I tiranni - le vittime - i ribelli

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ROMANZOSTORICO
in tre parti

PRIMA PARTE
(3)

 

 

Nella emozione da cui era pervasa non tralasciava di seguire ciò che sua madre le stava spiegando circa la visita del signor Massimo...Si! Beninteso, voleva incontrarsi col babbo, ma lo scopo del suo viaggio a Farfa era anche quello di rivederla.?

Finalmente l’aveva detto sua madre!

Sbalordita, ma col cuore in tumulto rivolse lo sguardo all’ospite.

Ma in quegli occhi neri ella non vedeva uno sguardo romantico bensì le sembrava di scorgervi lo stesso risolino sardonico che l’aveva già colpita il giorno della fiera presso il suo banco.

Ne fu irritata. Pensò persino che lui ridesse della sua goffaggine di ragazza provinciale e, facendo forza su se stessa, cercò di reagire mostrandosi disinvolta.

Si accorse, pertanto, che anche sua madre mostrava del disagio giacché si risolse di invitare a pranzo il giovane.

La reazione di Irene fu imprevedibile e impetuosa affrettandosi ad interrompere quell’invito dicendo: “Mamma sei sicura che il signor Massimo voglia accettare?

Non avrà piacere di restare tutto il giorno con noi, si troverebbe più a suo agio nella locanda dove potrebbe anche riposare fino all’arrivo di papà?”

Massimo fu pronto a rintuzzare quelle parole assicurando le due donne che sarebbe stato ben felce di rimanere con loro, sempre che la sua presenza non le avesse disturbate, sarebbe uscito a fare due passi per sistemare il carrozzino in un punto più ombroso e dare un po’ di biada al cavallo.

Dopo aver gradito una tazza di caffè il giovanotto se ne uscì con la promessa di ritrovarsi per il pranzo. Rimaste sole le due donne si scambiarono le loro impressioni rimandando le conclusioni a più tardi dopo averne parlato col rispettivo marito e padre che meglio di loro avrebbe vagliato la richiesta del giovane. In special modo la madre volle essere piuttosto evasiva per non alimentare false speranze nel cuore di colei che ancora considerava immatura per una decisione così importante, anche se da alcuni istanti aveva captato la ragione per cui sua figlia negli ultimi tempi era così distratta e svogliata. Possibile però che fossero stati quei brevi momenti della banale compravendita fra la folla del mercato ad accenderla così?

Mamma Renata, si lambiccava intorno a questo pensiero, non conoscendo la breve parentesi serale di sguardi dati e ricevuti con la complicità della festa.

Ad ogni modo, qualsiasi decisione si fosse presa, sarebbe stata sicuramente una faccenda da sistemarsi a lunga scadenza data l’età di lei; nei riguardi del richiedente c’era soltanto la sensibile differenza di età a suo favore e l’urgenza di avere una moglie.

Riordinare la casa, approntare un pranzetto dignitoso per l’ospite e fare una

toeletta più consona alla giornata, furono impegni che non permisero fra loro lunghi discorsi, fino al momento che il primo rintocco del campanile le sollecitò a

sospendere ogni lavoro per l’intervallo da dedicare alla Messa cantata di mezzodì. Lasciando la tavola già apparecchiata, madre e figlia si affrettarono a raggiungere la chiesa e furono molto sorprese di trovare sul sagrato Massimo che le stava attendendo.

Non era certo il momento per rifiutare la sua compagnia e fu così che prima ancora di avere un colloquio a due, nell’attesa che i genitori avessero dato il loro consenso, il paese intero, vedendoli accanto nel tempio e seguendoli con sguardi curiosi fino sull’uscio di casa, decretò il loro fidanzamento.

Come era prevedibile il gustoso pranzetto fu assai gradito dal giovanotto romano che vi ritrovò sapori casarecci delle buone cose di campagna che offrì lo spunto una conversazione alla buona che si svolse per lo più fra la padrona di casa e l’ospite.

