ROMANZO STORICO
in
tre parti
PRIMA
PARTE
(8)
Frequentando
Placido stava veramente riprendendo quota perché seguendo alcuni suoi
consigli medici si era deciso a sottoporsi a più mirate terapie che
avrebbero consentito alla gamba tesa di riacquistare un po’ più di
elasticità a patto che non fosse pigro…. Per prima cosa quindi
camminare, camminare, camminare anche se i primi tempi sarebbe stato
faticoso. Era una abitudine quotidiana che doveva far sua, perciò quale
punto di riferimento migliore di Albano che si raggiungeva facilmente col
trenino, dopodiché c’erano dei dintorni che invitavano veramente alle
passeggiate.
Questi
suggerimenti da esperto sortirono gli effetti desiderati che permisero
alla gamba offesa di riprendere una più sciolta funzionalità tanto da
cominciare a sospendere i forti medicinali che gli alleviavano le fitte
dolorose date dalla sua rigidità e dal gonfiore persistente. Il
miglioramento fisico, il clima sereno dei castelli romani, l’affettuosa
amicizia di quelle due anime buone stavano facendo riconciliare Alfio col
suo destino.
Lassù
come a Farfa, si sentiva compreso e apprezzato e poteva essere se stesso e
parlare senza reticenze con la signora Maria nel fresco del suo grande
pergolato al centro della grande radura contornata dai recinti coperti per
gli animali da curare.
Gli
piaceva quell’immenso casale natìo della signora fiancheggiato
dall’orto e dal frutteto, vi ritrovava lo stesso clima della casa dei
nonni che era fatto di gioie semplici e naturali, date, dalla natura è
vero, ma anche dalla disponibilità degli abitanti.
In
quella magica atmosfera, l’invalido sentiva nascere in se, una forza
nuova, dimentica, dimenticava la sua orbita vuota, nascosta dagli occhiali
scuri, dimenticava il suo passo claudicante, per l’arto rimasto un poco
più corto e si ritrovava a sperare in un futuro migliore. Quel luogo si
presentava come un piccolo zoo per la varietà di animali sempre presenti,
alcuni randagi raccolti dal dottore lungo i suoi percorsi, altri affidati
alle sue cure dai rispettivi proprietari, ma tutti ben tenuti in ampi e
puliti recinti.
L’ospedaletto
non era molto silenzioso, in verità, per l’alternarsi di…pazienti più
o meno vivaci, ma dopo il tramonto il sonno li zittiva e la pace vi
regnava sovrana.
La
signora Maria, aveva presa una certa confidenza con quel giovanotto che
aveva la stessa età di suo figlio e godeva della resurrezione che stava
avvenendo in lui.
Pensava
spesso alla sua virtuosa sorella che non aveva più rivista da quella loro
prima visita e parecchie volte aveva chiesto ad Alfio di condurla seco, ma
lui ringraziava e adduceva la scusa che dovendo aiutare la madre in tutte
le faccende di casa, era impossibilitata a prendersi una giornata di
svago.
La
signora sapeva perfettamente com’era l’ andamento della loro casa,
evidentemente il capofamiglia era sempre lo stesso tiranno col quale era
difficile dialogare, ma lei non si scoraggiava e ogni tanto tornava alla
carica.
Covando
una sua segreta speranza, inviava spesso dei presenti consistenti in
primizie dell’orto e del frutteto e pane e vino casereccio.
Inutile
dire quanto fossero gradite quelle cose dal goloso Sor Massimo che però
si comportava come aveva sempre fatto coi suoceri…neanche un
ringraziamento per quei doni, come se gli fossero dovuti.
Le
donne invece si sentivano confuse e per dimostrare a madre e figlio la
loro riconoscenza per i doni, ma anche per la rinascita che vedevano in
Alfio, per merito loro, confezionarono dei bei cuscini per il loro
salotto.
Nel
riceverli dalle mani del capitano, la signora si commosse e ammirò quei
lavori manuali, eseguiti per lo più da Aurora.
Quella
ragazza era veramente brava oltre che bella ed ella voleva rivederla.
Stavolta
l’invito doveva essere accettato “per non offenderla“ disse Alfio a
sua madre che decise di sfidare le ire del consorte, se ci fossero state,
a posteriori giacché era ora che la loro figlia mettesse la testa fuori
di casa e quei ripetuti inviti avevano
Messo
una lieve speranza nel suo cuore materno.
