della mamma e,
nel vederla addolorata e infelice, le accarezzava il viso dicendole che
lui, le voleva bene. Era stata la sua unica consolazione a quel tempo…
quando erano soli e relegati in casa! Fino alla pubertà anche lui fu
soggetto alla tirannia paterna che proibiva tutto e rimproverava,esigeva,
puniva ed era insofferente e criticava lo scarso affetto del genitore per
tutti loro e poi, cambiò…e sua madre se ne avvide.
Cominciò
a desiderare l’affetto del padre, ma tutto e solo per sé e, per averlo,
prese a ricalcare le sue orme, volendo diventare come lui che comandava
tutto e tutti.
Egoismo
e cinismo si erano fatti strada nel suo cuore …e divenne la sua copia
perfetta!
Fu
anche neutrale tutte le volte che assisteva a soprusi verso le donne di
casa per non disgustarselo e, peggio.
Tanta
altra sofferenza causò, alla madre, veder crescere la cattiveria in lui!
Andrea
si decise a chiedere al padre una equa spartizione delle entrate perché
era ora che entrasse in Ditta come socio alla pari.
Come
avrebbe dovuto prevedere, il genitore s’inacidì ulteriormente e questo
spinse il figlio a cercarsi una moglie nel ruolo di alleata per giungere a
realizzare i piani messi in cantiere molto tempo addietro. Con questi
intendimenti, egli si trovò ad elaborare gli identici ragionamenti fatti
a suo tempo da Massimo. Fra quelle che le facevano gli occhi dolci, non
avrebbe avuto che l’imbarazzo della scelta, ma erano già state
eliminate con l’appellativo di civette e le “figlie di papà”,
scialacquavano i denari spensieratamente perché erano abituate soddisfare
tutti i loro capricci.
Con
apparente noncuranza, cominciò a soffermare lo sguardo su di una cliente
giovanissima che spesso veniva a ritirare merce ordinata dalla madre
sarta; l’aveva vista crescere senza troppo badarle, ma vedendola seria e
modesta pensò che facesse al suo caso. Sapendola orfana di un ferroviere
morto sul lavoro, quando era bambina, sembrava esserle rimasta negli occhi
la tristezza della sua infanzia, allorché sua madre fu costretta a
rimboccarsi le maniche e rispolverare il suo lavoro di sarta poiché la
scarsa pensione di vedova non sarebbe stata sufficiente a crescere la sua
Lilia
L’esile
costituzione della ragazza e le sue trecce bionde la rendevano più
giovane e i suoi diciotto anni non li dimostrava proprio. Quando
incontrava lo sguardo del negoziante ella abbassava gli occhi avvampando
perché infastidita da quello sguardo scrutatore che sembrava imporre
sempre la sua superiorità.
L’occasione
che Andrea stava aspettando, si presentò d’improvviso e fu quando la
giovane si presentò per acquistare due forniture complete per la
confezione di due tailleur che avrebbero comportato due grossi pacchi e,
come aveva fatto altre volte, li avrebbe ritirati in due riprese.
Il
giovanotto invece fu pronto ad offrirsi di accompagnarla caricandosi i due
grossi involti: “ Senza fare due viaggi, l’accompagno io fino a casa !