Irene, piuttosto sulle spine, si rendeva conto di essere sotto l’osservazione dello sguardo acuto di lui, per questo preferì servire rapida e leggera, col grembiule candido che le ricopriva ampiamente l’abito festivo che aveva preferito non cambiare, sembrava l’Angelo del focolare, dando prova delle sue capacità casalinghe.

Una riprova per Massimo di aver fatto la scelta giusta.

Mentre si preparava il caffè, il commerciante aveva portato il discorso senza parere, sulla sua vita solitaria e al fattore positivo di avere già una bottega ben avviata e alle obiezioni della signora circa la giovane età d’Irene, fu pronto a ribattere che a Roma l’età delle mogli era nella maggioranza molto precoce.

Quella che contava era l’età e la maturità del capofamiglia che col suo lavoro doveva provvedere a tutte le necessità.

Tutti i punti salienti e convincenti delle sue argomentazioni le ripeté più tardi, al signor Guglielmo, per dare ampia serietà alla sua richiesta.

L’Amministratore aveva previsto di essere a casa per le diciassette e fu puntualissimo, non nascondendo la sua grande sorpresa per le novità che l’attendevano.

Fatte le presentazioni, chiese il permesso di appartarsi per darsi una rinfrescata e cambiarsi d’abito ed anche per...riprendere fiato.

Questi i motivi spiegati all’ospite, ma in realtà volle essere ragguagliato da sua moglie circa l’identità di quello sconosciuto per lui, soprattutto stentava a credere che fosse romano, a lui, era sembrato arabo.

Infatti il continuo essere esposto all’aria e al sole, per la sua attività girovaga, gli aveva conferito un’abbronzatura costante da farlo apparire un uomo del sud.

A parte questo, la domanda di matrimonio che stava ricevendo sua figlia lo sconcertava e se ne lamentò poi con Renata. Possibile che la loro bambina avesse colpito quel tipo al punto di volerla sposare?

Non è così che si presenta un probabile marito!

Bisognava andar cauti in questo campo...ne andava per l’avvenire d’Irene e seppure le garanzie ch’egli dava sembravano ottime, il suo progetto andava accantonato per il momento giacché una proposta di matrimonio era impensabile per una ragazzina inesperta e spensierata.

Personalmente papà Guglielmo non aveva ancora preso in considerazione l’idea che Irene fosse una ragazza da marito.

Alle tante remore del genitore, Massimo, con la sua furberia, seppe tenere validamente testa, perorando la sua causa in modo tale da rendere evidente che quella che poteva apparire una decisione impulsiva e affrettata, era invece frutto di lunga meditazione e la vista di una ragazza quale Irene così bella, educata e piena di virtù gli aveva dato l’ultima spinta.

Ed eccolo dinanzi ai genitori che, ne era convinto, avrebbero tenuto le sue parole nel debito conto.

Nel complesso le parole usate dal giovanotto fecero impressione sulla coppia matura che finirono per considerare una cosa straordinaria che colei che ancora consideravano una bambina fosse desiderata in moglie da un uomo facoltoso che non avrebbe avuta nessuna difficoltà a scegliersi una ragazza altrettanto idonea in una città come Roma e per giunta fra la sua clientela.

Sicuramente c’era stata una molla che aveva fatto scattare tale simpatia tenendo nel debito conto anche il disagio per lui nel visitare una fidanzata così lontana.

“Comunque, prendessero tutto il tempo che volevano per vagliare la sua richiesta, egli stesso sarebbe ritornato da lì a qualche tempo.”

Con queste parole Massimo.si congedò ed era già notte allorché riprese la strada verso la capitale.
Sulla via del ritorno Massimo rievocò ogni momento di quella giornata.

Nel complesso se ne ritenne soddisfatto anche se su qualche punto aveva avuto delle sorprese circa le vedute ristrette di quella che considerava una “campagnola”.