Aiutò
sua figlia a confezionarsi un abito, secondo i dettami della moda, per non
farla sfigurare perché quella visita … forse, sarebbe stata molto
importante. Lo sentiva!
Aurora
era emozionatissima perché per la prima volta sarebbe stata fuori di casa
per una intera giornata e, soltanto, per iniziativa della madre e questo
non si era mai verificato nella loro famiglia. Avrebbe rinunciato
volentieri a quella visita perché avrebbe avuto piacere che anche la
mamma fosse potuta essere con loro, ma questo sarebbe stato ancora più
difficile. Si augurava soltanto che non ci fossero state malaugurate
conseguenze per nessuno di loro.
La visita emozionò molto anche coloro che li attendevano e questo perché
la prima fugace apparizione della fanciulla aveva colpito madre e figlio,
lasciando in entrambi una gradevole ricordo, ma né l’una né l’altro
aveva esternate le impressioni provate.
La
signora era stata favorevolmente colpita dal suo comportamento garbato e
riservato e calcolando che era di quattro anni maggiore di Alfio, aveva un
fare così timido da parere una quindicenne.
Di
fatti era come se fosse vissuta in un convento.
Che
moglie sarebbe stata per suo figlio
Si
era chiesta spesso come mai il viso angelico di quella figliuola gentile e
ben proporzionata non avesse colpito l’attenzione del suo ragazzo…Ma
dove aveva gli occhi quel giorno? Possibile che la sorpresa di rivedere il
suo amico l’avesse accecato?
Ella
sperava che la nuova visita lo rendesse più attento.
Placido
invece era più impaziente della madre di rivedere Aurora e certamente
aveva visto anche più in profondità le sue qualità, ma si era astenuto
dal fare commenti
per
una sorta di pudore.
Ai
tempi della scuola, ella non frequentava nessuno ed era sempre
accompagnata dai fratelli e poi, sapendola di qualche anno più grande e
figlia di quel terribile sor Massimo nessuno osava avvicinarla. Tra le
notizie frammentarie c’era stata pure quella della famosa serenata che
aveva posto in cattiva luce quel padre manesco, però il seguito era
rimasto per lui un mistero…. Chissà se il suo cuore era libero?
Prima
di ogni altra cosa doveva capire se aveva simpatia per gli animali perché
alcune donne li schifano. La fanciulla si presentò ai loro occhi ancor
meglio della prima volta, sia pure con modestia, seppe parlare con molta
proprietà, arrossendo però vivacemente ai complimenti della padrona di
casa che ammirò molto il suo abito turchese che arrivava alla caviglia
con un fluttuante drappeggio dietro e le maniche a sbuffo, strette ai
polsi da una fila di minuscoli bottoncini di madreperla in tinta.
Alla
scollatura, un bianco colletto di batista centinato dava slancio al collo
che sorreggeva il suo sembiante di madonna contornata da una rigonfia
capigliatura corvina. Gli occhi a mandorla davano al suo sguardo un
qualcosa di particolare molto attraente.
La
signora Maria fu conquistata completamente dalla sua aria regale, senza
affettazione perché non era né civetta né superficiale.
Al
medico quella figuretta slanciata e sicura nei gesti, fece tanta tenerezza
e con un accostamento assurdo, l’accostò a uno di quei caprioli che
aveva salvato dalle trappole e che gli si erano affidati guardandolo con
occhi dolci e fiduciosi.
Si
sentiva pronto a togliere dalla trappola anche quella bella figliuola,
solo che lei fosse disposta ad affidarsi a lui perché se ne sentiva
veramente affascinato.
La
dirittura dell’anima era trasparente e sarebbe stato sempre facile
leggere i suoi pensieri, ne era certo; la fierezza del suo volto, abituato
a soffrire in silenzio sembrava altezzoso come fosse una statuina di
alabastro fredda e senz’anima, ma era solo uno scudo a difesa e da buon
psicologo degli esseri senza la parola, il medico capì la sincerità di
quel cuore pronto a dedicarsi a chi le fosse entrato nel cuore.
Dopo
aver pranzato, visitando i recinti, cominciò a sciogliersi, apprendendo
che alcuni animali, feriti dai bracconieri, erano stati salvati dalle
abili mani del dottore e, intenerita fino alle lacrime volle coccolarne
alcuni.