“
Senza
attendere risposta s’incamminò e lei, con le guance imporporate, fu
costretta a seguirlo. Era uscito così rapidamente dalla bottega che lei
dovette quasi correre per raggiungerlo e quando le fu a fianco egli prese
a parlare: “ Quanti anni sono che ci conosciamo ? Era una bimbetta le
prime volte che sua madre la mandava con la lista degli articoli da
acquistare… A quel tempo non sapeva distinguere i centimetri dai
metri… Adesso invece è una signorina che avrà già il fidanzato …. A
proposito, ce l’ha il fidanzato?“ A quella fila di domande Lilia,
imbarazzata non aveva detto nulla, ma l’insistenza sull’ultima, le
fece scrollare il capo con gesto di diniego, così veemente, da far
scrollare le sue trecce. Era stata talmente colta di sorpresa nel vederlo
gentile e interessato a lei che non se ne raccapezzava il motivo giacché
egli non smetteva mai la sua aria burbera. Intanto avevano raggiunto il
portone di casa che come d’abitudine era sempre spalancato, Lilia fece
per varcarlo per fargli strada fino all’interno del primo piano dove
abitava, ma lui con gesto perentorio, la costrinse a fermarsi mentre
diceva: “Senta Lilia, io devo parlare con sua madre, mi faccia sapere
quando potrà ricevermi”
La
giovanetta che lungo la strada si era sentita schiacciata dal suo
accompagnatore, rendendole penosa la sua piccolezza al suo confronto, sentì
confusamente quelle parole che sembrarono venire da molto lontano, mentre
sudava per l’emozione, si fece forza e disse:” Cosa deve dire a mamma
? Dica pure a me che poi, lei verrà a darle la risposta personalmente.“
Ma
Andrea, posati i pacchi contro la porta dell’interno, stava già
discendendo i pochi scalini per andarsene mentre la salutava e le diceva:
“No, Grazie ci voglio parlare io, arrivederci!“ ed era già sparito.
Scoprire che il primogenito, testimone e partecipe delle sue prime
sofferenze e delusioni diventa indifferente ai ai problemi materni, è
atroce. Non se ne lascia più coinvolgere! Lo fa per rimozione o per
insensibilità ?
Queste
domande la mettevano in tensione e non si capacitava che suo figlio fosse
così cambiato? Riviveva l’emozione, che ogni madre conosce, nel
sentirsi in grembo per la prima volta un essere formato dal suo stesso
sangue e che in lei, attimo dopo attimo prende vita, assorbendo l’
essenza più intima di ogni sua fibra.
Si
crede che per sempre sia tutt’uno con lei, la sua fattrice.
Per
ogni altro futuro figlio sarà così, ma è il primo che da l’emozione
nuova ed unica perché è con lui che diverrà madre per la prima volta!
Fino
dal suo primo palpito ella sa che dovrà vivere in funzione della sua
creatura, annullando desideri e auspicando il suo bene, in modo da offrire
alla piccola anima che palpita contro il suo cuore ogni suo respiro.
Il
primo vagito concreterà l’attesa e la curiosità tenuta a bada per nove
mesi,esploderà nel pianto e nel riso, senza importanza di sesso e di beltà
perché è la sua creatura che è venuta al mondo. Le braccia materne,
come culla naturale, sapranno fare miracoli per l’essere indifeso che
gli si affida e, sempre, saranno l’appoggio più sicuro e valido e vero,
senza pensare al riposo, mai…così, per ogni figlio.
Madre
e figli ! Sottile legame di complicità amorosa e
indistruttibile…dovrebbe essere !
Perché
il suo Andrea aveva l’animo tanto arido da rinnegare l’istinto atavico
e naturale?
Irene
li rievocava tutti e tre i suoi travagli e le sensazioni erano state le
medesime sempre :- Dolori e spasimi … dimenticati subito dopo,
incertezze, paure, timore di non avere latte bastante per la boccuccia
avida e gioia di darsi per vederlo crescere grammo per grammo. E le
angosce ! E le notti insonni ! Malesseri sconosciuti da sembrare
insormontabili! Ansie e preoccupazioni unite alla stanchezza che sfinisce
e tutto questo rappresenta la maternità! Ma chi comprende veramente la
dedizione di una madre? Un’altra madre! Ed anche la figlia femmina
quando lo diverrà a sua volta, solo allora, potrà capirlo appieno e amerà
di più colei che, magari, avrà fatto disperare e a volte, troppo tardi,
vorrebbe restituirle quel suo amore.