Fu nel visitare il piccolo museo di quella casa, mentre si attendeva il ritorno del padre, che ebbe modo di apprendere quante cose ella avesse studiato, specialmente di Roma antica. Quella saputella la sapeva lunga, anche se- egli si disse- che le date di tanti episodi storici le aveva di sicuro mandate a mente come un pappagallo e presto le avrebbe dimenticate. Vide per un po’ vacillare la sua superiorità di cittadino di fronte a quello sfoggio di cultura, ma non comprese che con la sua intelligenza Irene aveva deliberatamente voluto mettersi a confronto con quelle ragazze di città che lui certo conosceva.

Non avrebbe mai immaginato, la bruna fanciulla, che di scuola il suo pretendente non aveva mai voluto saperne e che sapeva appena fare la sua firma, lo avrebbe scoperto con sommo dispiacere insieme alla bugia di essere stato costretto a lasciare la scuola per lavorare.

Ciò che non avrebbe mai raccontato a nessuno Massimo sarebbe stato anche il suo attaccamento al denaro, la propensione a vivere poveramente e il senso d’inferiorità che gli dava il timore di essere sopraffatto se appena avesse tolto la corazza guardinga che lo avviluppava costantemente.

Diffidava di tutto e di tutti e non si era mai legato d’amicizia con nessuno.

Al di fuori dei rapporti commerciali che a volte l’incitavano a dimostrare dei modi camerateschi falsi ed esagerati per puro tornaconto, egli non sapeva donare affetto né rallegrarsi per nessun motivo.

Delle poche volte che era stato portato ad esibire atti di megalomania, se ne era poi rimproverato, giurando a se stesso di non ricadervi più.

L’unico umorismo che teneva in serbo era una battuta nata dal fanatismo di essere “ romano da sette generazioni e senza sangue estraneo”. Era tutta qui la sua allegria!

Aveva assorbito la grettezza della madre, sempre arcigna e arrogante, anch’essa malfidata verso il prossimo che non aveva legato mai con nessuno e non aveva mai permesso di frequentare il suo misero alloggio né a parenti né ad amici, pensando che tutti fossero chiacchieroni, pronti a scoprire e riportare le sue faccende e a chiederle soldi in prestito.

In compenso madre e figlio andavano molto d’accordo e non si peritavano di vivere poveramente anche dopo aver aperto il negozio al centro di Roma e non conoscevano nessun tipo di svago, disprezzando anzi chi se li concedeva.

 

Irene che di fronte alle argomentazioni dei due uomini non aveva saputo obiettare nulla, aveva sentito più volte il suo cuore partecipare intensamente sia con il battito precipitoso che per qualche arresto di respiro che si alternavano in lei nei momenti più salienti della conversazione fra i due uomini che cercavano di porre le basi al suo futuro di donna. Inconsapevolmente e con molta fiducia si stava legando ad un uomo che ancora non conosceva, ma che in quegli ultimi giorni aveva riempito i suoi sogni e i suoi pensieri. Alla fine di quel colloquio si ritrovò ad essere quasi promessa al proprietario degli occhi che l’affascinavano, senza capire che come una farfalla in volo, poteva incappare in una rete invisibile che l’avrebbe trattenuta in suo potere, senza più scampo, con una parvenza d’amore.

La sete d’amore sa giocare a volte dei brutti tiri e la piccola donna stava per essere giocata in modo veramente crudele. Al presente, l’emozione straordinaria che provava, le dava la sensazione meravigliosa di essere stata toccata da un amore stupendo che faceva trasparire la sua gioia da tutta la persona. Se quello doveva essere il suo destino, ebbene, lo accettava con entusiasmo sicura com’era che il suo principe azzurro era giunto e l’avrebbe condotta a Roma, la città sognata da sempre, per farla vivere felice e soddisfatta. Ne ringraziò il cielo quasi che fosse stata toccata da una fortuna favolosa.