Il
veterinario gli apparve come un eroe, paladino degli indifesi che
sorridente e sicuro si avvicinava a tutti senza tema e sembrava che ogni
bestia attendesse su di se, la posa della sua mano che ridonava loro
benessere e lo volesse ringraziare.
Quella
domenica fantastica fu la prima di tante altre serene e spensierate che
terminavano invariabilmente coi rabbuffi paterni che considerava quelle
uscite col fratello delle vere ribellioni alla sua autorità, ma oramai
Aurora,forte della protezione del fratello, non si lasciava più
intimorire ed era decisa a combattere e difendere il nuovo soave sogno che
stava germogliando nel su animo.
Le
allegre visite ad Albano si protrassero per tutta l’estate facendo
felici molte persone alle quali stava a cuore la felicità di due esseri
fatti veramente l’uno per l’altra.
Placido,
pieno di rispetto e di premure per la sorella del suo amico, quando fu
sicuro di essere corrisposto, mise a parte Alfio di voler sposare Aurora
che provava per lui lo stesso sentimento amoroso.
Alfio
ne godette perché finalmente sentiva all’indirizzo di sua sorella
quegli apprezzamenti che meritava e veniva considerata come effettivamente
valeva anche se lei, nella sua modestia, non sapeva di rappresentare il
tipo di moglie che ogni uomo sogna ed era felice che l’avesse incontrata
una persona del valore di Placido.
Oltre
che una coppia ben assortita fisicamente, si sarebbero completati anche
nei sentimenti. Ed era stato grato anche al malessere del suo cane che gli
aveva fatto ritrovare il suo amico.
Fra
tanta gioia c’era ancora da superare il più grosso ostacolo che era
quello di
ottenere
l’assenso paterno.
Si
consigliarono con mamma Irene, con la quale Aurora si era confidata mano a
mano che l’amore per Placido si andava concretizzando, la donna
paventando il rifiuto del marito che come al solito avrebbe risposto in
malo modo al dottore se si fosse presentato all’improvviso credette bene
di cominciare a saggiare il terreno.
L’argomento
che Irene cominciò ad illustrare al marito, con tono sommesso e con
parole adatte, lo fece subito infuriare che come sua abitudine la tacitò
senza farla finire.
“Si
torna alla carica per dare marito a mia figlia? Volete capirlo che al
momento giusto ci penserò io? L’avevo già detto qualche anno fa, mi
sembra… a quale scopo insistere ancora?…Perché quella insensata se ne
vuole andare? Cosa gli manca? Se pensava di andare a star meglio si
sbagliava di grosso! Chi era poi colui che pretendeva di sposarla?
Un medicucolo di cani e gatti di campagna che per giunta ha l’età
di Alfio, quindi più giovane di lei. Siete tutti matti, mi sembra. Il mio
è un bel no, chiaro e tondo e non se ne parli più".
Irene
che non aveva avuto spazio per ribattere neppure una parola, avanzò di un
passo mettendosi proprio a lui dinanzi per impedirgli di uscire prima di
chiudere l’argomento, dicendo irata. ”Cos’hai contro quel dottore?
Non ti sei forse reso conto che nostra figlia andrebbe a stare in una
famiglia onorata, apprezzata e amata da marito e madre. ? …Non hai visto
quanti regali che ci hanno sempre fatto?”
Al
che Massimo rispose. “ Giusto! Ora ho capito perché quella mezzana ci
mandava quanto gli avanzava nella dispensa, era per circuire quella
stupida di Aurora,
Voleva
comprare la moglie al figlio. Brava, davvero Brava.”
Che
uomo sfortunato sono ad avere una famiglia che si coalizza con degli
estranei per farmi rubare una cosa che mi appartiene.
E
tu, madre sciagurata, non vedi l’ora che tua figlia vada a servire gli
altri?
Nell’udire
tante falsità Irene alzò la voce con veemenza. “Ma credi di essere un
buon padre tu? La bocca di Aurora è quella che sfami più volentieri con
tutto il lavoro che si accolla in casa!…Ma che è ormai vicina ai
trent’anni non te accorgi? Quando sarebbe il momento giusto per farle
prendere marito? Se a me mi hai quasi rubato che ero una ragazzina! Perché
non ti provi a considerare la fortuna che le capita? Professionista
stimato e innamorato. Ma già tu che sai dell’amore? I palpiti del cuore
non si debbono avvertire vero? Già l’hai fatta soffrire abbastanza, ma
ti giuro che stavolta non detterai legge come hai sempre fatto, perché
sono io, la madre, che dico basta e siccome è maggiorenne potrà fare
quello che deciderà da sola.“
Il
mio permesso ce l’ha, faccia quello che vuole, vorrà dire che sarò io
ad andare con lei, meglio di qui starò ovunque.