Irene,
struggendosi in questi pensieri, si sentiva in colpa verso la sua che
aveva perduta nel momento che era partita per Roma senza averlo potuto
prevedere…eppure nel tempo l’amore per lei si era accresciuto e col
suo acume si metteva sotto processo, analizzando anche il suo cambiamento
di carattere, avvenuto lentamente ad ogni frustrazione subita. Era
espansiva, estroversa e viva, piena di entusiasmo e voglia di creare,
imparando a tacere e ricacciare indietro ogni emozione ed ogni
impulso,prima di parlare e si era spenta l’anima sincera.
Commenti
e giudizi non uscivano più netti e precisi, ma assai filtrati
dall’opportunità e calcolati in ogni nella più piccola espressione,
infine per non parlare con parole amare meglio annullarsi senza
intervenire.
Quella
di un tempo, lo capiva ora… da tanto tempo non esisteva più!
La
gioia di vivere le faceva salire il canto alle labbra, ma il suo uomo
l’aveva zittita con male parole invece di donarle comprensione e lei
fidente in qualche conversione aveva obbedito, assecondando quella volontà
di schiavizzarla per il solo piacere di vederla annullata senza più
personalità, immolandola sull’altare della famiglia.
Ed
era stata proprio quella che l’aveva impaurito e che aveva cercato di
combattere col suo disprezzo per tema di essere lui a dover soccombere.
Non
si sentiva santa e non avrebbe chiesto cose impossibili, invece, neppure
le possibili aveva avute, quelle che ogni donna qualunque ha diritto di
avere : L’amore tenero e sincero nell’ambito coniugale, una famiglia
povera e unita e più di ogni altra cosa il rispetto dovuto ad ogni essere
umano in quanto tale.
Purtroppo,
la risposta alla sua costante operosità rassegnata e fedele era stata
solamente il nulla, troppo poco pure per chi si rassegna a vivere
nell’ombra.
Nei
libri, letti in gioventù si era spesso incontrata con donne eroine che
l’avevano commossa e che aveva anche compiante, figure femminili
esemplari, vissute in prigionia per ragioni di stato o costrette da
oppressori che le avevano tiranneggiate per tutta la vita, ne era stata
commossa, ma l’aveva ritenute invenzioni di romanzieri senza immaginare
che la sua esistenza si sarebbe snodata su quelle falsarighe solitarie e
prive di comprensione.
Gratissima
al cielo per le maternità concessele, ma quanto poco godute, per assenza
di libertà e pace non non esplicabili a causa della oppressiva situazione
familiare.
Da
riportare certamente alla sua età di minorenne l’asservimento ai voleri
del capofamiglia, amato e rispettato, al carattere ottimista e
accomodante, all’esempio del grandissimo e scambievole amore dei suoi
genitori, tutte ottime cose, ma che non l’avevano saputa agguerrire
contro le insidie di un carattere anomalo e possessivo che l’aveva
subito con scenate di gelosia immotivate che, per quieto vivere, la
spingevano ad accontentarlo. Questo lo sbaglio principale: Blandire un
soggetto nevrastenico per evitare le sue impulsività! La conseguenza più
grave in questi casi è quella di non poter più retrocedere e si continua
a obbedire.
Troppo
tardi aveva compreso quale avrebbe dovuto essere il comportamento giusto,
ma a sedici anni, si era trovata ad agire come le dettava l’amore e, e
moltissimi anni dopo era giunta alla conclusione che se fosse stata
capace, fin da subito, a ribellarsi a qualche sua imposizione, forse il
suo matrimonio si sarebbe incanalato in modo diverso… forse, perché la
sua violenza l’aveva sempre soggiogata.
Sapeva
di donne orgogliose che riuscivano a manovrare la volontà maschile
riuscendo a vivere a modo loro,mantenute nel lusso da mariti e amanti che
menavano per il naso, eppure erano riverite e rispettate dalla società,
si trovava ad invidiarle mentalmente, nel momento, che veniva ferita da
offese ingiuste, ma, in tutta coscienza, non sarebbe mai stata capace
d’imitarle e scendere a compromessi avvilenti come esse, sicuramente,
facevano.