Dopo un’altra visita di Massimo, il consenso al fidanzamento fu accordato, visto che il giovane non mollava e sarebbe continuato a giungere con una certa assiduità fino a che non avesse raggiunto il suo scopo, meglio dunque se veniva come fidanzato.

A bella posta il romano non aveva mai parlato di date precise per non forzare la mano, avrebbe deciso lui il momento secondo i suoi calcoli.

Intanto col sopraggiungere dell’anno nuovo Massimo decise di cominciare a pensare alle nozze anche se nessuno della famiglia Sottini si era preparato ad un’eventualità del genere. Neppure la fidanzatina, adagiatasi nel pensiero di un lungo fidanzamento, ben sapendo che molti matrimoni di sua conoscenza erano avvenuto dopo anni e anni di attesa e anche perché il suo corredo non era stato ancora finito di cucire e di ricamare come pure i suoi quaderni che continuava a riempire di annotazioni.

Sposandosi avrebbe dovuto interrompere molte abitudini… per questo non riteneva urgenti le nozze. Non se ne sentiva pronta. Eppure Massimo l’amava, anche se il suo carattere non era molto espansivo, probabilmente trovava soggezione per la presenza dei genitori o per la stanchezza del viaggio dopo una settimana di lavoro; seppure le sue visite non fossero neanche troppo frequenti. La giovane era pronta a perdonare la freddezza del fidanzato anche se l’avrebbe preferito più premuroso nei suoi riguardi, poiché non era solito ricordare le date da festeggiare e non era molto prodigo di regalini e piccole attenzioni che avrebbero dimostrato il suo affetto. Il clima di casa Sottini si stava trasformando in quello più euforico ed esaltante che precede un avvenimento importante anche se per i genitori sembrava impossibile che la loro figliola dovesse lasciarli.

Alle lacrime che talvolta bagnavano gli occhi di Renata, papà Guglielmo era pronto a sottolineare: “Non va mica in America nostra figlia... Roma sta solo a qualche ora di distanza e quasi tutte le domeniche gli sposi ci verranno a trovare.”

Anche se talvolta egli stesso veniva attanagliato dal dubbio di essere stato troppo tenero e facilone nell’accettare quel giovanotto. Un po’ troppo taciturno..forse!

Allorché si apriva, in qualche dialogo, era soltanto per parlare del proprio lavoro o delle grandi spese che stava affrontando per la nuova casa che intendeva prendere in affitto.

La protagonista di questo prossimo lieto evento, dal canto suo, pareva trasognata e tutti i preparativi che si stavano apprestando sembravano fossero

destinati ad un’altra giacché lei vi partecipava con un certo distacco.

Acquisti diretti o per corrispondenza a mezzo cataloghi, partecipazioni, confetti, bomboniere, inviti... forse erano per un’altra. Perché mai il suo atteggiamento era così passivo a confronto dell’entusiasmo generale?

Irene stessa non se lo sapeva spiegare!  Forse perché se l’Amore di cui aveva tanto sentito parlare poteva circoscriversi in queste cose banali, seppure piacevoli, ella non se ne sentiva appagata...

Le dispiaceva ammetterlo perfino, ma qualcosa le mancava, perlomeno per la sua indole romantica; si considerava anche ingrata verso il destino che le stava accordando ciò che aveva tanto desiderato, poter vivere a Roma.

Un po’ di colpa l’aveva anche il suo temperamento timido e introverso che non le permetteva slanci impetuosi verso il suo “serio” fidanzato di fronte al quale si sentiva un po’ estranea. Avrebbe dovuto essere lui un po’ tenero e affettuoso e, non porre continuamente sul tappeto, gli argomenti venali che gli stavano a cuore e riempivano di chiacchiere interminabili le poche ore delle sue visite.