Per poter dire tutto, la povera madre, dovette spostarsi
continuamente per allontanarsi da quelle mani nodose che la colpivano
senza pietà, ma lei che per anni si era sottomessa a quella volontà
egoistica per quieto vivere, trovò il coraggio di rinfacciare tutte le
angherie subite per la sua stolta dittatura e solo per il piacere del
comando mentre Alfio e Aurora cercavano di tirarla via da colui che stava
colpendola furiosamente dove capitava.
Ma
lei parlava, parlava, dicendo a quell’energumeno che non aveva mai avuto
rispetto per nessuno che da tempo avrebbe dovuto denunziarlo alle autorità
perché tanto lei che la figlia erano state tenute letteralmente sotto
sequestro in stato di schiavitù e tutti avrebbero potuto testimoniare; se
l’aveva sopportato era stato solamente per l’amore dei figli.
Irene
parlava di getto, leggendo le parole direttamente nella sua anima gonfia
di
dolore e dove erano stampati a lettere di fuoco, tutti i soprusi subiti, i
cocenti avvilimenti, e il disamore che quel marito le aveva dimostrato.
Egli
ascoltava, schiumante di rabbia, la lunga estenuante accusa di colei che
si era illuso di annullare. Per difendere i diritti di un’altra donna,
sua figlia, ella si stava battendo come una leonessa trovando quel
coraggio che per se stessa non era mai riuscita a trovare. Mentre lui
continuava a colpirla lei le chiedeva se mai avesse avuto un cuore da
fargli sentire rimorso per aver segregato la famiglia dal mondo ed essere
stato tanto egoista "e per questo spero che il cielo ti maledica e ti
faccia morire solo e abbandonato".
Alfine
la povera madre cadde sfinita fra le braccia dei figli che sorreggendola
la condussero sul letto dove confusero insieme baci e lacrime.
Aurora
che si sentiva responsabile di quella angosciante scena era come
annichilita di fronte a tanto strazio materno.
Quella
giornata sarebbe rimasta impressa nell’animo e nella mente di tutti loro
Dando
a ciascuno motivo di riflessione.
La
più amara toccò alla ragazza che capì nei giorni seguenti che il padre
non era stato toccato più di tanto poiché non accennò minimamente alla
risposta da dare al dottor Placido; così facendo pensava che nessuno ne
avrebbe più parlato e ognuno dei protagonisti se ne sarebbe dimenticato.
La
sensibilità della sfortunata innamorata fu scossa anche perché era
convinta che la famiglia di Placido sentendosi offesa non l’avrebbe più
tenuta in considerazione.
Per
questo Aurora cominciò ad elaborare propositi suicidi ritenendo che fosse
l’unico modo per sottrarsi definitivamente all’autorità paterna.
E
poi perché continuare a vivere se oramai aveva perduto anche Placido che
l’avrebbe amata e rispettata e accanto al quale si sentiva veramente
protetta.
Da
quel momento cominciò a rifiutare il cibo.
Le
nozze si celebrarono in modo perfetto!
Il
padre condusse la figlia all’altare ostentando sfacciatamente molta
soddisfazione da far credere a tutti che solo lui fosse l’artefice di
tanto sfarzo.
In
ogni particolare si notavano accuratezza e buon gusto, dagli abiti degli
sposi all’addobbo dell’altare, dalle partecipazioni alle bomboniere e
specialmente al lauto banchetto a cui parteciparono un cospicuo numero di
invitati.
Ma
quel matrimonio per giungere in porto aveva dovuto superare momenti
drammatici e penosi che per poco non costarono la vita alla bella sposina.
Difatti
se i progetti dei due fidanzati non erano naufragati sul nascere lo si
doveva soprattutto alla forte personalità del dottor Placido che
preparato fin dall’inizio ad un rifiuto aveva sfoderato le armi giuste
per combattere la sprovveduta ostilità di quel padre ostinato.