Erano
pensieri dei quali si vergognava perciò riabbracciava la sua croce, più
sconsolata ancora. E gli anni erano trascorsi senza cambiare nulla e se
qualcosa sarebbe cambiata in avvenire, non avrebbe portato altro a Irene
che ulteriore lavoro.
La signora Elvira, madre di Lilia nell’ascoltare il messaggio inviatole
da Andrea, ne colse subito il significato e, seppure sbalordita, perché
quel Sarducci aveva fama di essere ricco e altezzoso, sembrava così quasi
impossibile che avesse messo gli occhi sopra la sua bambina, anche perché
molto più grande di lei.
Giudicando
dalle domande che le aveva fatte, sembrava essere mosso da un interesse
particolare e nulla vietava pensare che se ne fosse innamorato, come madre
ne era lusingata. Se era così, la risposta al negoziante l’avrebbe data
dopo essersi consigliata col suo Parroco che l’aveva sempre ben guidata
che infine, la sua Lilia, bella,seria e operosa, aveva le carte in regola
per fare innamorare qualunque uomo.
Quante
notti insonni le aveva data la consapevolezza della loro povertà, proprio
relativa ad una futura sistemazione della ragazza che non avrebbe potuto
disporre di una dote e se il Signore voleva esaudire le sue preghiere non
si doveva fare altro che ringraziarlo. Il suo colloquio col Parroco di San
Rocco, portò alle stesse conclusioni.
Il
buon vecchio le schiarì le idee riguardo alla differenza di età : “
Cara Figliola, in questo momento i quattordici anni di differenza si
notano perché Lilia è giovane e minuta, ma fra qualche anno, irrobustita
e più matura, non sarà più così evidente.
Quel
giovanotto, seppure non è un frequentatore assiduo della chiesa, mi
risulta essere un gran lavoratore, sta sempre infilato dentro il suo
negozio.
Speri
nella Provvidenza e si auguri il meglio, giacché, entrando nella famiglia
Sarducci diventerà una benestante e non dovrà essere costretta a
lavorare per vivere.
Con
queste sagge parole, la signora fu rincuorata e si accinse a ricevere
Andrea.
Il terzo matrimonio Sarducci fece molto scalpore, sorprendendo quanti
erano a conoscenza del loro spartano modo di vivere.
Maggiore
meraviglia, per la scelta della sposa così giovane e carina, ma pure
tanto povera! A Roma e provincia, non sarebbero mancate le candidate
simili a lei ed anche ricche e nobili, ma se il bell’Andrea aveva deciso
d’impalmarla dopo un rapidissimo fidanzamento, doveva aver subito un
vero coup de foudre e, ad avvalorare questa ipotesi, furono le
inusitate spese che la famiglia stava affrontando.
In
primo luogo, la trasformazione della vecchia casa, perché gli sposi
sarebbero rimasti in famiglia, fu argomento di molteplici commenti a causa
dell’ austerità del momento e anche perché circolava la notizia che
tra gli invitati ci sarebbero stati colleghi negozianti, clienti nobili e
grandi artisti nonché i nuovi ricchi”pescicani”, divenendo così un
avvenimento mondano di vasta portata da stuzzicare la curiosità pubblica.
Andrea
sembrò invasato e, sfoderando la sua megalomania, costrinse il padre ad
aprire quel portafogli che aveva sempre tenuto legato a filo doppio.
Nessuno sapeva gli antefatti che preludevano a tale sfoggio di ricchezza.
Ma
tutto aveva avuto inizio, con la richiesta di Andrea di entrare in Ditta
alla pari con suo padre perché, avendo deciso di sposarsi, avrebbe avuto
necessità di una casa sua e del “liquido” per mandarla avanti.
Dopo
le solite liti che seguivano sempre le loro “chiarificazioni” le due
parti addivennero ad un accordo che prevedeva l’aggiunta del nome di
Andrea sull’insegna, ma in quanto all’acquisto di un altro
appartamento, il futuro sposo dovette rinunziarvi perché con una diversa
sistemazione di stanze e mobilia, la casa paterna poteva ospitare anche la
nuova coppia.