Invece di starle vicino, mano nella mano, a guardare la luna dal vano della finestra, la mortificava sovente nel ricordarle le spese che stava affrontando; quelle parole le risentiva anche quando lui era assente:” Un matrimonio di questi tempi non è uno scherzo, cara mia, sapessi tu quanti grattacapi mi pone?

La ricerca della casa giusta poi... non mi concede neanche il tempo per mangiare.... sono veramente stanco!”

Invariabilmente, la fidanzata ammutoliva, sentendosi in colpa e, l’aria serena e gioiosa con la quale aveva atteso il suo giungere, svaniva dal suo volto semplice ed espressivo.

Quando, punta dalla curiosità, voleva conoscere qualche particolare della casa che, una volta trovata, stava allestendo, Massimo la tacitava dicendole: Sei troppo curiosa... ma non saprai nulla fin quando non la vedrai!

Se c’era tenerezza nelle sue frasi spezzettate, bisognava ricercarla a fatica, ma più spesso ella aveva la certezza che la stesse prendendo in giro... come si fa coi bambini.

Un bacio sulle gote all’arrivo e un altro alla partenza, dinanzi ai genitori ed era tutto.

Il modo misurato del futuro sposo, era ben visto da mamma Renata che lo considerava: “serio”, come si confà ad una persona responsabile… Le tante confidenze... è meglio lasciarle nell’ambito del matrimonio, solo così si rispetta una donna”, queste erano le parole che sottolineavano il modo di fare del suo futuro genero.

L’errato modo d’iniziare una vita a due, non dava modo a due fidanzati di conoscersi a fondo e la freddezza di rapporti prematrimoniali, impostati sull’eccessivo pudore di quell’epoca e sull’accettazione femminile di qualsiasi partner finiva per creare malintesi e incomprensioni che più tardi sarebbe stato difficile sradicare.

Quanto più positivo sarebbe stato lo scambio di vedute, sincero e appassionato, su ogni argomento e situazione che comporta l’unione indissolubile di due esseri!

Tutti hanno avuto modo di verificare le tante “morti civili” che sono esistite ed ancora ci sono, purtroppo, in seno ad alcune famiglie.

Quanti drammi, consumati fra le pareti domestiche per aver sbagliato nella scelta e dover poi subire le conseguenze, giungendo a vivere come due sconosciuti che pure si dovevano chiamare: marito e moglie.

Alle nozze Sarducci / Sottini partecipò, quasi al completo, quella parte della Sabina!

Tutti gli abitanti del circondario, fin dalle prime ore del mattino si erano riversati nel piccolo borgo per ammirare la coppia e far festa alla figlia dell’Amministratore che si era fatto un dovere di inviare in ogni casa i confetti di prammatica.

Massimo, giunto da Roma di buon’ora, aveva condotto seco il suo testimone, un negoziante vicino di bottega; ma nessun suo parente avrebbe figurato fra i numerosi invitati.

Irene, bellissima e molto pallida, sembrava circondata da una bianca nuvola, nell’abito vaporoso che la Contessa Vittoria le aveva voluto donare e fatto venire espressamente dall’atelier parigino ove ella stessa si serviva.

Di stile Impero, intarsiato di ricami e merletto valencienne, il modello valorizzava al massimo la figura della giovanissima sposa che sembrava l’eroina di un’operetta...più fantastica che reale. Il futuro sposo nel vederla ne restò molto colpito: “era quella la giovane modesta che aveva scelta?” Si augurò di non aver fatto uno sbaglio!

Al braccio del padre, appariva come una principessa.

Sua madre non si peritava di nascondere le lacrime di commozione che le rigavano le gote, felice per la sua bambina, ma triste per doversene allontanare, il solo pensiero che la risollevava era solo quello di sapere che avrebbe avuto una vita comoda che le avrebbe consentito di esaudire ogni suo desiderio e avrebbe anche frequentato delle persone a modo che avrebbero saputo apprezzare le sue qualità.... Renata ne era veramente fiera!