Non
tenendo in nessun conto la di lui ostinata indifferenza nei riguardi
dell’annunciata richiesta di matrimonio, anche se nessuno lo aveva messo
al corrente della penosa scena svoltasi in quella famiglia, ne subodorò
qualcosa e decise di prendere di petto la situazione giacché alla sua
Aurora non avrebbe rinunciato per nessun motivo.
Aveva
perfettamente compreso la vigliaccheria di colui che già considerava il
suo futuro suocero che piuttosto che addivenire ad un franco colloquio,
aveva ritenuto di farlo desistere ignorandolo completamente.
Placido
invece non ritenne l’offesa e agì a modo suo.
Senza
richiedergli nessun appuntamento, gli si presentò al negozio pochi minuti
prima della chiusura serale proprio quando stava calando le saracinesche
che sarebbero restate a mezz’aria per qualche tempo mentre avrebbe
verificato l’incasso giornaliero.
Il
giovanotto aveva calcolato che quello sarebbe stato il momento più
propizio per farsi ascoltare da lui. La tempestività di
quell’intervento sconcertò il commerciante che suo malgrado dovette
ascoltarlo. Coi despoti e i violenti è necessario usare la forza, lo
sapeva bene il medico che più volte aveva dovuto necessariamente usarla
per curare animali ribelli che rifiutavano di sottoporsi alle sue cure,
salvo poi a vedere la riconoscenza dei loro sguardi, una volta guariti.
Ai
suoi occhi, il sor Massimo, era tale e quale a un animale forastico che
bisognava domare in qualche modo.
Si
scusò con lui per la sua visita improvvisata, ma dato che si trovava a
passare per Roma non aveva voluto attendere il suo invito, sperando di
trovarlo disposto ad udire quanto era intenzionato a fare pur di avere il
suo consenso alle nozze…perché non voleva un lungo fidanzamento, ma un
matrimonio a breve scadenza per il quale non voleva dote né
compartecipazione alle spese.
Avrebbe
fatto fronte a tutto personalmente!
Placido
si esprimeva in modo calmo e suadente non dando mai possibilità di
replica
al
suo ascoltatore che fu completamente disarmato di fronte agli argomenti
che gli andava illustrando, particolarmente il lato economico, fu quello
che fece capitolare la sua resistenza
Sentirsi
dire; “Non intendo rinunziare a sua figlia e sono disposto a prenderla
in moglie, senza dote e senza corredo, giacché la mia professione mi
consente di garantirle una esistenza più che agiata perciò non vedo
quale obiezione lei potrebbe trovare per giustificare un eventuale
rifiuto…” fu per l’avarizia di quell’uomo l’offerta più
vantaggiosa che potesse desiderare.
Questo
antefatto, al momento delle nozze, sembrò essere sparito dal suo ricordo
perché tenendola al suo braccio era tronfio e impettito godendo delle
esclamazioni di ammirazione che suscitavano entrambi nel lento incedere
fino all’altare.
Formavano
veramente una bella coppia padre e figlia e la loro somiglianza era
perfetta, la differenza stava solo nello sguardo che denotava la diversità
dei loro animi.
La
fiera bellezza bruna di donna romana si addolciva nello sguardo perché
era preciso a quello di sua madre.
Gli
stessi occhi a mandorla che sembravano trattenere un sorriso perenne anche
quando l’animo era afflitto da mille ambasce, uno sguardo il loro,
capace di affascinare col magnetismo un po’ esotico che possedevano. e
in quella giornata emozionante, solo un lieve tremore della bocca tradiva
il tumulto dell’animo di Aurora che, dopo tanti pianti e oppressioni non
si capacitava ancora come le fosse veramente possibile potersi avviare
verso un nuovo avvenire.
Si
sentiva come un uccellino che, riacquistata la libertà, dopo essere
vissuto in gabbia lungamente non si senta di godere di quella agognata
libertà per tema di non saper più volare.
La
gioia insperata lo rende persino spaurito e questo era lo stato d’animo
della sposa nell’avviarsi all’altare.
Non
così, nel percorso inverso, al braccio di colui che l’aveva liberata
dai lacci paterni e che gl’infondeva la sua stessa forza e tanta
sicurezza,
Non
solo per questo che l’amore che sentiva per lui era intenso e sincero e
sarebbe durato oltre la vita.