Andrea,
dopo il primo momento di malumore dovette accontentarsi a patto che i
genitori gli cedessero la loro stanza che era la più grande.
Il
sor Massimo, non fece obiezione, contento di averlo convinto, ma quando si
trovò nel bel mezzo delle spese, mancò poco che morisse di infarto.
Andrea,
fu preso dalla frenesia del lusso e nel vedere il padre sborsare denari
per le esorbitanti fatture dell’architetto e dell’ arredatore, dai
nomi prestigiosi ai quali si era affidato, i suoi occhi brillavano di
soddisfazione e di cattiveria.
Il
padre paventò la pazzia di suo figlio vedendo che il culto per
“mammona” che gli aveva insegnato, lo aveva abbandonato e, facendo i
conti si avvide, che avrebbe speso meno se l’appartamento glielo avesse
acquistato nuovo di sana pianta.
Fu
scelto lo stile in voga Liberty per la stanza nuziale, per i lampadari e i
soprammobili; arredamento in damasco verde e oro con maniglie alle porte
in bronzo.
La
sostituzione della pavimentazione e il rinnovo di bagno e cucina finirono
di darle quel tocco signorile e confortevole che sempre gli era mancato.
Andrea
Sarducci ebbe il suo trionfo mostrando il tal modo quella ricchezza che il
padre aveva sempre tenuta nascosta, facendoli vivere in ristrettezze.
Dal
di fuori sembrò che tutto fosse fatto in onore della fidanzata e,
specialmente mamma Elvira ne gongolava perché, ella considerava il tutto
come dimostrazione di grande amore da parte di un tipo invulnerabile di
fronte alle donne come era sempre stato il fidanzato. E la bionda
Cenerentola, protagonista di tale favola, come aveva affrontata questa
ondata emozionale che l’aveva colpita?
Titubante
e frastornata sembrava in trance e se non fosse stato per l’ottimismo
rassicurante di sua madre, sarebbe fuggita lontano per il disagio che le
procuravano la curiosità, le domande e i commenti. Un fidanzamento
repentino, costruito a tavolino nella conversazione fra sua madre e
Andrea, non l’aveva preparata abbastanza a tanto sfarzo. Senza
corteggiamento e con molte argomentazioni persuasive, il giovanotto aveva
convinto sua madre a sollecitare le pratiche matrimoniali e calcando molto
sul fatto che sua moglie sarebbe stata accanto a lui in negozio del quale
sarebbe divenuta padrona. Come lo fu per Irene, il destino stava
ricalcando, il disegno Sarducci di cui gli uomini soltanto avrebbero
intessuto le trame tirando i fili della vita delle donne prescelte. Il
candore della nuora aveva conquistata la suocera fin dal primo momento e
la compativa per l’ignara fiducia data a suo figlio, senza avere avuto
il tempo di conoscerlo a fondo; l’avrebbe amata come una figlia e
avrebbe preso il posto di Aurora che viveva lontana. Ogni suo rossore le
dava commozione e le dispiaceva che provasse soggezione nei confronti dei
suoceri coi quali era costretta a convivere, ma lei stessa l’avrebbe
aiutata senza intromettersi troppo, per farle superare i momenti di
disagio dei primi tempi fino a che fosse subentrata più confidenza tra
loro.
Pronta
a compatire le sue inevitabili insicurezze di sposa giovane, perché
ricordava le sue, trapiantata d’improvviso lontano dalle sue radici e
senza poter avere il conforto di un persona amica con maggiore esperienza
e Irene questo voleva essere per la nuora una vera amica.
La
saggezza che in lei si era maturata l’aveva condotta sulla soglia di
tante verità. Sapeva, adesso, quanto il coniuge si aspetti da sua moglie
e, seppure, non tutti i maschi sono possessivi ed egocentrici, al punto di
annullare la propria compagna, la loro famiglia, purtroppo aveva degli
esemplari che sapevano come frantumare la personalità di donne valevoli
come sentimento e come operosità.