Dopo la cerimonia, gli sposi a capo del piccolo corteo che li seguiva, si soffermarono al di fuori del tempio per ricevere gli auguri e i baci di rito, fra i commenti entusiasti che esaltava l’abbigliamento di lei e la figura tirata a lucido del bel giovane romano che aveva scelto una sposa della loro terra, ritenendolo come un onore verso tutti loro.

 Mentre il lampo del magnesio delle foto-ricordo scattavano, il pallore della sposina apparve più evidente e ognuno mentalmente vi attribuiva i più validi motivi.

Fra i tanti pensieri più o meno attendibili, nessuno aveva fatto quello giusto che era più prosaico e del tutto fisiologico e che stava causando alla protagonista una vera angoscia. Ella poco prima, inginocchiata sul velluto rosso dell’altare, era stata colta da violenti dolori mestruali, ai quali andava soggetta, con un forte anticipo sulla data consueta, un sudorino freddo cominciò a ricoprirla mentre con un filo di voce pronunziava il suo si.

L’imbarazzo le annebbiò persino la vista e sarebbe voluta sprofondare per tema per ciò che le stava accadendo, temeva che l ‘imprevisto malessere diventasse visibile a tutta quella folla che l’osservava con tanta attenzione.

La sua mente era assillata dal pensiero di doverne parlare col suo sposo, proprio quel giorno e la soggezione che le incuteva e che non era diminuita in quei dieci mesi di fidanzamento, non le avrebbe mai dato il coraggio di parlargli di quel particolare così intimo e sconcio.

Avrebbe voluto scappare via subito per rifugiarsi fra le braccia di sua madre, ma non se la trovò vicina, stava ricevendo i complimenti di un mucchio di persone.

Come chiamarla?

Fortunatamente la loro casa era di fronte e fatti pochi passi vi giunse, costringendo colui che poco prima, un trepido monosillabo, aveva legato per sempre a lei, a camminare di buon passo. Nella sua camera, tolta l’acconciatura, ritrovò un po’ di calma mentre sua madre, messa al corrente della sua pena, le asciugava le lacrime accorate che non riusciva a frenare. Renata la confortò dicendole che con un marito si può ben parlare di ogni cosa, senza imbarazzo e lui sarebbe stato così gentiluomo da non metterla in condizioni di dare tante spiegazioni. Lei stessa l’avrebbe messo al corrente chiedendogli di avere pazienza ancora per una settimana a consumare il matrimonio.

Mentre al piano superiore si svolgeva quel colloquio, da basso gli uomini si davano da fare ad offrire qualche rinfresco agl’invitati che più tardi avrebbero partecipato al grandioso pranzo.

Massimo che non era amante delle cerimonie dovette suo malgrado, sorbirsi le chiacchiere degli intervenuti, ringraziandoli insieme ai Sottini per i loro splendidi regali, ma sentendosi estraneo fra tutta quella gente, non partecipava spontaneamente a quella magnifica festa fatta anche in suo onore.

Aveva l’aria piena di sussiego, quasi fosse una degnazione della sua persona intrattenersi con loro ed era impaziente di andarsene.

Non gli era però sfuggito che Irene aveva appena fatto onore ai piatti succulenti,.standosene piuttosto in silenzio, non riuscendo a capire il perché.

Lo comprese, con suo gran dispetto allorché, la suocera lo chiamò in disparte parlandogli dell’accaduto. esortandolo a non essere impaziente...”Poteva essere pericoloso per Irene”... sarebbe stato quindi più ragionevole lasciar trascorrere qualche giorno prima di deflorarla.

L’indole del neo-sposo lo portò a commiserare se stesso per l’imprevedibile circostanza, ma non fece commenti solamente i suoi modi divennero più bruschi e frettolosi e li mantenne tali anche durante il viaggio di ritorno a bordo del carrozzino ove insieme alla sposa aveva preso posto anche il suo testimone.