Fra
tanta felicità però, sia la madre che la figlia, erano coscienti che la
loro separazione non sarebbe stata solo superficiale, come avviene per
qualsiasi ragazza che si formi una sua famiglia, ma con frequenti scambi
di visite continua a restare allacciata alla famiglia di origine, per la
sposina, sarebbe scattato lo stesso meccanismo che non aveva mai
consentito alla madre il ritorno in Sabina:
Il
fatto stesso di abitare fuori Roma, avrebbe resi problematici i loro
rapporti futuri anche se Aurora si riprometteva di farsi viva spesso.
Nella
giovane sposa era ancora cocente il dispiacere provato nell’aver dovuto
rinunziare persino all’amorosa assistenza della madre per quanto
riguardava la preparazione del matrimonio, l’incarico era stato devoluto
per intero, a Placido e sua madre, visto che se ne erano assunti anche
tutti gli oneri.
Per
volere del marito, Irene era stata costretta ad estraniarsi da tutti quei
preparativi che fanno felice ogni madre perché, secondo il suo pensiero,
la presenza fisica alle “spese” ne avrebbe comportato il
coinvolgimento mandando a monte l’accordo preso.
Ancora
una volta la meschinità del capofamiglia era venuta a galla per
avvelenare l’ atmosfera di quei giorni gioiosi.
La
mortificazione della fidanzata non era sfuggita alla perspicacia
dell’innamorato dottore che, rincuorandola, l’esortava a non
affliggersi troppo per l’arido agire paterno.
Fra non molto egli le avrebbe dato la possibilità di
vivere in un modo più consono ai desideri del suo animo e chissà che la
povera Irene non avesse avuto in seguito la opportunità di essere ospite
per qualche periodo a casa loro? Doveva sforzarsi di accettare,
ancora per poco, le direttive di quel padre dittatore, dinanzi al quale
lui stesso doveva usate il suo self control per non perdere la pazienza ;
del resto a qualsiasi tentativo di farlo ragionare, non avrebbe mai
ammesso di far vivere la famiglia in modo nettamente contrario alla civiltà.
Il
veterinario si compiaceva con se stesso per non aver esitato a prendere
posizione,a modo suo, per avere il consenso che pareva arduo da
conquistare ed era anche felice di aver potuto contare sull’ aiuto di
sua madre che si era spontaneamente messa a disposizione della fidanzata
per allestire i preparativi di nozze.
La
futura suocera infatti quasi tutti i giorni prelevava la giovane sotto la
di lei casa, accompagnandola fare le necessarie spese e alle prove
dell’abito nuziale presso una famosa sarta di piazza di Spagna,
riconducendola al punto
di
partenza carica di pacchi e e pacchettini.
Mamma
Irene, rintuzzando il desiderio di essere accanto a sua figlia, dovette
accontentarsi dei resoconti della ragazza mentre le mostrava ciò che
aveva acquistato ed era veramente grata alla consuocera per la sua
disponibilità.
Mai
un sospiro di rincrescimento uscì dalle sue labbra per non angustiare la
promessa sposa che vedeva finalmente felice, ma che si dispiaceva di non
poterla fare partecipare alle scelte delle sue compere.
Possibile
che sua madre dovesse vedere il suo abito da sposa, insieme agli atri,
soltanto il giorno della cerimonia?
E
questo valeva per tutte le altre cose, la stanza da letto, che una volta
ordinata, sarebbe stata recapitata dalla Ditta direttamente ad Albano,
quando l’avrebbe vista? … Per ora solo sul catalogo!
Erano
questi pensieri che passavano nella sua mente, procedendo lentamente al
braccio del padre, ma quali erano esattamente quelli di paterni ?
Massimo
che, con molto orgoglio, dava il braccio alla sposa, rimuginava ancora
sull’ arditezza di Placido che gli aveva quasi carpito il suo consenso,
prendendo il sopravvento fin dalle prime parole, spiazzandolo
completamente nel momento che dichiarava di essere disposto ad assumersi
tutte le spese.
Era
stato un bel gesto e soprattutto, molto vantaggioso, dal momento che stava
sottraendogli la figlia, valido aiuto domestico e, Aurora non
giovanissima, un altro “ partito” così ben disposto chissà se lo
avrebbe trovato più?
Il
fattore “ amore” non era mai stato considerato dal suo arido cuore!