Con
la sua innata onestà non avrebbe mai osato istigare la giovane sposa
contro suo figlio, anche se sarebbe stato bene metterla in guardia verso
le sue probabili bugie e i suoi molti difetti. Avrebbe visto di buon
occhio se ella avesse da subito improntato i rapporti coniugali con
decisione e risolutezza perché avrebbe sofferto meno, ma, innamorata e
credula, non avrebbe neppure fatto tesoro di qualche avvertimento in
merito, rischiava anzi di farsi considerare madre possessiva o peggio
gelosa col rischio ci farle credere che avesse intenzione di disgregare il
rapporto di coppia.
Meglio
quindi assistere agli eventi, augurandosi che suo figlio le desse l’
amore e il rispetto che meritava.
Il sipario sulla misera farsa recitata da grande attore dallo sposo, si
chiuse la stessa sera delle nozze a cerimonia terminata e nel momento
della partenza del viaggio che dovette essere rimandato per un suo
improvviso malessere.
Lo
stress causategli dalle tensioni dei preparativi e l’imponente cerimonia
che lo aveva elettrizzato fino a che era stato al centro
dell’attenzione, lo aveva spossato, lasciandogli un violento mal di capo
che non lo faceva più connettere.
Come
partire quella sera ?… Non se la sentiva proprio!
Naturalmente,
la premurosa sposa, fu d’accordo con lui allorché promise che, la luna
di miele, non era sfumata, ma soltanto rinviata di qualche tempo.
Mamma
Irene, presente a quella promessa, comprese immediatamente di avere udito
la prima bugia matrimoniale di suo figlio come captò la soggezione di
Lilia nel dover trascorrere la sua prima notte di nozze a parete con i
suoceri che per lei erano ancora degli estranei.
La
cosa che finì di intristire la saggia donna, fu la richiesta di suo
figlio di essere svegliato alla solita ora perché era necessario aprire
bottega come d’abitudine per cominciare a rifarsi delle enormi spese
incontrate e sua moglie l’avrebbe seguito.
Neanche
due giorni di vacanza meritava dunque la dolce orfana per le sue nozze?
Ed
era mai possibile che l’aridità di quell’uomo non sapesse offrirle un
breve periodo di intimità da poter trascorre da soli invece che imporle
la presenza dei genitori?
Non
erano trascorse nemmeno ventiquattro ore dal momento che si era presentata
nel suo candore virginale, davanti all’altare dove avrebbe pronunziato
il suo convinto Si.
Le
mani prodigiose di sua madre avevano intessuto fili argentati e perle a
goccia, nell’eseguire il ricamo che ricopriva lo sprone e le maniche
affusolate del suo abito favoloso, compreso il diadema che le cingeva la
fronte sorreggendo l’increspatura del tulle.
Se
non fosse stato per la sontuosità del modello e per il niveo bouquet di
gigli, si sarebbe scambiata per una educanda nel giorno della sua prima
comunione, in evidente contrasto del possente marito che la sovravanzava
costantemente di un passo, per imporle da subito la posizione di
subalterna pronta ai suoi comandi.
Nel
radioso mattino romano, l’argento luccicava al sole, rinviando sprazzi
luminescenti su quel viso radioso e felice, ma le perle parvero alla
commossa Irene, un presagio di lacrime. Avrebbe desiderato per quella
creatura, simile ad una fatina, che avesse veramente la bacchetta magica
per esorcizzare benignamente il suo futuro di donna come anelava il suo
cuore.
Dopo
il rito, l’allegria attorno agli sposi, prese il sopravvento
sull’emozione di tutti,disponendo gli animi alla cordialità e la
suocera che tante volte aveva sperato di morire per chiudere la sua
esistenza che riteneva inutile una volta sistemati i figli, capì che
doveva vivere ancora per cercare di parare altre eventuale angherie
perpetrate a danno di vittime indifese.
A
ricacciare i suoi tristi pensieri fu solo la forza della speranza.
FINE
DELLA PRIMA PARTE
PARTE
SECONDA>>
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