In quelle condizioni, l’imbarazzo d’Irene non fece che accrescersi unitamente ai suoi sensi di colpa. Quel motivo intimo e personalissimo, ma anche naturale e non voluto, avrebbe influito moltissimo su di lei, segnando in modo negativo i suoi rapporti coniugali e amareggiato per sempre il ricordo del primo giorno di nozze.

Prima di partire per Roma suo marito si era raccomandato di tenere pronte le casse del corredo con tutti i regali poiché quanto prima sarebbe tornato con il suo grosso carretto per caricare ogni cosa per portarlo nella loro nuova casa.
La partenza della figlia aveva fatto piombare nella malinconia i due coniugi, e si dicevano di non aver più scopi nella vita.

Ormai non avrebbero più avuto la possibilità di seguire l’andamento della vita d’Irene e solo suo marito avrebbe la gioia di esaudire le sue richieste, pur se loro due già sapevano che non sarebbero capricciose né esorbitanti, perciò anche senza richiesta al benessere di entrambi avrebbe dovuto dirigerlo lui.

Parlando tra loro, Renata e Guglielmo, rammentarono con un sospiro l’accenno del genero al fatto che non sarebbe stato di suo gradimento che qualcuno altro si fosse preso la briga di organizzare la loro vita casalinga e che proprio per una maturazione più rapida dell’inesperta sposina, fin dai primi giorni doveva imparare a sbrigarsela da sola. Da quel discorso essi avevano ben compreso che avrebbero dovuto accontentarsi di qualche visita saltuaria da fare e da ricevere.

Il distacco fra figlia e genitori perciò era stato così drastico da lasciarli sconvolti e vedendola allontanarsi, pallida e avvilita, era rimasto il loro ricordo penoso.

Parlando di lei la loro voce s’incrinava per la commozione e cercavano consolazione pensando che sarebbe stata ben nutrita e amata.

Un altro dispiacere era stato quello di sapere che il viaggio di nozze previsto, a causa dell’indisposizione d’Irene, era stato rinviato ad altra data, ma essi erano ben sicuri che una città come Roma le avrebbe dato la possibilità di distrarsi e divertirsi meglio che in un altro posto... Aveva tanto desiderato andarvi!

Ella avrebbe potuto visitare le sue tante magnificenze e Massimo ve l’avrebbe accompagnata tutte le volte che la sua attività glielo avessero permesso.

Immaginavano, gli sposini, passeggiare languidamente per il Lungotevere o sostare al fresco dei colli nelle giornate festive.

Strade, chiese, fontane, piazze, tutto a Roma è spettacoloso.

Dopo le faccende domestiche,la spesa quotidiana, come usa nelle città, il ricamo del suo corredo non ancora portato a termine, avrebbe avuto ancora la forza e la possibilità di terminare il trattato di botanica?

Ad ogni buon conto papà Guglielmo l’aveva incluso nei bagagli che attendevano di essere portati a Roma.

Dopo pochi giorni dalle nozze Massimo si fece in dovere di andare a ritirare tutto.

Irene fu molto rammaricata che suo marito non avesse voluto condurla seco, adducendo il pretesto che quello non sarebbe stato un viaggio di piacere, ma una vera e propria faticaccia.

Al ritorno tra casse, confezioni regalo e ceste di commestibili, aggiunte dalla premurosa mamma Renata, trovò anche i suoi quaderni e non seppe nascondere la sua gioia nell’averli fra le mani, ma fu raggelata [*] dallb!

Che dovrai farci poi? Per mio conto stavano meglio dov’erano...

Tu non ti rendiconto forse di tutte le cose che avrai da sbrigare in casa... altro che libri e quaderni.

Non sono quelle le cose che danno da mangiare!

S’interruppe vedendo che sua moglie si era rabbuiata.

Al contrario, papà erano meno tristi al pensiero che ella si potesse distrarre un po’ dai suoi lavori col manoscritto.

 segue

 

 

 

 

PREFAZIONE
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