Invece
sarebbe stato tanto amore quello che lei avrebbe avuto, entrando nella
casa della signora Maria,quello che il destino aveva sempre negato alla
povera Irene che era felice per sua figlia, si, ma anche addolorata perché,
avendola così lontana, sarebbe diventato problematico vederla spesso.
Pazienza!
Avrebbe atteso le sue visite !
Anche
i suoi pensieri si riconducevano all’ultimo periodo, così pieno di
novità alle quali lei aveva partecipato con una presenza “assente” a
causa del suo metodo yoga che incanalando altrove la sua attenzione,
faceva tacere i sentimenti per limitare le sue sofferenze.
Si
era imposta di credere che i preparativi fossero solo per il caro amico di
Placido escludendo l’idea della partenza di sua figlia; era un lavorìo
mentale mostruoso, che poi le causava tremende emicranie che le davano
nausea e vomito, volendo essere meno oppressa, si creava del male fisico!
L’unica
sua consolazione fu la vestizione della sposa e quello divenne un momento
magico che compì con devozione infinita mentre le mani le tremavano
dall’emozione.
L’ovazione
calorosa che l’accolse nell’uscire dal portone, fu il compenso più
grande per lei che non aveva mai avuto mai né gioie né riconoscimenti,
quel giorno era la madre della sposa che sentiva un giusto orgoglio
mentre, finalmente poteva ammirarla in tutto il suo splendore:-
L’abito
aderente fino ai fianchi, si allargava sul fondo come i petali d’un
fiore e lo strascico di raso che partiva dalle spalle era sorretto da due
piccoli paggi in velluto nero, la capigliatura corvina raccolta gonfia sul
capo s’intravedeva al di sotto della mantiglia candida ricamata e a
fermata da un diadema di gardenie, dalla fascia drappeggiata attorno alla
vita scendeva il minuscolo ventaglio di madreperla, ricordo della contessa
Vittoria, che poco prima le aveva donato… Era stato un istante pieno di
emozione che aveva commosso entrambe!
Madre
e figlia, trasfusero in un abbraccio tutto il loro amore e mai congedo fu
più carico di significati!
Anche
Alfio rimase estatico nel contemplare la sua amata sorella che sfoggiava
finalmente la sua avvenenza e che, accanto al suo caro amico, avrebbe
trovato il compenso che meritava.
Veder
concluso felicemente l’idillio amoroso che aveva visto fiorire lo aveva
reso euforico e brillante con gli invitati e sembrava aver del tutto
accantonato i suoi complessi esistenziali dovuti alle ferite fisiche
subite in guerra.
Il
merito andava dato anche ai buoni consigli di un esperto quale era Placido
e che lui aveva seguito fiduciosamente.
Nell’alta
uniforme di capitano con gli occhiali azzurrati che nascondevano
l’occhio artificiale e l’andatura un po’ claudicante che sembrava un
vezzo, appariva più giovane a assai slanciato.
Quella
festa era per i Sarducci una cosa nuova e per la prima volta, erano in
allegria con la famiglia riunita e ognuno ebbe il suo spazio per
sfoggiare.
Naturalmente
tutto faceva corona alla bella coppia protagonista del convito e colui
che, occasionalmente, era stato tramite del loro incontro, si sentiva in
vena di galanteria verso una cugina di Placido che aveva avuto già modo
di conoscere ad Albano.
Rosa
sembrò apprezzare molto le attenzioni dell’eroe biondo, come veniva
chiamato Alfio, e fece coppia fissa con lui, sentendosi molto orgogliosa
nell’afferrare lo sguardo d’invidia di un’altra giovane invitata.
Paesana
sprovveduta e un po’ pacchiana nel suo abito arancione a volants e
ricoperta di pesanti monili ereditati, non face che ridere, anche a
sproposito, ad ogni momento.
Le
sue forme prosperose, il colorito acceso che, mal si legava al tono
arancio dell’abito che la rassomigliava ad una bambolona per le sue
forme prosperose, ma con la forte e bella dentatura costantemente in
mostra, di ragazza sana.
Andrea,
si comportò col sussiego del fratello maggiore con un fare un po’
distaccato, motivato dal voler snobbare il neo cognato con titolo di
Professore veterinario.
La
sua arroganza voleva nascondere la mortificazione di far apparire sua
sorella….la ragazza povera che aveva trovato il Principe azzurro.
Nel
complesso, fu una cerimonia ben riuscita che lasciò gl’invitati
soddisfatti che ebbe termine quando gli sposi si misero in viaggio verso
una luna di miele che li avrebbe tenuti lontani per circa un mese.
I
landau presi in affitto riaccompagnarono le persone che non avevano mezzi
propri e siccome questo era anche il caso della signora Maria e sua nipote
Rosa, il capitano credette bene accompagnarle fino ad Albano.
Le
due donne apprezzarono molto il suo gesto cavalleresco, invitandolo a
farsi vivo al Casale a suo piacere.
Allo
scadere del mese i due sposi tornarono felici per iniziare la loro vita
matrimoniale e l’accoglienza di mamma Maria fu molto commovente perché,
finalmente avrebbe avuto accanto quella figlia femmina che aveva sempre
desiderata.
Raccontò
ad Aurora che il fratello era venuto a trovarla due o tre volte
trattenendosi a conversare anche con la nipote Rosa.
Il
tenero cuore della signora, avrebbe voluto vedere tutti felici e per il
biondo eroe, aveva una tenerezza particolare poiché conoscendone le doti
innate, si rammaricava che ancora non avesse trovato una sposa anche lui.
Intuiva
i motivi per i quali egli rimandava questa decisione, ma ci doveva pure
essere una donna giudiziosa che non ritenesse ostacoli quelle mutilazioni
portate dal suo gesto eroico.
Difatti
il capitano era giunto a concludere di non essere più gradito alle donne
e aveva accantonato idee sentimentali fino all’incontro con Rosa che
sembrava trovarsi bene in sua compagnia; per questo tornando in visita al
Casale, sperava sempre d’incontrarla,
La
cosa non era sfuggita alla madre di Placido che la vide di buon occhio.
Rosa
era l’orfana di sua sorella che, a sua volta era rimasta vedova molto
presto; morendo anch’essa,la ragazzetta non ebbe più guida e prese a
vivere con l’aiuto dei vicini che l’aiutarono a coltivare i piccoli
poderi che aveva ereditati, ma non erano molto redditizi e lei era troppo
bambina per farli fruttare meglio.
Zia
Maria a quel tempo era a Roma,col marito in guerra e il figlio che stava
finendo l’università, poi quando decise di ritornare ad Albano dove
aveva ereditato la casa dei genitori, aveva trovato una nipote scontrosa
che non voleva essere guidata e che passava le giornate in mezzo ai campi
e trattando gli uomini alla pari.
Per
questo suo caratterino indipendente non aveva mai trovato un compagno
adatto.
Che
fosse poco istruita e caparbia, la zia lo sapeva, ma pensava che con un
buon marito avrebbe modificato il suo libero modo di vivere, compatendo
quell’insofferenza che dimostrava verso la casa e il vivere ordinato col
fatto che essendo sola non aveva assunto doveri verso nessuno, non sarebbe
stato certamente così se avesse avuto qualcuno da accudire.
Quando
zia e cugino, avevano fissata la residenza ad Albano, si era invaghita di
quest’ultimo, ma lui aveva disdegnato i suoi approcci fin troppo
evidenti e lei aveva cominciato a odiarlo.
Invitata
al suo matrimonio, aveva conosciuto Alfio, elegante e gentile con lei,
ritenendola, magari rozza, ma buona e allegra e più che altro ben
disposta verso le sue … tracce di guerra.
Con
la pratica mentalità contadina, la ragazza, aveva assodato che, alla sua
età, non più giovanissima, piuttosto che restare zitella, oppure
accontentarsi di un mediocre campagnolo, magari azzoppato da qualche
caduta accidentale gli sarebbe convenuto accaparrarsi un cittadino, non
perfetto, ma con una buona pensione di guerra.
Si
sarebbe elevata su di quei bifolchi che l’avevano snobbata, preferendo
altre ragazze, riscuotendo il suo disprezzo, ma la cosa che più le stava
a cuore era di mettersi alla stessa altezza di quell’odiato cugino
divenendone cognata.
Ne
covava di risentimenti!….Ma nessuno lo avrebbe immaginato!
Tanto
meno Alfio il cui animo semplice e generoso non avrebbe mai creduto agli
arzigogoli di una che gli era parsa sempliciotta, ma sincera; desideroso
d’affetto, si sentì spinto verso di lei grato che lo facesse sentire
ancora uomo.
Sensibile
e fiducioso si offrì ignaro al suo destino di Vittima.
segue
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